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sabato 28 maggio 2016

Materiali. Le Marche e la Grande Guerra. Il 1915

Il Patto di Londra.

   «I - Dichiarata la guerra tra l'Italia e l'Austria-Ungheria, Italia, Inghilterra, Francia e Russia si obbligano a vicenda di non concludere pace separata né armistizio separato.
   «II - Sarà stipulata fin da ora una convenzione militare allo scopo di stabilire la quantità minima di forze che la Russia deve mantenere impegnata contro l'Austria-Ungheria, per evitare che quest'ultima concentri tutto il suo sforzo contro l’Italia qualora la Russia intenda rivolgersi principalmente contro la Germania.
   «L'Italia da parte sua si impegna a fare ogni maggiore sforzo per combattere l'Austria-Ungheria e la Turchia e chi loro venga in aiuto, in terra come in mare.
   «III - Sarà stipulata fin da ora una convenzione navale che assicuri all'Italia la cooperazione attiva e permanente della flotta anglo-francese fino alla distruzione della flotta austro-ungarica o alla conclusione della pace.
   «IV - Nel trattato di pace l'Italia dovrà ottenere il Trentino e il Tirolo Cisalpino seguendo il confine geografico e naturale (confine del Brennero), nonché Trieste, le Contee di Gorizia e di Gradisca e l'Istria intera fino al Quarnaro inclusa Volona (1), oltre le isole Istriane di Cherso, Lussino, e quelle minori di Plavnik, Unie, le Canidole, Sansego, le Oriole, Palazzuoli, S. Pietro di Nembi, Asinello, Gruica e isolotti vicini.
   «V - Spetterà pure all'Italia la provincia di Dalmazia secondo l'attuale sua delimitazione amministrativa, comprendente al Nord Lisarica e Tribanj , e giungendo al Sud fino al fiume Narenta, con inoltre la penisola di Sabbioncello, e tutte le isole giacenti al Nord e a Ovest della Dalmazia stessa, da Premuda, Selve, Ulbo, Maon, Pago e Puntadura al Nord, fino a Meleda al Sud, compresevi S. Andrea, Busi, Lissa, Lesina, Curzola, Cazza e Lagosta con scogli vicini, oltreché Pelagosa (2).
   «VI - Valona con l'intera costa circondante la baia, con l'isola di Saseno e con territorio idoneo alla loro difesa saranno devolute all'Italia in piena sovranità (dalla VoiuŠsa al Nord e a oriente fino approssimativamente a Chimara al sud).
   «VII - L'Italia, qualora ottenga il Trentino e l'Istria, ai termini dell'art. 4, la Dalmazia e le isole Adriatiche ai termini dell'art. 5, e la baia di Valona (art. 6) e riservata la parte centrale dell'Albania
per la costituzione di un piccolo Stato autonomo musulmano neutralizzato, non si opporrà a che il resto dell'Albania settentrionale e meridionale, se Inghilterra, Francia e Russia lo desiderino, venga diviso tra Montenegro, Serbia e Grecia, purché la costa, a cominciare dalle Bocche di Cattaro inclusive fino alla foce della Vojussa, e quella da Chimara fino al Capo Stylos siano neutralizzate.


(1)  «La frontiera sarebbe la seguente: Dal Pizzo Umbrail a Nord dello Stelvio, spingesi lungo la cresta delle Retìche alla testata dell'Adige e dell'Eisach, passando pei colli di Reschen e Brennero e sugli alti massicci dell'Oetz e dello Ziller, da questo scendendo a Sud e tagliando la sella di Toblach raggiunge l'attuale confine delle Carniche. Poi segue questo fino alla sella di Tarvis e di qui la linea di displuvio delle Alpi Giulie per il passo del Predil, il Monte Maugart, il Tricorno (Terglou) e la linea displuviale dei paesi di •Podberdo, Podlanischam, Idria. Da questo punto verso Sud corre con andamento generale di Sud Est verso lo Schneeberg, lasciando oltre il confine tutto il bacino della Sava e dei suoi affluenti; dallo Schneeberg scenderebbe verso la costa, includendo nel territorio italiano Castua, Mattuglie e Volosca. »
(2) «Le assegnazioni di cui negli art. 4 e 5 lasciano impregiudicate le decisioni dell'Europa, a guerra finita, riguardo ai seguenti territori Adriatici:
Nell’Alto Adriatico (nell'interesse pure dell'Ungheria e della Croazia) tutta la costa dalla baia di Volosca sui confini dell'Istria fino al confine settentrionale della Dalmazia, comprendente l'attuale litorale Ungarico e tutta la costa della Croazia, col porto di Fiume e con quelli minori di Novi e Carlopago, oltre le isole di Veglia, PervicChio, Gregorio, Goli e Arbe.
E nell'Adriatico Inferiore (nell'interesse anche della Serbia e del Montenegro) tutta la costa dal fiume Narenta in giú (compreso un lungo tratto ora ascritto alla Dalmazia) fino al fiume Drin, con gl'importanti porti di Ragusa, di Cattaro, di Antivari, di Dulcigno e di S. Giovanni di Medua, e le isole di Jaklian, Ciuppana, Mezzo, Calamotta. II porto di Durazzo resterebbe da assegnarsi allo Stato del'Albania Centrale, musulmano indipendente »


   «VIII - Resteranno acquisite all'Italia le isole del Dodecaneso da lei ora occupate.
   IX - ln generale le parti si accordano nel riconoscere che l'Italia ha un interesse di equilibrio nel Mediterraneo da tutelare, onde nel caso di spartizione in tutto o in parte dell'Impero Ottomano, l'Italia dovrà avervi la sua congrua parte.
   «Analogo conto verrà tenuto degl'interessi dell'Italia anche nell'ipotesi che permanga l'integrità territoriale Ottomana, alterandosi soltanto le presenti zone d'interesse delle varie Potenze.
«L'Italia succederà a tutti i diritti e privilegi spettanti ora al Sultano in Libia in virtú del Trattato di Losanna.
   «XI - L'Italia avrà una parte delle eventuali indennità di guerra corrispondente ai suoi sforzi e sacrifici.
   «XII - L'Inghilterra e l'Italia si obbligano alla reciproca garanzia dell'indipendenza dell'Yemen; e, lasciando in libere mani i Luoghi Santi, s' impegnano a non procedere alla annessione di alcuna parte dell'Arabia occidentale e a non imporle qualsiasi altra forma di dominio; senza rinunziare al diritto di opporsi a che un'altra Potenza acquisti o si attribuisca diritti sul territorio dell'Arabia medesima.
   «XIII - Qualora le altre Potenze aumentassero le loro colonie africane a spese della Germania, si farà luogo ad un apposito accordo per assicurare all'Italia qualche corrispondente equo compenso, e ciò specialmente nel regolamento a suo favore delle questioni di confine tra le sue colonie dell'Eritrea, della Somalia e della Libia e le Colonie attigue francesi e inglesi.
   «XIV - L'Inghilterra s'impegna ad agevolare l'immediata conclusione ad eque condizioni di un prestito di non meno di cinquanta milioni di sterline da concludersi sul mercato di Londra.
   «XV - Inghilterra, Francia e Russia s'impegnano ad appoggiare l'Italia nell' opporsi ad ogni eventuale proposta di ammissione di un rappresentante del Pontefice nella Conferenza per la pace al termine della presente guerra.
   «XVI - Il presente accordo dovrà restare, segreto. Appena sarà stata dichiarata 1a guerra dall'Italia o all'Italia si pubblicherà 1a sola clausola relativa all'obbligo di non conchiudere pace separata. »
    Sonnino non cessava d'insistere presso Grey per l'osservanza del piú rigoroso segreto anche sull'esistenza del negoziato. Ogni divulgazione poteva metterci nella condizione d'interromperlo, anche perché il saperlo cosí concretamente iniziato avrebbe potuto precipitare le ostilità, esponendoci ad offensive nemiche mentre eravamo ancora militarmente impreparati.




domenica 22 maggio 2016

21 Maggio 2016 Rimini Nota Iconografica


Una nota iconografica sulla Conferenza "Monte Piana Monte Piano" e su
Www.valoremilitare cesvam.blogspot.com

Con post in data 22 maggio 2016


lunedì 16 maggio 2016

21 maggio 2016. Rimini. Conferenza Monte Piana Monte Piano Luoghi, Fatti e Personaggi


MONTE PIANA MONTE PIANO 
 LUOGHI FATTI E PERSONAGGI
1915 -1917

Dopo una rapidissima introduzione in cui si farà cenno ai protagonisti della Grande Guerra, ai Comandanti ed al Piano Cadorna erede della pianificazione operativa offensiva del confine orientale, si indicheranno le fonti e le refrenze

Si passerà alla analisi delle forze contrapposte con la esplicazione dello schieramento italiano e austriaco attraverso l’ausilio di cartine illustrative

Descritti i mesi di preparazione e il mese di giugno 1915 in forma sintetica, si passerà alla espisione degli attacchi italiani dal 15  al 20 luglio in forma analitica. Questo attraverso le operazioni della Brigata “Marche” i cui reparti furono protagonisti sul Monte Piana.

Lasciata le sedi stanziali, il 55° Reggimento fanteria di Treviso ed il 56° reggimento fanteria di Belluno ed allo scoppio della guerra è in Cadore nelle Valli del Boite dell’Ansiei e del Padola.
Il primo sbalzo in avanti Porta la Brigata alla occupazione non ostacolata dal nemico, della fronte Forca-Tre Croci lembo orientale del Piano della Bigontina. Qui riceve l’ordine di assestarsi e per tutto giugno alterna l’impegno operativo con lavori di rafforzamento e con l’inviare pattuglie e ricognizioni in Val Rimbianco, Valle Popena Bassa e Val Grande.  Il vero impegno operativo inizia a metà di luglio contro le difese austriache del confine militare.

La Brigata Marche” con i suoi reparti fu protagonista delle azioni principali per la conquista di Monte Piana.  Mario Spada così ha ricostruito le azioni principali per la conquista di questo Monte, che vanno dal 15 luglio ai primi di agosto 1915.

Azione del 15 Luglio 1915
Alle ore 05.00 iniziò il tiro di distruzione dell’artiglieria italiana sulle posizioni austriache, fuoco che durò fino quasi alle 09.00. Alle 09.00 precise, come disposto dal Col. Parigi, un razzo sparato nel cielo da Villa Loero, situata su una altura fra il Lago di Misurina e il Paludetto, dette il via all’azione. I fanti del I Battaglione raggiunsero d’impeto la linea della Piramide Carducci che trovarono sgomberata dagli austriaci che, senza essere notati dagli osservatori italiani, si erano ritirati su Monte Piano, più adatto per la difesa. Contemporaneamente vennero investiti dal fuoco delle artiglierie austriache che sparavano da Prato Piazza, Monte Specie, Landro e Monte Rudo. Non potevano né avanzare né ripiegare: furono costretti a cercare riparo su un terreno esposto, scavando con le vanghette la poca terra, tra le rocce, ricoveri di fortuna. Anche il III battaglione non potè progredire nell’avanzata, conseguentemente non supportò l’azione della 96ma compagnia alpini che dovette, pertanto, ripiegare anch’essa dal Fosso Alpino alle postazioni di partenza. Passò così l’intera giornata del 15 luglio”[1]

 La valutazione tra gli Ufficiali italiani della azione era negativa. Via telefono il col. Parisi sollecitava la ripresa dell’azione per una progressione reale. Nella baracca Comando, situata ove sorge oggi il Rifugio Bosi si discusse i termini dell’azione ed alla fine il Magg. Bosi avallò la soluzione che per conquistare il Monte Piana si doveva procedere dalla Piramide Carducci verso la Forcella dei Castrati.

All’azione avrebbero partecipato la 9a la 10a, la 11a, la 12a compagnia. Senza copertura dell’artiglieria, la 9a e la 10a uscirono dalla trincea sul Pianoro di Monte Piana ed iniziarono a procedere velocemente verso la Forcella dei Castrati, fortemente ostacolate dal tiro delle artiglierie austriache provenienti dalle quote circostanti. Quando raggiunsero la Forcella avevano subito sensibili perdite. Ma successe l’imprevedibile, progressivamente, forse per esaurimento dei proiettili, le artigliere austriache cessarono il fuoco, tanto che la 10a e la 12a compagnia riuscirono a raggiungere sulla Forcella dei castrati le prime due senza subire perdite. Il cap. Gregori, che si delega del magg. Bosi dirigeva l’azione, non ebbe però la prontezza operativa di approfittare della situazione inaspettativamente favorevole e procedere all’assalto risolutivo dell’ormai vicine linee nemiche, anzi dette l’ordine di rafforzarsi sulle posizioni raggiunte, per trascorrervi ivi la notte, in attesa dell’alba.”[2]

 L’azione non aveva dato i frutti sperati e nuovamente il magg. Bosi convocò al suo Comando gli ufficiali responsabili, compreso il cap. Rossi, comandante la 96a compagni alpini. Fu deciso un nuovo attacco per l’indomani, alle prime luci dell’alba, condotto da cap. Gregori.
All’ora convenuta, la 9a e la 10a compagnia superarono la Forcella dei Castrati addossandosi in posizione defilata al tiro nemico sul saliente di Monte Piano, La 10a e la 11a compagnia, con il Comando di battaglione, rimasero pronte all’intervenire schierate sul versante opposto, sul ciglione di Monte Piana dominante la Forcella. Questo fu un grave errore tattico commesso da un ufficiale d’esperienza quale era il cap. Gregori: infatti questi fanti, con il chiarore del giorno, rimasero esposti ed immobilizzati dal tiro austriaco.

In questo frangente cadeva ucciso da tiro di un cecchino il magg. Bosi[3] che fu sostituito nel comando dell’azione dal magg. Gavagnin.

 …(l’’azione della 9a compagnia) fallì per il mancato concorso sulla sua destra, della 96a compagnia alpini che dal Fossato Alpini doveva sorprendere sul fianco la posizione austriaca, eliminandone la resistenza. A quel punto, erano le ore 07.00 il magg. Gavagnin ordinò al cap. Gregori di far attraversare all’11a compagnia la Forcella, cosa che le sarebbe risultata impossibile se non fosse sopraggiunta improvvisa una insolita e fitta nebbia. Così riuscì nel movimento senza subire perdite, andando a rinforzare la 12a ed i resti della 9a compagnia. Ritornato il sereno il cap. Rossi, comandante della 96a compagnia, temendo di essere preso tra due fuochi qualora degli austriaci fossero risaliti per le Forcellette, chiese che quella posizione, dominante sia Val Rimbianco che la Rienza Bassa, venisse prontamente occupata da una compagnia tenuta in riserva. Il magg. Gavagnin, alle ore 11 ordinò al cap. Gregori di procedere in tal concorso con la 10a compagnia. Bisognava però attraversare la Forcella, su terreno esposto dal tiro austriaco: era impresa quasi impossibile tanto che il cap. Gregori ed altri suoi fanti furono fulminati dal fuoco nemico. Sopraggiunta la sera e con essa anche la pioggia. Tre delle cinque compagnie duramente provate furono sostituite da altre due del I Battaglione del 55° Fanteria e dalla 7a compagnia del 56° reggimento”[4]

Una riflessione attenta sugli insuccessi degli attacchi portati nei giorni precedente fecero concludere che la causa di questi insuccessi si doveva ricercare nel fatto che gli attacchi erano portati di giorno. Pertanto si decise di attaccare di notte

Fra le 24.00 e le 3.00 (del 20 luglio, n.d.a) dei genieri della 20a compagnia minatorie della 14a compagnia zappatori collocarono dei tubi di gelatina esplosiva per praticare dei varchi nei reticolati. Nel settore della 96a compagnia alpini, fu lo stesso cap. Rossi, accompagnato da alcuni alpini, a collocare i tubi di gelatina. Dopo il brillamento dei tubi e praticati i varchi nel reticolato nemico, il più ampio di circa 8 metri, due plotoni della 96a compagnia e il plotone Allievi Ufficiali del  55° Reggimento, sostenuti sulla sinistra dalla 6a compagna del 56° Reggimento e da un plotone esploratori del I Battaglione del 55° Reggimento e sulla destra dalla 12a compagnia, riuscirono a penetrare nella prima linea austriaca facendo prigionieri gli occupanti. Si tentò allora di conquistare tutte le posizioni austriache di Monte Piano. Attaccarono sulla sinistra dello schieramento la 1a compagnia, sulla destra la 10a compagnia che provvedeva con un plotone anche alla copertura difensiva in concorso alla 2a compagnia tutte e tre del 55° reggimento. Con le prime luci dell’alba entrarono in azione le batterie austriache di Prato Piazza, di Monte Specie, di Landro, di Monte Rudo e dell’Alpe Mattina. A questo si aggiunse il tiro della “pettegola” che sparava con alzo zero da una distanza inferiore a 300 metri, rendendo impossibile agli Italiani mantenere la posizione conquista con tanto sacrificio. Alle ore 06,30 iniziò il disimpegno ordinato da Monte Piano con ripiegamento sulle posizione di partenza.”.[5]

 Dopo il 20 luglio le azioni ebbero una pausa. Si constato che, nonostante le perdite ed sacrifici, anche coronati da successo, le posizioni di Monte Piano una volte conquistate non si potevano mantenere per via del fatto che erano sotto il tiro delle fortificazioni poste nelle montagne circostanti. 
 Ai primi di agosto i fanti della Brigata “Marche” furono affiancati da quelli della Brigata “Umbria, che svolsero azioni  con il 54° Reggimento dal 3 al 4 agosto in concorso alle azioni di attacco a Monte Rosso ed al Pinedo, ad oriente del Monte Croce di Comelico ove era impiegata la Brigata “Ancona”.

Si palesa ai Comandi italiani che ormai si stava asodando il cosidetto Stallo Tattico, ovvero l’impossibilita dell’attaccante di variarela situazione e la decisione dela difesa di non prendere iniziative. Questa situaizone si manterrà per tuti i mesi successvi fino all’ottobre 1917 quando le truppe italiane si ritireranno per effetto della azone su Caporetto.

IL 23 ottobre arriva l’ordine, per tutta la 10a Divisione di trasferirsi sulla fronte isontina. La permanenza della Brigata “Marche” sul fronte cadorino merita qualche considerazione

La Brigata “Marche” fu protagonista delle azioni del luglio-agosto 1915, o sul Monte Piana. L’analisi della sue azioni rileva i gravi errori commessi dai Comandi superiori italiani sul fronte dolomitico. In primo luogo si manifesta l’errore strategico, ovvero la impreparazione materiale, soprattutto la carenza di artiglierie. Di seguito l’errore concettuale, ovvero la non  risolutezza nello spingersi avanti, frutto questo non di imperizia o di mancanza di coraggio, ma di totale assenza di un piano offensivo necessario ed utile, dato che era l’Italia che aveva l’iniziativa tattica. Le azioni della Brigata “Marche” entrano nel vivo solo a due mesi dalla dichiarazione di guerra, ovvero a metà luglio 1915. I risultati sono quindi discendenti da questo. Il Comando Brigata ha avuto in sei mesi quattro comandanti, in cui si alterna l’eroismo e la destituzione; i comandanti di reggimento e di Battaglione sono sulla stessa Linea, con una successione veramente impressionate, anche qui alternanza di destituzioni ed eroismo. Negli anni successivi questo si stabilizzarà e si avranno periodi di comando normali, sull’ordine dei dodici-quindici mesi.
In realtà sia la Brigata Marche che la Brigata Ancona, che agiva a fianco, sul fronte del Comelico superiore sono vittime di erroi strategici e tattici di vaste dimensioni e, nonostante il loro eroismo, la cui figura del Magg. Bosi è emblematica, non conseguono alcun risultato.

Le conclusioni saranno tratta sulla base della esposizione

Massimo Coltrinari
contatti: coltrinari2011@libero.it




[1] Spada M., Monte Piana 1915-1917. Guida storica ed escursionistica, Bassano del Grappa, Itinerari Progetti, 2010, pag. 52.
[2] Ibidem, pag. 55
[3] Varie sono le versioni della morte del magg. Bosi. Con un approccio tutto ottocentesco, il magg. Bosi, al chiarore dell’alba, e quindi ben visibile al tiro nemico, consapevole del pericolo a cui si esponeva, ma per dare un esempio ai suoi fanti che si stavano impegnando in una ardua azione, poche decine di metri a valle della Piramide Carducci, si era messo, di fronte alle posizioni austriache, in posizione eretta, con il binocolo in mano, per meglio osservare l’andamento dell’azione e dirigere l’azione. Un colpo preciso sparato da un cecchino lo colpi al cuore e subito risultò vano ogni soccorso portato dal suo attendente e dal portaordini che le erano a fianco. Una descrizione più dettagliata si trova in Fornari A., Piccolo frutto rosso, frammento di pace. Nelle trincee del Monte Piana, la storia di un uomo, magg. Bosi Cav. Angelo, S. Vito di Cadore, Edizioni Grafica Sanvitese, 2008
[4] Ibidem, pag. 57
[5] Ibidem, pag, 58

venerdì 13 maggio 2016

Una Riflessione.

Allo scoppio della II guerra mondiale mio padre Aurelio ,nato nel 1909, fu strappato alla sua Imola e alla serenità della vita civile e richiamato, come ufficiale di complemento, al VI reggimento bersaglieri di Bologna. Il comandante era il colonnello Umberto Salvatores e l’aiutante maggiore il tenente colonnello Ercole Felici. Mio padre fu inviato con l’intero reggimento in un primo tempo sul fronte jugoslavo e, in seguito, sul fronte russo ( prima CSIR e poi ARMIR). Nella avanzata in Russia rinunciò alla nomina a ufficiale istruttore della Scuola Allievi Sottufficiali Bersaglieri di Bobrusko-Villa del Nevoso in Istria, a migliaia di km dal fronte ( che gli sarebbe spettata come capitano con maggiore anzianità di nomina) per non abbandonare al loro destino i 300 uomini della sua III compagnia, che avrebbero continuato quotidianamente a rischiare la vita in prima linea. Meritò un encomio solenne, una medaglia di bronzo “ sul campo” e una medaglia d’argento al valor militare. Sull’ansa del Don, punto di massima avanzata delle nostre truppe, quando la sua terza compagnia era ridotta a meno di venti uomini, fu ferito da un proiettile di parabellum che, esploso da una decina di metri, lo colpì all’emitorace sinistro. Restato per ore a perdere sangue nella “ terra di nessuno “ fra le opposte linee, fu infine quasi miracolosamente salvato dal bersagliere Quinto Ascione di Cervia che per tale azione fu decorato di croce di guerra al valor militare e sarebbe poi caduto pochi giorni dopo meritando la medaglia d’oro “ alla memoria”. Mio padre, dopo alcuni mesi in pericolo di vita, infine si riprese e tornò alla vita civile e alla sua attività di dirigente bancario. .All’inizio degli anni settanta fu nominato cavaliere della Repubblica.
Io fui sottotenente medico di complemento al VI battaglione Genio Pionieri di Bologna dal giugno 1972 al giugno 1973. In tale veste fui spesso medico di guardia all’Ospedale Militare di Bologna, intestato al S.Ten.Med. Lino Gucci ,già ufficiale medico al VI RGT Bersaglieri sul fronte russo e medaglia d’oro “ alla memoria”. Il medico di guardia in un ospedale militare, per regolamento, deve presentarsi agli ufficiali superiori eventualmente ricoverati e dichiararsi burocraticamente a loro disposizione .In una delle mie guardie furono contemporaneamente ricoverati sia Umberto Salvatores che Ercole Felici ( nel frattempo divenuti generali). Quando mi presentai al loro cospetto e appresero che ero figlio di Aurelio, da loro definito “ uno degli ufficiali più valorosi del reggimento”, espressero il desiderio di rivederlo. L’incontro avvenne in quello stesso pomeriggio e vide i tre reduci con gli occhi lucidi al ricordo delle tante traversie passate. Nel 1983 mio padre collaborò con testimonianza personale ( citata nella prefazione) al volume curato dall’amico generale Aldo Gianbartolomei per lo Stato Maggiore relativo alla Campagna di Russia. Nei primi anni novanta mio padre fu promosso al grado di tenente colonnello del ruolo d’onore. In quello stesso periodo le associazioni d’arma imolesi provvidero al restauro del primo altare di sinistra della chiesa di Santa Maria in Regola e vollero che fosse lui a tagliare il nastro inaugurale.
Pochi anni dopo, nel marzo 1993, quando i pochi resti di Ascione rientrarono dalla Russia, mio padre fu invitato a presenziare alla cerimonia che si sarebbe tenuta a Cervia. Benchè fosse già in precarie condizioni di salute, volle essere da me accompagnato e, dopo i meno partecipi discorsi ufficiali, posando la mano con affetto riconoscente sulla piccola urna, pronunciò poche e toccanti parole fra l’intensa commozione dei presenti, convenuti numerosi in quella luminosa giornata di fine inverno. Ciò mentre io riflettevo che solo grazie all’eroismo di Ascione in quel lontano agosto 1942 mio padre era sopravissuto ed io avevo avuto la possibilità di nascere nel maggio 1944.
Pochi mesi dopo anche mio padre avrebbe terminato la sua corsa terrena.
Al funerale ,nell’agosto 1994, il sesto reggimento bersaglieri inviò una rappresentanza a rendere gli onori e il trombettiere ad eseguire il silenzio. Nel 1995 a Bologna, all’interno della Caserma Mameli gli fu intestata la casermetta della terza compagnia del VI RGT, che era stata ai suoi ordini sul fronte russo.
Nel 2007 il Comune di Imola, con voto unanime, deliberò di intestargli il giardino pubblico di piazzale Michelangelo ,il più vicino alla sua abitazione .L’esercito inviò un reparto in armi a rendere gli onori e la fanfara dei bersaglieri accompagnò l’evento. Nello stesso anno fu pubblicata una sua biografia a cura del giornalista Gianfranco Borghi.

Nel 2008 il Comune di Castel del Rio, nell’Appennino imolese, che nella seconda guerra mondiale era situato sulla Linea Gotica, decise di intestargli una saletta del locale Museo della Guerra. Su una parete il suo busto in bronzo è circondato dalle motivazioni delle sue decorazioni e dalle foto dai fronti jugoslavo e russo. Sotto è posta la sua storica bici da bersagliere a gomma piena. Nella parete adiacente, in una vetrinetta, sono poste le sue decorazioni, la sciabola, il piumetto, le divise e i CREST del Nastro Azzurro e del VI RGT bersaglieri. Al Museo di Castel del Rio sono state, inoltre, consegnate le pubblicazioni che hanno parlato di lui, ufficiale di complemento al quale sembrano potersi riferire le parole che nell’antica Roma il console Gaio Mario rivolse ai senatori, preparandosi alla guerra contro Giugurta: “ E non ho studiato il greco: non me ne importava, perché vedevo quanto poco se ne fossero giovati quei maestri per la conquista della virtù. Ma altre cose ho imparato, di gran lunga più utili alla Repubblica: colpire il nemico, far la guardia, di nulla aver paura se non dell’infamia, sopportare caldo e geli, dormir per terra, tollerare nel contempo la fatica e la fame. Con questi insegnamenti darò l’esempio ai soldati…”  ( da Sallustio La guerra giugurtina LXXXIV ). In occasione delle celebrazioni del 4 novembre 2012, infine, presso il monumento ai caduti della prima guerra mondiale sono state inaugurate dalle autorità civili e militari una decina di formelle in ceramica sulle figure più rappresentative della storia imolese dal   Risorgimento alla seconda guerra mondiale. Per quest’ultima è presente una foto di Aurelio sulla moto nel 1941 sul fronte jugoslavo e lo si definisce” la figura più significativa fra gli eroi di Imola nel secondo conflitto mondiale” precisandone il grado di tenente colonnello del sesto reggimento bersaglieri e le decorazioni di medaglia di bronzo “ sul campo” e di medaglia d’argento. Tutte le formelle sono illuminate nelle ore notturne.

Mario Barnabè ( I° cap. med. r cpl in congedo)


Bersaglieri imolesi del VI Reggimento eroi sul fronte russo

Nella mattinata di martedì 17 maggio dalle ore 9,00 si terrà in Imola, 
presso il teatro Osservanza di via Venturini 4 , 
una cerimonia commmeorativa del 70° del rientro dei reduci italiani dal fronte russo. 

Organizzazione a cura del colonnello Franco Camaggi e mail diga55@alice.it
Mario Barnabè ( I° cap. med. r cpl in congedo)

Nell’agosto del 1942, esattamente settanta anni or sono, alcuni bersaglieri di Imola si coprirono di gloria sul fronte russo, dopo avere trascorso uno dei più gelidi inverni che la popolazione locale ricordasse: le temperature raggiunsero i 40 gradi sotto zero. Al disgelo l’acqua raggiunse le ginocchia nelle buche e fu quasi impossibile muovere i mezzi meccanici. La rapida avanzata dei bersaglieri fece sì che fossero bombardati da aerei stukas tedeschi che credevano quel territorio non ancora raggiunto. Il susseguirsi degli scontri a fuoco decimò i bersaglieri del sesto reggimento.
Nel settantesimo anniversario di quegli avvenimenti sembra doveroso ricordare le motivazioni delle decorazioni conferite nei combattimenti sull’ansa del Don.
Il 3 agosto, a serafimowitch
Medaglia di bronzo “ sul campo” al capitano Aurelio Barnabè comandante della terza compagnia
“ Comandante di compagnia, in un momento difficile dell’azione, quando già il nemico stava per impossessarsi di una nostra importante posizione, si lanciava alla testa del suo reparto al grido di “Savoia” ricacciandolo ed infliggendogli gravi perdite. Malgrado le severe perdite subite, con i superstiti fronteggiava nuove preponderanti forze nemiche, tenute fino ad allora in rincalzo, permettendo così al battaglione di affermarsi sulle posizioni raggiunte. Durante il violento ed accanito combattimento, durato parecchie ore, sebbene esausto di forze, fu presente ovunque maggiore era il pericolo, entusiasmando con le parole e con l’esempio i dipendenti in una gara magnifica di slancio e di valore”.
Fronte russo Serafimowitch 3 agosto 1942

Medaglia d’argento “ sul campo” al bersagliere Alighiero Mirri
bersagliere della terza compagnia del VI RGT
“ Porta arma tiratore, durante un violento attacco a posizioni avversarie, incurante dell’intenso fuoco che provocava forti perdite alla propria squadra, si portava spontaneamente nei punti più avanzati per facilitare con il tiro della sua arma il compito dei compagni. Ferito gravemente non desisteva dall’azione, finchè, stremato per la forte perdita di sangue, cadeva al suolo esausto.”
Fronte russo Serafimowitch 3 agosto 1942

Il 13 agosto a Bobrowskij

Medaglia di bronzo al bersagliere Ezio Raspadori

bersagliere della terza compagnia del VI RGT bersaglieri
“Durante un aspro combattimento contro preponderanti forze nemiche, si poneva alla testa dei superstiti della propria squadra e, trascinandoli in un violento corpo a corpo, riusciva a sventare un tentativo di aggiramento. Successivamente, raccolto il fucile mitragliatore di un compagno caduto, con precise raffiche, stroncava un contrassalto nemico”.
Bobrowskij-fronte russo 13 agosto 1942

Capitano Aurelio Barnabè, comandante la terza compagnia del VI RGT bersaglieri
Medaglia d’argento al Valor militare
“ Comandante di compagnia, sosteneva bravamente gli urti ripetuti di preponderanti forze avversarie, impiegando i superstiti del suo reparto, già provati in duri combattimenti. Dopo essersi prodigato al limite di ogni possibilità, rimasto con pochissimi uomini e poche armi efficienti, ripiegava in posizione retrostante. Subito dopo partecipava al contrattacco con una compagnia di formazione per rioccupare le posizioni contese. Ferito gravemente, continuava arditamente nell’azione fino a che cadeva per il sangue copiosamente perduto”.
Bobrowskij-fronte russo 13 agosto 1942  

Lanzoni Guido bersagliere VI RGT, 262° Compagnia cannoni
Croce al Valor Militare
“ Puntatore di un pezzo controcarro ,caduto il comandante di squadra, assumeva prontamente il comando dei superstiti e, con perizia e coraggio, li guidava nel prosieguo dell’azione”
Bobrowskij-fronte russo 2- 13 agosto 1942

Zardi Cesare- Caporale portaordini Compagnia mitraglieri VI RGT bersaglieri
Medaglia d’argento al Valor Militare “ sul campo”
“ Portaordini di compagnia mitraglieri, durante un violento combattimento, si prodigava oltre ogni limite nell’assolvimento del suo compito. Verificatasi un’infiltrazione nemica si lanciava alla testa dei pochi superstiti al contrattacco e, con lancio di bombe a mano, costringeva l’avversario in fuga infliggendo forti perdite. Rimasto ferito non abbandonava il suo posto che a situazione ristabilita”.
Quota 224,4 Jagodnij ( fronte russo) 23 agosto 1942

Montuschi Giuseppe- Bersagliere VI RGT bersaglieri
Medaglia di bronzo al Valor Militare
“ Tiratore di pezzo da 47/32, già distintosi in precedenti combattimenti, durante attacco ad una posizione nemica, ferito ad una mano, rifiutava di portarsi al posto di medicazione. Rimasto accerchiato con la propria squadra, difendeva accanitamente con gli altri suoi compagni la posizione e partecipava poi al contrassalto”.
Quota 208,4 di Jagodnij ( fronte russo) 24 agosto 1942
Inutile aggiungere che furono proprio i pochi superstiti di quelle tragiche vicende i più convinti e sinceri amanti della pace, nell’amaro ricordo delle privazioni , dei sacrifici passati e dei tanti amici caduti ( dei 300 uomini della terza compagnia del sesto reggimento bersaglieri i superstiti furono meno di venti).
Queste vicende sono descritte in vari volumi e nel sito internet htpp ://digilander.it/fiammecremisi



lunedì 9 maggio 2016

Corpo Italiano di Liberazione in Italia

Camioniste polacche, dalla Russia all’Italia

La Casa della Memoria e della Storia ospita dall'8 aprile al 20 maggio 2016 "Camioniste polacche Ausiliarie del 2° Corpo d'Armata Polacco. 
Dalla Russia all’Italia. 1942-1946", 
una straordinaria mostra fotografica che ricorda e rende omaggio alle donne che durante il secondo conflitto mondiale fecero parte del II Corpo d’Armata Polacco, prestando servizio nell’esercito come autiste e camioniste in ruoli e incarichi solitamente ricoperti dagli uomini

domenica 8 maggio 2016

Grande Guerra: Brigata Alpi 1915

Ordinamento
La Brigata era inquadrata della 4a Armata, IX Corpo D'Armata

I Quadri della Brigata nel 1915 erano i seguenti:

Comandate della Brigata dal 24 maggio 1915 dall’11 dicembre 1915 era il Magg. Gen. Teorico Serra, a cui succedette il Magg. Gen. Felice Porta dal 12 dicembre 1915 al 16 gennaio 1916.
Il Comandante del 51° Reggimento fanteria era, dal 24 maggio al e novembre 1915 il colonnello Amos Del Mancino , a cui seguì dal 29 novembre 1915 al 27 maggio1917 il colonnello Nicola De Maria, mentre al comando del 52° Reggimento fanteria dal 24 maggio al 11 novembre 1915 vi era il colonnello Federico Trulla, che lasciò il comando, dall’ 11 novembre 1915 al 14 luglio 1918 al colonnello Pietro Gleijeses.

Di seguito i comandanti di battaglione:
51° Reggimento Fanteria:
I   Battaglione
. Giri Giovanni Battista, tenente colonnello, dal 24 maggio a agosto 1915
. Colagè Vincenzo, 1° capitano,  da agosto a settembre 1915,
. D’Amato Alfredo, maggiore,  da settembre  al 12 dicembre 1915,
. Porzo Carlo, maggiore,  da 12 dicembre 1915 al 4 settembre 1917,

II  Battaglione
. Ferrari Giorgio, tenente colonnello, dal 24 maggio a settembre 1915,
. Togna Giulio, tenente colonnello, da ottobre al 15 luglio 1918,

III Battaglione
. Gavina Antonio, maggiore, dal 24 maggio al 14 giugno 1915,
. Menzinger Guido, maggiore, dal 14 giugno  al 21 ottobre 1915,
. Stigliani Ferdinando, tenente colonnello, dal 20 ottobre 1915
  luglio1916.

52° Reggimento Fanteria:
I   Battaglione
. Ciotola Enrico, tenente colonnello, dal 24 maggio a novembre 1915
.  Raimondo Manlio, maggiore,  da novembre al 3 agosto 1917,

II  Battaglione
. Fadinelli Osvaldo, maggiore, dal 24 maggio al 11 luglio 1915,
Caduto sul campo
. Ronchetti Riccardo, maggiore, da luglio 1915 al 31 maggio 1917

III Battaglione
. Fabbri Luigi, maggiore, dal 24 maggio al luglio 1915,
. Pandolfini Fausto, maggiore, dal luglio 1915 a novembre 1915,
. Carosi Vincenzo, maggiore, dal luglio 1915 a marzo 1915,

Gli Ufficiali Caduti sono:
51° Reggimento fanteria
 (in corsivo gli Ufficiali Marchigiani)
. Santicchi Giuseppe, capitano, da Amelia, Col di Lana il 22 ottobre
  1915
. S.Tenente Ceccarelli Alessandro, Col di Lana, il 16  Novembre 1915
. S.Tenente Conti Carlo, da Castelfiorentino, Col di Lana il 22
  ottobre 1915
. S.Tenente Dormio Vincenzo, da Monopoli, Sasso di Mezzodì il 20
  ottobre 1915
. S.Tenente Maciocchi Olimpio, da Casalattico, Monte Mesola il 18
  ottobre 1915
. S.Tenente Passerini Carlo, da Lisago, Col di Lana il 21 ottobre 1915

52° Reggimento fanteria:
. Maggiore Fadinelli Osvaldo, da Este, Col di Lana l’11 luglio 1915
. Capitano Benedetti Libero, da Ampezzo, Col di Lana , il’19 luglio
  1915
. Capitano Blasi Giulio, da Rieti, Osp. d.C.041 il 16  dicembre 1915
. Capitano Bossi Luigi, Col di Lana, il 16 dicembre 1915
. Tenente Antonini Ulderico, da Perugia, Col di Lana, 11 luglio 1915
. Tenente Agugliaro Raffaele, da Trapani, Osp.d.C. 089 il 25 luglio
  1915
. Tenente Magnani dott.Sante, da Reggio Emilia, Col di Lana il 20
   agosto 1915
. Tenente Salvatori Giulio, da Palestrina, 57 Osp. Sommeggiato, l’11
  luglio 1915
. Tenente Soccorsi Giulio, da Napoli, , Col di Lana, il 20 agosto 1915
. Tenente  Viviani Renato, da Terni, 57 Osp.Sommeggiato,  il 10 luglio
  1915
. S.Tenente Barberis Vincenzo, da Torino, Osp.d.C.036 Caprile il 23
  Agosto 1915
. S.Tenente Coccia Emanuele, da Acquasparta, , Col di Lana, il 21 
  ottobre 1915
. S.Tenente Colli Giulio, da Cavarzere, 37 Osp. Sommeggiato il 25
  luglio 1915
. S.Tenente Confalonieri Renzo, , Col di Lana il 18  novembre 1915
. S.Tenente Fraioli Vincenzo, da Arpino, Costone Castello, il 21
  Ottobre 1915
. S.Tenente Guattaccioni Antenore, Pescoi,  il 22 ottobre 1915
. S.Tenente Orlandi Pietro, da Poscoi il 25 ottobre 1915
. S.Tenente Ruberti Raul, da Roma, Col di Lana il 2 novembre 1915

. S.Tenente Speranzini Luigi, da Arcevia, Col di Lana il 7 novembre 1915

massimo coltrinari
(coltrinari2011@libero.it)