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giovedì 30 giugno 2022

La espansione russa di metà dell'ottoceto

 

La Guerra Finnico – Russa

12/1939 – 3/1940

Una lezione ancora attuale

Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio  Benedetto  Sabetta

 

            In questa rideterminazione delle aree di influenza che la guerra in Ucraina contribuisce a delineare, nell’evidenziare una crisi di sistema iniziata nel 2001 ed esplosa nel secondo decennio del nuovo millennio, gli USA si appoggiano sulla resistenza dell’Ucraina per logorare i Russi senza scendere direttamente in campo, non potendo sostenere i costi umani di fronte ad una opinione interna divisa, che non vuole impegnarsi su un teatro lontano e non sentito come essenziale.

            I costi economici vengono sostanzialmente scaricati sull’U.E., per altro divisa al suo interno tra coloro ad Est coinvolti in prima persona e gli Stati ad Ovest, in primis Francia e Germania, più sensibili alle relazioni economiche e ai suoi riflessi sociali, ottenendo comunque gli USA una ricompattazione della NATO negli ultimi tempi piuttosto sfilacciata, anche per una serie di errori e ritirate da settori fuori area.

            Tutto questo sotto lo sguardo interessato e le autonome manovre della Cina ma anche dell’India, della Turchia e di altre potenze regionali.

            La Russia appare a sua volta impantanata, ripiegata su obiettivi minori, tanto che si parla di sconfiggerla, ma questo oltre che dubbio non sembra essere il vero obiettivo degli USA e degli Anglosassoni, oltre che dispendioso e logorante sarebbe anche controproducente creando un pericolosissimo vuoto di potere, con una instabilità dagli scenari imprevedibili, si dovrà quindi, prima o poi, trattare.

            Interessante al riguardo l’insegnamento della guerra Finnico-Russa del 1939/1940, dove la guerra si concluse con l’accettazione di alcune condizioni, ma da una posizione di forza a seguito di una serie di vittorie tattiche.

            La guerra si sviluppò dai primi del dicembre 1939 a metà marzo 1940 e costò ai Russi uomini e materiali, tuttavia ai primi di marzo il Maresciallo Gustav Mannerheim chiese al governo finnico di accettare le condizioni russe intavolando le trattative.

            Anche allora il 30.11.1939, quando i negoziati sembravano ancora possibili, la Russia bombardò Helsinki iniziando le ostilità, così come avvenuto il 24 febbraio 2022 a Kiev.

            Alla massa di circa mezzo milione di uomini i finnici non potevano che opporre 9 divisioni di 15 mila uomini ciascuna, con in più una netta superiorità russa in artiglieria e carri d’assalto.

            Nonostante questa sproporzione, conoscendo il terreno e con una alta flessibilità, una serie di imboscate bloccò le colonne russe, le quali non riuscirono a dispiegarsi per mancato coordinamento, non conoscenza del territorio e una massa di neve e boschi tale da impedire la manovrabilità.

            A differenza della situazione nell’Ucraina attuale, gli aiuti di Francia e Inghilterra furono contenuti nonostante le promesse, si era già in guerra con la Germania nazista ed emergevano tutte le mancanze tecniche e teoriche da parte degli alleati.

            Tuttavia i finnici, guidati abilmente dal Maresciallo Mannerheim, inflissero notevoli sconfitte ai Russi ma la sproporzione alla lunga pesava.

            La lotta durò dal dicembre 1939 alla metà del marzo 1940 quando, a seguito di trattative di pace, il 13 marzo alle ore 11 i combattimenti cessarono.

            L’abilità del Maresciallo Mannerheim fu di vincere sul piano tattico ma nel momento del massimo successo di intavolare le trattative per ottenere una pace con perdite territoriali minime, evitando in tal modo tra l’altro la devastazione del Paese, forse utile a qualcuno ma certamente non per i finnici, una lezione di uno stretto e intelligente rapporto tra politica, diplomazia e guerra.  

lunedì 13 giugno 2022

BEPPINO NASETTA, PRIMO CADUTO DELLA BATTAGLIA DELLE ALPI OCCIDENTALI E M.A.V.M.


 


di

Marco Montagnani

 

LA GIOVINEZZA NELL’IDEALE CATTOLICO

 Beppino Nasetta nacque il 5 settembre 1916 nel gruppo di case chiamato Roata Lerda (ora Madonna delle Grazie), a pochi passi da Cuneo, città nella quale ben presto si trasferì insieme alla famiglia. La sua educazione fu saldamente improntata a principi religiosi che, come vedremo, si fortificarono nell’età adulta. A dimostrazione, la prolungata attività nell’Azione Cattolica della parrocchia del Duomo di Cuneo, come pure nelle locali Associazione Giovanile San Carlo e Conferenza di San Vincenzo. Nel 1938, dopo avere ottenuto il diploma di Ragioniere, si laureò in Economia e Commercio, assai meritoriamente, perché durante tale impegno svolse il servizio militare di leva, in qualità di Aspirante Ufficiale di Complemento nell’Arma di Fanteria, precisamente presso il 33° Reggimento della Brigata “Livorno” (l’inizio del servizio di prima nomina avvenne l'1 luglio 1937).

 l 19 febbraio 1939, nel corso di una riunione pubblica tenutasi al Teatro Littorio di Cuneo, Antonio Bonino, locale Segretario Federale del Partito Nazionale Fascista, criticò aspramente l’Azione Cattolica e anche il Vescovo della città, Giacomo Rosso. In tal modo il gerarca alimentava quell’azione di contrasto che da tempo, a livello nazionale, il Regime, nonostante il disposto concordatario del 1929, metteva in atto nei confronti delle organizzazioni cattoliche.

 Nasetta, presente in sala, prese la parola e controbatté le accuse. Le conseguenze furono tanto pesanti quanto immediate. Infatti, il giorno successivo, sul giornale di Cuneo e Provincia, “Sentinella d’Italia”, fu pubblicata la notizia secondo la quale Bonino, “valendosi della facoltà concessagli dall'art. 31 dello Statuto del P.N.F., ha adottato nei confronti del tesserato Nasetta Giuseppe il provvedimento del ritiro della tessera per assoluta assenza di fede fascista”. In conseguenza di ciò, il Nostro perdette anche il lavoro in banca.

 Poco più di un anno dopo l’Italia, entrata in guerra a fianco della Germania, attaccò la Francia sull’arco alpino occidentale, in quella che è chiamata la “Battaglia delle Alpi Occidentali” (“Bataille des Alpes”). Anche il confine che interessava il cuneese fu luogo di rilevanti operazioni che produssero aspri combattimenti. In tale zona si trovava Nasetta, in qualità di Sottotenente della Guardia alla Frontiera (G.a.F.) (NOTA 1). Precisamente, nel III Settore di Copertura “Stura” (NOTA 2). Detto Settore andava da Ponte Negri (per i francesi Pont de Paule, fino al 1947 valico del confine italo-francese tra Piemonte e Nizzardo, situato sul torrente Tinea, vicino alla confluenza del vallone di Molliera, allora frazione del comune italiano di Valdieri), al Passo di Vanclava (al confine tra la Valle Maira e la valle dell’Ubayette e situato a ridosso del Monte Oronaye). Il III Settore di Copertura, con il Comando a Cuneo e il Deposito a Borgo San Dalmazzo, era articolato su due Sottosettori: III/a "Collalunga – San Salvatore" (Sede a Vinadio); III/b "Alta Stura" (Sede a Sambuco). Quest’ultimo era quello di Nasetta, che svolgeva i suoi compiti nella zona del Colle della Maddalena (Col de Larche per i francesi).

 I PRODROMI DELLA VALOROSA MORTE

 Si sa che le ostilità fra italiani e francesi ebbero ufficialmente inizio alle ore zero dell’11 giugno 1940 e durarono fino al successivo giorno 25. Invece, non è noto a tutti che il precedente giorno 7 il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Rodolfo Graziani, aveva ordinato, su disposizione del Duce, che, in caso di ostilità, nei confronti della Francia bisognava mantenere “contegno assolutamente difensivo, sia in terra che in aria” anche se “una volta iniziate le ostilità, e manifestandosi offese avversarie, si dovrà reagire senz’altro”.

Ciononostante, lo S.M.R.E., voleva rapidamente ottenere il predominio su tutti i valichi di confine e per questo le forze italiane ebbero l’ordine di porre in atto un’occupazione avanzata, da completarsi sempre entro l’11 giugno.

 Nondimeno, anche i francesi, nell’eventualità di un conflitto con l’Italia, avevano dato, già al momento della mobilitazione del 1939, analoga disposizione che però fu ridimensionata a causa del depauperamento di forze determinato dall’invasione tedesca. Perciò sulla linea di confine furono schierate solo le “Section d’Èclaireurs-Skieurs” (S.E.S.), ognuna delle quali radunava una quarantina di uomini, esperti di alpinismo e tiro. Sulla carta, le S.E.S. avevano compiti difensivi, precisamente d’osservazione e allarme ma, lo si vedrà, in taluni casi, indirizzati dai comandi locali, assunsero contegno decisamente offensivo.

 In tali condizioni andò maturando il valoroso gesto di Nasetta, gesto che purtroppo gli costerà la vita.

 LA TRAGICA ALBA DEL 13 GIUGNO A CIMA LA PARA

 Come appena detto, alcune S.E.S. intrapresero iniziative decisamente aggressive. Ad esempio, fin dal primo mattino del 13 giugno tentarono d’occupare il Colle della Galisia, alla testata della valle di Locana e il vicino Colle della Losa. Il Battaglione alpino “Intra”, del Raggruppamento “Levanna, le respinse. Per contro, analoghe iniziative riuscirono in altri luoghi, quali la Cima del Gran Cocor e Chiapili.

 Anche la zona del Colle della Maddalena, nella quale si trovava Nasetta, sempre all’alba del 13 giugno fu interessata da un’azione francese, ancora più ardita di quelle appena descritte.

 La Section d’Éclaireurs-Skieurs dell’83° Bataillon Alpin de Forteresse (B.A.F.), comandata dal Lieutenant Roland Costa de Beauregard (NOTA 3), riuscì a infiltrarsi fra gli avamposti italiani e attaccò un Nucleo Armi Supplementari (NOTA 4), organizzato in trincea e situato alle pendici sud-ovest di Cima La Para (pressi del lago del Colle della Maddalena). Nasetta, avvertito della minaccia, accorse prestamente sul luogo e visto che due guardie di Finanza erano state ferite e non combattevano più, impugnò la mitragliatrice che si trovava nella trincea e fronteggiò il nemico, infliggendogli serie perdite. Fece fuoco anche contro altri francesi che stavano sopraggiungendo, ma mentre lo faceva, venne colpito al fianco sinistro da una raffica che lo uccise. Fu il primo caduto italiano della Battaglia delle Alpi Occidentali. Nel frattempo i nostri si erano riorganizzati e il nemico, sotto il tiro anche di un’altra mitragliatrice governata dal Sergente Carlo Prazzoli (che per questo meritò la M.B.V.M.), ripiegò senza essere riuscito a metter piede sul suolo italiano.

 Nasetta era ben consapevole che la difesa dell’area in cui si trovava presentava delle criticità. Infatti, qualche giorno prima, al Generale che la stava ispezionando espresse la consapevolezza della delicatezza del suo compito e della necessità di ben assolverlo, rassicurando al tempo stesso l’alto ufficiale: “vi assicuro che di qui non passerà un francese. Conosco bene tutte le vie di accesso; io ed i miei siamo disposti a difenderle a costo della nostra vita. Da nove mesi attendo qui con impazienza ed io stesso voglio sparare il primo colpo di mitragliatrice ed aprire la strada ai nostri fanti”. Manterrà la promessa.

 Per il valore dimostrato Nasetta fu insignito della M.A.V.M., con la seguente motivazione: “Nasetta Beppino di Giacomo e di Bertaina Lidia, da Cuneo, sottotenente III settore G.a.F. (Alla memoria) – Preposto alla vigilanza di un tratto vitale della frontiera, conscio della importanza del compito, preparava i dipendenti al cimento con volontà perseverante e indefettibile fervore, infondendo in essi la sua stessa fede, il suo entusiasmo. Al proprio comandante prometteva di mantenere la posizione a costo della vita. Saputo che un suo nucleo era stato attaccato da forze preponderanti, accorreva prontamente. Sostituitosi a un mitragliere ferito, perseverare impavido nella lotta, finché, investito dal fuoco nemico, cadeva sul luogo stesso ove aveva espresso il suo eroico proponimento, consacrando così, con il sacrificio della sua giovane vita la sua promessa. – Colle della Maddalena, 13 giugno 1940”.

 In quel giorno, tutto il fronte di guerra stava ancora vivendo una situazione di relativa stasi, ma già dalla sera successiva alla morte di Beppino, italiani e francesi iniziarono a scontrarsi più incisivamente e Cima La Para fu nuovamente interessata da combattimenti.

Prima di continuare a parlare di Nasetta è giusto raccontare cosa successe nella zona del Colle della Maddalena nei giorni successivi alla morte del Nostro. In un primo tempo il luogo fu prevalentemente interessato da concentramenti di nostre truppe, come pure di artiglierie portate vicino al confine per supportare l’attacco, sempre più prossimo che, infatti, iniziò il 22 giugno. In tale data la Divisione Alpina “Cuneense” e il 2° Raggruppamento Alpini avanzarono allo scopo di occupare la comba di Maurin nell’alto Ubaye, calare su Saint Paul e occupare il Col de Vars. Era iniziata la cosiddetta “Operazione M” (Maddalena). L’azione degli alpini aveva lo scopo di fiancheggiare quella principale, affidata alle divisioni “Forlì” e “Acqui”, sulla direttrice Colle della Maddalena – Larche – Meyronnes, nella Valle dell’Ubayette, che prese il via il 23 giugno. In seguito, alpini e fanti, una volta riunitisi, dovevano proseguire insieme per occupare Jausiers e la conca di Barcellonette. L’offensiva, però, fu rallentata: dal forte maltempo, caratterizzato anche da inusuali, vista la stagione, nevicate (furono moltissimi i congelati); dal terreno impervio; dalla precisione del tiro delle batterie francesi, su tutte quella della Roche de la Croix, che ebbero pieno agio nel tirare poiché, sempre a causa delle intemperie, le artiglierie italiane non avevano potuto raggiungere posizioni adeguate per controbattere.

 Anche sulla restante linea di confine con la Francia gli italiani incontrarono serie difficoltà nello sfondare, subendo la solida difesa francese. La “Maginot delle Alpi” si dimostrò ostica da aggirare. Tale impasse fu risolta dal collasso istituzionale e militare della Francia, costretta a chiedere l’armistizio alla Germania e all’Italia, che entrò in vigore all'1:35 del 25 giugno 1940.

La Battaglia delle Alpi Occidentali costò agli italiani: 631 morti (59 ufficiali); 616 dispersi; 2.631 tra feriti e congelati; 1.141 prigionieri, però ben presto restituiti.

 LA QUESTIONE DELLA MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE NEGATA

 Nel dopoguerra si sviluppò una corrente di pensiero, che prosegue ancora oggi, secondo la quale Beppino Nasetta era stato defraudato della Medaglia d’Oro al Valor Militare (NOTA 5). Se non il primo, uno dei primi articoli in cui la questione venne affrontata, fu pubblicato su “La Guida”, giornale d’ispirazione cattolica di Cuneo e Provincia, il 22 luglio 1960, nel ventennale del sacrificio della giovane vita. Infatti, dopo una ricchissima descrizione delle virtù religiose di Beppino, così fu scritto: “Venne proposto per la medaglia d’oro al valor militare, ma la rabbia fascista, che lo aveva colpito in pace, non venne meno neanche durante la guerra, infierendo perfino sulla sua memoria, resa tanto più degna dall’eroismo e dal sacrificio”.

 Sullo stesso giornale, nel cinquantennale del sacrificio (7 settembre 1990), Nasetta fu nuovamente ricordato. Anche se l’argomento medaglia d’oro non venne toccato, l’articolo certamente smosse la sensibilità di qualcuno. Solo così si può spiegare l’interrogazione, dell’anno successivo, presentata dall’Onorevole Raffaele Costa, mirante a ottenere per Nasetta per l’appunto la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Interrogazione così formulata: “Al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro della difesa – Per conoscere quali siano le loro valutazioni e quali iniziative intendano assumere in relazione ai numerosi appelli rivolti al Ministero da più parti, intesi ad ottenere la riapertura del caso relativo al sottotenente Giuseppe Nasetta, primo caduto italiano durante la seconda guerra mondiale, morto ad Argentera (Cn) il 13 giugno 1940 nell’atto di difendere alcuni suoi soldati in prima linea, al quale venne negato il conferimento della medaglia d’oro alla memoria perché “assolutamente privo di fede fascista “ come cita la motivazione agli atti, depositati presso l’Istituto storico della resistenza, e a cui venne pertanto attribuita la medaglia d’argento; se non ritengano, trattandosi di un’evidente discriminazione politica e di una grave ingiustizia perpetrata nei confronti dell’ufficiale cuneese, di disporre l’immediata riapertura del caso e di assegnare il massimo riconoscimento alla sua memoria”.

 E’ il caso di notare come l’Onorevole Costa, a sostegno della sua richiesta, sostenne che: 1) la Medaglia d’Oro non era stata assegnata per l’“assoluta assenza di fede fascista” di Nasetta citando, seppur non alla lettera, quanto scritto, e già sopra riportato, dalla “Sentinella d’Italia” del 20/21 febbraio 1939; 2) presso l’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Cuneo esisteva documentazione comprovante l’“evidente discriminazione”.

 La replica del Ministro della Difesa del tempo, Virginio Rognoni, fu la seguente: ”Agli atti esiste una proposta di concessione di decorazione al valor militare al sottotenente Nasetta Beppino, sulla quale i superiori gerarchici così a suo tempo si espressero. La commissione militare consultiva unica per la concessione e la perdita di decorazioni al valor militare, nella seduta del 4 settembre 1940, propose all’unanimità la concessione della medaglia d’argento e in tal senso fu provveduto. Non sono stati rinvenuti documenti né annotazioni riguardanti la valutazione alla quale fa riferimento l’interrogante. Non risultano inoltrati i numerosi appelli citati per la revisione del caso, ma solo una richiesta del signor Antonio Rima, alla quale fu data risposta. Non si vede la possibilità di riaprire il caso”.

 Al fine di dirimere la questione, pur tenendo in alta considerazione la replica ministeriale, è stato interpellato l’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Cuneo. Il succo della competente e cortese risposta è stato che, presso di esso, non è presente documentazione ufficiale (relazioni preparatorie, note ufficiali degli incaricati, ecc.) relativa alla concessione della decorazione al VM al Nasetta, ma esiste solamente il Foglio d’Ordini del P.N.F. riportante la notizie e la motivazione della concessione.

 Sorge il dubbio che per “documentazione agli atti” dell’Istituto, l’Onorevole Costa intendesse proprio l’articolo pubblicato nel 1939 dalla “Sentinella d’Italia”. A questo punto, si ha pieno motivo di ritenere che le risposte dell’Istituto della Resistenza e di Rognoni formino il “combinato disposto” in grado di mettere una pietra sopra alla questione dell’iniquità patita da Beppino, che pertanto ora possiamo, una volta per tutte, bocciare.

 Si ritiene che per Nasetta ciò sia un bene, perché la dissoluzione delle nebbie complottistiche riporta in piena luce la sua autorevole figura di giovane ufficiale, primo militare italiano a cadere nella Battaglia delle Alpi Occidentali, che seppe assumersi le responsabilità dovute al grado e all’incarico affidatogli, consapevole dei pericoli cui andava incontro. Quindi, pienamente meritevole della M.A.V.M. e del rispetto ancora oggi tributatogli dall’Italia e dalla sua Cuneo, che gli ha dedicato una via e il plesso scolastico di Madonna delle Grazie, proprio ove egli nacque. Senza dimenticare l’ammirazione dei suoi superiori del tempo. Infatti, il Colonnello Arnaldo Azzi, Comandante del III Settore di Copertura inviava ai reparti dipendenti, la sera del 13 giugno, il seguente ordine del giorno: “stamane a Cima la Para è caduto valorosamente combattendo in difesa della Patria il Sottotenente del settore Beppino Nasetta con anima addolorato ma con sentimento di virile fierezza salutiamo la salma del nostro Glorioso caduto”. Addirittura, era il 1941, primo anniversario della morte, a Cima La Para fu inaugurato un cippo alla memoria, eretto dai commilitoni, ancor oggi esistente grazie a una serie di opportuni restauri.

 

(NOTA 1) La Guardia alla Frontiera (G.a.F.) fu istituita il 4 dicembre 1934. Era formata da reparti di Fanteria, Artiglieria, Genio e servizi. L’ufficializzazione di questo “speciale corpo del Regio Esercito” avvenne con Regio Decreto Legge n. 833 del 28 aprile 1937, convertito in legge (n. 2540) il successivo 23 dicembre. Secondo tale atto, la Guardia alla Frontiera era ordinata in Settori di Copertura (tratti ben definiti della fascia di frontiera con funzione tattica unitaria), retti da generali di Brigata o Colonnelli. Ciascun settore comprendeva un numero vario d’unità minori e di massima aveva un deposito territoriale. Gli ufficiali e i sottufficiali assegnati ad essa, erano compresi negli organici delle varie armi, esclusa quella dei Carabinieri Reali. Il suo compito era quello di proteggere i confini con le nazioni limitrofe, presidiando il sistema di fortificazioni del Vallo Alpino, formato da strutture difensive di varia specie e consistenza (opere) nelle quali erano dislocati militari e armi. Con Foglio d’Ordini n. 121 del 29 aprile 1940, i militari della Guardia alla Frontiera adottarono “il cappello alpino con nappina laterale senza penna. La nappina sarà senza numero, con parte centrale di colore verde e con striscia periferica del colore dell’Arma (scarlatta per la fanteria, giallo arancio per l’artiglieria, cremisi carico per il genio). Dalla distribuzione del cappello alpino sono esclusi i militari della G.a.F. della Libia, che conservano l’elmetto coloniale”. La mancanza della penna nera sul cappello provocò la scherzosa canzonatura degli Alpini, che soprannominarono la G.a.F. “la vidoa” (la vedova). Ovviamente, il fregio sul cappello era quello dell’Arma cui il militare apparteneva quindi: Fanteria, oppure Artiglieria oppure Genio. Nel suo tondino andava aggraffato il numero, romano, del Settore di Copertura. Le mostrine erano verdi a una punta: senza bordo per la Fanteria; con bordo giallo per l’Artiglieria; con bordo amaranto per il Genio.

 

(NOTA 2) Il III Settore di Copertura trae le sue origini dall’insediamento, il 27 settembre 1934, in Sambuco, di un piccolo distaccamento del 33° Reggimento Fanteria. Detto Settore entrò in guerra alle dipendenze del II Corpo d’Armata (Comandante: Gen. Francesco Bertini), che a sua volta faceva parte della I Armata (Comandante: Gen. Pietro Pintor). Quest’ultima, insieme alla IV, costituiva il “Gruppo Armate Ovest”, appositamente creato per la campagna contro la Francia.

 

(NOTA 3) Roland Costa de Beauregard (1913–2002), dall'inverno 1939 al giugno 1940, come Lieutnant, comandò il S.E.S. dell’83° Bataillon Alpin de Forteresse (B.A.F.) di stanza a Larche. Dal 22 al 24 giugno 1940 respinse gli attacchi italiani al Col de Mallemort, nell'Alta Ubaye, rompendo anche l'accerchiamento della batteria di Viraysse. Ciò gli valse una “citation à l’ordre de l’Armée” e la Legion d’Honneur. Fu personaggio di spicco della Forces Françaises de l'Intérieur (F.F.I.) nella lotta contro i tedeschi. Promosso Generale di Brigata nel 1965 concluse la sua carriera come Generale di Corpo d'Armata.

 

(NOTA 4) Nucleo Armi Supplementari (N.A.S.) – Unità di fuoco, generalmente della Guardia alla Frontiera ma non solo, in aggiunta alle armi già poste nei centri di fuoco della sistemazione di copertura. Poteva essere amata con mitragliatrici, mortai, cannoni di accompagnamento posti allo scoperto o impostazioni già predisposte.

 

(NOTA 5) Ancora nel 2019, sul numero 3 (Settembre - Dicembre) di “Genova Alpina” è comparso un articolo dall’eloquente titolo: Beppino Nasetta. Una medaglia d’oro negata (Giugno 1940).

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

 Ascoli Massimo, La Guardia alla Frontiera, Roma, Stato Maggiore dell'Esercito - Ufficio Storico, 2003.

 Bagnaschino Davide, Il Vallo Alpino. Le armi. Gli armamenti utilizzati nelle opere del Vallo Alpino e relative corazzature, Ventimiglia, Associazione per lo Studio del Vallo Alpino Littorio, 1994 (?).

 Bernasconi Alessandro – Collavo Daniela, Dei sacri confini guardia sicura. La Guardia alla Frontiera 1934–1943, Trento, Temi, 2002.

 Cerutti Giovanni, Storia, cronaca e arte nel CIMITERO URBANO e nel CIMITERO ISRAELITICO di Cuneo, Cuneo, Stamperia Comunale, 2016.

 Corino Pier Giorgio, Valle Stura fortificata, Borgone di Susa, Melli, 1997.

 Figara Aroldo, Elementi per una storia della Guardia alla Frontiera G.a.F., Livorno, Tipografia Stella del Mare, 1990.

Gallinari Vincenzo, Le operazioni del giugno 1940 sulle Alpi Occidentali, Roma, Stato Maggiore dell'Esercito - Ufficio Storico, 1981.

 Gariglio Dario, Popolo italiano! Corri alle armi. 10-25 giugno 1940. L'attacco alla Francia, Torino, Blu, 2013.

 Guardia alla Frontiera, III° Settore di Copertura. Cenni storici, Borgo San Dalmazzo, Istituto Grafico Bertello, 1942.

Rochat Giorgio, La campagne italienne de juin 1940 dans les Alpes occidentales, in Revue historique des armées, Vol. 250, 2008, pagg. 77–84.

venerdì 10 giugno 2022

Il Piano Marschall:lo sfruttamento del successo.


 Fonte: LIMES. Rivista di Geopolitica n. 5 2022. Edoardo Boiaria. Le Crate


 La vittoria americana in Europa nel 1945 fu consolidata con una iniziativa economica volta a ricostruire i paesi occidentali distrutti dalla Guerra. Sul piano economico si rafforzarono le intese atlantiche e furono le premesse della comune alleanza che nel 1949 diede vita alla Nato.