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martedì 31 agosto 2021

Museo Imperiale di Vienna. 1914.

 

Hegresgeschichtliches Museum

 Sala di Francesco Giuseppe e Sarajevo

(1867 — 1914)

Quadro storico

 

La sconfitta dell'Austria nella guerra contro la Prussia del 1866 ebbe come conseguenza la perdita di ogni influenza della monarchia asburgica sulla politica dei paesi tedeschi. Tanto più importante era quindi dare una struttura politica salda ai propri domini. Fra questi l'Ungheria fu quello più problematico. Dal periodo dei moti rivoluzionari del 1848 e del 1849 i paesi della Corona Ungherese - vale a dire l'Ungheria stessa, la Slovacchia, la Croazia e la Transilvania - avevano perso in parte le libertà valide fin allora, ed erano stati sottomessi ad una sorveglianza severa, sia civile che militare. Questa situazione non poteva durare. Dopo lunghissime trattative venne stabilito il cosiddetto “Compromesso” o “Ausgleich” del 1867, in cui vennero regolati ex novo i rapporti dei paesi della Corona Ungherese con gli altri dell'Impero. La monarchia asburgica venne divisa in due: paesi austriaci (Cisleitania) e i paesi della Corona Ungherese (Transleitania). Ogni parte dell'Impero doveva avere il suo governo e le sue rappresentanze parlamentari. Dal 1867 in poi vi erano solo tre settori, che rientravano nelle competenze del governo centrale; la politica estera, la politica finanziaria e la politica di difesa. Solo per questi settori esistevano dei ministri comuni. Per l'esercito il compromesso ebbe delle conseguenze vastissime. Da quel momento in poi c'era l'esercito comune imperial-regio (k.u.k.) e comune era anche la marina militare imperial-regia (k.u.k.). Parallelamente vi erano le milizie territoriali delle due parti dell‘Impero, quella regal-ungarica (k.u.) Honvéd, e quella imperial-regia (k.k.) “Landwehr"

 

Il periodo di pace dal1867 al 1914 venne interrotto solo da un maggiore evento militare, che passò alla storia austriaca come la Campagna di occupazione del1878. Allora le truppe austro-ungariche occuparono le province della Bosnia e dell'Erzegovina separate dall'Impero ottomano. Questa occupazione venne trasformata in annessione nel 1908. Inoltre l'Austria-Ungheria partecipò solamente in modo indiretto ai conflitti di potere politico in Europa. Nel 1879 strinse un patto d'alleanza con l'Impero germanico che nel 1882 fu allargata all'Italia. Per questo si parlò prima di duplice e dopo di triplice alleanza. Dal 1908 l'Austria-Ungheria fu trascinata sempre di più nei conflitti dell’area balcanica. Dopo alcuni decenni diventò evidente che il compromesso del 1867 non aveva portato ad una soluzione dei tutto soddisfacente per l'Impero asburgico e che si poteva venire incontro alle richieste di maggior libertà delle complessivamente 11 grandi nazionalità della monarchia danubiana, solo ristrutturando un'altra volta e in modo radicale l'Impero. La speranza che ciò si potesse realizzare venne associata in particolare alla persona dell’erede al trono Arciduca Francesco Ferdinando, cui l'Imperatore Francesco Giuseppe per ora non aveva affidato un incarico politico, bensì militare: in caso di guerra avrebbe dovuto assumere il comando supremo. Quando l'Arciduca nel 1914 si recò a Sarajevo, fu ucciso assieme a sua moglie da nazionalisti serbi la domenica del 28 giugno.

 

 

Le 5 sezioni (campate)

 

Sezione 1: La grande vetrina alla vostra sinistra e l’altra a destra, mostrano lo ”smembramento" dell'esercito astro-ungarico. A sinistra si possono vedere le milizie territoriali di nuova formazione, quella austriaca “Landwehr” e quella ungarica Honvéd e, a destra, l'esercito comune imperial-regio (k.u.k.). Le divise dei sette manichini dell'esercito imperial-regio sono quelle adottate negli anni fra il 1878 e il 1890.  All'interno delle campate sulla destra si trova un'altra vetrina dedicata alla campagna d'occupazione del 1878 in particolare al comandante delle truppe d'occupazione in Bosnia e in  Erzegovina, Generale dell’artiglieria, Phillippovic .

 

Sezione 2: Questa parte della sala è dedicata interamente alla molteplicità che caratterizzava la monarchia austro-ungarica e soprattutto alle sue nazionalità. Nelle vetrine si affronta il tema del plurilinguismo. Inoltre si possono vedere degli oggetti dal patrimonio del Principe ereditario Rodolfo che fino al suo suicidio nel 1889 fu il presidente del consiglio di amministrazione del  Museo dell'esercito. La prossima vetrina vicino alla finestra ha per tema l'introduzione dello sci alpino in Giappone, grazie al Maggiore imperial-regio Teodoro von Lerch. Sul lato destro, si trovano, sistemati ai due lati di un ritratto dell'Imperatore Francesco Giuseppe, 34 quadri a olio di Oskar Bruch, che mostrano divise ed equipaggiamento dell'esercito Imparial-regio così com'era nel1895.

 

Sezione 3: La vetrina in mezzo alla sala è dedicata alle innovazioni nell'esercito nella seconda metà del secolo XIX. La nascita dell'aeronautica e l'introduzione sia del telefono di campo sia delle armi automatiche e della motorizzazione rivoluzionarono i mezzi di guerra. Numerosi oggetti possono essere solo mostrati tramite modelli, come il prototipo di un veicolo carrozzato fuoristrada, sviluppato dal Tenente Colonnello Gunther Burstyn e

concepito nel 1911, però mai realizzato nell’esercito imperial-regio. Le vetrine sul lato della  finestra documentano lo sviluppo delle armi da fuoco portatili e delle pistole.

 

Sezione 4: La vetrina sul lato destro è dedicata all'Imperatore Francesco Giuseppe nel ruolo di “comandante supremo" delle forze armate austro- ungariche. Segue la grande vetrina delle guardie che avevano l‘onore di proteggere il monarca. Di fronte si trovano sette manichini di grandezza naturale con le divise e l’equipaggiamento caratteristici dell'esercito imperial-regio nel periodo di poco precedente alla Prima Guerra mondiale. Si può vedere anche lo sviluppo dei copricapi, delle medaglie militari e degli ordini al merito. La sala si conclude con oggetti che dovrebbero rappresentare gli stati maggiori e il loro lavoro.

 

Sezione 5: Sarajevo: La sala è dominata da tre oggetti, cioè dall'automobile, nella quale furono assassinati l'Arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia, il 28 giugno 1914 a Sarajevo, così come  - al centro - dalla casacca insanguinata dell’Arciduca e dalla chaise-longue su cui morì. In più ci sono ritratti e ricordi dell'attentato, che fu uno degli eventi più gravi per le conseguenze che ebbe sulla storia 

venerdì 20 agosto 2021

Museo Imperiale di Vienna. L'Austria dal 198 al 1945

 

HGM

Heeresgeschichtliches Museum .

 

La Repubblica e la Dittatura

L’Austria dal 1918 al 1945

 

Dopo la Prima Guerra mondiale i popoli dell’Austria-Ungheria si decisero contro un impero comune. Cosi anche i rappresentanti del popolo di lingua tedesca della monarchia proclamarono uno stato proprio. Le condizioni per questo nuovo stato furono invece dettate dalle potenze vincitrici. L'ultimo Imperatore, Carlo I venne mandato in esilio con la sua famiglia. L'unione dell’Austria alla Germania, richiesta allora da tutti i partiti, venne proibita dagli alleati. Con la diplomazia, ma anche con le armi, si lottò per i confini dello stato. La frontiera meridionale della Carinzia e l'annessione del Burgenland furono particolarmente controversi. Fu anche molto difficile creare una base economica stabile.

 

Progressivamente crebbe l'ostilità fra le forze politiche austriache. La violenza in politica faceva ormai parte della quotidianità. Così nacquero varie associazioni paramilitari, delle quali le più importanti furono le “Heimwehren” (“milizie. popolari”), le “Frontkampfervereinigungen” (“leghe degli ex-combattenti”) e più tardi le “Ostmàrkischen Sturmscharen” (“truppe d'assalto della marca orientale”), tutte di stampo borghese, e lo “Schutzbund” (“lega di difesa”) del Partito socialdemocratico. A queste si aggiunsero le formazioni dei nazionalsocialisti. Nel loro insieme queste formazioni superarono di tanto il numero delle forze armate austriache regolari, l’esercito federale composto di soldati di professione secondo il trattato di pace di St. Germain. Sin dall'anno 1927 si erano creati condizioni da guerra civile. Il governo del cancelliere Dollfuss, cristiano-sociale, seguì sempre più apertamente una via autoritaria, sfruttò nel 1933 una situazione di stallo nel parlamento per neutralizzarlo e sostituì infine la costituzione fino allora democratica con una “corporativa”. La guerra civile raggiunse il suo culmine, quando, nei febbraio del 1934, scoppiò una rivolta dell'ormai proibito “Schutzbund” seguita, nel luglio dello stesso anno, dall'assassinio di Dollfuss per mano di una formazione SS illegale — eventi che furono accompagnati da estesi combattimenti a Vienna e in altre regioni. L'avvicinamento all'Italia fascista quale potenza protettrice, portò l'Austria all'isolamento totale, quando Mussolini venne a patti con Hitler. Il cancelliere Schuschnigg, messo massicciamente sotto pressione da Hitler a Berchtesgarden, cercò una via d'uscita indicendo un referendum consultivo per il 13 marzo 1938 sull'indipendenza dell'Austria. Intimidito dalla minaccia hitleriana di un'invasione immediata, Schuschnigg si dimise l'11 marzo, seguito poco dopo anche dal Presidente della Repubblica austriaca, Miklas. Il 12 marzo le truppe della Wehrmacht tedesca entrarono in Austria accolte con gioia da una parte della popolazione. Il governo nazionalsocialista austriaco — formato ancora l'11 marzo — “legalizzò“ la già avvenuta annessione forzata (“Anschluss”) dell’Austria al Terzo Reich. L'Austria come Stato non esisteva più

 

La dittatura nazionalsocialista non portò solamente alla sostituzione dei quadri dirigenti, all'emigrazione forzata e alla persecuzione, ma preparò anche il Paese in brevissimo tempo alla guerra. Soldati di provenienza austriaca vennero impiegati su tutti i fronti e molti di loro presero parte alla battaglia di Stalingrado. Ma c'erano anche degli austriaci che entrarono nelle file degli eserciti alleati. A partire dal 1943 il paese denominato ormai “Provincia del Regno delle Alpi e del Danubio” (“Alpen- und Donaureichsgaue”) diventò teatro della guerra aerea e - nelle parti meridionali - anche della guerra partigiana condotta dalla Jugoslavia. Nel frattempo la persecuzione degli ebrei e degli oppositori del regime nazionalsocialista raggiunse il culmine. Nonostante che la Resistenza si andasse rafforzando poco a poco e nonostante la partecipazione da parte di austriaci al tentativo di eliminare Hitler il 20 luglio 1944, il Paese rimase incorporato nelle strutture politiche e militari del Reich tedesco. Dal marzo al maggio 1945 visse anche la guerra sul proprio territorio, la liberazione da parte degli alleati e la capitolazione della Wehrmacht. A metà aprile Karl Renner riuscì a formare un nuovo governo austriaco, a proclamare l’indipendenza del Paese e con ciò ad iniziare una nuova epoca.

 

 

Vetrine ed oggetti i in esposizione

 

Vetrina a parete, a sinistra dell'ingresso: pezzi che si riferiscono alla fondazione della Repubblica, alla Costituzione democratica e al Parlamento, come anche alle forze armate -“Volkswehr” (“armata del popolo’) e "Bundesheer” (“l'esercito federale”) — e alla lotta per  i confini dello stato.

AI centro della sala: “Colonna per affissioni” con manifesti politici. 

Vetrina verso destra partendo dall'ingresso e oggetti vicini alla finestra: pezzi che si riferiscono alla persona dell'Imperatore Carlo I, alla condizione economica estremamente precaria e alla grande importanza della ferrovia per l’approvvigionamento della popolazione e per il mantenimento dei contatti con l'estero.

3 vetrine posizionate, una dopo l’altra, diagonalmente sul lato delle finestre: pezzi che si riferiscono alle formazioni paramilitari, alla violenza crescente nella politica e alle guerre civili. Dietro, esposto liberamente o appeso al centro della sala: Posti di blocco rapidi; cannone da campo M 18 da 80 mm dell'esercito, dipinto a olio di M. Florian: “La Rivoluzione”; sulla parete posteriore della prima stanza video: Ritratti dei presidenti e dei cancellieri della Repubblica d'Austria.

2 Vetrine sul lato delle finestre, dopo il cannone da 80 mm: Divise, armamento ed equipaggiamento dei soldati dell’Esercito federale, dei corpi dei tiratori volontari e della milizia al fronte.

Vetrina a parete a sinistra, dopo la prima stanza video: oggetti di memoria dei cancellieri Seipel, Dollfuss e Schuschnigg; pezzi che ricordano gli sforzi vani per mantener l’indipendenza dell’Austria e attinenti al referendum sull‘annessione al Reich del 10 aprile 1938, al successivo allineamento della società, all'incorporazione dell'esercito austriaco nella Wehrmacht tedesca nonché a lo smembramento e all’annessione di una parte della Cecoslovacchia. Al centro della sala, dopo la stanza video: Targa commemorativa che ricorda l'introduzione della costituzione corporativa; “Colonna per affissioni” con appelli e cartelli pubblicitari del “fronte patriottico” (“Vaterlandische Front" ) e dei nazionalsocialisti; sulla parete a sinistra della sala, diagonalmente dietro la “colonna per affissioni”: F. Liebermann: Busto di Adolf Hitler.

Vetrina a parete a sinistra, “dopo il busto di Hitler: “Il culto del Fuhrer”; l'armamento, divise ed equipaggiamento della Wehrmacht , del‘’Reichsarbeitsdienst” (“servizio del lavoro del Reich)i e della “Hitlerjugend” ("Gioventù hitleriana”) caschi e copricapi di soldati dei paesi sconfitti.

Vetrina in centro sala: Manichino di un paracadutista tedesco; il suo armamento e il suo equipaggiamento. Sopra di esso: Aereo leggero: Fi  156 C- trop (“Fieseler Storch”); accanto alle finestre: Volkswagen tedesca Tipo 82 (“Kubelwagen”); cannone controcarro Pak 40 tedesco; motoveicolo cingolato “NSU” tedesco.

Vetrina centro sala, dopo la “vetrina dei paracadutisti”: Manichino di un ufficiale d'artiglieria sovietico; armi e pezzi d' equipaggiamento sovietici; “rifiuti di guerra” del campo di battaglia di Stalingrado.

3 vetrine vicino alle finestre: Gruppo di oggetti di C. Stenvert: “Stalingrado o il calcolo di redditività del tirannicidio”. Sulla parete posteriore della seconda stanza video e sulla parete della finestra: Quadri e foto sui diversi aspetti della guerra: accanto alla parete delle finestre: Cannone contraereo tedesco da 88 mm (Flak 36) e riflettori di cannone contraereo da 600 mm tedeschi.

Vetrina dopo il cannone contraereo da 88 mm: Manichino di un pilota bombardiere americano. Dietro, pendente dal soffitto: 2 bombe aeree USA; sotto: postazione di mitragliatrice di un pilota bombardiere americano.

Vetrina a parete a sinistra, dopo la seconda stanza video: rifugio antiaereo; un facsimile della “dichiarazione di Mosca”; carro da demolizione teleguidato tedesco “Goliath”; pezzi attinenti alle tematiche della Resistenza, della guerra partigiana, degli austriaci negli eserciti alleati, dei campi di concentramento, dei lavori forzati e dell’industria degli armamenti; al centro della sala: “colonna per affissioni” con esortazioni a resistere del regime nazionalsocialista, dietro: H. Fronius: “La fucilazione”.

Ultima vetrina a parete a sinistra: Pezzi che si riferiscono all’assistenza spirituale e sanitaria dei militari come anche alla guerra sul territorio austriaco, alla capitolazione delle forze armate tedesche, al prigionieri di guerra, al ripristino dello stato austriaco e all'amministrazione militare alleata.

Vetrina al centro sala: Divise, armi, equipaggiamento e volantini dell’Armata rossa. Dietro, lungo la parete della finestra: trattore cingolato tedesco “Ost”; sbarramento anticarro; cannone controcarro M 42 sovietico da 76,2 mm; bunker a forma di sfera; fuoristrada MB Willy's “Jeep” americana; sulla parete della finestra: Quadro di M. Florian: “Incendio del duomo di Santo Stefano”; sulla parete posteriore della sala, a destra: Quadro a olio di H. Wulz: ‘“Ritorno a casa”; a sinistra: G. Ambrosi: “Busto del Presidente della repubblica austriaca Dr. Karl Renner; sopra il passaggio verso la sala “Austria, potenza marittima": R. Hammerstiel: Trittico “Sera, notte e mattino”.

 

Nelle due stanze video: documentari sulla prima Repubblica austriaca e sulla Seconda Guerra mondiale.

martedì 10 agosto 2021

1945. Il Gruppo di Combattimento "Legnano" nella offensiva finale.

 


Gruppo di Combattimento “Legnano”

E’ l’erede deli reparti del I Raggruppamento Motorizzato, nato dall’ordinamento della Divisione Legnano nel settembre 1943, poi ossatura del Corpo Italiano di Liberazione. Era al comando del generale Umberto Utili, già comandante del C.I.L., come vicecomandante il gen. Giovanni Imperiali e come capo di SM prima  il colonnello Lombardo, poi il col. Federico Garofali. Il “Legnano” inquadrava il 68° Reggimento fanteria, il IX Reparto d’Assalto, il Reggimento speciale su due battaglioni alpini e battaglione bersaglieri “Goito”, l’ 11° Reggimento artiglieria, il LI battaglione misto genio, due sezioni di Carabinieri Reali, ed i servizi divisionali (amministrazione, sussistenza, sanitario, automobilistico, munizioni, carburanti ecc.). Era inserito nell’organico il 52° BLU, il nucleo di collegamento composto da ufficiali britannici

               

“Il “Legnano” entrò in linea il 23 marzo 1945, nel settore dell’Idice, avendo alla sua destra la 10ª divisione indiana (8ª Armata) e alla sua sinistra la 91a Divisione statunitense (V Armata), quindi nel delicato punto di saldatura fra le due Grandi Unità alleate. Il tratto di fronte affidato al Gruppo italiano si estendeva per circa 9 chilometri in un terreno di limitato sviluppo altimetrico, ma dalle caratteristiche morfologiche della montagna: declivi scoscesi, avvallamenti e calanchi profondi, creste sottili, agglomerati rocciosi a pareti verticali. Il nemico, sistemato a difesa sulla linea Poggio Scanno-Monte Armato, dominava l'intera zona a cavallo dell'Idice.

All'alba del 10 aprile, in esecuzione di un piano inteso a disorientare l'avversario sui tempi e sulle direttrici della ormai imminente avanzata generale, una compagnia e un plotone del IX Reparto d'assalto investirono Parrocchia del Vignale e q. 459.

Il giorno 16 il "Legnano" mosse con obiettivo Bologna. Gli alpini del battaglione "Piemonte" conquistarono il caposaldo nemico di q. 363, i fanti del II/68° le posizioni dei roccioni di Pizzano. Il 20 aprile il battaglione bersaglieri "Goito" espugnò il sistema difensivo di Poggio Scanno e, mentre il battaglione alpino "L'Aquila", il IX reparto d'assalto e i fanti del 68° raggiungevano tutti i loro obiettivi, puntò su Bologna, facendovi il suo ingresso l'indomani alle 9.30.

L'impegno del Gruppo si protrasse ancora. Una colonna di formazione raggiunse Brescia il 29 e Bergamo l’indomani; reparti alpini il 2 maggio entravano a Torino. Lo stesso giorno una compagnia del I/68° fanteria ebbe la meglio su elementi tedeschi in Val di Sabbia.

Il ciclo operativo del "Legnano", pur esauritosi nel breve arco di quaranta giorni, era stato contrassegnato da significativi successi. Questo fu il bilancio delle perdite subite: 55 caduti, 279 feriti.”[1]

 



[1] Loi S. I Rapporti fra alleati e italiani nella cobelligeranza, cit., pag. 156