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giovedì 18 giugno 2015

Testo-draft della conferenza del 13 giugno 2015 alla Polveria "Castelfidardo" di Ancona

Nenni, Mussolini e la guerra al nemico ereditario
L’interventismo rivoluzionario.
 I rapporti tra i due uomini politici italiani nella primavera del 1915


Massimo Coltrinari
  
Il 1914 si chiuse per Pietro Nenni nel migliore dei modi. Era rinchiuso nel carcere dell’Aquila in attesa del processo per i fatti della Settimana Rossa del giugno precedente.  Il processo si doveva tenere il 4 gennaio  1915, ma il 26  dicembre, in giorno in cui cadeva combattendo Bruno Garibaldi sul fronte delle Ardenne, nasceva la principessa Maria di Savoia ed il Re, il 30 dicembre, aveva concesso una amnistia per tutti i reati politici, tra cui quelli della Settimana Rossa. Pietro Nenni fu liberato il 31 dicembre e subito si mise in viaggio per Ancona.
Nello stesso periodo, in virtù dell’azione intrapresa nei mesi precedenti, volta sempre più ad un interventismo deciso e reale, Benito Mussolini fu espulso dal Partito Socialista il 24 novembre 1914. Nove giorni prima, il 15 novembre 1914 aveva fondato “Il Popolo d’Italia”, nel cui primo numero comparve  come fondo quell’articolo (“Audacia”) che divenne famosissimo, un sorta di bandiera dell’interventismo. Questo della fondazione del “Popolo d’Italia” rappresenta un passo importante sulla strada dell’interventismo in quanto il giornale rispondeva alle aspettative ed esigenze di larghi strati della popolazione italiana ancora non ben definiti, ma orientati verso una presa di posizione nelle vicende della guerra europea in corso che determinò il successo immediato del giornale. [1]
Pietro Nenni riprende in Ancona la sua attività politica. Il 10 gennaio 1915 assume di nuovo la direzione del “Lucifero”[2] e subito dopo si impegnò a fondo nella campagna interventista con articoli, scritti, conferenze, dibattiti e manifestazioni.  Contemporaneamente Mussolini faceva la stessa cosa, tanto che divennero i leader di punta del movimento interventista. In questo clima di cementata amicizia , i bersagli della loro azione erano principalmente i neutralisti di tutte le tendenze, dai giolittiani ai conservatori, dai triplicisti ai cattolici, dai socialisti ai monarchici. Entrambi erano convinti che si dovesse combattere questa guerra, intesa come l’ultima guerra del risorgimento per il compimento dell’Unità Nazionale.
Interessante notare che in questo periodo Nenni si impegnò a trovare volontari repubblicani per inviarli alla spicciolata prima in Montenegro e poi in Serbia, nelle fila del Corpo di Spedizione Francese che ivi operava. In un articolo sul “Lucifero” del 24 gennaio 1915 ribadì questo orientamento: occorreva aiutare coloro che si battevano contro l’Austria.
Il 20 gennaio 1915 iniziò la sua collaborazione con il “Popolo d’Italia”, insieme a futuri antifascisti come Guido Dorso e Maria Rygier. Il primo articolo aveva come titolo “Quale guerra?” che sostituì il fondo del direttore. Il 1 febbraio 1915 apparve il secondo articolo dal titolo “La Triplice” , che fu pubblicato in terza pagina. In entrambi gli articoli le posizioni espresse erano sostanzialmente identiche a quelle di Mussolini.
Sul “Lucifero” del  31 gennaio, ove da quanto aveva ripreso la direzione si firmava “Cavaignac”, Nenni pubblicò “Pane e Lavoro” articolo di una serie[3] che provocherà  l’apertura di un procedimento penale a suo carico perché vari articoli erano stati ritenuti diffamatori delle istituzioni e vilipendio dell’Esercito nonché volti alla istigazione a delinquere.
Una nota della Questura di Ancona, in data 7 febbraio 1915, così definiva Pietro Nenni, sotto il profilo politico “ La sua vera finalità, in armonia a quella dei compagni di fede, è di tentare il rivolgimento degli attuali ordinamenti politici, preparando moti e rivolte popolari nel momento che ne sarebbe meno probabile la repressione, perché impegnata la maggior parte dell’Esercito in una impresa bellica. E’ opinione tanto sua che dei suoi compagni di lui che si potrebbe avere ragione sulle poco numerose e non troppo disciplinate truppe rimaste nel Regno, la cui compagine si tenterebbe scuotere facendovi infiltrare elementi fidi alla causa repubblicana, come si deduce dal fatto che parecchi sovversivi internazionali, specie in questi ultimi tempi, fecero domanda per conseguire la nomina ad ufficiale di complemento nella milizia territoriale.”[4]
La campagna pro o contro l’intervento aumentava,intanto, i toni. Per domenica 21 febbraio 1915 coloro che si opponevano all’intervento, socialisti in testa, in tutta Italia organizzarono comizi ed incontri per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di evitare a tutti i costi la guerra. Era una sorta di mobilitazione del neutralismo di sinistra, che si alleava automaticamente con i neutralisti conservatori, con i clericali, i “triplicisti” ed altre componenti di destra. La manifestazione principale si tenne a Milano, al Teatro del Popolo, con interventi di Bruno Buozzi, Emilio Caldara, Ettore Reina e tante altre personalità di spicco del neutralismo. In questo convegno avrebbe dovuto parlare anche Pietro Nenni, ma ne fu impedito da scalmanati per lo più provenienti dalle fila degli anarco-neutraliste.
A fronteggiare questa iniziativa si mobilitarono i fasci rivoluzionari interventisti, ma ancora il loro peso era minimo. Nenni, il giorno successivo, in una riunione privata organizzata dalla Associazione “Trento e Trieste” tenne un discorso interventista, che il 23 febbraio, come resoconto, fu pubblicato sul “Popolo d’Italia” che definiva Nenni “valoroso milite di un’idea fino al sacrifico”. Scrisse un articolo, che fu pubblicato il 22 Febbraio sul Popolo d’Italia e poi il 28 successivo sul “Lucifero” dal titolo “Il Doppio Alibi”. Una attività intensa, alimentata dal fatto che tutti avevano capito che le decisioni definitive non erano state prese. Il Governo aveva un atteggiamento attendista. Si constatava che non denunciava la Triplice, intendendo mantenere un legame con gli Imperi Centrali, e quindi consentiva alle imprese italiane di continuare a fornire prodotti e materiali a quelle austriache e germaniche; vi era stato il discorso di Salandra dal Campidoglio, vera assurdità diplomatica, in cui emerse la formula del “sacro egoismo”  formula che aveva messo in cattiva luce l’Italia agli occhi di tutta Europa, di una parte e dell’altra; si osserva che la preparazione dell’Esercito e della Marina continua alacremente, volta a colmare i vuoi lasciati dalla recente guerra di Libia, presagio questo ad un intervento.
 La morte di San Giuliano a cui era subentrato Sydney Sonnino era stata vista come un cambio di direzione, come in realtà fu, ma senza certezze e chiarezza. In pratica vi era un clima difficilissimo, in cui le criticità aumentavano di giorno in giorno, ed i contrasti interni si acuivano, creando tutte le premesse per una guerra civile. Ancorché ancora non ben organizzati, gli interventisti acquisivano sempre più forza; via via essi trovarono in Mussolini un personaggio di riferimento, catalizzatore spirituale e fisico di gruppi di diversa provenienza ed origine politica.
Pietro Nenni era in sintonia con Mussolini e la sua attività. Le sue vicende sono significative nel quadro della attività interventista. Il 25 febbraio 1915, insieme al gerente  (direttore responsabile) Vincenzo Guardabassi, fu rinviato a giudizio per i contenuti dell’articolo “Viltà ed Intrigo” pubblicato in data 7 febbraio sul n. 6 del “Lucifero” ed il 2 marzo il Pretore di Ancona lo condannò ad una multa di venti lire. Interessante annotare che nella idea e nell’azione di Pietro Nenni Ancona era il punto focale di ogni azione. In una riunione del fascio rivoluzionario interventista, nella Casa Repubblicana di Faenza, assicurò tutti che si stava preparando la rivoluzione ed il segnale sarebbe partito da Ancona. Però occorreva calma e sangue freddo in quanto, se il Governo si fosse deciso all’intervento, i piani rivoluzionari sarebbero rimasti nel cassetto. Era una vera e propria dichiarazione pubblica di intenti.
Con questi intendimenti, poi non tanto segreti, fu indetto per domenica 7 marzo in Ancona un comizio in cui avrebbero dovuto parlare Nenni, Mussolini e De Ambris, comizio che fu annullato per la disposizione governativa che proibiva momentaneamente tutte le riunioni pubbliche e private.
 In occasione dell’anniversario della morte di Giuseppe Mazzini, il 10 marzo 1915 apparve sul “Popolo d’Italia” un articolo dal significativo titolo “Ricordando Giuseppe Mazzini, per l’Italia contro la Monarchia”, a cui seguì, il 4 aprile 1915, un altro dal titolo “La logica del Sacro Egoismo”.
Nel solco delle intenzioni rivoluzionarie in aprile, Pietro Nenni, con Mussolini, Cesare Rossi, Michele Bianchi, Giovanni Marinelli la Rygier e vari altri esponenti interventisti partecipò ad una riunione segreta a Roma in cui si preparò un documento rivolto al popolo italiano contenente i motivi e le aspettative dell’interventismo sovversivo. Importante questa riunione, che certamente ebbe i caratteri di una chiamata all’azione, in quanto fu l’ultima volta che Pietro Nenni prese la parola assieme a Benito Mussolini.
La situazione nell’aprile del 1915 cominciava ad essere più fluida. Qualcosa doveva essere trapelato in merito ai contatti con gli Alleati dell’Intesa in quanto il 21 aprile 1915 Mussolini in dichiarazioni pubbliche si disse convinto che l’Italia sarebbe entrata in guerra; il 23 aprile 1915 Nenni scrisse un articolo per il “Popolo d’Italia” dal titolo “Per il proletariato”.
 Mentre Nenni era impegnato in un in un giro in Svizzero in cui tenne discorsi interventisti a Zurigo, Basilea, Baden e da cui aveva ricavato l’impressione che Giolitti fosse un alleato dei Tedeschi,[5] in Italia si ebbero le naturali conseguenze della firma del patto di Londra, sottoscritto il 26 aprile 1915, ma tenuto segreto nei suoi contenuti. Il 4 maggio fu denunciata la Triplice, segnò evidente che ci si orientava per la guerra. A questo i neutralisti, Giolitti in testa, fecero seguire uno sforzo deciso per impedirla. Ricevuto dal Re il 10 maggio, Giolitti si disse pubblicamente favorevole ad accettare le nuove offerte austriache, che nella sostanza erano quelle precedenti, in cambio della neutralità. Come logico, si opposero gli interventisti con manifestazioni di piazza a Roma, con d’Annunzio, a Milano con Mussolini in Ancona con Pietro Nenni, precedute il 5 maggio da un incendiario discorso dello stesso D’Annunzio a Quarto pronunciato in occasione della cerimonia commemorativa della partenza della Spedizione dei Mille, nel 1860.
In questo clima sempre più di contrapposizione, il Governo non prendeva posizione, mentre i neutralisti ostentarono il loro orientamento con appoggio manifesto a Giolitti, ove emerse che, nella realtà, il Parlamento era a maggioranza neutralista. Il Governo, constato questo, si dimise, e portò ogni decisione nella mani del re. Il 16 maggio 1915, Mussolini organizzò una imponente manifestazione all’Arena di Milano, in cui intervennero oltre 100.000 persone, in cui proclamò che le dimissioni del Governo Salandra sarebbero state respinte e quindi si andava alla dichiarazione di guerra, cosa che realmente accadde.
 In quei giorni, Pietro Nenni, in Ancona, organizzava una manifestazione dietro l’altra, con dimostrazioni che avevo alla testa la bandiera dell’Associazione Trento e Trieste, in piena sintonia con quelle di Milano e di altre parti d’Italia.
Il dato era tratto. La dichiarazione di guerra fu consegnata all’Austria il 23 maggio e la guerra iniziò dal giorno successivo. Sul “Lucifero” del 23 maggio Nenni scriveva “Fermezza. Fermezza e disciplina cittadini… Vinceremo… Nella fede repubblicana vivemmo. Per essa lottammo. Per essa moriremo se sarà necessario. Dopo aver gridato “Evviva la Repubblica”! gridiamo 2Evviva l’Italia”!  E per l’Italia, per la sua difesa, per il suo onore, per la sua grandezza domandiamo un fucile ed un posto alle frontiere.” Un articolo che è un programma politico di come interventismo rivoluzionario sia confluito nella guerra all’Austria nel solco della tradizione del Risorgimento. Mussolini, il 24 maggio 1915 sul 2Popolo d’Italia” scrive “Un grido solo erompe dai nostri petti: “Viva l’Italia!”. Non mai come in questo momento noi abbiamo sentito che la Patria esiste, ch’essa è un ‘dato’ insopprimibile e forse insormontabile della coscienza umana; non mai, come in questo cominciamento della guerra, noi abbiamo sento che l’Italia è una personalità storica, vivente, corposa,immortale. Noi vogliamo vincere. A qualunque costo… e noi, o madre Italia, ti offriamo, senza paura e senza rimpianto, la nostra vita e la nostra morte”[6]
A tante dichiarazione seguì comportamenti coerenti. Pietro Nenni, lasciata la direzione del “Lucifero” a Enrico Sternini, si arruolò come volontario il 27 maggio 1915 e fu preso in forza al 3° Reggimento artiglieria da costa. Per Benito Mussolini ci fu un imprevisto, che lo pose in un imbarazzo morale. Era stato disposto che gli appartenenti delle classi di prossimo richiamo, fra cui quella di Mussolini,  non potevano partire volontari. Presentatosi in caserma a Milano, fu respinto. Per dirimere ogni dubbio ed anche per rispondere a domande ed interrogativi, Mussolini l’11 giugno 1915 pubblicò un breve corsivo sul “Popolo d’Italia” che concludeva ..”Comunque il mio turno verrà per la guerra, al contrario di quanto pensano i neutralisti, gli illusi e gli imbecilli, non sarà né facile né breve.”[7]
Fu, quella della primavera del 1915 una stagione di grande intesa ed amicizia tra Pietro Nenni, repubblicano, e Benito Mussolini, socialista interventista. Entrambi vedevano nella guerra la possibilità di  portare a compimento l’Unità d’Italia iniziata con il Risorgimento, attraverso la guerra al nemico ereditario; guerra che, vinta, avrebbe portato, e qui sta il loro approccio rivoluzionario, a cambiare gli ordinamenti politici, in primo luogo la Monarchia e Casa Savoia, che attraverso il moderatismo cavourriano, in nome dell’Unità, aveva soffocato il movimento democratico e progressista di Garibaldi e Mazzini.
Vinta la guerra, nei Pietro Nenni rimase fedele a questo programma rivoluzionario; Mussolini, mascherando con parole rivoluzionarie la sua azione, saltò il fosso e divenne, con la marcia su Roma e l’accettazione del Governo, il principale difensore di casa Savoia e della Monarchia. E l’amicizia tra i due andò in frantumi.



[1][1]Mussolini. Legato da vincoli di amicizia, cementata da alcuni mesi passati insieme in carcere, a Pietro Nenni, il 20 novembre 1014 pubblicò un accorato ed amicale profilo di Nenni in relazione alla vicenda del processo della settimana rossa, che terminava con una frase significativa “A Pietro Nenni, cui mi legano vincoli forti di amicizia per la vita passata in comune durante alcuni mesi di carcere ed agli altri imputati giunga l’augurio fraterno e commosso del “Popolo d’Italia”. M.” Per la prima volta Mussolini si firmava con l’iniziale del suo cognome maiuscola, firma che poi negli anni seguenti divenne famosa.
[2] Il “Lucifero” si pubblicava in Ancona. Era stato fondato nel 1871 da due garibaldini reduci dalla Spedizione dei Mille. Nel 1915 sempre in Ancona si pubblicava un altro foglio 2 Il Vecchio Lucifero” espressione dei repubblicani intransigenti. Il “Lucifero” è pubblicato ancora oggi in Ancona.
[3] Gli articoli, sempre a firma “Cavaignac” sul “Lucifero” sono: Il Grande veggente,(7 marzo) Per l’Italia contro la Monarchia(14 marzo), Rivoluzione (21 marzo), La Terra dei Morti (28  marzo), la Repubblica (11 aprile), Benemerenze Regie (25 aprile)  Abbasso il Re, evviva la repubblica! (16 maggio)
[4] Susmel D., Nenni e Mussolini. Mezzo secolo di fronte, Milano, Rizzoli, 1969, pag. 50
[5][5] In una lettera che apparve sul “Popolo d’Italia” il 13 maggio Nenni così scriveva a Mussolini: “Caro Mussolini, non so chi abbia scritto che ai confini termina la patria e incomincia il patriottismo. Certo è che non avrei, in Italia, tremendamente sofferto per le ultime losche manovre giolittiane, come ho sofferto nella Svizzera Tedesca, dove mi sono recato per alcuni giorni chiamato dai nostri emigranti che attendono trepidanti le estreme decisioni del Governo… Volevo che sapessero gli Italiani con quale e quanta gioia i Germanici seguono le manovre giolittiane.. Ho sentito parlare di Giolitti colla stessa venerazione con cui si parla del Kaiser..”Cfr. Susmel D., Nenni e Mussolini. Mezzo secolo di fronte, Milano, Rizzoli, 1969, pag. 54

[6] Cfr. Susmel D., Nenni e Mussolini. Mezzo secolo di fronte,cit, pag. 55
[7] Cfr. Susmel D., Nenni e Mussolini. Mezzo secolo di fronte, cit, pag. 55

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