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sabato 10 maggio 2025

La Vittoria Italiana del 1918. Considerazioni

 


 

15. L'INFLUENZA DELLA VITTORIA ITALIANA

 

La gloria italiana di Vittorio Veneto, passata la prima sorpresa del mondo, fu violentemente attaccata dalla maggior parte dei giornali e dagli scrittori militari nemici ed alleati. Ciò ha contribuito fortemente a diminuire il valore politico dei nostri rappresentanti nella discussione delle condizioni dei trattati di pace.

Oggi il valore politico internazionale della nostra vittoria è dileguato; ma sono ancora dolorose le ferite inferte dagli alleati all'amor proprio italiano; sia per averci impedito con l'armistizio di Villa Giusti di calcare da vincitori il suolo nemico, sia per la svalorizzazione della nostra vittoria, sia per le ingiustizie clamorose imposteci a Versailles ed a Parigi, nelle trattative per la pace. Esse non hanno più influenza nella politica interna dell'Italia, ma possono averne ancora nella nostra politica estera.

 

L'efficacia politico-militare della battaglia di Vittorio Veneto appare evidente in due grandi fatti: la dissoluzione dell'Impero e dell'esercito austro-ungarici; la capitolazione della Germania.

La dissoluzione dell'Impero austro-ungarico si andava preparando durante la guerra che l'Italia combatteva contro la monarchia bicipite. Nessuna ideologia avrebbe distrutto allora quell'Impero, se l'Italia avesse cessato la sua guerra prima del 24 ottobre 1918. In quel  caso  il Governo di Vienna avrebbe potuto disporre dell'esercito per mantenere i popoli soggetti fra le dighe della sua legge, durante la trasformazione politica che esso aveva preparato. La Boemia, la Polonia, la Jugoslavia avrebbero probabilmente avuto la loro autonomia, ma in una nuova costituzione dell'Impero absburghese. Invece, in tale momento critico, cominciò l'offensiva italiana, ed ipotecò l'esercito nemico sulla nostra fronte togliendo a Vienna il solo strumento sul quale poteva  basare la sua azione di autorità.

La guerra dell'Italia permise ai Capi politici dei vari popoli dell'Impero bicipite di preparare la dissoluzione dell'unione absburgica. Senza la guerra dell'Italia tale dissoluzione  non  si sarebbe potuta  predisporre.

Essa era pronta nella seconda metà d'ottobre del l918, ma occorreva la causa determinante. L'Impero aveva ancora un solido puntello nel suo esercito, bisognava abbatterlo. Chi lo abbatté fu la vittoria italiana.

Se noi fossimo stati sconfitti, o se non ci fossimo mossi dal Piave, rimanendo nella situazione del 27 ottobre, l'armistizio avrebbe dato modo al Governo di Vienna di compiere  la trasformazione politica  da lui preparata.

La guerra dell'Italia, e l'offensiva di Vittorio Veneto dettero luogo alla caduta dell'Impero absburgico e del suo esercito, non preveduta e non compresa negli scopi di guerra dell'Italia e dell'Intesa, e non voluta dalla maggior parte delle popolazioni del caduto Impero.

Adunque, Vittorio Veneto non fu la causa efficiente della caduta dell'Impero absburgico, bensì lo fu la guerra dell'Italia, dal 1917 fino all'ottobre del 1918. Vittorio Veneto fu la causa determinante, perché ne abbatté l'ultimo sostegno, l'esercito, nel momento critico in cui questo era più necessario al Governo di Vienna. Vittorio Veneto non sarebbe stato sufficiente, senza i precedenti anni della nostra guerra tenace, a determinare la caduta dell'Impero e dell'esercito austro-ungarici. Né la nostra guerra avrebbe provocato lo stesso evento senza la nostra vittoria finale. L'una ha preparato, l'altra ha determinato quella caduta.

L'efficacia della guerra e della vittoria italiane fu assoluta ed indispensabile. Senza la guerra dell'Italia    e senza Vittorio Veneto,  l'Impero  austro-ungarico  esisterebbe tuttora.

Invece l'intervento di Wilson e degli uomini politici slavi, rappresentanti i popoli soggetti dell'Austria-Ungheria, non era indispensabile, e non ha contribuito alla rovina dell'Impero bicipite. Avrebbe, invece, probabilmente contribuito a determinare una nuova organizzazione politica degli stessi popoli nell'Impero absburgico, se questo non fosse caduto. Oso affermare che tale soluzione, salvo per la Polonia, sarebbe stata e sarebbe tuttora una benedizione per quei popoli, rispetto alla loro situazione attuale. E lo sarebbe  anche per  l'Europa.

 

L'altro grande avvenimento, negato all'influenza di Vittorio Veneto, è la capitolazione dell'Alemagna .

Basta considerare la situazione alla metà d'ottobre del   1918.

La Germania non aveva più speranza di vincere, ma aveva sempre la volontà di combattere per procurarsi una buona  pace.

 

Dall'8 di agosto gli eserciti della coalizione in Francia, nello svolgere il piano di Foch, avanzavano faticosamente e con gravi perdite, attaccando, alternativamente o contemporaneamente, le linee successive tedesche di Wotan, Siegfried, Alberich ecc. Le truppe tedesche facevano costar cari i successi parziali ottenuti dall'Intesa.

Sebbene nella Siria, di fronte alle truppe di Allenby, i Turchi avessero ceduto, e stessero trattando per un armistizio; sebbene la Bulgaria avesse anch'essa abbassate le armi, e l'Austria-Ungheria fosse costretta a formare una nuova fronte sul Danubio (contro la quale l'armata  mista di Franchet d'Espérey non avrebbe potuto urtare prima della fine di novembre); tuttavia la volontà di guerra della Germania non era crollata. Il 24 di ottobre tanto gli ordini del Comando supremo tedesco quanto le pubbliche dichiarazioni del ministro della guerra a Berlino, dimostravano  la ferma  intenzione di resistere  fino  alla conclusione d'una pace che assicurasse l'avvenire della Germania[1].

Allora la volontà di guerra della Germania crollò definitivamente. Sulla fronte occidentale l'Intesa non aveva ottenuto una vittoria decisiva[2].

La battaglia decisiva, invece, era stata vinta in Italia dagl'Italiani. Essa pose fine anche alla battaglia di Francia ed alla guerra. Ma l'esercito tedesco non fu vinto. Ripeto che, se fosse stato vinto, come lo fu da noi l'esercito austriaco, nessuna volontà e nessuna forza umana avrebbero potuto impedire ai Francesi ed agli Inglesi di andare a Berlino.

 

16. LA NOSTRA POLITICA DI GUERRA.

 

L'esame storico della situazione bellica e politica, nel1'ultima fase del grande conflitto mondiale, mostra come l'azione dell'Italia esercitasse un'influenza decisiva nella soluzione della grande guerra, e come, nell'Intesa, la nazione che aveva maggiori diritti a regolare i destini del1'Austria-Ungheria fosse l'Italia. Tuttavia essa ne fu esclusa, e ciò riesce a prima vista incomprensibile.

 



[1] L'ordine generale tedesco del 24 ottobre dice:

"La risposta di Wilson è per noi soldati un invito a resistere fino all'ultimo limite delle nostre forze. Quando i nostri nemici riconosceranno che a malgrado di tutti i loro sacrifici non potranno rompere la nostra fronte, verranno a concludere una pace che assicuri l'avvenire della Germania

Lo stesso giorno il ministro della guerra tedesco, generale v. Scheüch, dichiarava:

"L'esercito non è sconfitto. Abbiamo le forze necessarie per rendere possibile la difesa con pieno successo "·

[2]  Il 9 novembre 1918, in un consiglio di guerra a Spa alla presenza dell'imperatore Guglielmo, la situazione era cosi considerata:

In conseguenza di Vittorio Veneto la via della Germania meridionale è aperta agli Italiani, e noi non abbiamo riserve da contrapporre loro. Perciò la Germania  deve  accettare qualsiasi condizione di armistizio.”  Ciò, come abbiamo detto, era stato preceduto dal Comando supremo italiano, ed era stato ammesso da Foch e dal Consiglio supremo interalleato, prima del nostro armistizio del 3 novembre.

Il 9 novembre il Cancelliere dell'Impero, Massimiliano di Baden, dichiarava in un proclama:

…..”abbandonato nel quinto anno di guerra dai suoi alleati, il popolo tedesco non poteva più continuare la lotta”.

 

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