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domenica 31 agosto 2025
mercoledì 20 agosto 2025
Monte Marrone
Il presente volume intende procedere ad una analisi, secondo il metodo storico, degli avvenimenti che si sono succeduti tra il Comando Supremo del Regno d’Italia, ed il Comando del XV Gruppo di Armate Alleato al fine di prevedere, mantenere ed impiegare forze combattenti italiane come contributo alla lotta alla coalizione hitleriana nell’ambito di quello che è stata definita la “cobelligeranza” all’indomani della dichiarazione di guerra alla Germania del 13 ottobre 1943, sulla base dell’armistizio firmato a Malta dal Governo Italiano e dal Gen. Eisenhower, Comandante in Capo delle Forze Alleate in Mediterraneo.
In particolare, dal punto di vista ordinativo, l’evoluzione delle forze combattenti italiane, prima il I Raggruppamento Motorizzato e poi il il Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.), la loro consistenza ed il loro impiego dalla sera del 16 dicembre 1943 fino al 30 aprile 1944. Ovvero dalla reale ipotesi dello scioglimento integrale di ogni unità combattente italiana all’inserimento della “Nembo”.
Costituiranno altresì oggetto di approfondimento le fasi dal ritiro dalla linea del I Raggruppamento Motorizzato, il suo riordinamento alle azioni attuate dal C.I.L. sul Monte Marrone (31 Marzo – 10 Aprile 1944), azioni che per il loro successo rappresentano la chiave di volta per comprendere come sia prevalso l’atteggiamento positivo alleato verso gli Italiani e il potenziamento delle iniziali forze combattenti, nonché i rapporti tra il C.I.L ed i Corpi di spedizione Francese e Polacco.
Suoi limiti di tempo e di spazio
Il periodo oggetto di studio decorre dalla seconda decade di dicembre 1943 e si conclude alla fine di aprile 1944 . In tale periodo ha operato militarmente il I Raggruppamento Motorizzato (dicembre 1943 – aprile 1944), vien ritirato dalla linea, le richieste di uomini per impieghi logistici degli alleati aumentano, la rivolta dei bersaglieri ed altre vicissitudini di carattere politico-disciplinare segnano la compattezza delle truppe, l’azione su Monte Marrone, la trasformazione del I Raggruppamento Motorizzato il 18 aprile 1944, denominato Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.).
Per un chiaro ed esauriente esame degli avvenimenti verrà brevemente con cenni richiamato il periodo storico antecedente fino all’8 settembre 1943, data dell’armistizio italiano con le forze alleate,
L’area delle operazioni esaminata, dopo un cenno alle varie linee di resistenza ed arresto organizzate dai Tedeschi a difesa di Roma, è incentrata sulla linea “GUSTAV” (cd. linea invernale), che corre lungo il Garigliano e il Sangro dal Tirreno all’Adriatico, per arrivare alla zona nord della regione Marche. Le singole operazioni analizzate hanno interessato il Monte Marrone, cima alta 1770 metri che domina la valle del Volturno, nella zona delle Mainarde.
Scopi e criteri dello studio
Lo studio dell’azione svolta sul Monte Marrone, intende consentire l’indagine sul valore morale e tattico nonché sulla credibilità della reale efficienza del soldato italiano presso gli Alleati e le conseguenze che questo ha determinato nei mesi successivi, fino alla trasformazione nel C.I.L. ( settembre 1944) ed, infine, nella creazione dei Gruppi di Combattimento. Queste forze combattenti rappresentano il contributo italiano alla Campagna d’Italia, accanto alla Divisioni Ausiliare ed alle Salmerie di Combattimento che, alla fine della guerra, aprile 1945, ammontano ad oltre 500.000 mila uomini
domenica 10 agosto 2025
Considerazioni sulla Vittoria Italiana del 1918
Enrico Caviglia
LA
GUERRA SULLA FRONTE OCCIDENTALE.
Nella
seconda metà del luglio 1918, gli eserciti dell'Intesa presero l'offensiva in
Francia.
Sia
che le forme geografiche della fronte francese non permettessero delle
battaglie napoleoniche, sia che vi si opponessero la profonda organizzazione difensiva
e la densità delle forze tedesche, la concezione francese della grande battaglia di Francia è veramente
modesta.
Secondo
gli storiografi francesi, i nostri alleati si sarebbero proposti, in un primo periodo,
di rettificare la loro fronte con attacchi frontali, eliminando tutti i
salienti e tutte le saccocce che le varie offensive tedesche vi avevano
praticato.
In
un secondo periodo, avrebbero attaccato successivamente in vari punti la linea
nemica, per costringere i Tedeschi a ritirarsi sulle loro linee successive di
difesa, fino all'abbandono del territorio francese e belga.
Però
l'obiettivo principale ed unico di questa serie di offensive non sarebbe stato
territoriale, come sembrerebbe dagli scopi accennati; bensì quello di esaurire
le riserve tedesche, e costringere la Germania a chiedere la pace. L'obiettivo
principale sarebbe stato, adunque, la distruzione delle riserve nemiche e della
volontà di guerra della Germania.
I
generali alleati calcolavano che nella primavera del 1919 avrebbero vinto la
guerra.
Se
il concetto originario del piano offensivo francese avesse veramente ripartito
l’azione negli accennati periodi di attacco, con l'obiettivo principale ben
definito dell'esaurimento delle riserve tedesche, allora tale piano sarebbe
stato impostato sopra una reale unità organica e strategica.
Bisognava,
però, essere sicuri che le riserve dell'Intesa non si esaurissero durante
l'offensiva, prima di quelle tedesche nella difensiva.
Orbene,
nell'estate del 1918 l'esercito americano aveva portato in Francia una tale
superiorità di forze che i generali alleati - in quel momento della guerra -
potevano ritenere sufficiente a raggiungere lo scopo che si proponevano. Non
sarebbe stata sufficiente e decisiva sei mesi prima, quando l'esercito tedesco
era nella pienezza delle sue forze e delle sue speranze. Ma, quando la Germania
ebbe esaurito la sua energia nelle grandi offensive dal marzo al luglio, ed
erano sfumate le sue speranze nella vittoria, il momento era opportuno e la
superiorità delle forze alleate sufficiente a raggiungere gli scopi del piano
offensivo. La grandiosità del piano consisteva nella grandiosità delle forze da
impiegarvi: talmente superiori a quelle tedesche da dare al Comando francese la
convinzione della vittoria.
Foch
voleva raggiungere con l'offensiva lo scopo che Fabio Massimo si proponeva
evitando la battaglia, l’esaurimento del nemico.
In
linea di fatto, fra il 18 luglio ed il 26 settembre, i nostri alleati lanciarono
sei attacchi contro le linee tedesche, e terminarono la prima fase del loro
piano, poiché riuscirono a rettificare la loro fronte, impiegandovi mezzi di
guerra gradatamente crescenti, mentre le forze della Germania si affievolivano.
Essi riportarono la loro linea all’incirca dov’era prima del marzo.
Vi
furono impiegate 163 divisioni tedesche; la metà di esse due o tre volte.
Restavano in riserva 68 divisioni, delle quali solo 21 erano fresche[1].
Allora
gli alleati iniziarono il secondo periodo, che si protrasse fino ai primi di novembre,
mediante il quale riuscirono ad avanzare di 25 km., in media, su tutta la
fronte.
La
guerra era dai Tedeschi mantenuta ancora in territorio francese e belga. Essi
si difendevano vigorosamente, così che in ogni settimana d’offensiva l’Intesa
subiva perdite maggiori che in ogni altro periodo della guerra. Ma nel
settembre il Governo ed il Comando tedeschi attraversarono
un periodo inquieto sotto l'influenza dell’Austria-Ungheria che, attanagliata dall’Italia, insisteva di voler chiedere la
pace; della Bulgaria che concludeva l’armistizio con Franchet d’Espérey; e degli
attacchi dell’Intesa, succedentisi a brevi intervalli sulla fronte franco-belga.
Ludendorff
andava perdendo la speranza nella vittoria, ma non la volontà di guerra. Egli si trovava in uno stato d’animo analogo
a quello attraversato dai Capi dell’Intesa nell’inverno precedente.