15.
L'INFLUENZA DELLA VITTORIA ITALIANA
La gloria
italiana di Vittorio
Veneto, passata la prima sorpresa
del mondo, fu violentemente attaccata
dalla maggior parte dei giornali e dagli scrittori
militari nemici ed alleati. Ciò ha contribuito fortemente a diminuire il valore politico dei nostri rappresentanti nella discussione delle condizioni dei trattati di pace.
Oggi il valore politico
internazionale della nostra vittoria
è dileguato; ma sono ancora dolorose le ferite inferte
dagli alleati all'amor
proprio italiano; sia per averci impedito con l'armistizio di Villa Giusti di calcare da vincitori
il suolo nemico,
sia per la svalorizzazione della nostra vittoria, sia per le ingiustizie clamorose
imposteci a Versailles ed a Parigi, nelle trattative per la pace. Esse non hanno più influenza nella politica interna
dell'Italia, ma possono averne ancora nella nostra politica
estera.
L'efficacia politico-militare
della battaglia di Vittorio Veneto appare evidente in due grandi fatti: la dissoluzione dell'Impero
e dell'esercito austro-ungarici; la capitolazione della Germania.
La dissoluzione dell'Impero austro-ungarico si andava preparando
durante la guerra che l'Italia combatteva contro la monarchia bicipite.
Nessuna ideologia avrebbe distrutto allora quell'Impero, se l'Italia avesse cessato
la sua guerra prima del 24 ottobre 1918. In
quel caso il Governo di Vienna avrebbe potuto disporre dell'esercito per mantenere i popoli
soggetti fra le dighe della sua legge, durante la trasformazione politica
che esso aveva preparato. La
Boemia, la Polonia, la Jugoslavia avrebbero probabilmente avuto la loro autonomia,
ma in una nuova costituzione dell'Impero absburghese. Invece, in tale momento
critico, cominciò l'offensiva italiana,
ed ipotecò l'esercito nemico sulla nostra fronte togliendo
a Vienna il solo strumento sul quale poteva basare la sua azione di autorità.
La guerra dell'Italia permise ai Capi politici
dei vari popoli dell'Impero bicipite di preparare la dissoluzione dell'unione absburgica. Senza la guerra dell'Italia tale dissoluzione
non si sarebbe potuta predisporre.
Essa era pronta
nella seconda metà d'ottobre del l918, ma occorreva
la causa determinante. L'Impero aveva ancora un solido puntello
nel suo esercito, bisognava abbatterlo. Chi lo abbatté
fu la vittoria italiana.
Se noi fossimo
stati sconfitti, o se non ci fossimo mossi dal
Piave, rimanendo nella situazione del 27 ottobre, l'armistizio avrebbe dato modo al Governo
di Vienna di compiere la trasformazione politica da lui preparata.
La guerra dell'Italia, e l'offensiva di Vittorio Veneto dettero luogo alla caduta
dell'Impero absburgico e del suo esercito, non preveduta e non compresa
negli scopi di guerra dell'Italia e dell'Intesa, e non voluta
dalla maggior parte delle
popolazioni del caduto
Impero.
Adunque, Vittorio Veneto non fu la causa efficiente della caduta dell'Impero absburgico, bensì lo fu la guerra dell'Italia, dal 1917 fino all'ottobre del 1918. Vittorio Veneto fu la causa determinante, perché ne abbatté
l'ultimo sostegno, l'esercito, nel momento critico in cui questo era più necessario al Governo
di Vienna. Vittorio Veneto non sarebbe stato sufficiente, senza i precedenti anni della nostra guerra tenace, a determinare la caduta dell'Impero e
dell'esercito austro-ungarici. Né la nostra
guerra avrebbe provocato lo stesso evento senza la nostra vittoria
finale. L'una ha preparato, l'altra ha determinato quella caduta.
L'efficacia della guerra e della vittoria
italiane fu assoluta
ed indispensabile. Senza la guerra dell'Italia e
senza Vittorio Veneto, l'Impero austro-ungarico esisterebbe tuttora.
Invece l'intervento di Wilson e degli uomini
politici slavi, rappresentanti i popoli soggetti
dell'Austria-Ungheria, non era indispensabile, e non ha contribuito alla rovina dell'Impero bicipite. Avrebbe,
invece, probabilmente contribuito a determinare una nuova organizzazione politica degli stessi
popoli nell'Impero absburgico, se
questo non fosse caduto. Oso affermare che tale soluzione, salvo per la Polonia, sarebbe stata e
sarebbe tuttora una benedizione per
quei popoli, rispetto alla loro situazione attuale.
E lo sarebbe anche
per l'Europa.
L'altro grande avvenimento, negato
all'influenza di Vittorio Veneto, è la capitolazione dell'Alemagna .
Basta considerare la situazione alla metà d'ottobre del 1918.
La
Germania non aveva più speranza di vincere, ma
aveva sempre la volontà di combattere per procurarsi una buona pace.
Dall'8 di agosto gli eserciti
della coalizione in Francia, nello
svolgere il piano di
Foch, avanzavano faticosamente e con
gravi perdite, attaccando,
alternativamente o
contemporaneamente, le linee successive tedesche di Wotan, Siegfried, Alberich ecc. Le truppe tedesche facevano costar cari i successi
parziali ottenuti dall'Intesa.
Sebbene nella Siria,
di fronte alle truppe di
Allenby, i Turchi avessero
ceduto, e stessero
trattando per un armistizio; sebbene
la Bulgaria avesse anch'essa
abbassate le armi, e l'Austria-Ungheria fosse costretta a formare una nuova fronte sul Danubio (contro
la quale l'armata
mista di Franchet
d'Espérey non avrebbe
potuto urtare prima della fine di novembre); tuttavia la volontà di guerra della Germania
non era crollata. Il 24 di
ottobre tanto gli ordini del Comando
supremo tedesco quanto le pubbliche dichiarazioni del ministro
della guerra a Berlino, dimostravano la ferma
intenzione di resistere fino alla conclusione d'una pace che assicurasse l'avvenire della Germania.
Allora la volontà di guerra della Germania
crollò definitivamente. Sulla
fronte occidentale l'Intesa non aveva ottenuto una vittoria decisiva.
La battaglia decisiva, invece, era stata
vinta in Italia dagl'Italiani. Essa
pose fine anche alla battaglia di Francia ed alla guerra. Ma l'esercito tedesco
non fu vinto. Ripeto che, se fosse stato vinto, come lo fu da noi l'esercito austriaco,
nessuna volontà e nessuna forza umana avrebbero potuto impedire ai Francesi
ed agli Inglesi di andare a Berlino.
16. LA NOSTRA POLITICA DI GUERRA.
L'esame
storico della situazione bellica
e politica, nel1'ultima fase del
grande conflitto mondiale,
mostra come l'azione dell'Italia esercitasse un'influenza decisiva
nella soluzione della grande guerra, e come, nell'Intesa, la nazione che aveva maggiori
diritti a regolare i destini del1'Austria-Ungheria fosse l'Italia. Tuttavia essa ne fu esclusa, e ciò riesce a prima
vista incomprensibile.
L'ordine generale tedesco del 24 ottobre
dice:
"La risposta di Wilson è per noi soldati un invito a
resistere fino all'ultimo
limite delle nostre forze. Quando i nostri nemici riconosceranno che a
malgrado di tutti i loro sacrifici non potranno rompere la nostra fronte, verranno
a concludere una pace che assicuri
l'avvenire della Germania
Lo stesso giorno il ministro della guerra tedesco, generale v. Scheüch, dichiarava:
"L'esercito non è sconfitto. Abbiamo
le forze necessarie per rendere possibile la difesa con pieno successo "·
“In conseguenza di Vittorio Veneto la via della Germania
meridionale è aperta agli Italiani, e noi non abbiamo riserve da contrapporre loro. Perciò la Germania deve accettare qualsiasi condizione di armistizio.” Ciò,
come abbiamo detto, era stato preceduto dal
Comando supremo italiano, ed
era stato ammesso
da Foch e dal Consiglio supremo interalleato, prima del nostro armistizio del 3 novembre.
Il 9 novembre il Cancelliere dell'Impero, Massimiliano di Baden, dichiarava in un proclama:
…..”abbandonato nel quinto
anno di guerra dai suoi alleati,
il popolo tedesco non poteva più continuare la lotta”.