Cerca nel blog

domenica 24 dicembre 2017

Gli avvenimenti politico-diplomatici precedenti Bezzecca: come impiegare il Corpo dei Volontari


Il Comando supremo era pervaso da vari dissidi, primo fra tutti quello tra La Marmora e Cialdini, su un punto tutti erano d’accordo: quello di minimizzare il più possibile il ruolo e l’azione di Giuseppe Garibaldi. Si concordava nel concedergli un ruolo attivo nella prossima guerra, ma non tale da farlo assurgere a protagonista per evitare di dare l’impressione che il Regno non avesse abbastanza forze per operare da solo. Per ottenere ciò la soluzione che fu adottata fu quella di ricalcare gli schemi delle campagne 1848 e 1849, durante le quali Giuseppe Garibaldi era stato inviato in settori secondari con il compito di guardare i fianchi dell’Armata Regia contro improbabili azione nemiche. Vittori Emanuele II, inoltre, aveva disposto sotto forma di “desiderio espresso” che le unità volontarie non avessero un ordinamento simile a quello del Esercito regolare; inoltre precisò che non si doveva dare una numerazione ordinativa che facesse risalire le predette unità all’Esercito regio, come era accaduto del 1859 ( Divisione “Cacciatori delle Alpi”). In pratica si voleva tenere ben distinte le due entità: una cosa era l’Esercito regolare un’altra cosa erano le forze volontarie.  Di fronte a tutto questo Garibaldi espresse il suo fermo dissenso. Era sì convinto che entrare in guerra avrebbe significato vittoria; ma occorreva stre bene attenti che questa vittoria avesse contenuti sostanziali; ovvero che ad una eventuale pace si sarebbe ottenuto solo quello che si era conquistato con le armi, sul terreno, combattendo il nemico; non si avrebbe avuto nulla di più.
Pertanto aveva concepito un piano veramente ardito. Sbarcare in prossimità di Trieste, sbarco che sarebbe riuscito dopo aver eluso la crociera e la vigilanza della flotta austriaca, occupazione della città, come base per poi manovrare verso il nord sul rovescio delle Alpi Giulie. Con l’obiettivo tattico di prendere possesso dei passi che dal veneto adducono alle valli della Sava e della Drava. Inoltre, una massa di oltre 10.000 volontari si sarebbe radunata nelle marche e da qui la flotta italiana li doveva traghettare sulla sponda opposta, ove avrebbero iniziato la l’azione verso nord, portando la guerriglia. Nel contempo la Flotta italiana avrebbe dovuto bloccare a Pola quella austriaca
Questo piano avrebbe utilmente concorso alle operazioni condotte dall’Esercito regolare nella pianura veneta e sicuramente avrebbe consentito di guadagnare, al termine della guerra, una linea armistiziale coincidente con i nostri confini naturali.

Un piano veramente ardito, che si sarebbe potuto realizzare solo con il concorso reale del Governo centrale e dell’Esercito regolare. Garibaldi non proponeva soluzioni a vanvera: aveva fatto studiare nei minimi particolari ogni dettaglio ed aveva preso contatto con i patrioti giuliani e disponeva di una messe di dati informativi degni di nota.
Proprio questa organizzazione spinta al dettaglio allarmava e preoccupava il Governo centrale ed il Comando Supremo, che ritenevano inopportuno ed assolutamente da evitare, qualunque fossero i risultati, un altro grande successo militare di Garibaldi.

La precisa organizzazione del piano e la determinazione di Garibaldi allarmarono ulteriormente il Governo ed il Comando Supremo che paventava una prospettiva che assolutamente non doveva attuarsi, ritendo inopportuno, a prescindere da qualunque risultato la guerra avesse dato, un altro grande successo di Garibaldi.
La risposta, ovviamente politica, più che militare, e questo fu un altro grande errore della guerra del 1866 (ovvero anteporre i successi militari possibili alle esigenze politiche), fu di blandire Garibaldi con una soluzione di compromesso. Gli si proponeva di agire nel Trentino al fine di dare copertura al fianco nord dell’Esercito regolare; poi, una volta che l’Esercito austriaco fosse stato sconfitto in pianura, si sarebbero date le forze necessarie per uno sbarco in Croazia di garibaldini per portare poi aiuto all’Ungheria e renderla indipendente.

La reazione di Garibaldi fu in linea con la proposta: era inutile portare azioni in Trentino; una volta sconfitto l’Esercito austriaco sarebbe bastato una azione in Val Sugana  e poi puntare su Trento. Le obiezioni erano più che appropriate ma il Governo ed il Comando supremo insistettero. Comunicò che il Re Vittorio Emanuele II “desiderava” che il piano proposto dal Comando supremo fosse adottato da Garibaldi, e Garibaldi lealmente  dichiarò di accettarlo.

Ma fu un errore. Bismarck comunicò all’Italia che doveva assumere un atteggiamento risolutamente offensivo ed attivo verso l’Austria; non fece mistero che la Prussia non avrebbe tollerato un alleato a rimorchio,  adottante un atteggiamento prudente. Questa comunicazione è in gran parte la giustificazione adotta successivamente per l’abbandono a se stessa dell’Italia a Nikolsburg, ove fu negoziato l’armistizio con l’Austria. Nelle more di questi avvertimenti Bismarck  consigliò di assegnare un importate ruolo militare a Giuseppe Garibaldi, di appoggiare il suo piano strategico, mettendolo a capo di un Corpo di Volontari che conquista Trieste avanzasse verso nord, mettendo scompiglio nelle comunicazioni dell’Austria con il fronte sud. Contemporaneamente le armate prussiane avrebbero avanzato verso l’Ungheria con l’obiettivo di renderla indipendente. L’azione di Bismarck e di Garibaldi erano in perfetta armonia e avrebbe dato enormi vantaggi territoriali: l’Italia avrebbe avuto oltre  il Veneto la Venezia Giulia, mentre la Prussia avrebbe avuto modo, aiutando l’Ungheria a diventare indipendente, ad esautorare l’Impero Austriaco come grande potenza europea.


La Prima Guerra Mondiale sicuramente avrebbe avuto un andamento totalmente diverso se il Piano  Strategico di Garibaldi fosse stato accettato e non rifiutato perché un altro successo dello stesso Garibaldi avrebbe dato ombra al Governo ed alle forze moderate. La soluzione fu mediocre: non adottato il piano strategico di Garibaldi, fu ordinato che il Corpo dei Volontari doveva operare nel Trentino.


massimo coltrinari
(centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.it)

Nessun commento:

Posta un commento