Il termine Gavetta (o
Gamella che sono sinonimi) è tradizionalmente fatto risalire alla lingua latina
con significato di “scodella”.
Gavetta deriverebbe dal
termine “Gabata”, che a Roma antica aveva una connotazione di origine
straniera, mentre Gamella da “Camella”, probabilmente con chiaro riferimento
alla gobba del cammello che nella sua forma ricorda quella di un recipiente
rovesciato.
Il termine Gavetta e di
più Gamella, nei secoli rinascimentali era legato più al mondo marinaro che a
quello delle truppe di terraferma. Infatti a bordo delle galee e delle navi in
genere veniva così denominata la grossa scodella in cui consumavano il pasto un
gruppo di uomini, in genere sette. Il termine si istituzionalizzò al punto che
con gavetta si indicava un gruppo di sette marinai ammessi al rancio.
Ancora un legame con la
tradizione marinara del termine Gavetta. Nel linguaggio architettonico si
definisce “volta a gavetta” quella ottenuta intersecando una volta a padiglione
con un piano orizzontale: si ottiene così una figura che ricorda la chiglia di
un certo tipo di imbarcazioni. La volta a gavetta viene detta anche “volta a
schifo” ed il termine “schifo”indicava nell’antica costruzione navale una
imbarcazione adibita al servizio di una nave maggiore. Considerando che
“schifo” viene fatto derivare dal longobardo SKIF e che nella lingua inglese
SKIFF sta a definire una leggera imbarcazione a remi o a vela, si può collocare
il termine Gavetta, nella sua primitiva adozione, alle forme navali antiche o
di modello particolare. Un ultima annotazione: se si rovescia la volta a
gavetta, si legge una forma di contenitore che da una parte ricorda un natante,
dall’altra si avvicina in modo particolare a quell’utensile che nella
tradizione umbra viene chiamato “capestio” e che quella marchigiana chiama
“scodella”.
L’Introduzione
dell’uso della Gavetta nelle formazioni militari di terra.
L’uso della gavetta
come contenitore di cibo e strumento per la confezione del rancio (pasto) è
strettamente legato alla tecnica di gestione delle sussistenze nel quadro
storico dell’organizzazione logistica dell’Esercito.
Fino al periodo
napoleonico ogni soldato doveva provvedere da se alla confezione del proprio
rancio, spesso ricorrendo a soluzioni tutt’altro che accettabili come
taverne, cucinerei improvvisate ecc.. Si
iniziò a sentire l’esigenza di uno strumento come la Gavetta nel momento in
cui, passata l’era Napoleonica si istituzionalizzarono le prime caserme, ovvero
edifici funzionalmente concepiti su criteri esclusivamente militari.
Nel clima della
restaurazione, l’espeerienza napoleonica in seno agli eserciti non poteva
essere ignorata. Furono emanate tutta una serie di disposizioni intese a
rendere la struttura militare quanto mai omogenea sulla base dell’ordinamento e
dele capacità operative specifiche dei corpi. Non possiamo portare ad esempio i
vari eserciti europei o quelli pre unitari in quanto sarebbe troppo dispersivo.
Prendiamo a modello l’esercito sardo, che poi nel 1861 diverrà l’Esercito
Italiano.
Nell’ambito della
Intendenza Generale di Guerra, creata il 19 novembre 1816 su trasformazione del
settecentesco Ufficio Generale del Soldo, in cui si trattavano tutte quelle funzoni che oggi sono assolte dal Corpo di
Amministrazione e Commissariato incentrate sulla logistica dell’uomo, furono emanate via via regolamenti che resero
la struttura militare più omogenea.
Nel Regio Editto Penale
Militare del 1822 furono codificati gli oggetti personali del corredo del
soldato in cui figurava un “gamellino” in cui la forma e la capacità non
venivano indicate.
Il termine Gavetta
appare per la prima volta nei nostri ordinamenti nel 1833. Da quella data le
nostre truppe ebbero in dotazioni i modelli di gavetta così come indicato
-
Gavetta modello
1833
-
Gavetta modello
1835
-
Gavetta modello
1872
-
Gavetta modello
1930 grande
-
Gavetta modello
1930 piccola
Il Modello 1833
Il regolamento del 1833
definisce sia i materiale che il modello della Gavetta, destinata ai “bassi
ufficiali” ed ai soldati.
E’ in ferro battuto, di
forma cilindrica, proposta in due versioni una per la cavalleria, (peso 14/16
once circa 450 gr., larghezza 155
mm altezza 89
mm )ed una più bassa e più larga ma della stessa capienza,(
peso 15 once
circa 450 gr., larghezza 175, altezza 57 mm . ) per la fanteria. LA capacità di questo
modello era 1 pinta
equivalente a 1,369
litri .
Il
Modello 1835
L’adozione del modello 1833 non rese soddisfatti e
subito furono proposte modifiche che, acquisite, diede vita al modello 1835,
modello che nelle sue forme sostanziali rimarrà in vigore fino ai nostri
giorni.
Il Regio Biglietto
pubblicato sul Giornale Militare il 11 Agosto 1835 stabiliva, art. 2:
la forma: doveva essere semicircolare con angoli
mistilinei smorzati ad arco; il fondo esterno leggermente convesso, larga 200 mm , alta 150, il
coperchio 38 mm .
è di latta
forte detta doppia, il peso sempre di 450 gr.
composta da due parti distinte, il corpo ed il fondo
tenute insieme da una saldatura a lamina rivoltata sicchè possa reggere al
fuoco
riporta un manico collegato alle estremita per il
trasporto
Questo tipo di gavetta è veramente rivoluzionario,
procurando vantaggi consistenti.
Dotata di un manico ne agevola il trasporto, anche in
caso di completo riempimento; la superficie piana aderiva allo zaino, mentre
quella convessa era più resistente agli urti; i liquidi contenuti, essendo a
sviluppo verticale, erano più controllabili; aveva una sua indubbia
“manualità”.
Il modello fu distribuito
solo alla fanteria ed agli zappatori del genio, mentre la Cavalleria continuava
ad avere la gavetta del modello precedente, era costruito con la lamiera detta
“ a bandone”. Nel 1837 fu distribuita all’artiglieria. La cavalleria continuò
ad usare il vecchio 1833 modello fino al 1855, alla vigilia della spedizione in
Crimea.
Il modello 1872
All’indomani della
Presa di Roma, nel fervore delle riforme volute dal generale Ricotti Magnani
con circolare 124 nota 10 pubblicata sul Giornale Militare 24 giugno 1872 fu
adottata un nuovo tipo di gavetta che, memori delle esperienze della guerra al
brigantaggio, doveva portare delle novità nella confezione del rancio. Il nuovo
modello era in lamiera ed era tale da potervi confezionare il rancio per tre
uomini o il caffè per sei. Di questo modello vennero forniti tutti i dettagli
tecnici, nella forma ricalcava sostanzialmente il modello precedente, mentre la
capacita passava da 1,350
litri a 1,5.
La novità era
costituita dal manico recante uno snodo al centro che permetteva al manico
stesso di adattarsi alla forma convessa della gavetta quando la si applicava
allo zaino. Una piastrina di ottone rivettata a destra del passante metallico
del coperchio recava per ponzunatura il cognome del soldato a cui apparteneva,
che nel 1887 fu sostituito da una lettera dell’alfabeto e da un numero da 1 a 999. Fu distribuita alla
fanteria, mentre la cavalleria continua ad avere il precedente modello
Il modello 1872 rimase
in uso alla Fanteria fino al 1882 anno in cui si torno al precedente modello,
senza specificarne le ragioni
Nel 1896 si adottò,
tranne che per gli alpini e l’artiglieria da montagna un tipo di gavetta più
piccolo per tutte le armi.
Il
modello 1930 grande Il modello 1930 piccola
Negli anni trenta la
gavetta fu completamente riprogettata, ad oltre un secolo dalla sua comparsa,
con materiali tecniche di lavorazioni e particolari nuovi. Si tratto di una
seconda rivoluzione nella storia dell’oggetto di equipaggiamento che venne
realizzato in lamiera d’alluminio che produceva la forma per stampaggio. Si
hanno due vantaggi: l’alluminio era un metallo decisamente più leggero degli
altri fino ad allora usati; la tecnica di lavorazione e stampaggio portava alla
realizzazione di un elemento compiuto senza ricorrere alle saldature. Gli
occhielli di fissaggio del manico erano ottenuti per fusione sempre di
alluminio ed applicati al corpo della gavetta con dei ribattini dello stesso
metallo.
Un altro aspetto
innovativo fu l’attenzione dedicata al coperchio che fu dotato di un comodissimo
manico incernierato sulla parte piana in modo tale da potersi ripiegare
sull’interno del coperchio stesso. Si sanciva così l’utilità di quello che
veniva chiamato comunemente coperchio ma che in realtà diveniva definitivamente
ad essere un proprio contenitore utensile con uso specifico, forse mai
regolamenta ufficialmente, ma inventato di volta in volta dalla fantasia del
soldato stimolata dalle situazioni contingenti.
I modelli di gavetta
del 1930 sono in tutto conformi a quelli attualmente in dotazione; le uniche
differenze consistono nell’essenza, nel modello attuale, dei passanti metallici
per le cinghie di fissaggio e nell’aggiunta di un bottone in alluminio sul
coperchio sul lato opposto al manico. Da notare che aggiungendo un altro
coperchio con il manico ed il bottone in posizione invertita rispetto al
coperchio superiore il manico di ogni coperchio va a fermarsi sul bottone del
coperchio opposto in modo da realizzare una solida chiusura dell’oggetto così
composto.
(Massimo coltrinari. ricerca23@libero.it)
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