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lunedì 3 febbraio 2014

Equipaggiamenti La Storia della Gavetta

              
                                     
Il termine Gavetta (o Gamella che sono sinonimi) è tradizionalmente fatto risalire alla lingua latina con significato di “scodella”.
Gavetta deriverebbe dal termine “Gabata”, che a Roma antica aveva una connotazione di origine straniera, mentre Gamella da “Camella”, probabilmente con chiaro riferimento alla gobba del cammello che nella sua forma ricorda quella di un recipiente rovesciato.
Il termine Gavetta e di più Gamella, nei secoli rinascimentali era legato più al mondo marinaro che a quello delle truppe di terraferma. Infatti a bordo delle galee e delle navi in genere veniva così denominata la grossa scodella in cui consumavano il pasto un gruppo di uomini, in genere sette. Il termine si istituzionalizzò al punto che con gavetta si indicava un gruppo di sette marinai ammessi al rancio.
Ancora un legame con la tradizione marinara del termine Gavetta. Nel linguaggio architettonico si definisce “volta a gavetta” quella ottenuta intersecando una volta a padiglione con un piano orizzontale: si ottiene così una figura che ricorda la chiglia di un certo tipo di imbarcazioni. La volta a gavetta viene detta anche “volta a schifo” ed il termine “schifo”indicava nell’antica costruzione navale una imbarcazione adibita al servizio di una nave maggiore. Considerando che “schifo” viene fatto derivare dal longobardo SKIF e che nella lingua inglese SKIFF sta a definire una leggera imbarcazione a remi o a vela, si può collocare il termine Gavetta, nella sua primitiva adozione, alle forme navali antiche o di modello particolare. Un ultima annotazione: se si rovescia la volta a gavetta, si legge una forma di contenitore che da una parte ricorda un natante, dall’altra si avvicina in modo particolare a quell’utensile che nella tradizione umbra viene chiamato “capestio” e che quella marchigiana chiama “scodella”.

L’Introduzione dell’uso della Gavetta nelle formazioni militari di terra.
L’uso della gavetta come contenitore di cibo e strumento per la confezione del rancio (pasto) è strettamente legato alla tecnica di gestione delle sussistenze nel quadro storico dell’organizzazione logistica  dell’Esercito.
Fino al periodo napoleonico ogni soldato doveva provvedere da se alla confezione del proprio rancio, spesso ricorrendo a soluzioni tutt’altro che accettabili come taverne,  cucinerei improvvisate ecc.. Si iniziò a sentire l’esigenza di uno strumento come la Gavetta nel momento in cui, passata l’era Napoleonica si istituzionalizzarono le prime caserme, ovvero edifici funzionalmente concepiti su criteri esclusivamente militari.
Nel clima della restaurazione, l’espeerienza napoleonica in seno agli eserciti non poteva essere ignorata. Furono emanate tutta una serie di disposizioni intese a rendere la struttura militare quanto mai omogenea sulla base dell’ordinamento e dele capacità operative specifiche dei corpi. Non possiamo portare ad esempio i vari eserciti europei o quelli pre unitari in quanto sarebbe troppo dispersivo. Prendiamo a modello l’esercito sardo, che poi nel 1861 diverrà l’Esercito Italiano. 
Nell’ambito della Intendenza Generale di Guerra, creata il 19 novembre 1816 su trasformazione del settecentesco Ufficio Generale del Soldo, in cui si trattavano tutte quelle funzoni  che oggi sono assolte dal Corpo di Amministrazione e Commissariato incentrate sulla logistica dell’uomo,  furono emanate via via regolamenti che resero la struttura militare più omogenea.
Nel Regio Editto Penale Militare del 1822 furono codificati gli oggetti personali del corredo del soldato in cui figurava un “gamellino” in cui la forma e la capacità non venivano indicate.
Il termine Gavetta appare per la prima volta nei nostri ordinamenti nel 1833. Da quella data le nostre truppe ebbero in dotazioni i modelli di gavetta così come indicato
-                       Gavetta modello 1833
-                       Gavetta modello 1835
-                       Gavetta modello 1872
-                       Gavetta modello 1930 grande
-                       Gavetta modello 1930 piccola

Il Modello 1833
Il regolamento del 1833 definisce sia i materiale che il modello della Gavetta, destinata ai “bassi ufficiali” ed ai soldati.
E’ in ferro battuto, di forma cilindrica, proposta in due versioni una per la cavalleria, (peso 14/16 once circa 450 gr., larghezza 155 mm altezza 89 mm)ed una più bassa e più larga ma della stessa capienza,( peso 15 once circa 450 gr., larghezza 175, altezza 57 mm. ) per la fanteria. LA capacità di questo modello era 1 pinta equivalente a 1,369 litri.

Il Modello 1835

L’adozione del modello 1833 non rese soddisfatti e subito furono proposte modifiche che, acquisite, diede vita al modello 1835, modello che nelle sue forme sostanziali rimarrà in vigore fino ai nostri giorni.
Il Regio Biglietto  pubblicato sul Giornale Militare il 11 Agosto 1835 stabiliva, art. 2:
la forma: doveva essere semicircolare con angoli mistilinei smorzati ad arco; il fondo esterno leggermente convesso, larga 200 mm, alta 150, il coperchio 38 mm.
è di  latta forte detta doppia, il peso sempre di 450 gr.
composta da due parti distinte, il corpo ed il fondo tenute insieme da una saldatura a lamina rivoltata sicchè possa reggere al fuoco
riporta un manico collegato alle estremita per il trasporto
Questo tipo di gavetta è veramente rivoluzionario, procurando vantaggi consistenti.
Dotata di un manico ne agevola il trasporto, anche in caso di completo riempimento; la superficie piana aderiva allo zaino, mentre quella convessa era più resistente agli urti; i liquidi contenuti, essendo a sviluppo verticale, erano più controllabili; aveva una sua indubbia “manualità”.
Il modello fu distribuito solo alla fanteria ed agli zappatori del genio, mentre la Cavalleria continuava ad avere la gavetta del modello precedente, era costruito con la lamiera detta “ a bandone”. Nel 1837 fu distribuita all’artiglieria. La cavalleria continuò ad usare il vecchio 1833 modello fino al 1855, alla vigilia della spedizione in Crimea.

Il modello 1872
All’indomani della Presa di Roma, nel fervore delle riforme volute dal generale Ricotti Magnani con circolare 124 nota 10 pubblicata sul Giornale Militare 24 giugno 1872 fu adottata un nuovo tipo di gavetta che, memori delle esperienze della guerra al brigantaggio, doveva portare delle novità nella confezione del rancio. Il nuovo modello era in lamiera ed era tale da potervi confezionare il rancio per tre uomini o il caffè per sei. Di questo modello vennero forniti tutti i dettagli tecnici, nella forma ricalcava sostanzialmente il modello precedente, mentre la capacita passava da 1,350 litri a 1,5.
La novità era costituita dal manico recante uno snodo al centro che permetteva al manico stesso di adattarsi alla forma convessa della gavetta quando la si applicava allo zaino. Una piastrina di ottone rivettata a destra del passante metallico del coperchio recava per ponzunatura il cognome del soldato a cui apparteneva, che nel 1887 fu sostituito da una lettera dell’alfabeto e da  un numero da 1 a 999. Fu distribuita alla fanteria, mentre la cavalleria continua ad avere il precedente modello
Il modello 1872 rimase in uso alla Fanteria fino al 1882 anno in cui si torno al precedente modello, senza specificarne le ragioni
Nel 1896 si adottò, tranne che per gli alpini e l’artiglieria da montagna un tipo di gavetta più piccolo per tutte le armi.


Il modello 1930 grande Il modello 1930 piccola

Negli anni trenta la gavetta fu completamente riprogettata, ad oltre un secolo dalla sua comparsa, con materiali tecniche di lavorazioni e particolari nuovi. Si tratto di una seconda rivoluzione nella storia dell’oggetto di equipaggiamento che venne realizzato in lamiera d’alluminio che produceva la forma per stampaggio. Si hanno due vantaggi: l’alluminio era un metallo decisamente più leggero degli altri fino ad allora usati; la tecnica di lavorazione e stampaggio portava alla realizzazione di un elemento compiuto senza ricorrere alle saldature. Gli occhielli di fissaggio del manico erano ottenuti per fusione sempre di alluminio ed applicati al corpo della gavetta con dei ribattini dello stesso metallo.
Un altro aspetto innovativo fu l’attenzione dedicata al coperchio che fu dotato di un comodissimo manico incernierato sulla parte piana in modo tale da potersi ripiegare sull’interno del coperchio stesso. Si sanciva così l’utilità di quello che veniva chiamato comunemente coperchio ma che in realtà diveniva definitivamente ad essere un proprio contenitore utensile con uso specifico, forse mai regolamenta ufficialmente, ma inventato di volta in volta dalla fantasia del soldato stimolata dalle situazioni contingenti.
I modelli di gavetta del 1930 sono in tutto conformi a quelli attualmente in dotazione; le uniche differenze consistono nell’essenza, nel modello attuale, dei passanti metallici per le cinghie di fissaggio e nell’aggiunta di un bottone in alluminio sul coperchio sul lato opposto al manico. Da notare che aggiungendo un altro coperchio con il manico ed il bottone in posizione invertita rispetto al coperchio superiore il manico di ogni coperchio va a fermarsi sul bottone del coperchio opposto in modo da realizzare una solida chiusura dell’oggetto così composto.

(Massimo coltrinari. ricerca23@libero.it) 

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