Garibaldi,
quindi, nonostante la disordinata esecuzione del suo piano, si era
definitivamente impadronito dell'accesso verso l'alto corso del Chiese,
spingendosi sino a Lodrone con le proprie avanguardie ed era soprattutto
riuscito ad impedire al Kuhn di manovrare secondo i propri intendimenti.
Alla
battaglia del Monte Suello seguì una breve pausa, dovuta alla necessità di
riorganizzare il Corpo dei Volontari, più che alla ferita di Garibaldi. Infatti
i magazzini d'Intendenza dell'Armata del Mincio, ridotta all'inazione, furono
aperti in favore delle Forze volontarie, che riuscirono finalmente ad ottenere
un armamento ed un equipaggiamento sufficienti, anche se non del tutto
omogenei. Per contro, il La Marmora non ritenne opportuno concedere alcun
rinforzo, soprattutto d'artiglieria, temendo un'azione austriaca dallo Stelvio
e dal Tonale. In effetti, il Kuhn aveva divisato di cogliere Garibaldi alle
spalle, mentre si trovava di fazione a Lonato, con una forte azione
controffensiva dal Tonale, lungo la Val Camonica, su Bergamo e Brescia, ma ne
era stato impedito categoricamente dall'Arciduca Alberto, il quale non intendeva
correre il minimo rischio nel Trentino, dopo aver sgomberato la pianura veneta.
Il 6
luglio, il Comando delle Forze Volontarie diramava un ordine del giorno
contenente minute prescrizioni ordinative e tattiche per lo sviluppo ulteriore
dell'azione. Le più importanti sono le seguenti:
. si
doveva procedere ad un ulteriore selezione, eliminando quanti non avessero
dimostrato sufficiente resistenza fisica o piena saldezza morale;
.
ogni reggimento avrebbe costituito una compagnia volante “formata dalla gente più ardita e svelta”. Esse dovevano agire nel
territorio nemico compiendovi incursioni, imboscate e colpi di mano,
infiltrandosi attraverso le zone impervie per nuclei e riformandosi in
prossimità degli obiettivi;
.
ugualmente ogni reggimento doveva riunire in una compagnia di riserva tutti gli
elementi validi, che, per età, non fossero in grado di seguire i movimenti
celeri del proprio reparto.
Eliminati
così gli inidonei alla campagna, assegnati a scopi loro più congeniali i più
spericolati, che potevano trascinare con il loro ardore indisciplinato i
reggimenti d'appartenenza, ed i veterani che ne rallentavano la marcia, il
Generale ammonì severamente i propri comandanti in sottordine di attenersi
strettamente agli ordini e di tenere saldamente in pugno i propri uomini.[3]
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