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giovedì 31 marzo 2022

Alberti. Considerazioni sulla guerra preventica dell'Austria contro l'Italia. 1907 -1931

 


Conrad, capo di Stato Maggiore dell’Esercito A.V., nel 1907 sosteneva che, data la debolezza dell’Esercito e della Marina italiana, era necessario muovere una guerra preventiva all’Italia.

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In un promemoria del 6 aprile 1907 si legge: «Tanto la monarchia quanto l’Italia sono molto in arretrato in fatto di preparazione alla guerra. L'Italia lavora però con ogni mezzo a rimettere il perduto: costruzioni ferroviarie, fortificazioni, armamento d’artiglieria, trasformazione della flotta e indizi molteplici indicano che essa si prepara a questa guerra».

Ed a proposito di una intervista col ministro degli esteri Aehrenthal del dicembre stesso anno, dice: «a riguardo dell’Italia, il ministro sembra in errore perché fa troppo scarso conto delle forze armate dell’Italia, . . . . gli accennai che gli italiani fanno notevoli sforzi in terra e sul mare e ci sorpasseranno presto in fatto di artiglieria e di fortificazioni».

In una lettera del febbraio 1908 al ministro della guerra, ritornando alla sua idea, che sarebbe convenuto all’Austria-Ungheria di muovere guerra all’Italia nel 1907, dice:

«E neppure posso modificare la mia convinzione d’allora, che cioè sarebbe stato opportuno il farlo nello scorso anno, giacchè le probabilità favorevoli diminuiscono d’anno in anno, anzitutto per la crescente preparazione dell’Italia (specie per fortificazioni e flotta) e poi per il rafforzarsi della Russia».

Il 4 giugno 1908 Conrad chiede l’intervento di Sua Maestà per ottenere il raddoppio di binario sui tratti Salzburg-Worgl e Bud-weis-Linz, accennando che «l’Italia costruiva le sue ferrovie di radunata nel Veneto ed era già ora in grado di concentrare, entro il 10° giorno di mobilitazione, 9 divisioni contro il Tirolo e, il 15° giorno, 23 divisioni sulla Livenza; oppure, verso il 10° giorno, 6 divisioni contro il Tirolo e 26 divisioni, il 14° giorno, sull’Adige, oppure, il 19°, sul Tagliamento. . . . 

. . . . Insistetti sul fatto che essa prende visibilmente tutti i provvedimenti per una guerra, e guerra offensiva contro la monarchia: costruzione di navi da guerra, di fortificazioni, di ferrovie, di mezzi di attacco, trasformazione dell’esercito, tutto accenna a ciò; e l’approvazione unanime del grande credito per le spese militari di circa 300 milioni ha dato la prova palpabile che l'Italia lavora per un grande scopo, diretto contro la monarchia. L'attività attuale nel Veneto, trascurando la frontiera francese, ne è chiaro indizio. Ho nuovamente rimpianto che non si sia dato seguito al mio concetto di un anno fa di far guerra all'Italia finché essa non era pronta. Mentre Allora ci saremmo trovati di fronte ad un’Italia non agguerrita, e, per la debolezza della Russia e per l’incompletezza degli accordi anglo-franco-russi, avremmo avuto mano libera verso di essa, in avvenire avremo prevedibilmente situazioni politiche meno favorevoli di fronte ad una Italia cosciente dello scopo e preparata».

Nel 1909 scrive: «La tendenza dei provvedimenti militari dell’Italia contro l’Austria-Ungheria si rileva dagli straordinari crediti militari, nonché dai Mutamenti progettati nell’ordinamento e nella dislocazione dell’esercito, dai progetti di fortificazioni, costruzioni ferroviarie e progetti per la marina da guerra.

«Bilancio militare: l’ordinario dal 1905 al 1908 si mantenne di 270 milioni; pel 1909 fu portato a 275; ed il ministero della guerra chiede ora un credito supplementare di ro milioni. Il resto dei crediti straordinari concessi nel 1907 c 1908, in 28 milioni, ammonta ora a 227; il ministero della guerra ne chiede ora altri 125; talchè avrà a disposizione 352 milioni straordinari, sufficienti fino al 1913, anno di scadenza della Triplice. Scopo di tale aumento delle spese, il compensare lo stato arretrato dell’esercito».

Nel promemoria annuale per il 1909 lancia un grido di allarme: «L'Italia lavora, cosciente dello scopo, ad una guerra contro di noi, per potere — prevedibilmente allo scadere della triplice — minacciare tale guerra e procurarsi con ciò vantaggi essenziali a noi dannosi, oppure per fare guerra nel caso che la monarchia non consentisse tale proprio danneggiamento.

«Si dovrebbe far di tutto per accelerare quanto si può i preparativi bellici. Ciò tanto più perchè, dato il ritmo col quale procede l’Italia, i rapporti di forza si volgerebbero sempre più a suo favore.

«In modo particolare si deve considerare la scadenza del trattato della triplice (1912).

«Tutti gli stati, ed in particolare l’Italia, tendono ad essere pronti alla guerra per quell’epoca, sia a scopo di far guerra, sia a scopo di esercitare pressione decisiva a loro vantaggio. E ciò deve assolutamente fare anche l’Austria-Ungheria».

Trattando delle fortificazioni per il bilancio del 1909, il Conrad, parlando dell’Italia dice: «Per contro in Italia, sebbene essa dovrebbe difendere solo le brevi frontiere terrestri e la costa, dal 1907 al 1909 furono adibiti 279 milioni di bilancio ordinario e 186 milioni di straordinario, soltanto per le fortificazioni. Ciò dimostra la preparazione lungimirante, grandiosa e cosciente dello scopo, dell’Italia, contro di noi, in confronto di quello che noi potevamo fare.

«Il 3 novembre 1910 proposi un accordo con lo stato maggiore tedesco per poter avviare anche i nostri trasporti per Rosen-heim-Kufstein, e fondai la mia proposta, il 3 novembre 1910, sul fatto che gli italiani potevano far affluire contro il Tirolo 36 treni a 100 assi e 69 a 70 assi giornalmente, mentre noi potevamo farne affluire soltanto 40 a 100 assi, di cui 16 sulla linea minacciata del Pusterthal; in conseguenza l’11° giorno di mobilitazione gli italiani potevano agire offensivamente con 9 divisioni contro il Tirolo; mentre noi ne avremmo concentrato solo 3.

«Notevole aumento della forza numerica dell’esercito italiano, aumento dei reparti di alpini e di cavalleria verso il Veneto, estese fortificazioni per terra e per mare; acceleramento delle ferrovie di radunata nel Veneto, notevole aumento del bilancio per l’esercito e marina, ed in particolare dei crediti straordinari; sistemazioni di stazioni torpediniere sulla costa adriatica (e così a Marano nel golfo di Trieste); crescente propaganda irredentistica, vivace attività di spionaggio; ed infine, maneggi ostili all’Austria-Ungheria nei Balcani ».

Nelle udienze del 1° febbraio e 11 maggio 1910, parlando con Sua Maestà della questione italiana: «accennai nuovamente alle spese italiane per l’esercito: il bilancio ordinario di 306 milioni per il 1910-11 conteneva un nuovo credito di 65 milioni, ed infine un altro di 83.750.000. Feci osservare che il notevole aumento del bilancio ordinario (20 milioni di più che nel 1907-08) ed i crediti straordinari di 420 milioni concessi dal 1906 in poi avevano spiccato carattere di armamenti bellici contro l’Austria-Ungheria, di fronte ai quali non dovevamo rimanere ciechi.

«Richiamai nuovamente l’attenzione di Aehrenthal sull’opera cosciente dello scopo, che svolgeva l’Italia per una guerra contro la monarchia ed altresì sul pericolo di essere superati dall’Italia.

«Dei provvedimenti militari concreti, risultanti all’occhio anche dei profani, che sta prendendo l’Italia in modo evidente per una guerra contro la monarchia, fanno parte:

            la costruzione, rapidamente spinta, di un sistema di fortificazioni in grande stile;

            l'aumento delle guarnigioni nel Veneto e, specialmente, nella zona di frontiera, come pure l’intendimento che ne consegue, non soltanto di proteggere in caso di guerra la frontiera, ma ben anche di irrompere, con corpi pronti ad operare, nel territorio della ‘monarchia, per disturbare la nostra radunata;

            lo sviluppo della rete ferroviaria;

            l'annuale spostamento dei reparti alpini dalla frontiera francese alla zona di frontiera colla monarchia;

            l'intensa attività in fatto di manovre; viaggi di istruzione, manovre con i quadri nella zona di radunata contro la monarchia;

            gli incessanti viaggi di ricognizione di navi italiane sulle coste della monarchia;

            il riordinamento generale dell’esercito e della flotta, spinto con celerità, per la primavera del 1912, colla visibile tendenza ad opporre alla monarchia forze per lo meno uguali, possibilmente superiori».

In una lettera all’Imperatore, del 9 settembre 1911, scrive:

«In Italia, invero, la vasta costituzione delle forze armate, la dislocazione di parte delle truppe nella frontiera sud-orientale, la costruzione, non avente pari per estensione e per celerità, di fortificazioni, rivolte soltanto contro di noi, la razionale costruzione delle ferrovie di radunata verso il Veneto, la costituzione oltremodo intensiva della protezione della frontiera e delle formazioni di volontari, come pure l’attivissimo servizio di informazioni procedono di pari passo colla assicurazione più amichevole e colle forme diplomatiche più concilianti.

«Ma, poichè gli scopi e le tendenze positive nel senso di una politica nazionale fanno supporre che l’Italia entri aggressivamente in azione in un momento opportuno, mentre da parte nostra siamo ben lontani, data la tendenza puramente conservatrice della monarchia, da un analogo intendimento, è ovvio che le nostre contro misure militari, le quali come già si è accennato rimangono molto in arretrato rispetto ai provvedimenti dell’Italia, possano essere male interpretate per partito preso».

Nel 1912, quale comandante designato della 3a armata, nel prospettare al capo di stato maggiore proposte operative ed organiche, così esordisce: « le fortificazioni italiane costruite in grande stile sul Tagliamento e nel Friuli settentrionale e meridionale si oppongono ormai alla nostra offensiva col grosso dall’Isonzo, che prima era attuabile in modo relativamente facile e decisivo, difficoltà tanto maggiori in quanto i mezzi d’attacco necessari da parte nostra sono rimasti allo status quo, non ostante i miei sforzi di anni.

«L'Italia, da quell’epoca, ha progredito in elevata misura militarmente, specie in quanto concerne le predisposizioni contro la monarchia; e quest’ultima invece è rimasta arretrata in tutto. Mentre ad esempio nel 1906-7 ed ancora nel 1908 sarebbe stato possibile, con i mezzi d’artiglieria della monarchia, avere ragione delle fortificazioni, ciò non è più possibile; mentre allora potevamo subito radunare alla frontiera grandi forze atte ad agire prontamente, ora le cose sono invertite, per lo sviluppo della rete ferroviaria italiana; l’Italia, grazie all'aumento e al rinforzo essenziale delle sue guarnigioni di frontiera, può entrare in azione con numerose forze, ed eziandio anche di sorpresa all’inizio della guerra. Da parte nostra non si sono effettuati gli aumenti di guarnigioni segnalati come imprescindibili, per non creare difficoltà diplomatiche. Mentre l’Italia nel 1906-7 poteva mettere in campo al massimo 24 divisioni, ora ne può aggiungere 6 che ben inteso diverranno 12 di milizia mobile. . . .

«Nulla si fece nè per far subito guerra all’Italia, nè per prepararci energicamente pel momento in cui tale guerra diverrà necessaria, . . . .

«Italia. E’ innegabile che tale stato, dalla sua unione nazionale, si è ininterrottamente consolidato, ha progredito commercialmente, finanziariamente, politicamente e specialmente poi nel campo militare, ed è entrato nella scena mondiale con tutte le tendenze di una grande potenza. Devesi inoltre far notare che sarebbe errore il commisurare l’esercito italiano alla stessa stregua del secolo scorso, e, quand’anche per l’avvenire si faccia calcolo sulla bravura preponderante delle nazioni della nostra monarchia, l’esercito italiano deve essere considerato molto di più di allora a causa anzitutto del suo ottimo ed ambizioso corpo di ufficiali, delle abbondanti dotazioni tecniche, fra le quali considero anche il sistema munificentemente attuato di fortificazioni, ed infine, dell’entusiasmo nazionale alimentato con tutti i mezzi.

«Agli insuccessi in Tripolitania non si deve dare troppo valore da tal punto di vista; giacchè simili fenomeni si sono verificati anche presso altri eserciti in condizioni analoghe».

I progressi del nostro esercito sembrarono tali al Conrad da fargli deporre l’antica idea della guerra preventiva contro di noi, tanto che, nell’aprile 1913, esaminando la condotta politica più conveniente per l’Austria-Ungheria in seguito alle complicazioni balcaniche, disse: «Ogni nostra azione indipendente desterebbe indubbiamente ora la sfiducia dell’Italia e la spingerebbe nelle braccia della Russia.

«Ed allora avremmo quella guerra su tre fronti cui siamo impari. Dobbiamo mantenerci d'accordo con l’Italia nell’agire e solo quando tutto fallisse seguire coll’Italia la via della resa dei conti...».

 

Tutto il pensiero del Konrad in questi dieci anni prima dello scoppio della Grande Guerra. L’Austria-Ungheria temeva la nostra forza e aveva, per il Konrad opzioni in esame, tenersela amica ad ogni costo nel quadro della Triplice Alleanza oppure, arrivare alla tanto agognata guerra preventiva. Questo per evitare che l'Italia si alleasse con la Russia, costringendo l'Austria ad una eventuale guerra su tre fronti (sviluppare il concetto).

Tutto il pensiero del Konrad è lineare a sostegno delle sue tesi. L’Italia non era così forte come lui la descriveva.

 

domenica 20 marzo 2022

Una Legione di 007. Agentes in Rebus


di Mirko Molteni


UNA LEGIONE DI “007” AGENTES IN REBUS

Corrieri e agenti generali del governo centrale, sostituirono il frumentarii. Fornivano informazioni riguardo ai movimenti dei nemici, ma anche sul comportamento dei governatori e di altri funzionari delle province.

 

FRUMENTARII

Erano i componenti dell'esercito deputati all'approvvigionamento delle legioni. Proprio il loro ruolo logistico ed il contatto continuo con la popolazione li trasformarono in agenti a caccia di informazioni.

 

EXPLORATORES

Si occupavano del servizio di spionaggio esterno, osservando i movimenti dei nemici sul campo di battaglia o nei dintorni di esso. Spesso agivano in abiti civili.

 

SPECULATORES

Inizialmente erano ricognitori, Il loro nome deriva dal verbo specĕre “guardare” od “osservare”. In seguito furono utilizzati anche come messaggeri, sicari e guardie del corpo degli imperatori.

 



DELATORES

Paragonabili agli attuali informatori o infiltrati, spesso erano traditori di popoli stranieri. Usati dagli imperatori per essere messi al corrente di eventuali congiure e tradimenti, costituivano “armi di ricatto” politico o personale.

 

PUNICA FIDES

Annibale fu il primo a usare massicciamente lo spionaggio durante la Seconda guerra punica, che si svolse in gran parte sul suolo italico. Per i Romani il generale cartaginese era un esempio di malafede, inganno, ambiguità e tradimento della parola data. Per questa ragione essi coniarono l'espressione punica fides, ossia  “fedeltà cartaginese”, che equivaleva a “non mantenere la parola”, “mancare ai patti”, “essere leali”. La cosa, però, sembrava paradossale se si ricorda che fu proprio Enea, leggendario antenato dei Romani, a tradire Didone, prima regina di Cartagine....

 


 Testo tratto da Civiltà Romana.info www.conoscerelastoria.it


giovedì 10 marzo 2022

Le Spie di Scipione e la Congiura degli Speculatores. Le Quinte Colonne

 

Di Mirko Molteni


LA SPIE DI SCIPIONE

Nel 203 a.C. Publio Cornelio Scipione, poi detto l'Africano, spedì alcune spie a osservare il campo del re Siface, alleato di Annibale. Durante una tregua gli inviò una delegazione diplomatica guidata da Gaio Lelio, che entrò nell'accampamento nemico con un seguito di schiavi. I servi però, erano centurioni travestiti, che non venendo sorvegliati poterono circolare liberamente nella base, osservando gli accessi, le tende e i recinti , e prendendo nota dei punti più infiammabili. Tra i falsi schiavi c'era un ufficiale che aveva fatto parte di una precedente  delegazione, Lucio Sertorio, e Lelio temeva che venisse riconosciuto; per  sviare i sospetti inscenò una pubblica punizione ai suoi danni a suon di frustate e bastonate,

Rientrati al campo romano, gli agenti diedero a Scipione tutte le informazioni utili a devastare con un incendio il campo di Siface e sconfiggerlo.

 LA CONGIURA DEGLI SPECULATORES

La guardia pretoriana disponeva di speculatores scelti. Essi giocarono un ruolo importante fra il 68 e il 69 d.C. Quando, morto Nerone gli subentrò il generale Galba, primo di una serie di comandanti che si disputarono lo scettro nell'arco di pochi mesi. Il pretendente Otone, mandò un servo a corrompere l'ufficiale che custodiva la parola d'ordine degli speculatores, portandoli così dalla sua parte, e ordì una congiura. Secondo Svetonio, egli “confidò i suoi progetti inizialmente a cinque guardie, poi ad altre dieci, poiché ciascuna delle prime aveva portato due camerati. Versò loro all'istante 10.000 sesterzi a testa e ne promise altri 50.000. Questi congiurati ne convinsero altri, ma non molti, perché nutrivano la massima fiducia che la maggior parte si sarebbe unita al momento dell'azione”.

Fu uno speculator pretoriano a uccidere Galba, il 15 gennaio del 69. Anche Otone però, aveva i giorni contati: venne rovesciato da un terzo generale Vitellio, a sua volta spodestato da Tito Flavio Vespasiano, che governò per un intero decennio, fino al 79 d.C.

 LE QUINTE COLONNE

Le informazioni sul minaccioso Regno dei Parti arrivavano nell'Urbe grazie  a efficaci “antenne” spionistiche: i sovrani alleati di Roma. Lo confermano le lettere che Plinio il Giovane, governatore in Bitinia fra il 111 e il 113 d.C.,  inviava all'imperatore Traiano.

Plinio, per esempio, otteneva notizie dall'amico Sauromate, sovrano del Bosforo Cimmerio, sull'attuale Mar d' Azov, e poi le faceva recapitare a Roma da un messaggero fidato dell'imperatore, il liberto Licorma. Scrive Plinio “Re Sauromate mi informa che sono avvenute cose che dovete sapere subito. Perché il corriere con cui mi ha fatto pervenire la missiva indirizzata a voi potesse viaggiare più in fretta, gli ho procurato un mandato che lo autorizza a utilizzare il servizio postale di Stato”.

Il nipote del naturalista Plinio il Vecchio rintracciò un ex prigioniero del re dei Parti, Pacoro III, che era riuscito a fuggire. Si trattava di Callidromo, schiavo catturato dai Daci e inviato come dono del Re Decebalo a Pacoro: “Rimase parecchi anni al suo servizio. Poi fuggì giungendo a Nicodemia. La stessa storia ha raccontato a me quando me l'hanno condotto davanti e perciò ho ritenuto opportuno inviartelo”. Un così prezioso testimone fu probabilmente interrogato a lungo su tutto ciò che aveva visto o sentito alla corte del sovrano dei Parti.

 

Testo Tratto da Tratto da Civiltà Romana. Info: www.conoscere lastoria.it