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lunedì 20 febbraio 2012

La Guerra di Crimea 1853-1855 Le ragioni remote

La Grecia,dopo una guerra durata otto anni, riuscì ad ottenere nel 1830  dall’Impero Turco l’indipendenza. Era l’avvisaglia che l’Impero Turco era entrato nella sua fase terminale di decadenza, non avendo le capacità di competere  con le gradi Potenza

La Russia degli Zar fu il primo Impero che si mosse per approfittare della debolezza ottomana. Voleva il libero passaggio del Bosforo e dei Dardanelli alla sua flotta del Mar Nero, con l’obiettivo di giungere ai mari caldi.  

Nel 1853 lo Zar si proclamò protettore di tutti i Cristiani ortodossi residenti nell’ Impero Ottomano. Pretesa che fu fermamente respinta dalla Sublime Porta, in quanto se attuata, significava una ingerenza costanze dei Russi negli affari interni dell’Impero Turco.

Su questa controversia, cause apparenti e cause reali, la Russia decise di muovere guerra, dichiarandola convinta che avrebbe ben presto ottenuto una facile vittoria.
La Guerra fu dichiarata nell’ottobre 1853
Come in tutti i conflitti i calcoli sono sempre sbagliati. Lo Zar e la leaderschip russa non avevano tenuto in conto la reazione delle Grandi Potenza Europee, preoccupate dell’espansionismo russo,ma soprattutto preoccupate che questo avrebbe alterato l’equilibrio stabilito a Vienna nel 1815.

Francia ed Inghilterra inviarono un Corpo di Spedizione a sostegno del Sultano, allargando il conflitto e costringendo i Russi ad impiegare forze superiori a quelle previste.

La Guerra prima ebbe come teatro la costa orientale della Bulgaria sul Mar Nero, con epicentro Varna. Qui truppe turche, al comando di ufficiali inglesi dell’Esercito Indiano, riuscirono a liberare  Silistria e quindi costringere a ripiegare i Russi. (giugno 1854)

Il Teatro Bulgaro non aveva più ragione d’essere.

Si decise di portare la guerra in territorio Russo. La scelta cadde sulla Crimea, che aveva con Sebastopoli la principale base della flotta Russa.

In breve le forze alleate riuscirono a costringere i Russi a rinchiudersi nella fortezza di Sebastopoli e porre l’Assedio

L’assedio della fortezza durò fino al settembre 1855. Molte furono le difficoltà incontrate dai Anglo-sardi-francesi. Si arrivò a chiedere l’intervento dell’Austria.
Se l’Austria fosse intervenuto, l’azione del Cavour sarebbe stata vana. Ma Vienna non accettò l’invito in quanto era ancora grata alla Russia per le soppressioni delle rivolte ungheresi nel 1848-1849 (La figura di Kossuth è basilare in questo contesto) e rimase neutrale, favorendo la politica cavourriana di lungo termine.
La caduta di Sebastopoli  pose fine al conflitto.

Le operazioni furono fortemente condizionate della organizzazione logistica, in cui le condizioni di vita del soldato furono molto difficili

In questo contesto il regno di Sardegna, per volontà del Cavour, invio un corpo di Spedizione  di 15.000, che operò a fianco degli alleati. Lo scopo non era tanto militare, anche se le compagnie di navigazione italiane della seconda meta dell’ottocento avevano interessi economici, ma sostanzialmente diplomatico Politico.

Al termine della Guerra, al congresso di Pace di Parigi Cavour potè partecipare e quindi in quella occasione pose il problema dell’Unità Italiana.

La campagna in Polonia Settembre 1939

La dottrina d’impiego della Germania

La Tecnica della Blitzkieg

1 Fase

La fanteria da posizione tiene impegnati i difensori lungo tutto l’arco del fronte e predispone cortine fumogene per proteggere e mascherare i movimenti delle froze corazzate attaccanti.
I bombardieri fungono da artiglieria a lunga gittata per isolare il campo di battaglia, interrompendo le linee di rifornimento dei difensori e riducendo al silenzio l’artigleria, in questo caso quella polacca.

L’avanguardia corazzata, affiancata da genieri e da forze e da truppe d’assalto avanzano verso il primo ostacolo: in questo caso un fiume. Protette da cortine fumogene e dall’azione dell’artiglieria e dei bombardieri concentrata sulla prevista testa di ponte, le truppe d’assalto attraversano il fiume su canotti mentre i genieri allestiscono un ponte di barche. Sulle zone che si trovano alle spalle dei difensori possono essere lanciate truppe paracadutiste per scompaginare le retrovie, creare confusione, disorientare  e cercare di concorrere a determinare il crollo dei combattenti presenti nella individuata testa di ponte.


2 Fase

Le truppe d’assalto e le squadre di guastatori distruggono, quando è possibile, i capisaldi ed allargano la testa di ponte, cosicché le forze corazzate, attraversato il fiume, vi passano indenni negli intervalli. La fanteria e l’artiglieria seguono le forze corazzate eliminano le resistente residue e proteggono i fianchi. I bombardieri sgombrano il terreno davanti alle forze corazzate e proseguono gli attacchi alle linee di comunicazione ed alle riserve.


3 Fase
Le avanguardie corazzate, formato un varco nelle linee difensive, si aprono a ventaglio ed aggirano i capisaldi residui della difesa. Alcune impegnano il nemico alle spalle finchè sopraggiunge la fanteria motorizzata; il grosso delle forze corazzate occupa i più importanti nodi stradali e ferroviari, paralizzando le unità logistiche e di sostegno. Il grosso della fanteria attraverso il fiume quando i difensori sono ormai demoralizzati per il caos creatosi alle loro spalle. Si deve ad ogni costo tentare di catturare o accerchiare i difensori evitando che essi possano ripiegare.

4 Fase

Le prime tre fasi sono state attuate a certi intervalli, l’ungo l’intero fronte: le avanguardie ora penetrano ora in profondità, nel territorio nemico, puntando sulle città e sui centri più importanti: la fanteria motorizzata la segue per mantenere la sicurezza delle comunicazioni e neutralizzare i capisaldi nemici che ancora resistono: anche la fanteria di linea (appiedata) avanza, essa ha il compito di rastrellare il campo di battaglia, raccogliere gli sbandati ed i prigionieri, eliminare le sacche di resistenza, ovvero rendere in sicurezza il territorio nemico conquistato. La fanteria in seconda linea avanza partendo dalle primitive posizioni con il compito di proteggere l’organizzazione logistico di sostegno per le unità avanzate.


La dottrina tedesca era questa. Nella sua fase applicativa questi principi furono applicati al piano operativo germanico. Per la campagna di Polonia il piano operativo tedesco aveva come obbiettivo la distruzione delle forze armate polacche nel più breve tempo possibile, mediante un attacco concentrico mosso, a sud-ovest dalla Slesia e a nord dalla Pomerania e dalla Prussica orientale con obbiettivo Varsavia.

Nei primi cinque giorni, le forze tedesche avevano già spezzato il cordone di truppe polacche schierate lungo il confine ed avanzavano verso i  loro obbiettivi. . Tutto procede secondo i canoni della dottrina, quanto le armate meridionali erano destinate ad andare incontro ad una grossa sorpresa.

Quello che poi sarà definita la battaglia della Bzura. L’attacco polacco del 9 settembre, unica mossa controffensiva dell’esercito polacco in tutta la campagna, condotto in modo vigoroso e su vasta scala. Il comando polacco portò il colpo sul centro dello schieramento tedesco che stava svolgendo una limitata azione. Resisi conto della situazione e del pericolo che tutto poteva essere compromesso, i responsabili tedeschi, von Rundstedt e von Manstein, allontanandosi dalla dottrina, ed agendo d’iniziativa, fecero compiere alle loro forze corazzate una diversione e portando avanti le riserve, impegnandole, e diedero vita ad una battaglia, su un fronte ristretto, e riuscirono ad avere ragione e riprendere poi le linee dottrinali del piano, determinando l’amdamento positivo della campagna.

mercoledì 1 febbraio 2012

LA Battaglia di Balaclava



ORIGINE DELLA GUERRA
Nel novembre del 1853 la Russia zarista diede inizio alle ostilità contro l'Impero Ottomano. Il pretesto dichiarato fu la tutela dei cristiani ortodossi in Turchia, mentre l’intento, nella realtà, consisteva nel voler allargare la propria influenza all'area mediterranea. La Russia, infatti, ambiva al controllo del Bosforo e dello Stretto dei Dardanelli in modo da permettere il passaggio delle navi da guerra dalla base principale sul Mar Nero “Sebastopoli” al Mediterraneo.
Gran Bretagna e Francia, preoccupate per gli effetti di un tracollo turco, nell'estate del 1854 inviarono una flotta nel Mar Nero, in particolare un Corpo di spedizione nella penisola di Crimea, che assediò la piazzaforte di Sebastopoli. Il 14 settembre 1854 le truppe del Corpo di spedizione britannico iniziarono lo sbarco in Crimea, nella baia di Calamita a nord dell’obiettivo finale: la conquista del porto navale russo di Sebastopoli e la distruzione della relativa flotta.
FORZE IN CAMPO NELLA BATTAGLIA DI BALACLAVA (Magg. Guglielmi)
Lord Raglan comandava le forze britanniche costituite da 5 Divisioni di fanteria, una Divisione di cavalleria e un Battaglione turco. Inoltre era presente un contingente francese comandato dal Generale d’Armata St. Arnaud. In tale contingente operava il Gen. Canrobert da cui dipendeva una brigata di cavalleria e un corpo di osservazione.
Il principe Alexander S. Menshikov comandava le forze russe, il quale affidò l'attacco a Balaclava  al suo secondo in comando, il Generale Pavel Liprandi.
La Divisione di cavalleria britannica era divisa tra due valli: in quella meridionale si trovava la Brigata pesante di cavalleria (Scots Greys - 2° Dragoons, 6° Inniskilling Dragoons, 1° Royal Dragoons, 4° e 5° Dragoon Guards) al comando del Gen. di Brigata James Scarlett, mentre in quella settentrionale si trovava la Brigata leggera (4° e 13° Light Dragoons, 17° Lancers, e 8° e 11° Hussars), al comando del Magg. Gen. James Thomas Brudenell, Conte di Cardigan. Il comando delle unità di cavalleria era affidato a George Charles Bingham, Conte di Lucan.
La cavalleria aveva il compito della difesa mobile, ma non era sotto il comando del Gen. Campbell responsabile della difesa di Balaclava.
Il campo di battaglia consisteva, in pratica, in due valli divise da basse colline e creste, nonché di prateria aperta. Sulle alture denominate “Causeway” correva la strada Woronzov, importante perché collegava Balaclava alle fortificazioni di assedio intorno a Sebastopoli. Su di esse furono allestiti sei fortini presidiati da truppe turche e protetti da cannoni navali da 12 libbre.
L'esercito russo, comandato dal Liprandi, consisteva in una forza di 25 battaglioni di fanteria, 34 squadroni di cavalleria e 78 cannoni.
In sintesi, le forze Alleate consistevano in circa 40.000 uomini e 41 cannoni che si contrapponevano alle forze Russe che disponevano di 25.000 uomini e 78 cannoni (escluse le forze russe presso Sebastopoli).
PRELUDIO ALLA BATTAGLIA DI BALACLAVA
La battaglia di Balaclava, combattuta il 25 ottobre 1854, in cui si scontrarono le forze Alleate (Francesi – Inglesi – Turche) opposte ai Russi, fu un tentativo dell’Impero Zarista di ostacolare l’assedio di Sebastopoli, per il quale Balaclava costituiva un’importante base di rifornimento.
Liprandi varcò con le sue forze il fiume Cernaia, attraversando il ponte di Tractir ed avanzando lungo la strada di Woronzov verso i fortini presidiati dai Turchi e dai Britannici. Una spia turca aveva informato i britannici dell’imminente attacco russo, ma tale informazione non venne considerata attendibile per via di una medesima informazione rivelatasi infondata qualche giorno prima.
Quando il Raglan si accorse di dover correre ai ripari, richiamò due Divisioni di fanteria impiegate nell’assedio di Sebastopoli, che non arrivarono in tempo sul luogo degli scontri.

FASE 1: La Caduta Dei Fortini
All’avanzare dei Russi verso le alture del Causeway, la cavalleria britannica rimase, di fatto, inoperosa nel ricercare il contatto con il dispositivo avversario, tentando semplicemente di dissuaderne la progressione mediante delle complesse manovre che si rivelarono infruttuose. I 6 fortini (di cui il n. 5 e 6 non presidiati), frettolosamente allestiti  in dominio di quota, furono quindi presto facile preda dei Russi che, in un breve volgere di eventi, alle prime luci dell’alba del 25 ottobre, riuscirono ad avere la meglio sulle limitate forze di fanteria poste a difesa del fortino n. 1 (collocato ad est delle alture Causeway) e a mettere in fuga quelle a presidio dei fortini 2, 3  e 4. La cavalleria britannica rimase di fatto “scollegata” dal dispositivo difensivo esterno di Balaclava e il Comandante supremo britannico, Lord Raglan, sembrava non in condizioni di visualizzare appieno quanto stesse accadendo.
Di contro, sul fronte opposto, le operazioni avevano avuto un inizio contrassegnato da una efficace sincronizzazione tra le varie componenti di fanteria, cavalleria e del supporto di fuoco di artiglieria. In sostanza, le cose riuscirono, in prima battuta, esattamente come pianificato. Le forze avversarie presso i fortini furono identificate come un punto debole da sfruttare e, in breve tempo, senza dover fronteggiare azioni decisive della cavalleria avversaria sui fianchi, furono sbaragliate o messe in fuga.
Si è dell’avviso che, se da un lato è vero che il rapporto di forze in campo era localmente sfavorevole e che le difese presso i fortini erano state approntate con approssimazione (o ancora non in atto nei fortini n. 5 e n. 6), dall’altro ciò che ha lasciato campo libero e indisturbato ai Russi nella presa degli stessi è stata la mancanza di una visione complessiva del quadro di situazione da parte del Raglan. Ciò si è ripercosso sull’atteggiamento (remissivo) dell’unica componente altamente mobile e risolutiva a disposizione dei Britannici, ovvero la cavalleria, che viceversa avrebbe potuto svolgere il proprio ruolo sin dal principio degli scontri (ricerca e presa di contatto aggressiva e azioni risolutive sui fianchi delle forze avversarie), evitando quindi di lasciar cadere le difese esterne di Balaclava quasi senza combattere.

FASE 2: La Sottile Linea Rossa
Pur preoccupato da una possibile azione dimostrativa dei Russi circa un attacco diretto contro le difese interne di Balaclava, dopo la presa del sistema dei fortini in quota, il Raglan decise con riluttanza e ritardo di far muovere 2 Divisioni di cavalleria verso valle. Tali unità, particolarmente lente nella preparazione e nel movimento, non raggiunsero mai la zona degli scontri a sud del sistema dei fortini, lasciando le unità residue del Campbell da sole a sbarrare l’accesso a Balaclava. Tuttavia, uno schieramento anomalo (su due linee piuttosto che in quadrato, come si usava all’epoca, per fronteggiare le cariche della cavalleria avversaria), denominato poi la “sottile linea rossa” e l’intuito del Comandante consentirono ad un piccolo dispositivo di fronteggiare e respingere un attacco dei russi con la cavalleria impiegata a massa.
In effetti, le forze russe, localmente prive di fanteria, temevano la presenza di fanterie avversarie trincerate e, nonostante la schiacciante superiorità numerica e la fuga di molti soldati turchi (in preda al panico) schierati dal Campbell ai fianchi del dispositivo, furono prese alla sprovvista circa l’orientamento dello schieramento difensivo avversario (reso flessibile). Ciò, unitamente ai timori citati, amplificò molto la sensazione di smarrimento e confusione tra i ranghi russi lanciati all’offensiva, tanto da smorzarne l’impeto e da trasformarne l’avanzata in un disordinato e incredibile ripiegamento.
Anche in questo caso, si ritiene che il mancato conseguimento di ciò che in termini odierni verrebbe identificato come situational awareness, ha assunto una valenza determinante a partire dalla dimensione delle percezioni falsate dalla confusione fino alla concretizzazione di una sconfitta altrimenti inspiegabile. Tuttavia si osserva che tutto ciò si verificava nonostante la spasmodica ricerca di posizioni di dominio in quota sia per l’osservazione e la direzione delle operazioni, sia per muovere azioni offensive o imbastire dispositivi difensivi. In altri termini, lo sfruttamento di tali posizioni non risultò coerente con l’importanza che, sulla carta, vi veniva conferito dai comandanti di entrambi gli schieramenti. Infine, quale elemento certamente imponderabile ma innegabilmente altrettanto decisivo, si inserisce il mero caso o la situazione fortuita, non “pianificata”. Lo studio del terreno, la trasmissione corretta e tempestiva degli ordini e il coordinamento tra le unità di uno schieramento di forze mirano appunto a minimizzare l’imponderabile, a prescindere dallo stadio di evoluzione tecnologica raggiunta. Oggi, infatti si menziona sovente la necessità di sviluppare tecnologia, forze e soprattutto mentalità atte ad impostare la propria manovra sull’azione piuttosto che sulla reazione, sul dominio degli eventi, sull’iniziativa. E, ancora una volta, tutto ciò sottende alla necessità di acquisire prima e in maniera più esaustiva dell’avversario il quadro di situazione (appunto situational awareness).

FASE 3: La carica della Brigata di Cavalleria Pesante.
L’incombenza dell’avanzata dei Russi verso le difese allestite dal Campbell (appunto la c.d. “sottile linea rossa”) aveva spinto Lord Raglan, pur nella confusione e con un certo ritardo dovuto alla non chiarezza della situazione, ad inviare la Divisione di Cavalleria in supporto a tali difese, attraverso la valle a sud delle alture del Causeway. Tale movimento, tuttavia, non si concretizzò in un ricongiungimento tempestivo alle fanterie delle difese esterne di Balaclava, bensì in azioni tipiche di un combattimento d’incontro. Infatti, il Comandante della Brigata di cavalleria pesante, James Scarlett, avendo avvistato forze nemiche sulle citate alture ordinò d’iniziativa una conversione a sinistra per attaccare in salita le unità che avevano già iniziato il movimento in discesa per sorprenderlo sul fianco. In pratica, l’urgenza della situazione aveva cambiato la priorità della Brigata. Particolare non trascurabile era il fatto che lo Scarlett non era affatto a conoscenza della reale consistenza delle forze nemiche che si apprestavano ad affrontarlo. Ciò probabilmente fu cruciale nella decisione di lanciare la carica su di esse. Il terreno particolarmente accidentato, che rallentava l’avanzata e rendeva difficile il coordinamento, portò alla situazione in cui solo parte della prima linea (i c.d. “300” di Scarlett, in testa allo schieramento) impattò in prima battuta sugli oltre 2000 uomini avversari. Il fattore cruciale fu rappresentato dall’intuito dello Scarlett di dover colpire l’avversario arrestatosi temporaneamente (e probabilmente stupito dall’azzardata manovra dei Britannici) prima di essere a sua volta investito dall’attacco nemico. A ciò si abbinò la capacità di sincronizzare la carica in maniera esemplare, che si abbatté in un improbabile corpo a corpo a colpi di sciabola contro le soverchianti forze nemiche ferme e a ranghi piuttosto serrati. L’impeto, la coordinazione e il coraggio ebbero incredibilmente la meglio sugli avversari, pur senza poter contare su rinforzi immediatamente in afflusso dalla seconda linea o dalla Brigata Leggera (rimasta arretrata a presidiare posizioni mai seriamente impegnate).
Si ritiene, ancora una volta, che la non conoscenza della reale situazione ha portato alla predisposizione di una carica con una razionalità e precisione altrimenti inconcepibile. Il caso e, in un certo senso, la fortuna contribuirono a decretare l’incredibile successo locale della Brigata di cavalleria pesante. Il Comando delle forze britanniche, arretrato in posizione di dominio di quota (sui monti Sapoune) assistette incredulo (e impotente) a ciò che accadeva, avendo una visione più chiara della situazione che gli permise di scorgere, le reali consistenze delle forze russe che discendevano in valle per andare incontro a Scarlett.
Lungi dal voler negare l’eroismo e l’efficacia della carica della Brigata di cavalleria pesante, si osserva come l’iniziativa dello Scarlett sia stata di fatto innescata da supposizioni false circa la forza nemica sui cui sarebbe impattato. Ma l’intuito e l’esecuzione sincronizzata e rapida della carica su un nemico in preparazione hanno ribaltato l’altrimenti prevedibile esito negativo dell’azione. In questo caso non è azzardato ipotizzare che una chiara situational awareness non avrebbe consentito un risultato del genere, in quanto la conoscenza dei reali rapporti di forza avrebbe probabilmente portato lo Scarlett a desistere e ad attendere rinforzi.

4^ FASE: La Carica della Brigata di Cavalleria Leggera (La Carica dei Seicento).
La “carica dei seicento” è l’azione intrapresa dalla Brigata leggera di cavalleria nell’ambito del 4^ fase della battaglia di Balaclava. Tale carica venne condotta nella Valle del Nord tra le ore 11.00 e le 11.20 del 25 ottobre 1854.
Il Comando britannico di Lord Raglan, dal suo posto di osservazione si accorse che i Russi, sulle alture delle Causeway, stavano rimuovendo i cannoni Turchi dai fortini n.1 e n. 3, per dimostrare il proprio successo. Il Raglan disponeva solo delle Divisioni di cavalleria, non essendo ancora giunte quelle di fanteria.
A questo punto Lord Raglan fece stilare il seguente ordine: "La cavalleria deve avanzare e approfittare di ogni opportunità per riprendere le alture. Sarà sostenuta dalla fanteria a cui è stato ordinato di avanzare su due fronti.”[1] Il Lucan, comandante della Divisione di Cavalleria, spostò quella leggera nella Valle Nord mentre tenne la Brigata pesante nella Valle Sud vicino al fortino n. 6, con l’intendo di attendere l’arrivo delle Divisioni di fanteria guidate dal duca di Cambridge e da Sir George Cathcart.
Il terreno ondulato non consentiva al comandante della Divisione di cavalleria di vedere le azioni dei Russi ed avere un quadro chiaro della situazione.
Il suo inattivismo in attesa delle forze di fanteria spazientì Lord Raglan che affidò al capitano Luis Nolan il compito di consegnare un nuovo messaggio alla divisione: "Lord Raglan desidera che la cavalleria avanzi rapidamente verso il fronte e cerchi di evitare che il nemico porti via i cannoni e può essere accompagnata dall'artiglieria a cavallo. La cavalleria francese si trova alla vostra sinistra."[2]
Lucan, non comprendendo che l'ordine si riferiva ai fortini occupati dai russi sul fianco destro (che non erano visibili dalla sua posizione) chiese a Nolan a quali nemici e a quali cannoni si riferisse l'ordine. Questi, forse per il disprezzo che nutriva nei confronti di Lucan, rispose che l’ordine doveva essere eseguito immediatamente e diede indicazioni in direzione dell'altra estremità della valle, in fondo alla quale si trovava una batteria di quattordici cannoni russi dietro la quale si era raggruppata la cavalleria avversaria in precedenza respinta dalla carica della brigata pesante.
Il Lucan, irritato dalla risposta di Nolan, ordinò al Cardigan di condurre alla carica la sua Brigata Leggera contro il fondo della valle. Lucan l'avrebbe seguito alla testa della Brigata Pesante. Dopo un breve battibecco Cardigan ordinò alla sua brigata di montare in sella e la avviò al passo nella valle.
L’ordine di combattimento era il seguente:
·         1^ fila: formata dal 13° Light Dragoons a destra con il Capitano John Oldham e dal 17° Lancers, a sinistra, con il Capitano William Morris.
·         2^ fila: 11° Hussars
·         3^ fila: l' 8° reggimento Hussars con il Ten. Col. John Douglas
·         4^ fila: il 4° Light Dragoons, a sinistra, con il Ten Col.Lord George Paget e l’8° reggimento Hussars a destra con il Ten. Col. Frederick Shewell.
La valle era lunga circa due chilometri e la cavalleria inglese si trovò presto sotto i colpi dei cannoni nemici, ma la carica continuò.
Lucan, nonostante fosse stato l’autore dell’ordine, con la sua cavalleria pesante (che era rimasta più indietro) decise di arrestare l’avanzata di questa per utilizzarla successivamente per coprire la Brigata leggera durante il ripiegamento.
Ad un tratto il capitano Nolan, che si era unito ai ranghi del 17° Lancers, essendo amico dell'ufficiale che li comandava, cavalcò di fronte al conte di Cardigan, piegando a destra ed ondeggiando la spada come ad invitare l'intera Brigata a seguirlo. Egli urlò anche qualcosa all'indirizzo di Cardigan come ad avvertire dell'errore, ma fu una delle prime vittime del fuoco russo.
La cavalleria leggera si era divisa in tre parti: la prima parte, quella più esposta ai colpi di cannone, superò l’artiglieria e caricò la cavalleria russa che si trovava alle spalle dello schieramento; la seconda parte mirò alla distruzione dell’artiglieria, la terza si preoccupò di assolvere entrambi i compiti.
A questo punto, poco più di duecento cavalieri si trovavano tra le linee nemiche, all’estremità della Valle Nord, organizzate in piccole formazioni che agivano indipendentemente. Sorprendente fu la carca condotta da 70 cavalieri guidati da Shewell contro 300 lancieri russi che stavano per sbarrargli la ritirata.
Il Comandante della Divisione di Cavalleria francese, Gen. Canrobert, diede ordine al 4° reggimento di attaccare le forze russe sui monti Fedioukine, dove erano schierate due mezze batterie difese da due battaglioni di fanteria russa e due squadroni di cosacchi. Con quest’azione la Brigata leggera venne sottratta al fuoco proveniente dai monti Fedioukine.
Il Cardigan sopravvisse e raccontò questa battaglia: dei 673 uomini della Brigata di cavalleria leggera ne rimanevano 195, 113 erano stati uccisi, 247 gravemente feriti, 475 cavalli erano stati persi e 42 feriti.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Dall’analisi degli avvenimenti si possono trarre degli ammaestramenti utili anche ai giorni nostri. Il primo (più evidente) è la necessità assoluta di impartire ordini chiari che non presentino alcun elemento di dubbio, soprattutto se emessi nella c.d. “nebbia della guerra”. Nel dare ordini è importante assicurasi che chi deve eseguirli disponga di un sufficiente quadro di informazioni.
Non meno importante è la scelta del mezzo di comunicazione, che nel caso specifico è consistito nell’affidarlo alla capitano Nolan, che era forse la persona meno indicata. Tale aspetto va tenuto presente anche oggi dove si dispone di un ampio ventaglio di sistemi e metodi di comunicazione.
Anche se ci apprestiamo ad agire con i criteri e le strutture di quella che viene definita la “Forza NEC”, l’uomo rimane comunque l’elemento fondamentale; le relazioni umane, di conseguenza, continueranno ad avere un ruolo cruciale (unitamente alla dimensione delle percezioni) tale da poter condizionare l’assolvimento della missione.
Inoltre, di fronte ad un significativo mutamento della situazione, l’agire d’iniziativa assume valore imperativo per l’assolvimento della missione ricevuta e riflette la necessità di non doversi limitare all’esecuzione letterale degli ordini.
Infine, per ciò che riguarda gli eventi di Balaclava è innegabile che l’esito dello scontro sia anche il risultato di singoli episodi apparentemente insignificanti o attribuibili al caso fortuito, come ad esempio la mancata cognizione circa le reali consistenze delle forze russe durante le cariche della cavalleria. La non conoscenza può dunque portare ad intraprendere azioni tanto inconcepibili in situazioni normali quanto sorprendenti e di successo. Inoltre bisogna sottolineare nell’evento specifico la disciplina dei soldati che  non chiesero, ubbidirono e morirono, caratteristica che può essere riscontrata in numerose cariche di cavalleria.

P. Guglielmi, M. Rizzitelli, L Valente
 

[1]John Sweetman, Eserciti e battaglie 15: BALACLAVA 1854, Edizioni del Prado, 1998, pag. 68
[2] Ibidem.