Una
ricognizione in forze fu attuata il 7 luglio dagli Austriaci per tentare di
stabilire ove si trovasse il grosso delle forze garibaldine. Il Comando
austriaco valutava che fosse giunto il momento di far intervenire la propria
riserva tattica alla prima utile occasione. Forze pari ad un battaglione
rinforzato, precedute da uno squadrone di Ulani, da tiratori provinciali e
sostenute da artiglieria, cercarono di agganciare l'avanguardia garibaldina a
Lodrone, per giungere a contatto con il grosso delle forze volontarie.
Dalla scarsa consistenza del contingente
avversario, Garibaldi intuì le intenzioni del nemico e trattenne le sue forze
al coperto del Caffaro, ordinando all'avanguardia di retrocedere dalle
posizioni tenute. Nel contempo, fece schierare sul Monte Suello una batteria e
predispose forze per un contrattacco dalle pendici del monte, da effettuarsi
non appena gli Austriaci si fossero avvicinati a Ponte Caffaro.
L'azione
venne svolta con molto ordine e la colonna austriaca ripiegò non appena venne
presa sotto il tiro dell'artiglieria del Suello e si profilò da esso la
prevista reazione dinamica. A sera, i Garibaldini rioccupavano, senza
incontrare resistenza, Lodrone.
Ma
il Kuhn divenne sempre più impaziente d'arrestare definitivamente le forze
volontarie. Infatti, dopo la battaglia di Sadowa, l'Armata del Po si era messa
in movimento e il Generale austriaco temeva di trovarsi rinserrato fra
Garibaldi ed un'azione del Cialdini lungo la Val Sugana, senza poter contare su
di un ritorno dell'Arciduca Alberto.
L'azione
delle compagnie volanti lo convinse che finalmente il Corpo dei Volontari
doveva essersi concentrato alle spalle di Lodrone e che esso stava per
riprendere l'offensiva verso le Giudicarie. Invece Garibaldi, fidando ancora
una volta sulla celerità di movimento dei propri Volontari, aveva preferito non
abbandonare la linea del Caffaro, appunto per non offrire il destro di un
contrattacco preventivo in forze ad un nemico che si era dimostrato tanto
irruente e manovriero.
Il
10 luglio, Lodrone venne nuovamente investita da due colonne d'attacco,
destinate ad aprire il passo alla riserva strategica in movimento da Lardaro,
mentre le altre riserve tattiche, fatte serrare sotto in Val Giudicaria e in
Val d'Ampola, si tenevano pronte a sostenerne l'azione o a coprirne il
ripiegamento. Le forze impegnate questa volta furono nettamente superiori ed
avanzarono su entrambi i fianchi della valle per impedire ai Garibaldini di sottrarsi
alla presa ritirandosi a scaglioni ed operando contrassalti locali dal lato non
occupato dall'attaccante. Ma i Volontari ripiegarono ancora in perfetto ordine,
contenendo ovunque la pressione austriaca ed il Kuhn, resosi conto che il suo
colpo era caduto nel vuoto, ordinò l'arresto dell'azione ed un celere
disimpegno. Questa volta, però, Garibaldi sostituì l'avanguardia con forze
fresche ed incalzò vigorosamente gli Austriaci in ritirata sino a Darzo
posizione più facilmente difendibile ed utile per il prossimo balzo in avanti,
facendo controllare lo sviluppo dell'azione dal suo Capo di SM, Magg. gen.
Fabrizi. Distaccamenti fiancheggianti raggiunsero anche Storo e si affacciarono
in Val d'Ampola. Nella giornata, le compagnie volanti esercitarono un ruolo
importantissimo per gettare scompiglio negli Austriaci sopravvanzandone lungo
le dorsali le colonne, scorrendo la testata della Val d'Ampola, tormentando il
nemico con il fuoco e lasciandolo sempre incerto sulle intenzioni di Garibaldi,
comparendo ovunque e simultaneamente.
Garibaldi
era riuscito a prevenire gli intendimenti operativi del Kuhn e ad imporgli la
propria volontà sul campo con un'abilissima mossa di risposta, che tolse al
Generale austriaco ogni spazio di manovra. In più, Garibaldi poteva ritenersi
ora soddisfatto della disciplina di combattimento e del razionale uso dello
spirito di iniziativa dei suoi Volontari, ma si avvicinava ormai il momento
dello scontro decisivo ed il Generale decise di adottare procedimenti ancora
diversi per penetrare più profondamente in un terreno sempre più difficile ed
impervio.[1]
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