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martedì 5 dicembre 2017

Il combattimento di Cimego.



Secondo la ricostruzione di Paolo Langella [1] “…fu proprio sulle difficoltà poste dalle ripide balze delle Valli Giudicarie e d'Ampola che Garibaldi fece leva per battere l'avversario. I fondivalle sempre più incassati, l'assenza d'arroccamenti idonei, i forti di Lardaro e Gligenti, che avrebbero imposto azioni sistematiche e rallentamenti, gli consigliarono di utilizzare al massimo la tattica d'infiltrazione che aveva dato così buoni successi con le compagnie volanti.
In sostanza, egli decise di sfruttare la maggiore mobilità e leggerezza del Corpo dei Volontari per ottenere la massima speditezza operativa e la sorpresa dell'avversario, disponendo che, ove le unità garibaldine non fossero a contatto con il nemico, l'avanzata dovesse avvenire sul fondo valle, ma anticipata dal movimento di robuste ali sulla linea displuviale delle dorsali. Esse dovevano muovere con un dispositivo molto aperto per avanzare più rapidamente e non offrire un obiettivo concentrato ed esattamente delimitato all'avversario, pur tenendosi in misura di potersi riunire rapidamente per agire a massa. Quando la dislocazione del nemico fosse certa, appariva invece opportuno investirlo muovendo per linee di cresta o filtrando attraverso ad esse con formazioni molto rade e poco profonde.

Il Comando delle Forze volontarie, raccomandò d'attaccare sempre in ordine sparso e di concentrarsi solo al momento dell'urto, come di disperdersi rapidamente in caso di scontro con forze superiori e di ripiegare sulle unità retrostanti o di riunirsi alle contigue per contrattaccare di sorpresa l'avversario, ormai certo di essere rimasto padrone del campo. In tutti i casi, ribadì ancora il Generale, gli attacchi dovevano essere condotti con dominio di quota e su punti sensibili dello schieramento nemico.

Il Corpo dei Volontari aveva ricevuto in rinforzo un battaglione di Bersaglieri dell'Esercito regolare e 14 pezzi d'assedio da usare contro i forti di Lardaro e Gligenti. Ben poca cosa a confronto dei rinforzi ottenuti dagli Austriaci, che poterono concentrare nel settore delle Giudicarie circa 20.000 uomini e 40 cannoni e che, con queste forze, erano in grado di dare il colpo decisivo alle Forze volontarie italiane.

Queste, nel frattanto avevano occupato Storo, accesso alla Val d'Ampola, ma, superata la displuviale, si erano ben presto trovato impastoiate nella difesa in contropendenza ordinata dal gen. Kuhn e poggiante sul forte Gligenti.

Per sbloccare la situazione, Garibaldi ordinò al suo 4° reggimento di superare l'aspra cortina interposta fra la Val Giudicaria e la Val d'Ampola e di tenersi pronto ad attaccare alle spalle il forte, recidendo alla base tutte le difese del settore. Contemporaneamente, chiamato a se il reggimento che operava lungo la costiera gardesana e sostituitolo con unità di nuova costituzione, gli ordinò di procedere sul rovescio della barra montuosa che delimita ad est la Val d'Ampola, per prevenire la difesa nemica della Val di Ledro: si delinea così la manovra a tenaglia che porterà alla battaglia di Bezzecca, conclusiva della campagna.

Ma l'attenzione di Garibaldi era volta anche al solco delle Giudicarie, ove era stato perduto il contatto con l'avversario ed ove il movimento riprese  in direzione di Lardaro (16 luglio).
Il gen. Kuhn reputò che questo fosse lo sforzo principale di Garibaldi e, non informato della forte concentrazione di forze che si stava realizzando in Val d'Ampola ed in corrispondenza della strozzatura della Val di Ledro, ritenne di poter assestare il colpo decisivo sul Chiese, per poi risalire da Storo la Val d'Ampola e schiacciare le restanti forze garibaldine contro le difese di forte Gligenti. La sua riserva tattica mosse lungo tre valli laterali convergenti su Cimego, percorrendone il fondo e inerpicandosi sulle pendici per avviluppare le unità volontarie.

Quest'ultime stavano avanzando secondo il dispositivo previsto da Garibaldi e le ali della colonna d'attacco (Brigata Nicotera, seguita a distanza dal parco delle artiglierie d'assedio di recente assegnazione) furono in parte ributtate all'indietro ed in parte rovesciate in fondo valle.
In particolare sul fianco destro gli Austriaci realizzarono una profonda penetrazione, riuscendo a collegarsi con le proprie forze in Val d'Ampola. Lo stesso Garibaldi, subito accorso sul luogo della battaglia, percorse la strada da Storo a Lodrone sotto un fittissimo fuoco di fucileria.
Ma, dopo l'iniziale rovescio dovuto all'assoluta disparità di forze, le unità volontarie delle ali, dispersesi come prescritto da Garibaldi per non essere schiacciate dal peso dell'attacco nemico, rialzarono il capo. I reparti si riformarono sulle dorsali spazzate dalla travolgente avanzata austriaca e si spiegarono nuovamente, concentrandosi ed aprendosi per contrassaltare o sviluppare intense azioni di fuoco.

Gli Austriaci furono costretti a contromanovrare per far loro fronte, ma, non appena era sventata una minaccia, un'altra si profilava da direzione diversa, poiché i piccoli nuclei garibaldini in cui si erano polverizzate le unità d'ala, convergevano al rumore degli scontri, rompendo il contatto non appena si profilasse una pericolosa reazione avversaria. Per cui gli Austriaci, per quanto fossero riusciti ad occupare posizioni dalle quali avviluppavano su tre lati le forze di fondo valle e ne dominavano la via di ritirata, non poterono sfruttarle come trampolino di lancio per quegli sforzi convergenti che avrebbero dovuto annientarle.

Nel contempo, Garibaldi faceva avanzare in rapida successione due battaglioni di riserva per alleggerire la pressione sulla Brigata Nicotera ed, individuata la cerniera di giunzione fra le forze provenienti dal Chiese e quelle dislocate in Val d'Ampola, ne ordinava l'occupazione dopo avervi fatto concentrare il fuoco delle pesanti artiglierie d'assedio.

Per tutto il resto della giornata, l'offensiva austriaca si insterilì in violente azioni di fuoco a distanza o in affannosi attacchi contro le formazioni garibaldine che , sparpagliandosi e concentrandosi continuamente, non offrivano mai un consistente obiettivo da battere.
A sera, comunque, il gen. Kuhn era certo di aver inflitto forti perdite al Corpo dei Volontari e, per effetto dell'ingannevole ed imprevedibile tattica garibaldina, di essere riuscito a disperderne una consistente aliquota, ma decise di sospendere l'azione conclusiva verso la Val d'Ampola, allarmato dalla notizia che il gen. Cialdini aveva occupato Vicenza. Convinto, erroneamente, di aver definitivamente arrestato Garibaldi, preferì non usurare oltre la propria riserva tattica e non trattenerla in una posizione troppo eccentrica rispetto alle provenienze.




[1]              Vds. nota n. 33

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