Secondo
la ricostruzione di Paolo Langella [1]
“…fu proprio sulle difficoltà poste dalle ripide balze delle Valli Giudicarie e
d'Ampola che Garibaldi fece leva per battere l'avversario. I fondivalle sempre
più incassati, l'assenza d'arroccamenti idonei, i forti di Lardaro e Gligenti,
che avrebbero imposto azioni sistematiche e rallentamenti, gli consigliarono di
utilizzare al massimo la tattica d'infiltrazione che aveva dato così buoni
successi con le compagnie volanti.
In
sostanza, egli decise di sfruttare la maggiore mobilità e leggerezza del Corpo
dei Volontari per ottenere la massima speditezza operativa e la sorpresa
dell'avversario, disponendo che, ove le unità garibaldine non fossero a
contatto con il nemico, l'avanzata dovesse avvenire sul fondo valle, ma
anticipata dal movimento di robuste ali sulla linea displuviale delle dorsali.
Esse dovevano muovere con un dispositivo molto aperto per avanzare più
rapidamente e non offrire un obiettivo concentrato ed esattamente delimitato
all'avversario, pur tenendosi in misura di potersi riunire rapidamente per
agire a massa. Quando la dislocazione del nemico fosse certa, appariva invece
opportuno investirlo muovendo per linee di cresta o filtrando attraverso ad
esse con formazioni molto rade e poco profonde.
Il
Comando delle Forze volontarie, raccomandò d'attaccare sempre in ordine sparso
e di concentrarsi solo al momento dell'urto, come di disperdersi rapidamente in
caso di scontro con forze superiori e di ripiegare sulle unità retrostanti o di
riunirsi alle contigue per contrattaccare di sorpresa l'avversario, ormai certo
di essere rimasto padrone del campo. In tutti i casi, ribadì ancora il
Generale, gli attacchi dovevano essere condotti con dominio di quota e su punti
sensibili dello schieramento nemico.
Il
Corpo dei Volontari aveva ricevuto in rinforzo un battaglione di Bersaglieri
dell'Esercito regolare e 14 pezzi d'assedio da usare contro i forti di Lardaro
e Gligenti. Ben poca cosa a confronto dei rinforzi ottenuti dagli Austriaci,
che poterono concentrare nel settore delle Giudicarie circa 20.000 uomini e 40
cannoni e che, con queste forze, erano in grado di dare il colpo decisivo alle
Forze volontarie italiane.
Queste,
nel frattanto avevano occupato Storo, accesso alla Val d'Ampola, ma, superata
la displuviale, si erano ben presto trovato impastoiate nella difesa in
contropendenza ordinata dal gen. Kuhn e poggiante sul forte Gligenti.
Per
sbloccare la situazione, Garibaldi ordinò al suo 4° reggimento di superare
l'aspra cortina interposta fra la Val Giudicaria e la Val d'Ampola e di tenersi
pronto ad attaccare alle spalle il forte, recidendo alla base tutte le difese
del settore. Contemporaneamente, chiamato a se il reggimento che operava lungo
la costiera gardesana e sostituitolo con unità di nuova costituzione, gli
ordinò di procedere sul rovescio della barra montuosa che delimita ad est la
Val d'Ampola, per prevenire la difesa nemica della Val di Ledro: si delinea
così la manovra a tenaglia che porterà alla battaglia di Bezzecca, conclusiva
della campagna.
Ma
l'attenzione di Garibaldi era volta anche al solco delle Giudicarie, ove era
stato perduto il contatto con l'avversario ed ove il movimento riprese in direzione di Lardaro (16 luglio).
Il
gen. Kuhn reputò che questo fosse lo sforzo principale di Garibaldi e, non
informato della forte concentrazione di forze che si stava realizzando in Val
d'Ampola ed in corrispondenza della strozzatura della Val di Ledro, ritenne di
poter assestare il colpo decisivo sul Chiese, per poi risalire da Storo la Val
d'Ampola e schiacciare le restanti forze garibaldine contro le difese di forte
Gligenti. La sua riserva tattica mosse lungo tre valli laterali convergenti su
Cimego, percorrendone il fondo e inerpicandosi sulle pendici per avviluppare le
unità volontarie.
Quest'ultime
stavano avanzando secondo il dispositivo previsto da Garibaldi e le ali della
colonna d'attacco (Brigata Nicotera, seguita a distanza dal parco delle
artiglierie d'assedio di recente assegnazione) furono in parte ributtate
all'indietro ed in parte rovesciate in fondo valle.
In
particolare sul fianco destro gli Austriaci realizzarono una profonda
penetrazione, riuscendo a collegarsi con le proprie forze in Val d'Ampola. Lo
stesso Garibaldi, subito accorso sul luogo della battaglia, percorse la strada
da Storo a Lodrone sotto un fittissimo fuoco di fucileria.
Ma,
dopo l'iniziale rovescio dovuto all'assoluta disparità di forze, le unità volontarie
delle ali, dispersesi come prescritto da Garibaldi per non essere schiacciate
dal peso dell'attacco nemico, rialzarono il capo. I reparti si riformarono
sulle dorsali spazzate dalla travolgente avanzata austriaca e si spiegarono
nuovamente, concentrandosi ed aprendosi per contrassaltare o sviluppare intense
azioni di fuoco.
Gli
Austriaci furono costretti a contromanovrare per far loro fronte, ma, non
appena era sventata una minaccia, un'altra si profilava da direzione diversa,
poiché i piccoli nuclei garibaldini in cui si erano polverizzate le unità
d'ala, convergevano al rumore degli scontri, rompendo il contatto non appena si
profilasse una pericolosa reazione avversaria. Per cui gli Austriaci, per
quanto fossero riusciti ad occupare posizioni dalle quali avviluppavano su tre
lati le forze di fondo valle e ne dominavano la via di ritirata, non poterono
sfruttarle come trampolino di lancio per quegli sforzi convergenti che
avrebbero dovuto annientarle.
Nel
contempo, Garibaldi faceva avanzare in rapida successione due battaglioni di
riserva per alleggerire la pressione sulla Brigata Nicotera ed, individuata la
cerniera di giunzione fra le forze provenienti dal Chiese e quelle dislocate in
Val d'Ampola, ne ordinava l'occupazione dopo avervi fatto concentrare il fuoco
delle pesanti artiglierie d'assedio.
Per
tutto il resto della giornata, l'offensiva austriaca si insterilì in violente
azioni di fuoco a distanza o in affannosi attacchi contro le formazioni
garibaldine che , sparpagliandosi e concentrandosi continuamente, non offrivano
mai un consistente obiettivo da battere.
A
sera, comunque, il gen. Kuhn era certo di aver inflitto forti perdite al Corpo
dei Volontari e, per effetto dell'ingannevole ed imprevedibile tattica
garibaldina, di essere riuscito a disperderne una consistente aliquota, ma
decise di sospendere l'azione conclusiva verso la Val d'Ampola, allarmato dalla
notizia che il gen. Cialdini aveva occupato Vicenza. Convinto, erroneamente, di
aver definitivamente arrestato Garibaldi, preferì non usurare oltre la propria
riserva tattica e non trattenerla in una posizione troppo eccentrica rispetto
alle provenienze.
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