(1) 25 giugno 1866
Mentre
l’Armata del Mincio si riposa e lo staff,
con a capo il Gen. La Marmora pensa sul da farsi, il Gen. Cialdini informato
dei fatti accaduti il giorno precedente nella zona di Custoza, impartisce
l’ordine di ritirata: il IV Corpo d’Armata non passerà più il Po, nonostante
l’ordinde contrario del Re, e si ritira verso Modena a difesa di Bologna e
delle linee di facilitazione per Firenze, cioè la capitale d’Italia.
Durante
questa giornata di calma e di recupero delle capacità operative giunge al
Quartier Generale dell’Armata una missiva proveniente dal Capo di Stato
Maggiore dell’Arciduca Alberto con cui si riferiva di gravissime violazioni del
Diritto Bellico: un atto di barbarie nei confronti di alcuni soldati austriaci
che, dopo essere stati feriti, erano stati impiccati. La missiva chiudeva con
l’avvertimento che altri casi come quelli accaduti il 24 giugno 1866 avrebbero
comportato una serie di severe rappresaglie.
(2) 26 giugno 1866
Al
momento, l’esercito si trovava schierato fronte nord, con l’ala destra in
possesso del ponte di Goito, saldamente appoggiato al Mincio e con gli sbocchi
da Mantova ben presidiati. L’ala sinistra si distendeva nella pianura verso
Castiglione, il centro delle alture di Volta e Cavriana. Ma alle ore 08:00 il
Gen. La Marmora decide la ritirata sul Chiese prima e sull’Oglio poi. L’Armata
lascia le posizioni sul Mincio.
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