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domenica 19 febbraio 2017

La Battaglia di Lissa I

(1)    Le Dottrine operative: la loro definizione in base agli intendimenti tattici e potenziali.

Le dottrine operative navali si basavano sulla cosiddetta “linea di fila”, per utilizzare al meglio la potenza di fuoco  collocata sui fianchi, mentre l’utilizzo dello sperone collocato a prora (introdotto sulle navi corazzate della seconda metà dell’ottocento), era utilizzato per sferrare il colpo definitivo contro le navi avversarie. Non era ancora stata introdotta una dottrina innovativa per l’utilizzo delle unità munite di cannoni a torri mobili. Inoltre, era opinione comune che la superiorità navale andasse ricercata sul mare, prima di tentare attacchi verso terra in vista di sbarchi. Il confronto diretto tra flotte era quindi considerato fondamentale nelle battaglie navali; la supremazia marittima doveva, quindi, essere conseguente alla vittoria in uno “scontro risolutivo”.
Le direttive impartite all’Ammiraglio Persano dal Governo erano aggressive ma piuttosto generiche, orinandogli di “spazzare via le forze nemiche dall’Adriatico, attaccandole e bloccandole ovunque fossero”. Il 21 giugno, all’indomani della dichiarazione di guerra all’Austria, la flotta al Comando di Persano si sposta da Taranto ad Ancona, dove arriva il 25 giugno. Tegetthoff il 27 dello stesso mese, compie una ricognizione al largo di Ancona, ma la flotta italiana decide, in un apposito Consiglio di Guerra, di non ingaggiare battaglia, limitandosi ad effettuare lunghe “crociere del giusto mezzo” lontano sia dalle coste italiane che austriache, rivendicando uno sterile controllo marittimo dell’Adriatico. Tali crociere, conclusesi il 13 di luglio con l’obiettivo dichiarato di provocare una reazione austriaca, non ebbero nessun effetto se non quello di rafforzare le ipotesi di inconcludenza della flotta e del suo comandante in capo.
L’uso strategico della flotta sembrava essere completamente non coordinato con la condotta delle operazioni terrestri. Da ambo le parti.

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