a) Le forze
navali italiane.
Nella seconda metà dell’ottocento, le marine da guerra
registrarono un grande sviluppo tecnologico, che si sviluppò verso cinque
direzioni: l’affermazione della propulsione meccanica ad elica, le costruzioni
in ferro, l’applicazione di corazze, l’introduzione di nuove armi e la
disposizione dei cannoni dell’armamento principale in torri corazzate girevoli.
Creata nel 1860, aggregando la Marina di Sardegna e quella
toscana, pontificia e borbonica, la
Marina Italiana, era
ancora eterogenea e disorganizzata. In particolare, il regolamento tattico
allora in uso era stato ricavato da quello francese del 1857, integrato da
norme di combattimento studiate a Parigi dall’Ammiraglio Bouet-Willaumez.
I bastimenti più importanti italiani erano il Re
d’Italia ed il Re di Portogallo (fregate di 1^ classe). Di costruzione recente
nei cantieri di New York, avevano comunque dei limiti tecnici e costruttivi.
Erano in parte costruiti con legni non stagionati che non garantivano la
completa impermeabilizzazione. Erano corazzati con lastre da 10 a 18 cm sopra il limite di
flottaggio. Il timone e gli apparati destinati alla manovra non erano protetti.
Il Re d’Italia era equipaggiato con due cannoni da 150 libbre , mentre il Re
di Portogallo con due cannoni da 300 libbre . Equipaggiavano inoltre un cero
numero di pezzi da 180 mm
(modello Armstrong) ad avancarica, così come la maggioranza delle navi
italiane. Per un errore dell’Ammiragliato britannico era stata scartata
l’ipotesi dell’utilizzo dei cannoni a retrocarica, con evidente difficoltà
nelle operazioni di fuoco negli scontri navali, e tali bastimenti riflettevano
questa limitazione.
Persano aveva inoltre a disposizione il modernissimo
“ariete corazzato a torri mobili, dotato di sperone” Affondatore, che
equipaggiava due cannoni a torrette da 300 libbre e due
torrette protette con cannoni da 125
mm . Due altre navi dello stesso genere ma più piccole
erano il “Formidabile” e la “Terribile” che equipaggiavano cannoni da 160 mm e corazzature da 12 cm . Altre due cannoniere
corazzate erano il “Palestro” e la “Varese”; inoltre, la flotta italiana
vantava altri bastimenti corazzati e non, per un totale di trenta unità,
comprese di esploratori ed avvisi[i].
Imponente sulla carta, la flotta italiana aveva alcune limitazioni: intanto la
maggior parte dei bastimenti era nuova, così come la maggior parte dei cannoni;
gli equipaggi non erano sufficientemente addestrati, e gli Ufficiali, giovani,
non avevano esperienza nel combattimento tattico navale. Inoltre, la Marina
Italiana, non ancora coesa e totalmente “unita”, soffriva di gelosie personali
ed antagonismi. La flotta italiana non era pericolosa così come sembrava,
mancando di unità ed autorevolezza di comando, tecnica e Stato Maggiore.
b) Le forze
navali austriache.
La flotta austriaca comprendeva sette navi corazzate
di cui due, la Erzherzog Ferdinand
Max e la Habsburg ,
non avevano ancora ricevuto i grossi cannoni a retrocarica Krupp, mantenuti in
Prussia per lo stato di guerra. Per questo motivo erano ancora armati con i
cannoni ad anima liscia da 56
libbre . “Inviatemele lo stesso così come sono”, scrisse Tegetthoff,
“troverò il modo di impiegarle”.
Infatti avrebbe innalzato la sua bandiera sul “Ferdinand Max” durante la
battaglia. Le altre cinque, la Kaiser Max ,
Prinz Eugene, Don Juan de Austria, Drache e la Salamandre erano
corazzate sui fianchi con batterie da 14 e 16 cannoni Krupp da 64 libbre a retrocarica,
ed un certo numero di vecchi cannoni ad anima liscia da 56 libbre . Oltre queste
sette navi corazzate, gli austriaci possedevano un certo numero di navi in
legno ad elica, un vascello in legno, cinque fregate, una corvetta, dodici
piccole cannoniere, due piccoli vaporetti e qualche battello a ruote[ii]. I
marinai della flotta austriaca erano in parte italiani (veneziani) e dalmati,
della cui lealtà potevano nutrirsi forti dubbi.
Nessun commento:
Posta un commento