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domenica 19 febbraio 2017

La Battaglia di Lissa

a)       Le forze navali italiane.
Nella seconda metà dell’ottocento, le marine da guerra registrarono un grande sviluppo tecnologico, che si sviluppò verso cinque direzioni: l’affermazione della propulsione meccanica ad elica, le costruzioni in ferro, l’applicazione di corazze, l’introduzione di nuove armi e la disposizione dei cannoni dell’armamento principale in torri corazzate girevoli.
Creata nel 1860, aggregando la Marina di Sardegna e quella toscana, pontificia e borbonica, la Marina Italiana,  era ancora eterogenea e disorganizzata. In particolare, il regolamento tattico allora in uso era stato ricavato da quello francese del 1857, integrato da norme di combattimento studiate a Parigi dall’Ammiraglio Bouet-Willaumez.
I bastimenti più importanti italiani erano il Re d’Italia ed il Re di Portogallo (fregate di 1^ classe). Di costruzione recente nei cantieri di New York, avevano comunque dei limiti tecnici e costruttivi. Erano in parte costruiti con legni non stagionati che non garantivano la completa impermeabilizzazione. Erano corazzati con lastre da 10 a 18 cm sopra il limite di flottaggio. Il timone e gli apparati destinati alla manovra non erano protetti. Il Re d’Italia era equipaggiato con due cannoni da 150 libbre, mentre il Re di Portogallo con due cannoni da 300 libbre. Equipaggiavano inoltre un cero numero di pezzi da 180 mm (modello Armstrong) ad avancarica, così come la maggioranza delle navi italiane. Per un errore dell’Ammiragliato britannico era stata scartata l’ipotesi dell’utilizzo dei cannoni a retrocarica, con evidente difficoltà nelle operazioni di fuoco negli scontri navali, e tali bastimenti riflettevano questa limitazione.
Persano aveva inoltre a disposizione il modernissimo “ariete corazzato a torri mobili, dotato di sperone” Affondatore, che equipaggiava due cannoni a torrette da 300 libbre e due torrette protette con cannoni da 125 mm. Due altre navi dello stesso genere ma più piccole erano il “Formidabile” e la “Terribile” che equipaggiavano cannoni da 160 mm e corazzature da 12 cm. Altre due cannoniere corazzate erano il “Palestro” e la “Varese”; inoltre, la flotta italiana vantava altri bastimenti corazzati e non, per un totale di trenta unità, comprese di esploratori ed avvisi[i]. Imponente sulla carta, la flotta italiana aveva alcune limitazioni: intanto la maggior parte dei bastimenti era nuova, così come la maggior parte dei cannoni; gli equipaggi non erano sufficientemente addestrati, e gli Ufficiali, giovani, non avevano esperienza nel combattimento tattico navale. Inoltre, la Marina Italiana, non ancora coesa e totalmente “unita”, soffriva di gelosie personali ed antagonismi. La flotta italiana non era pericolosa così come sembrava, mancando di unità ed autorevolezza di comando, tecnica e Stato Maggiore.
b)       Le forze navali austriache.
La flotta austriaca comprendeva sette navi corazzate di cui due, la Erzherzog Ferdinand Max e la Habsburg, non avevano ancora ricevuto i grossi cannoni a retrocarica Krupp, mantenuti in Prussia per lo stato di guerra. Per questo motivo erano ancora armati con i cannoni ad anima liscia da 56 libbre. “Inviatemele lo stesso così come sono”, scrisse Tegetthoff, “troverò il modo di impiegarle”. Infatti avrebbe innalzato la sua bandiera sul “Ferdinand Max” durante la battaglia. Le altre cinque, la Kaiser Max, Prinz Eugene, Don Juan de Austria, Drache e la Salamandre erano corazzate sui fianchi con batterie da 14 e 16 cannoni Krupp da 64 libbre a retrocarica, ed un certo numero di vecchi cannoni ad anima liscia da 56 libbre. Oltre queste sette navi corazzate, gli austriaci possedevano un certo numero di navi in legno ad elica, un vascello in legno, cinque fregate, una corvetta, dodici piccole cannoniere, due piccoli vaporetti e qualche battello a ruote[ii]. I marinai della flotta austriaca erano in parte italiani (veneziani) e dalmati, della cui lealtà potevano nutrirsi forti dubbi.



[i] Vedi Allegato “D”.
[ii] Vedi Allegato “D”.

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