(a)
Monte Cricol,
Custoza, Monte Torre e Monte della Croce (07:30 – 10:00)
- I Corpo d’Armata:
· Dalla direzione
di Castelnovo iniziavano a scendere colonne di fanteria austriaca che vanno
occupando le alture circostanti e minacciando la 1^ Divisione, ma soprattutto
l’avanguardia della 5^ Divisione che, avendo sbagliato itinerario, era orfana
del grosso dell’unità. La situazione della Brigata Brescia era veramente
delicata: minacciata da est e da nord, era stata costretta a disperdersi su una
fronte troppo larga, per di più subiva il cannoneggiamento austriaco da San
Rocco di Palazzolo. E la situazione non poteva che peggiorare a causa del
sopraggiungere di altre colonne di fanteria della Brigata Benko, della
Divisione di Fanteria di Riserva, probabilmente per andare a rinforzare le
posizioni sulle alture circostanti. Il Monte Cricol cade in mani italiane solo
per circostanze fortuite: mentre gli austriaci occupano il monte, venivano
fatti oggetto di fuoco di artiglieria da parte delle proprie batterie
costringendoli a ripiegare verso Castelnovo da dove, comunque, sopraggiungono i
rinforzi. Ma da sud arrivano anche i tanto sospirati rinforzi italiani: la
Brigata Pisa, testa della 1^ Divisione, fa assumere la formazione di attacco
alle proprie unità che viene scagliato con estrema violenza riuscendo ad
impadronirsi di Fenile, Mongabia, lo stesso Monte Cricol, ricacciando gli
austriaci. Nel frattempo giungeva da sud il grosso della Divisione, ma “la Brigata Forlì continuava a marciare per
quattro […] come se niente fosse, senza il benché minimo accenno a schierarsi a
battaglia. A guardarla da lontano, la colonna sembrava una di quelle
processioni di paese, allungata e indolente, che quando la testa arriva al
santuario, la coda è ancora in piazza[…]”[i]. La
situazione, apparentemente vantaggiosa, era drammaticamente pericolosa perché
il dispositivo aveva davanti delle unità pronte al contrattacco, sul fianco
destro le unità del V Corpo d’Armata Austriaco, a sinistra il Mincio e dietro
la colonna della Brigata Forlì.
Non
erano neanche le 09:45 quando quest’unità, testa dell’intera 1^ Divisione,
viene completamente travolta fra Monte Cricol e Oliosi dai reparti della
Divisione di Riserva dell’Esercito austriaco: “rinculando davanti ai cavalli, le prime file avevano sospinto
all’indietro quelle che immediatamente seguivano […] la maggior parte dei
soldati non aveva potuto vedere ciò che era successo […], ma aveva avvertito la
pressione provocata dal movimento di quanti retrocedevano”[ii].
Esaurita questa carica di cavalleria, la Divisione di Riserva si riorganizza e
lancia un attacco “ad ala”. Non soddisfatti, gli austriaci lanciano sul fianco
della Brigata Forlì un’altra carica di cavalleria, sicuramente meno incisiva
della precedente, ma più che sufficiente a moltiplicare il panico e a
diffonderlo nella fila italiane. In questa circostanza anche il Gen. Cerale
viene ferito. Come se non bastasse dalla destra di ciò che rimaneva del
dispositivo della Brigata Forlì – cioè dalla zona di Oliosi lasciata sguarnita
dalla Brigata Brescia, il cui comandante decide unilateralmente di
ricongiungersi con il grosso - sopraggiungono i fanti austriaci che iniziano a
sparare incessantemente. Sottoposta a questo massacro, la Brigata crolla:
migliaia di soldati in fuga, senza un minimo di orgoglio, abbandonavano
posizioni ed equipaggiamenti. Molti Ufficiali e Sottufficiali si unirono alla
fuga. “La Brigata Forlì aveva cessato di
esistere”[iii].
Di
fronte a questa disfatta e con il fianco sinistro completamente scoperto, gli
italiani sono costretti a rischierarsi e a lasciare Monte Cricol. I movimenti
retrogradi vengono eseguiti alla perfezione per rischiararsi sulla sinistra
della strada che collega Valeggio e Castelnovo sulle alture di Maragnotte, più
a sud rispetto ad Oliosi. Inoltre, favorita dalle località e dai frequenti
caseggiati, molti drappelli, ben comandati fecero viva ed ostinata resistenza
infliggendo ingenti perdite al nemico. Poco dopo, giunge la nomina del
Colonnello Dezza quale Comandante di ciò che rimane della 1^ Divisione.
· Nel frattempo,
nella area di responsabilità della 3^ Divisione, sulle alture intorno a
Custoza, si assiste a degli scontri importanti: parte della divisione,
impossessatasi della cresta del Monte Torre e Monte della Croce, e udendo
rumori di combattimenti provenienti dalla zona di Villafranca, si schiera con
la fronte da quella parte. L’unità interessata è la Brigata Granatieri di
Sardegna. La Brigata Granatieri di Lombardia, invece, comandata dal Principe
Amedeo, prosegue sino a fondo valle tra Custoza e Monte Torre dove il
personale, stanco e assetato si dirada per trovare un pò di ristoro. Ma proprio
quando nessuno se lo aspettava ecco che inizia un intenso bombardamento
austriaco proveniente dalla zona di Staffalo: il tiro non era preciso, ma
produsse molte perdite. Si trattava di un fuoco di preparazione per l’assalto
dei reparti di fanteria, teso ad impedire il consolidamento degli italiani
sulle alture di fronte a Sommacampagna. I Granatieri di Sardegna, con estrema
fatica, si ridispongono con la fronte verso nord-ovest riuscendo a resistere
valorosamente a ripetuti attacchi frontali. Ma per i Granatieri di Lombardia fu
la disfatta: l’unità non era completamente riorganizzata quando fu colpita dal
nemico e nella circostanza venne ferito anche il principe Amedeo. Scossi,
impauriti e senza comandante, i soldati iniziano a retrocedere verso Custoza.
Alle 09:00 la situazione è più che compromessa, la superiorità del nemico sia
in termini di uomini che di pezzi di artiglieria e la consapevolezza della
presenza di altre unità austriache, già attestate su Monte Molimenti,
sanciscono il tracollo della Brigata Granatieri di Lombardia nonostante isolati
gruppi di combattenti cercano di tenere le posizioni originarie. Gli austriaci,
galvanizzati per il successo e per la posizione favorevole, tentano l’attacco
al Monte della Croce dove, pur non soverchiando la Brigata Granatieri di
Sardegna, infliggono gravissime perdite, incrinando definitivamente il
dispositivo della 3^ Divisione.
- III Corpo
d’Armata
Dopo
le ore 09:30 e, comunque, quando la disfatta di alcune unità del I Corpo era
ormai completata, alla 9^ Divisione, che costituisce la riserva del III Corpo,
viene dato l’ordine di portare soccorso alla 3^ Divisione del Gen. Brignone
sulle alture di Custoza.
(b)
La Pernisa
(10:30)
La
5^ Divisione del I Corpo d’Armata, ora al completo, con il ricongiungimento
dell’avanguardia costituita dalla Brigata Brescia che nella zona di Oliosi
aveva subito gravissime perdite, è schierata dinnanzi alla Pernisa con
l’obiettivo di attaccare per conquistare la posizione. La mancanza di supporto
delle artiglierie, la stanchezza, il caldo e la mancanza di impeto non
favorirono il buon esito dell’operazione. Alle brevi avanzate di un fronte
seguivano i ripiegamenti dell’altro, ma nessuno sembrava in grado di prevalere
o disposto a cedere fino a quando gli austriaci decidono di impiegare forze
fresche. Dopo un accurato fuoco di preparazione dell’artiglieria, viene
lanciato l’attacco da parte del 28° Reggimento Benedek sotto il cui impeto la
prima linea italiana vacilla ed inizia a ripiegare. Nell’eseguire questo
movimento retrogrado gli italiani si imbottigliano in una conca che aveva alle
spalle il fiume Tione, oltre il quale presentava il ciglio delle Muraglie e di
Santa Lucia. Intanto, le batterie che avevano preparato l’attacco, ora dirigono
il fuoco sul ciglione di Santa Lucia a pochi passi dalla conca dove c’erano le
truppe in ritirata. Centinaia di soldati si accalcavano sul bordo del Tione che
presentava un solo ponte di legno. Quindi gran parte degli uomini decise di
guadare, sfruttando la esigua profondità. Purtroppo l’altra riva era ripida e
scivolosa. Fucili ed equipaggiamento vengono abbandonati per favorire la
risalita. Il problema era che dietro la prima linea non c’è nessuno. Al
constatare ciò, quello che fino a quel momento era una ritirata disordinata si
trasformò in una vera e propria fuga. La confusione era talmente tanta che
molti soldati si trovano nel mezzo di cambi di schieramento di altre unità
adiacenti che non erano state ancora ingaggiate, portando lo scompiglio e
facendo perdere loro il controllo di se stessi che, ignorando i richiami dei propri
ufficiali, si frammischiano ai fuggitivi della Brigata Brescia e si dirigono
verso le retrovie.
Nel
frattempo, il Gen. Durando, Comandante del I Corpo d’Armata, schiera la riserva
di corpo intorno a Monte Vento anche grazie a tempestivo, ma limitato
intervento della 2^ Divisione. Monte Vento era un’eccellente posizione dove i
pezzi di artiglieria potevano battere verso Salionze, verso Oliosi e verso
Santa Lucia.
(c)
Custoza
-
Ore 11:30
Come
detto, sin dalle 09:30, la riserva del III Corpo d’Armata, la 9^ Divisione del Gen. Govone era stata
tascata per sostenere la 3^ Divisione. La risalita verso Custoza con le truppe
in linea pronte al combattimento era abbastanza difficile. Durante questo
movimento, molti soldati in ritirata si accingevano a combattere di nuovo,
rincuorati dall’arrivo di truppe amiche. Comunque, l’arrivo provvidenziale di
una batteria a cavallo scortata dalla cavalleria italiana era l’aiuto insperato
che serviva al Gen. Govone. Gli austriaci asserragliati a Custoza erano a
questo punto minacciati da sud e da ovest. I fanti italiani, rinvigoriti da
questa situazione favorevole, entrano di forza nel paese osservando la ritirata
delle truppe imperiali appartenenti al VII Corpo d’Armata verso il Belvedere,
che sovrasta Custoza, ma che riescono comunque a mantenere una parte del paese.
-
Ore 12:30
Il
Gen. Govone, con un definitivo attacco, riesce a snidare gli ultimi austriaci a
Custoza e a farli ritirare finanche oltre il Belvedere che a questo punto è in
mani italiane. Da questo momento però inizia un cannoneggiamento da parte
dell’artiglieria austriaca proveniente dalla zona di Staffalo che si protrae
per parecchio tempo. Questo fuoco però non serve solo a coprire la ritirata, in
realtà si tratta di fuoco di preparazione di un contrattacco proveniente da
Monte Molimenti. Due colonne austriache puntano su Custoza, l’artiglieria
italiana colpisce e ne fa vacillare una, ma l’altra riesce ad avvicinarsi sino
ad impadronirsi del Belvedere. I combattimenti sono rapidi e confusi. Dopo due
ore di combattimento la situazione è molto difficile: i soldati sfiniti sono
sul punto di cedere. Dall’interrogatorio di alcuni prigionieri austriaci, il
Gen. Govone capisce che l’Arciduca Alberto sta impegnando due Corpi d’Armata
per Custoza che evidentemente è ritenuta una posizione chiave. E lo era perché
se Custoza fosse caduta in mano austriaca l’Armata del Mincio veniva tagliata
in due tronconi: uno nella zona di Villafranca e uno nella zona di Oliosi.
-
Ore 14:45
Esaurito
il fuoco di preparazione, quattro colonne austriache avanzano parallelamente:
una lungo la strada che proviene da Staffalo, una dal crinale che porta a
Belvedere, le altre due a mezza costa tra Monte Molimenti e il Monte Arabica.
Le batterie di artiglieria italiane, che si trovano sul Monte Torre, aprono il
fuoco rompendo ampi vuoti tra i serratissimi ranghi austriaci. Non appena a
tiro utile, la fanteria italiana apre il fuoco respingendo l’attacco. La 9^
Divisione accenna anche un timido contrattacco esauritosi quasi subito. Il
Belvedere torna in mani italiane.
(d)
Santa
Lucia/Pernisa e Monte Vento (15:00)
Mentre il Gen. Pianell, già comandante della II
Divisione, viene nominato comandante del I Corpo d’Armata, le cui condizioni
sono allarmanti, si combatte ancora alacremente:
- Persa la Pernisa
e subito l’attacco che ha causato la fuga di migliaia di soldati sulle rive del
Tione, la 5^ Divisione, con le poche risorse rimaste, contrattacca con non
poche difficoltà per scacciare gli austriaci dalle rive del fiume. L’operazione
ha successo e galvanizza praticamente tutte le unità per inseguire il nemico
verso la Pernisa. L’attacco è impetuoso, forse un pò disordinato, ma
sicuramente efficace: gli austriaci abbandonano la Pernisa e si riparano dietro
le alture. Purtroppo, l’ardore delle unità impegnate e la mancanza di
coordinamento di una tale operazione nata spontaneamente, distesero il
dispositivo su una schiera troppo lunga, peraltro allo stremo delle forze. Gli
austriaci, intuita la difficoltà tattica degli italiani, iniziano a
cannoneggiare e subito dopo a far intervenire i reparti di fanteria. Ma non si
arrivò nemmeno allo scontro poiché gli italiani della 5^ Divisione, quasi tutti
della Brigata Valtellina, si ritirano verso Santa Lucia. Ma la pressione
austriaca e la stanchezza fanno vacilalre la coesione e il caos ha il
sopravvento. Il Gen. Sirtori, Comandante della 5^ Divisione, da l’ordine di
abbandonare ogni posizione e di ritirarsi a Valeggio. In quella occasione circa
duecento prigionieri rimangono nelle mani del nemico.
- Dopo circa due
ore di fuoco e controfuoco tra le batterie italiane in forza alla riserva del I
Corpo, stanziate sul Monte Vento, e le artiglierie austriache che tiravano
dalla zona di Oliosi, senza grandi risultati, gli austriaci spingono verso sud
molti reparti di fanteria che in breve tempo iniziarono a minacciare la base
del monte. La situazione è delicata anche perché non c’erano collegamenti con
le divisioni collaterali e arretrate. Le uniche informazioni che arrivavano era
quelle dei fuggitivi e del caos che c’era a Valeggio. Il Gen. Aribaldi-Ghilini,
Comandante della Riserva del I Corpo, ritenendo più remunerativo preservare
Valeggio e non confidando dei suoi uomini che erano molto stanchi, impartisce
l’ordine di abbandonare le posizioni di Monte Vento. La ritirata fu semplicemente
da manuale.
(e)
Custoza (16:00-17:30)
Le
truppe della 9^ Divisione hanno in mano Custoza e il Belvedere e riescono a
respingere tre contrattacchi austriaci, ma sono allo sfinimento. Vengono
richiesti rinforzi, ma sono rifiutati dal Gen. Della Rocca per tre volte
nonostante nella zona di Villafranca non si combattesse dal mattino.
La
battaglia sembra rallentata. Il Gen. Govone da ordine di portare i carri con le
vettovaglie per ristorare la truppa che però tardano ad arrivare. Nonostante
ciò è il momento del relax per tutti: un sorso d’acqua, una parola con i
commilitoni, una battuta, un sigaro. La divisione è schierata tra
Custoza-Belvedere, e Monte Torre, mentre sulla destra sono stati stabiliti i
collegamenti con l’8^ Divisione, le cui unità si estendono sino alla piana di
Villafranca. La situazione delle munizioni, sia per l’artiglieria sia per la
fanteria, non è rassicurante in quanto i carri munizioni non erano riusciti a
seguire il grosso della divisione sulle alture.
A
rompere questo momento di stasi, arriva la notizia che da nord, nord-est, oltre
Staffalo, ci sono movimenti di truppe: circa tre o quattro brigate che si
preparano ad attaccare. Non basta: truppe austriache sono in avvicinamento
anche dalla parte del Monte Mamaor, a significare che il fronte italiano ad
ovest è stato travolto. La superiorità austriaca è palese, forse circa 5 a 1.
La divisione si sfalda e i soldati di fronte a tanta potenza militare
abbandonano le posizioni. La resistenza, molto spesso isolata, non riesce a
reggere l’urto: gli austriaci irrompono da diverse parti, riprendono il
Belvedere, puntano su Custoza, ma non tralasciano Monte Torre dove c’è il
Quartier Generale. Il Gen. Govone, furioso con il comandante del Corpo perché
gli ha negato per l’ennesima volta i rinforzi, impartisce gli ordini per la
ritirata. Il prezzo che viene pagato, rimarrà nella storia: centinaia di morti
in pochissimi minuti di combattimento dove perdono la vita anche molti
Ufficiali. Lo stesso comandante di Divisione viene ferito da una scheggia di
granata. Sono le truppe del Gen. Möring che entrano a Custoza.
Nel frattempo il
Gen. Della Rocca impartisce l’ordine che tutto il III Corpo d’Armata si ritiri
da Villafranca verso Goito[iv]. Il
movimento viene protetto dalla 7^ Divisione e dalla Cavalleria di linea.
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