a. Avvenimenti e provvedimenti in vista del conflitto
(1) Politici e diplomatici
L’esercito austriaco venne definitivamente sconfitto
il 3 luglio 1866 presso Sadowa dalle armate prussiane, mentre sul fronte
meridionale, la guerra contro l’Italia continuava, malgrado la ritirata
dell’esercito italiano a Custoza del 25 giugno 1866. Poiché la diplomazia
internazionale, ed in particolare la neutrale Francia di Napoleone III,
spingeva per una conferenza di pace, il Governo italiano, insediato a Firenze,
si convinse della necessità di ricercare a tutti i costi una vittoria militare
(negata dalla sconfitta dell’esercito a Custoza), per risollevare il potere
“contrattuale” italiano in vista delle trattative di Pace. In considerazione
che la flotta italiana era palesemente superiore a quella austriaca, che
l’opinione pubblica nazionale si chiedeva come mai una flotta costata così cara
alle magre finanze della nazione (370 milioni di lire del tempo), fosse
sostanzialmente inconcludente, ed esasperato dal continuo temporeggiamento del
Comandante della flotta, che allontanava l’auspicata vittoria navale
riparatrice, il Ministro della Marina, Agostino Depretis piombò il 15 luglio 1866
ad Ancona per sollecitare Persano a prendere l’iniziativa.
L’Ammiraglio Persano, nelle sue memorie difensive,
sostiene che “Il ministro della Marina,
venuto in Ancona, mi esprimeva il suo desiderio che procedessi tosto ad
impadronirmi dell’isola di Lissa”. Malgrado la nota importanza strategica
dell’isola, unitamente alla consapevolezza che un attacco a Pola od a Venezia
avrebbero avuto poche possibilità di successo, è da ritenere che la decisione
definitiva di attaccare l’isola fortificata fosse di Persano. Depretis scrive
infatti alla vigilia della partenza per Lissa:
“E’ intenzione
del Governo di lasciare all’Eccellenza Vostra piena facoltà di disporre delle
Forze Navali poste ai suoi ordini…. epperò se V.E. credesse conveniente di
andare senz’altro colla flotta avanti a Pola per combattere il nemico od
indurlo ad accettare battaglia, io posso assicurarle che sono ben lontano dal
fare la minima osservazione”.
L’incontro con Depretis si concluse, secondo quanto
scritto da Persano, con l’assicurazione del Ministro di fornire al più presto
altre truppe per le necessità di sbarco, non ritenendo l’Ammiraglio sufficienti
i 1500 uomini già a sua disposizione. “Il
Ministro giudicò non acconsentire più prolungati indugi, fosse pure in
aspettazione dei necessari sussidi di truppe; ché alla fine dei fatti mi
sarebbero stati mandati a misura che fossero pervenuti. A questo si aggiungeva
un ordine perentorio del Quartier Generale, giuntomi in quello istesso giorno,
di agire in qualunque maniera si fosse,
giacché gravi ragioni di Stato non permettevano ulteriormente l’inazione
armata. La disciplina non lasciandomi altra via se non quella di ubbidire,
diedi ordine che l’armata si tenesse pronta a muovere al primo cenno”. Si
abbandonò quindi (per ragioni politiche) l’idea di affrontare il nemico in uno
scontro navale (operazione dottrinalmente corretta), per puntare alla
conquista, tramite sbarco, di un’isola fortificata, di cui gli italiani non
avevano informazioni corrette e complete.
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