Nenni,
Mussolini e la guerra al nemico ereditario
L’interventismo
rivoluzionario.
I rapporti tra i due uomini politici italiani
nella primavera del 1915
Massimo Coltrinari
Il
1914 si chiuse per Pietro Nenni nel migliore dei modi. Era rinchiuso nel
carcere dell’Aquila in attesa del processo per i fatti della Settimana Rossa
del giugno precedente. Il processo si
doveva tenere il 4 gennaio 1915, ma il
26 dicembre, in giorno in cui cadeva
combattendo Bruno Garibaldi sul fronte delle Ardenne, nasceva la principessa
Maria di Savoia ed il Re, il 30 dicembre, aveva concesso una amnistia per tutti
i reati politici, tra cui quelli della Settimana Rossa. Pietro Nenni fu
liberato il 31 dicembre e subito si mise in viaggio per Ancona.
Nello
stesso periodo, in virtù dell’azione intrapresa nei mesi precedenti, volta sempre
più ad un interventismo deciso e reale, Benito Mussolini fu espulso dal Partito
Socialista il 24 novembre 1914. Nove giorni prima, il 15 novembre 1914 aveva
fondato “Il Popolo d’Italia”, nel cui primo numero comparve come fondo quell’articolo (“Audacia”) che divenne famosissimo, un
sorta di bandiera dell’interventismo. Questo della fondazione del “Popolo
d’Italia” rappresenta un passo importante sulla strada dell’interventismo in
quanto il giornale rispondeva alle aspettative ed esigenze di larghi strati
della popolazione italiana ancora non ben definiti, ma orientati verso una
presa di posizione nelle vicende della guerra europea in corso che determinò il
successo immediato del giornale. [1]
Pietro
Nenni riprende in Ancona la sua attività politica. Il 10 gennaio 1915 assume di
nuovo la direzione del “Lucifero”[2] e
subito dopo si impegnò a fondo nella campagna interventista con articoli,
scritti, conferenze, dibattiti e manifestazioni. Contemporaneamente Mussolini faceva la stessa
cosa, tanto che divennero i leader di punta del movimento interventista. In
questo clima di cementata amicizia , i bersagli della loro azione erano principalmente
i neutralisti di tutte le tendenze, dai giolittiani ai conservatori, dai
triplicisti ai cattolici, dai socialisti ai monarchici. Entrambi erano convinti
che si dovesse combattere questa guerra, intesa come l’ultima guerra del
risorgimento per il compimento dell’Unità Nazionale.
Interessante
notare che in questo periodo Nenni si impegnò a trovare volontari repubblicani
per inviarli alla spicciolata prima in Montenegro e poi in Serbia, nelle fila
del Corpo di Spedizione Francese che ivi operava. In un articolo sul “Lucifero”
del 24 gennaio 1915 ribadì questo orientamento: occorreva aiutare coloro che si
battevano contro l’Austria.
Il
20 gennaio 1915 iniziò la sua collaborazione con il “Popolo d’Italia”, insieme
a futuri antifascisti come Guido Dorso e Maria Rygier. Il primo articolo aveva
come titolo “Quale guerra?” che
sostituì il fondo del direttore. Il 1 febbraio 1915 apparve il secondo articolo
dal titolo “La Triplice” , che fu
pubblicato in terza pagina. In entrambi gli articoli le posizioni espresse
erano sostanzialmente identiche a quelle di Mussolini.
Sul “Lucifero” del 31 gennaio, ove da quanto aveva ripreso la
direzione si firmava “Cavaignac”, Nenni pubblicò “Pane e Lavoro” articolo di una serie[3]
che provocherà l’apertura di un
procedimento penale a suo carico perché vari articoli erano stati ritenuti
diffamatori delle istituzioni e vilipendio dell’Esercito nonché volti alla
istigazione a delinquere.
Una
nota della Questura di Ancona, in data 7 febbraio 1915, così definiva Pietro Nenni,
sotto il profilo politico “ La sua vera
finalità, in armonia a quella dei compagni di fede, è di tentare il rivolgimento
degli attuali ordinamenti politici, preparando moti e rivolte popolari nel
momento che ne sarebbe meno probabile la repressione, perché impegnata la
maggior parte dell’Esercito in una impresa bellica. E’ opinione tanto sua che
dei suoi compagni di lui che si potrebbe avere ragione sulle poco numerose e
non troppo disciplinate truppe rimaste nel Regno, la cui compagine si
tenterebbe scuotere facendovi infiltrare elementi fidi alla causa repubblicana,
come si deduce dal fatto che parecchi sovversivi internazionali, specie in
questi ultimi tempi, fecero domanda per conseguire la nomina ad ufficiale di
complemento nella milizia territoriale.”[4]
La campagna pro o
contro l’intervento aumentava,intanto, i toni. Per domenica 21 febbraio 1915
coloro che si opponevano all’intervento, socialisti in testa, in tutta Italia
organizzarono comizi ed incontri per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla
necessità di evitare a tutti i costi la guerra. Era una sorta di mobilitazione
del neutralismo di sinistra, che si alleava automaticamente con i neutralisti
conservatori, con i clericali, i “triplicisti” ed altre componenti di destra.
La manifestazione principale si tenne a Milano, al Teatro del Popolo, con
interventi di Bruno Buozzi, Emilio Caldara, Ettore Reina e tante altre
personalità di spicco del neutralismo. In questo convegno avrebbe dovuto
parlare anche Pietro Nenni, ma ne fu impedito da scalmanati per lo più
provenienti dalle fila degli anarco-neutraliste.
A fronteggiare questa
iniziativa si mobilitarono i fasci rivoluzionari interventisti, ma ancora il
loro peso era minimo. Nenni, il giorno successivo, in una riunione privata
organizzata dalla Associazione “Trento e Trieste” tenne un discorso
interventista, che il 23 febbraio, come resoconto, fu pubblicato sul “Popolo
d’Italia” che definiva Nenni “valoroso
milite di un’idea fino al sacrifico”. Scrisse un articolo, che fu
pubblicato il 22 Febbraio sul Popolo d’Italia e poi il 28 successivo sul
“Lucifero” dal titolo “Il Doppio Alibi”.
Una attività intensa, alimentata dal fatto che tutti avevano capito che le
decisioni definitive non erano state prese. Il Governo aveva un atteggiamento
attendista. Si constatava che non denunciava la Triplice, intendendo mantenere
un legame con gli Imperi Centrali, e quindi consentiva alle imprese italiane di
continuare a fornire prodotti e materiali a quelle austriache e germaniche; vi
era stato il discorso di Salandra dal Campidoglio, vera assurdità diplomatica,
in cui emerse la formula del “sacro egoismo” formula che aveva messo in cattiva luce
l’Italia agli occhi di tutta Europa, di una parte e dell’altra; si osserva che
la preparazione dell’Esercito e della Marina continua alacremente, volta a
colmare i vuoi lasciati dalla recente guerra di Libia, presagio questo ad un
intervento.
La morte di San Giuliano a cui era subentrato
Sydney Sonnino era stata vista come un cambio di direzione, come in realtà fu,
ma senza certezze e chiarezza. In pratica vi era un clima difficilissimo, in
cui le criticità aumentavano di giorno in giorno, ed i contrasti interni si
acuivano, creando tutte le premesse per una guerra civile. Ancorché ancora non
ben organizzati, gli interventisti acquisivano sempre più forza; via via essi
trovarono in Mussolini un personaggio di riferimento, catalizzatore spirituale
e fisico di gruppi di diversa provenienza ed origine politica.
Pietro Nenni era in
sintonia con Mussolini e la sua attività. Le sue vicende sono significative nel
quadro della attività interventista. Il 25 febbraio 1915, insieme al gerente (direttore responsabile) Vincenzo
Guardabassi, fu rinviato a giudizio per i contenuti dell’articolo “Viltà ed Intrigo” pubblicato in data 7
febbraio sul n. 6 del “Lucifero” ed il 2 marzo il Pretore di Ancona lo condannò
ad una multa di venti lire. Interessante annotare che nella idea e nell’azione
di Pietro Nenni Ancona era il punto focale di ogni azione. In una riunione del
fascio rivoluzionario interventista, nella Casa Repubblicana di Faenza,
assicurò tutti che si stava preparando la rivoluzione ed il segnale sarebbe
partito da Ancona. Però occorreva calma e sangue freddo in quanto, se il
Governo si fosse deciso all’intervento, i piani rivoluzionari sarebbero rimasti
nel cassetto. Era una vera e propria dichiarazione pubblica di intenti.
Con questi intendimenti,
poi non tanto segreti, fu indetto per domenica 7 marzo in Ancona un comizio in
cui avrebbero dovuto parlare Nenni, Mussolini e De Ambris, comizio che fu
annullato per la disposizione governativa che proibiva momentaneamente tutte le
riunioni pubbliche e private.
In occasione dell’anniversario della morte di
Giuseppe Mazzini, il 10 marzo 1915 apparve sul “Popolo d’Italia” un articolo
dal significativo titolo “Ricordando
Giuseppe Mazzini, per l’Italia contro la Monarchia”, a cui seguì, il 4
aprile 1915, un altro dal titolo “La
logica del Sacro Egoismo”.
Nel solco delle
intenzioni rivoluzionarie in aprile, Pietro Nenni, con Mussolini, Cesare Rossi,
Michele Bianchi, Giovanni Marinelli la Rygier e vari altri esponenti
interventisti partecipò ad una riunione segreta a Roma in cui si preparò un
documento rivolto al popolo italiano contenente i motivi e le aspettative
dell’interventismo sovversivo. Importante questa riunione, che certamente ebbe
i caratteri di una chiamata all’azione, in quanto fu l’ultima volta che Pietro
Nenni prese la parola assieme a Benito Mussolini.
La situazione nell’aprile
del 1915 cominciava ad essere più fluida. Qualcosa doveva essere trapelato in
merito ai contatti con gli Alleati dell’Intesa in quanto il 21 aprile 1915
Mussolini in dichiarazioni pubbliche si disse convinto che l’Italia sarebbe
entrata in guerra; il 23 aprile 1915 Nenni scrisse un articolo per il “Popolo
d’Italia” dal titolo “Per il proletariato”.
Mentre Nenni era impegnato in un in un giro in
Svizzero in cui tenne discorsi interventisti a Zurigo, Basilea, Baden e da cui
aveva ricavato l’impressione che Giolitti fosse un alleato dei Tedeschi,[5] in
Italia si ebbero le naturali conseguenze della firma del patto di Londra,
sottoscritto il 26 aprile 1915, ma tenuto segreto nei suoi contenuti. Il 4
maggio fu denunciata la Triplice, segnò evidente che ci si orientava per la
guerra. A questo i neutralisti, Giolitti in testa, fecero seguire uno sforzo
deciso per impedirla. Ricevuto dal Re il 10 maggio, Giolitti si disse
pubblicamente favorevole ad accettare le nuove offerte austriache, che nella
sostanza erano quelle precedenti, in cambio della neutralità. Come logico, si
opposero gli interventisti con manifestazioni di piazza a Roma, con d’Annunzio,
a Milano con Mussolini in Ancona con Pietro Nenni, precedute il 5 maggio da un
incendiario discorso dello stesso D’Annunzio a Quarto pronunciato in occasione
della cerimonia commemorativa della partenza della Spedizione dei Mille, nel
1860.
In questo clima sempre
più di contrapposizione, il Governo non prendeva posizione, mentre i
neutralisti ostentarono il loro orientamento con appoggio manifesto a Giolitti,
ove emerse che, nella realtà, il Parlamento era a maggioranza neutralista. Il Governo,
constato questo, si dimise, e portò ogni decisione nella mani del re. Il 16
maggio 1915, Mussolini organizzò una imponente manifestazione all’Arena di
Milano, in cui intervennero oltre 100.000 persone, in cui proclamò che le
dimissioni del Governo Salandra sarebbero state respinte e quindi si andava
alla dichiarazione di guerra, cosa che realmente accadde.
In quei giorni, Pietro Nenni, in Ancona,
organizzava una manifestazione dietro l’altra, con dimostrazioni che avevo alla
testa la bandiera dell’Associazione Trento e Trieste, in piena sintonia con
quelle di Milano e di altre parti d’Italia.
Il dato era tratto. La
dichiarazione di guerra fu consegnata all’Austria il 23 maggio e la guerra
iniziò dal giorno successivo. Sul “Lucifero” del 23 maggio Nenni scriveva “Fermezza. Fermezza e disciplina cittadini…
Vinceremo… Nella fede repubblicana vivemmo. Per essa lottammo. Per essa
moriremo se sarà necessario. Dopo aver gridato “Evviva la Repubblica”! gridiamo
2Evviva l’Italia”! E per l’Italia, per
la sua difesa, per il suo onore, per la sua grandezza domandiamo un fucile ed
un posto alle frontiere.” Un articolo che è un programma politico di come
interventismo rivoluzionario sia confluito nella guerra all’Austria nel solco
della tradizione del Risorgimento. Mussolini, il 24 maggio 1915 sul 2Popolo
d’Italia” scrive “Un grido solo erompe
dai nostri petti: “Viva l’Italia!”. Non mai come in questo momento noi abbiamo
sentito che la Patria esiste, ch’essa è un ‘dato’ insopprimibile e forse insormontabile
della coscienza umana; non mai, come in questo cominciamento della guerra, noi
abbiamo sento che l’Italia è una personalità storica, vivente,
corposa,immortale. Noi vogliamo vincere. A qualunque costo… e noi, o madre
Italia, ti offriamo, senza paura e senza rimpianto, la nostra vita e la nostra
morte”[6]
A tante dichiarazione
seguì comportamenti coerenti. Pietro Nenni, lasciata la direzione del
“Lucifero” a Enrico Sternini, si arruolò come volontario il 27 maggio 1915 e fu
preso in forza al 3° Reggimento artiglieria da costa. Per Benito Mussolini ci
fu un imprevisto, che lo pose in un imbarazzo morale. Era stato disposto che
gli appartenenti delle classi di prossimo richiamo, fra cui quella di
Mussolini, non potevano partire volontari.
Presentatosi in caserma a Milano, fu respinto. Per dirimere ogni dubbio ed
anche per rispondere a domande ed interrogativi, Mussolini l’11 giugno 1915
pubblicò un breve corsivo sul “Popolo d’Italia” che concludeva ..”Comunque il mio turno verrà per la guerra,
al contrario di quanto pensano i neutralisti, gli illusi e gli imbecilli, non
sarà né facile né breve.”[7]
Fu, quella della
primavera del 1915 una stagione di grande intesa ed amicizia tra Pietro Nenni,
repubblicano, e Benito Mussolini, socialista interventista. Entrambi vedevano
nella guerra la possibilità di portare a
compimento l’Unità d’Italia iniziata con il Risorgimento, attraverso la guerra
al nemico ereditario; guerra che, vinta, avrebbe portato, e qui sta il loro
approccio rivoluzionario, a cambiare gli ordinamenti politici, in primo luogo
la Monarchia e Casa Savoia, che attraverso il moderatismo cavourriano, in nome
dell’Unità, aveva soffocato il movimento democratico e progressista di
Garibaldi e Mazzini.
Vinta la guerra, nei
Pietro Nenni rimase fedele a questo programma rivoluzionario; Mussolini,
mascherando con parole rivoluzionarie la sua azione, saltò il fosso e divenne,
con la marcia su Roma e l’accettazione del Governo, il principale difensore di
casa Savoia e della Monarchia. E l’amicizia tra i due andò in frantumi.
[1][1]Mussolini. Legato da vincoli di
amicizia, cementata da alcuni mesi passati insieme in carcere, a Pietro Nenni,
il 20 novembre 1014 pubblicò un accorato ed amicale profilo di Nenni in relazione
alla vicenda del processo della settimana rossa, che terminava con una frase
significativa “A Pietro Nenni, cui mi
legano vincoli forti di amicizia per la vita passata in comune durante alcuni
mesi di carcere ed agli altri imputati giunga l’augurio fraterno e commosso del
“Popolo d’Italia”. M.” Per la prima volta Mussolini si firmava con
l’iniziale del suo cognome maiuscola, firma che poi negli anni seguenti divenne
famosa.
[2] Il “Lucifero” si pubblicava in
Ancona. Era stato fondato nel 1871 da due garibaldini reduci dalla Spedizione
dei Mille. Nel 1915 sempre in Ancona si pubblicava un altro foglio 2 Il Vecchio
Lucifero” espressione dei repubblicani intransigenti. Il “Lucifero” è
pubblicato ancora oggi in Ancona.
[3] Gli articoli, sempre a firma
“Cavaignac” sul “Lucifero” sono: Il
Grande veggente,(7 marzo) Per
l’Italia contro la Monarchia(14 marzo),
Rivoluzione (21 marzo), La Terra dei
Morti (28 marzo), la Repubblica (11
aprile), Benemerenze Regie (25
aprile) Abbasso il Re, evviva la repubblica! (16
maggio)
[4] Susmel D., Nenni e Mussolini. Mezzo secolo di fronte, Milano, Rizzoli, 1969,
pag. 50
[5][5] In una lettera che apparve sul
“Popolo d’Italia” il 13 maggio Nenni così scriveva a Mussolini: “Caro Mussolini, non so chi abbia scritto che
ai confini termina la patria e incomincia il patriottismo. Certo è che non
avrei, in Italia, tremendamente sofferto per le ultime losche manovre
giolittiane, come ho sofferto nella Svizzera Tedesca, dove mi sono recato per
alcuni giorni chiamato dai nostri emigranti che attendono trepidanti le estreme
decisioni del Governo… Volevo che sapessero gli Italiani con quale e quanta
gioia i Germanici seguono le manovre giolittiane.. Ho sentito parlare di
Giolitti colla stessa venerazione con cui si parla del Kaiser..”Cfr. Susmel
D., Nenni e Mussolini. Mezzo secolo di
fronte, Milano, Rizzoli, 1969, pag. 54
[6] Cfr. Susmel D., Nenni e Mussolini. Mezzo secolo di fronte,cit, pag. 55
[7] Cfr. Susmel D., Nenni e Mussolini. Mezzo secolo di fronte, cit,
pag. 55
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