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mercoledì 3 giugno 2015

II Battaglione Bersaglieri Ciclisti. Note di Ricerca

Note su:
Giuseppe Bonacini   (Reggio Emilia 1892-1961)


di Elisa Bonacini

Dopo l'esperienza nei Volontari Ciclisti Automobilisti , si arruolò a fine 1915 nel Corpo dei Bersaglieri del  Regio Esercito.
Durante la seconda guerra mondiale, seppure mutilato di guerra, fu Comandante del Distretto militare di Reggio Emilia,

Ricordi di famiglia

La figura di mio nonno Giuseppe, che non ho mai conosciuto, poiché morì nel 1961, dopo una lunga ed inesorabile malattia quando avevo solo pochi mesi,  mi è stata comunque sempre familiare, poiché la sua foto e quella di mio zio Dante, amatissimo figlio morto in prigionia nel 1943 in Russia, hanno troneggiato per decenni su un mobile della nostra sala da pranzo.
Insieme, entrambi in divisa, entrambi Bersaglieri, entrambi intrisi di un forte “amor di patria”, tanto   da portare il padre a non interferire sul percorso militare del primogenito Dante di soli 20 anni disponendone nel ruolo di Comandante del Distretto Militare di Reggio Emilia la partenza per il temibile fronte russo nel settembre 1942, da cui non fece  più ritorno.
Non era necessario quindi si parlasse di lui in famiglia, bastava un'occhiata alla sua foto per immergermi virtualmente in quei contesti di guerra, in quelle atmosfere epiche, in quelle gesta eroiche che la mia mente fantasiosa di bambina rendevano quasi tangibili, reali, simili a scene di alcuni films che vedevo talvolta in televisione od al cinema.
Tanti anni sono trascorsi, la vita è avanzata veloce con giorni spensierati, ma anche un grande dolore, la fine improvvisa di mio fratello Ostilio. A lui, bambino di pochi anni, nonno Giuseppe aveva raccontato la sua esperienza di guerra, immagino con quale minuzia di particolari, cercando di inculcargli un po' di disciplina e quel rispetto delle regole che per tutta la vita aveva perseguito.

“Il cassetto della storia”

 Solo dopo la morte dei miei genitori ho potuto aprire il cassetto dei ricordi, quel “cassetto della storia”, come amo definirlo, per tanti anni celato con quel pudore dei sentimenti comune a tutta quella generazione.
Ed ecco emergere documenti, fotografie, cartoline, lettere  conservate gelosamente e chissà quante volte lette e rilette, immagino con quale nostalgia....ed infine quelli che considero i gioielli di famiglia: il “diario di guerra e prigionia” di mio padre Ernesto,  internato militare in Germania  e dopo  l'8 settembre 1943  e l'Album di fotografie di mio nonno Giuseppe, volontario nel mitico Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti (V.C.A.) nel 1915 agli esordi della 1a Guerra Mondiale, dall'ironico titolo “Impressioni di guerra”: fotografie eccezionali,  straordinariamente conservate considerando  che hanno attraversato indenni un secolo e ben due guerre mondiali.
Scatti fotografici pieni di ironia e di voluta incoscienza per le azioni di guerra che da lì a poco  i  volontari avrebbero intrapreso, una full immersion nelle località più ridenti del lato orientale del lago Garda nei primi novecento.
Foto che rappresentano quei momenti storici animati da un fortissimo ardore patriottico per una Italia libera dall'oppressione austriaca. Dopo cento anni esatti, ho voluto condividere le mie emozioni con tutti voi.
  
La testimonianza di Osvaldo, compagno d'armi nei V.C.A.

Attraverso le parole dell'amico Osvaldo “compagno d'armi”, che compare pure in alcuni scatti fotografici , tratte da un articolo da lui scritto nel marzo 1961 su un giornale di Reggio Emilia pochi giorni dopo la morte ecco la descrizione di Giuseppe Bonacini e qualche ricordo di quei giorni condivisi negli aspri combattimenti sulle Alpi Venete.

“Peppino era un emiliano, un tipo gioviale,un carattere forte, un animo generoso, un fisico robusto, un cuore semplice e puro.
“La sua caratteristica essenziale”così mi scrive il caro amico Maurizio da Gualdo Tadino “ era già indicata nel suo nome: la bontà, e la generosità. Certo, io credo il più generoso di quanti conobbi nel battaglione. Mi ricordo quandosi caricava anche dello zaino dell'eroico, ma fisicamente debole Manfredi, il mazziniano...”.
Come era premuroso e gentile verso gli amici, così era fermo e deciso nelle azioni guerresche.
E spingeva in sella i ritardatari ed aiutava in ogni modo i commilitoni.
E quante premure ebbe sempre per me!
Ricordo il suo allarmato accorrere quando, sul Costone dell'Altissimo uno shrapnel scoppiò
proprio sulla mia testa: Avevo sentito tambureggiare i pallini sulle foglie e sulle rocce, tutto intorno a me. “Osvaldo, sei ferito?” ansimo'. Io intanto mi tastavo una gamba, dove avevo sentito la percossa di un botto, nei calzoni avevo un foro: la pallottola la trovai l'indomani, affondata nella calza di lana.
Un giorno, sempre a Dosso Casina, noi due eravamo stati distaccati di pattuglia oltre la linea, quando giunse il primo rifornimento di viveri: il Battaglione ne era privo da un paio di giorni.
Al nostro rientro, più nulla era rimasto dei viveri. Noi eravamo morti di fame, fummo autorizzati ad andare a rifornirci nella lontana seconda linea.
A braccetto, un poco barcollando, tornammo dal sergente Pagano che, verso Redecol, dirigeva i servizi : “Date due gamelle di vitto a questi due! “ ordinò Pagano. Che scorpacciata facemmo!
Infilammo poi alcune pagnotte in un bastone e tornammo tosto tosto in linea.
Un capitano degli Alpini, notandoci sulla esposta mulattiera mentre le artiglierie del Brione ci avevano chiaramente presi di mira, ci aveva raggiunti e rimproverati.
“Ma signor Capitano”, aveva risposto Peppino, “siamo mezzo morti di fame!”
 E quando ci arruolammo per la seconda volta nei V.C.A., in Piazza S. Angelo (n.d.r. a Reggio Emilia) io e Adami firmammo l'arruolamento anche a nome di Peppino. E l'indomani, recatici a Reggio, Peppino lietamente ci ringraziò:” Avrei voluto vedere se eravate capaci di partire senza di me!”.
In seguito, dopo un breve periodo a Pesaro, fece domanda per frequentare il corso allievi ufficiali e partì per Laveno, dove lo rividi qualche mese più tardi, in occasione di una mia licenza.
Non appena nominato Aspirante, Peppino volò a Pesaro per trascorrere qualche giorno con noi.
Poi andò al fronte. Nel maggio 1917 fu ferito a Castagnevizza, ma nel mese di giugno raggiungeva il 1° Battaglione Bersaglieri Ciclisti, in zona di guerra
Nel giugno 1918 fu nuovamente ferito in modo grave da una bomba a mano in una coscia. (Lo vide trasportare in barella il nostro povero Carletto Rocca, che era tra i rincalzi). Abbisognò di lunghe cure :si può dire dovesse ad ogni medicazione subire il raschiamento dell'osso. “E' un santo” disse allora la suora che l'assisteva.
Nella seconda guerra mondiale, sebbene mutilato, ebbe funzione di comando del Distretto Militare di Reggio Emilia.

  
A Giuseppe Bonacini vennero conferite due medaglie d'argento al Valor Militare con le seguenti motivazioni:

 “Durante un intenso bombardamento col suo contegno calmo e risoluto incitava i propri dipendenti alla resistenza. Rimasto ferito abbastanza gravemente al viso da schegge di bombe a mano, si allontanava dalla linea solo dopo ripetuti ordini del Comandante della Compagnia”.
Castagnevizza, 26. 5. 1917 (decima battaglia dell'Isonzo)

“Comandante di un plotone, lo conduceva al contrattacco, incitando con l'esempio e con la parola. Assaliva poi d'impeto un gruppo di nemici, affrontando con sprezzo del pericolo, il loro violento tiro di fucileria e di bombe a mano. Rimasto ferito, continuava ad incitare alla resistenza i dipendenti”.
Sasson Piave, 20. 6. 1918 (Battaglia del solstizio o Seconda battaglia del Piave)



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