Note su:
Giuseppe Bonacini (Reggio
Emilia 1892-1961)
di Elisa Bonacini
Dopo l'esperienza nei Volontari Ciclisti Automobilisti , si
arruolò a fine 1915 nel Corpo dei Bersaglieri del Regio Esercito.
Durante la seconda guerra mondiale, seppure mutilato di guerra, fu
Comandante del Distretto militare di Reggio Emilia,
Ricordi di famiglia
La figura di mio nonno Giuseppe, che non ho mai
conosciuto, poiché morì nel 1961, dopo una lunga ed inesorabile malattia quando
avevo solo pochi mesi, mi è stata
comunque sempre familiare, poiché la sua foto e quella di mio zio Dante,
amatissimo figlio morto in prigionia nel 1943 in Russia, hanno troneggiato per
decenni su un mobile della nostra sala da pranzo.
Insieme, entrambi in divisa, entrambi
Bersaglieri, entrambi intrisi di un forte “amor di patria”, tanto da portare il padre a non interferire sul
percorso militare del primogenito Dante di soli 20 anni disponendone nel ruolo
di Comandante del Distretto Militare di Reggio Emilia la partenza per il temibile
fronte russo nel settembre 1942, da cui non fece più ritorno.
Non era necessario quindi si parlasse di lui in
famiglia, bastava un'occhiata alla sua foto per immergermi virtualmente in quei
contesti di guerra, in quelle atmosfere epiche, in quelle gesta eroiche che la
mia mente fantasiosa di bambina rendevano quasi tangibili, reali, simili a
scene di alcuni films che vedevo talvolta in televisione od al cinema.
Tanti anni sono trascorsi, la vita è avanzata
veloce con giorni spensierati, ma anche un grande dolore, la fine improvvisa di
mio fratello Ostilio. A lui, bambino di pochi anni, nonno Giuseppe aveva
raccontato la sua esperienza di guerra, immagino con quale minuzia di
particolari, cercando di inculcargli un po' di disciplina e quel rispetto delle
regole che per tutta la vita aveva perseguito.
“Il cassetto della
storia”
Solo dopo la morte dei miei genitori ho potuto aprire il cassetto
dei ricordi, quel “cassetto della storia”, come amo definirlo, per tanti anni
celato con quel pudore dei sentimenti comune a tutta quella generazione.
Ed ecco emergere documenti, fotografie,
cartoline, lettere conservate
gelosamente e chissà quante volte lette e rilette, immagino con quale
nostalgia....ed infine quelli che considero i gioielli di famiglia: il “diario
di guerra e prigionia” di mio padre Ernesto,
internato militare in Germania e
dopo l'8 settembre 1943 e l'Album di fotografie di mio nonno
Giuseppe, volontario nel mitico Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti
Automobilisti (V.C.A.) nel 1915 agli esordi della 1a Guerra Mondiale, dall'ironico
titolo “Impressioni di guerra”: fotografie eccezionali, straordinariamente conservate
considerando che hanno attraversato
indenni un secolo e ben due guerre mondiali.
Scatti fotografici pieni di ironia e di voluta
incoscienza per le azioni di guerra che da lì a poco i
volontari avrebbero intrapreso, una full immersion nelle località
più ridenti del lato orientale del lago Garda nei primi novecento.
Foto che rappresentano quei momenti storici
animati da un fortissimo ardore patriottico per una Italia libera
dall'oppressione austriaca. Dopo cento anni esatti, ho voluto condividere le
mie emozioni con tutti voi.
La testimonianza di Osvaldo, compagno d'armi nei
V.C.A.
Attraverso le parole dell'amico Osvaldo
“compagno d'armi”, che compare pure in alcuni scatti fotografici , tratte da un
articolo da lui scritto nel marzo 1961 su un giornale di Reggio Emilia pochi
giorni dopo la morte ecco la descrizione di Giuseppe Bonacini e qualche ricordo
di quei giorni condivisi negli aspri combattimenti sulle Alpi Venete.
“Peppino era un
emiliano, un tipo gioviale,un carattere forte, un animo generoso, un fisico
robusto, un cuore semplice e puro.
“La sua
caratteristica essenziale”così mi scrive il caro amico Maurizio da Gualdo
Tadino “ era già indicata nel suo nome: la bontà, e la generosità. Certo, io
credo il più generoso di quanti conobbi nel battaglione. Mi ricordo quandosi
caricava anche dello zaino dell'eroico, ma fisicamente debole Manfredi, il
mazziniano...”.
Come era premuroso e gentile verso gli amici,
così era fermo e deciso nelle azioni guerresche.
E spingeva in sella i ritardatari ed aiutava in
ogni modo i commilitoni.
E quante premure ebbe sempre per me!
Ricordo il suo allarmato accorrere quando, sul
Costone dell'Altissimo uno shrapnel scoppiò
proprio sulla mia testa: Avevo sentito
tambureggiare i pallini sulle foglie e sulle rocce, tutto intorno a me.
“Osvaldo, sei ferito?” ansimo'. Io intanto mi tastavo una gamba, dove avevo
sentito la percossa di un botto, nei calzoni avevo un foro: la pallottola la
trovai l'indomani, affondata nella calza di lana.
Un giorno, sempre a Dosso Casina, noi due
eravamo stati distaccati di pattuglia oltre la linea, quando giunse il primo
rifornimento di viveri: il Battaglione ne era privo da un paio di giorni.
Al nostro rientro, più nulla era rimasto dei
viveri. Noi eravamo morti di fame, fummo autorizzati ad andare a rifornirci
nella lontana seconda linea.
A braccetto, un poco barcollando, tornammo dal
sergente Pagano che, verso Redecol, dirigeva i servizi : “Date due gamelle di
vitto a questi due! “ ordinò Pagano. Che scorpacciata facemmo!
Infilammo poi alcune pagnotte in un bastone e
tornammo tosto tosto in linea.
Un capitano degli Alpini, notandoci sulla
esposta mulattiera mentre le artiglierie del Brione ci avevano chiaramente
presi di mira, ci aveva raggiunti e rimproverati.
“Ma signor Capitano”,
aveva risposto Peppino, “siamo mezzo morti di fame!”
E quando ci arruolammo per la seconda volta nei V.C.A., in Piazza
S. Angelo (n.d.r. a Reggio Emilia) io e Adami firmammo l'arruolamento anche a
nome di Peppino. E l'indomani, recatici a Reggio, Peppino lietamente ci
ringraziò:” Avrei voluto vedere se eravate capaci di partire senza di me!”.
In seguito, dopo un breve periodo a Pesaro, fece
domanda per frequentare il corso allievi ufficiali e partì per Laveno, dove lo
rividi qualche mese più tardi, in occasione di una mia licenza.
Non appena nominato Aspirante, Peppino volò a
Pesaro per trascorrere qualche giorno con noi.
Poi andò al fronte. Nel maggio 1917 fu ferito a
Castagnevizza, ma nel mese di giugno raggiungeva il 1° Battaglione Bersaglieri
Ciclisti, in zona di guerra
Nel giugno 1918 fu nuovamente ferito in modo
grave da una bomba a mano in una coscia. (Lo vide trasportare in barella il
nostro povero Carletto Rocca, che era tra i rincalzi). Abbisognò di lunghe cure
:si può dire dovesse ad ogni medicazione subire il raschiamento dell'osso. “E'
un santo” disse allora la suora che l'assisteva.
Nella seconda guerra mondiale, sebbene mutilato,
ebbe funzione di comando del Distretto Militare di Reggio Emilia.
A Giuseppe Bonacini vennero conferite due
medaglie d'argento al Valor Militare con le seguenti motivazioni:
“Durante un intenso bombardamento col suo
contegno calmo e risoluto incitava i propri dipendenti alla resistenza. Rimasto
ferito abbastanza gravemente al viso da schegge di bombe a mano, si allontanava
dalla linea solo dopo ripetuti ordini del Comandante della Compagnia”.
Castagnevizza, 26. 5. 1917 (decima battaglia
dell'Isonzo)
“Comandante di un plotone,
lo conduceva al contrattacco, incitando con l'esempio e con la parola. Assaliva
poi d'impeto un gruppo di nemici, affrontando con sprezzo del pericolo, il loro
violento tiro di fucileria e di bombe a mano. Rimasto ferito, continuava ad
incitare alla resistenza i dipendenti”.
Sasson Piave, 20. 6. 1918 (Battaglia del solstizio o Seconda battaglia del Piave)
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