I futuristi alla conquista di Monte Baldo
Artisti in guerra
Nel luglio 1915 partiva da Milano il Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti, un’unità para-militare di volonterosi patrioti verso il fronte austriaco. Tra le file dei plotoni, assieme a sconosciuti difensori della patria, vi erano molti appartenenti al movimento futurista (tra cui Boccioni, Erba, Sironi, Marinetti e Russolo), affascinati e entusiasmati dall’immaginario futuro e “futurista” della guerra, rinvigorito dalla promessa della battaglia e dagli ideali programmatici del Manifesto Futurista: “...l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerarietà,... il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa,... il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei liberatori, le belle idee per cui si muore,...”. Con tale spirito questi artisti-soldati parteciperanno, il 23 ottobre, alla Battaglia per la presa di Dosso Casina, sul Monte Baldo; della loro partecipazione a questo evento restano vari dipinti e disegni ed alcune poesie e “diari futuristi” di Boccioni e Marinetti.
Da tali scritti ha preso spunto Paolo Malvinni (scrittore e drammaturgo che si occupa delle attività culturali e comunicative per la Biblioteca comunale di Trento) per ideare uno spettacolo nel cortile del Castello di Rovereto in collaborazione con il maestro Quinto Canali e il suo Coro femminile della Scuola Musicale dei Quattro Vicariati, con la partecipazione dell’attore Stefano Comper e, per la parte sonora, del gruppo elettroacustico “Difondo” e del chitarrista Mauro Tonolli. L’idea, interessante, è quella di campionare in tempo reale e spazializzare dal vivo, attraverso un sistema di riproduzione sonora quadrifonica, la voce del Coro e di Stefano Comper che leggono e recitano i testi, cui si aggiungono gli interventi sonori dei rumoristi-musicisti “Difondo” e Tonolli.
Interessante, si diceva, l’idea. Ma ci sono stati alcuni nei...
Etici. Prima dello spettacolo, alcuni anarchici hanno accusato gli autori di connivenza col pensiero bellicista di Marinetti e compagni Se è pienamente condivisibile (almeno da parte di chi scrive) la critica e il rifiuto verso qualsiasi glorificazione (anche inconsapevole) della guerra e dell’ideologia che vi sottende, è parsa chiara la superficialità e la retorica della contestazione anarchica, che commette l’errore opposto a quello denunciato: buttare via l’Arte e tenere solo la Storia. L’intento dello spettacolo era invece quello di cogliere lo spunto artistico innovativo del movimento futurista senza dimenticare di mettere in scena anche la realtà storica, con le contraddizioni che la caratterizzano e le successive strumentalizzazioni che ne sono state fatte. Se una critica si può muovere ai curatori del lavoro, semmai, è che avrebbero dovuto tenere in maggior considerazione il ruolo etico dell’artista, il quale non può mai trincerarsi esclusivamente dietro l’Arte, che in quanto prodotto umano fa sempre parte della Storia. E in questo senso ha deluso la promessa non mantenuta di far suonare la chitarra pacifista di Jimi Hendrix. Sarebbe stata una presa di posizione etica ed estetica, evidente e necessaria.
Estetici. Curato nell’abbigliamento lo stile futurista, o comunque “d’epoca” degli artisti, è tuttavia in parte mancata una vera “teatralità” futurista del progetto, sbilanciato sulla lettura/recitazione dei testi. A chi è stato un po’ più attento di sicuro non è sfuggito il grosso lavoro sulla parte sonoro-musicale, che però è sempre rimasto in sottofondo e di fatto poco valorizzato. Rispetto all’elemento principale coro-attore, i rumoristi-musicisti sono rimasti relegati ad una funzione di discreto, seppur intelligente accompagnamento: la “volontà - spiega Difondo - di mettere in evidenza quegli elementi del pensiero futurista presenti nella società attuale, o che in qualche modo ne sono un riflesso indiretto, o ancora come questi si articolerebbero, se riportati nell’oggi, proiettati in una ideale società futuribile” è emersa in maniera chiara solo in taluni momenti (i giornali strappati dalle coriste, le suonerie dei cellulari, la pistola e la chitarra giocattolo...), ma più che altro è rimasta in seme, colta forse solo da pochi occhi e orecchi attenti e consapevoli. Peccato: sarebbe piaciuto vedere una performance davvero futurista, una Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale di wagneriana memoria, dove parola, suono, gesto fossero davvero integrati.
Spiace infine dover segnalare anche l’eccessiva lunghezza dello spettacolo (quasi un’ora e mezza), che essendo molto squilibrato a favore della lettura dei testi futuristi, è risultato a tratti difficile da seguire con la dovuta attenzione. Merito comunque alle signore dilettanti del coro, per l’impegno e serietà nell’affrontare un lavoro su un repertorio per loro ostico e sconosciuto, e a chi ha lavorato con cura ed entusiasmo nell’ideazione di uno spettacolo originale e intelligente.
Nessun commento:
Posta un commento