a. L’ambiente operativo
(1) Delimitazione ed inquadramento
La Battaglia di Custoza, episodio
che va inquadrato nell’ambito della guerra austro-prussiana del 1866, si è svolta nel Veneto in un’area
limitata ad ovest dal fiume Mincio, da Peschiera a Mantova, per circa 34
chilometri e dal cosiddetto Serraglio, l’area compresa tra il Mincio e il Po,
malsana, impedita da canali e acquitrini, tutta inondabile e larga soltanto 11
chilometri. A sud l’area delle operazioni è delimitata dal fiume Po nella sua
interezza (145 chilometri), spalleggiato da grandi paludi, canali e risaie: una
zona intricatissima, facile da difendere e quasi impossibile da aggredire.
Infine ad est e a nord rispettivamente dagli allineamenti Verona-Legnago e il
Lago di Garda-Verona. All’interno di questa area si aggiunge un altro ostacolo,
che correva parallelo lungo la linea di frontiera, l’Adige. Insomma, date le
caratteristiche del terreno le fortezze di Peschiera, Verona, Legnago e
Mantova, e l’area tra esse racchiusa, rappresentavano una porzione di terreno
praticamente inespugnabile che offriva numerose posizioni difensive. Il tratto
lungo il Mincio tra Peschiera e Mantova era forse il più accessibile.
(2) Caratteristiche fisiche
Le Alpi descrivono una fitta catena circolare che
separa l’Italia dalla Francia, dalla Svizzera e dall’Austria. Le piogge e le
nevicate frequenti, mantengono l’alimentazione di una enorme quantità di acqua
che si riversa in tanti laghi, fiumi e riviere. Il Po, il più grande di queste
linee idriche, attraversando tutta l’Italia settentrionale, si getta
nell’Adriatico dopo aver raccolto un’infinità di affluenti minori che scendono
dalle Alpi. Tra questi è opportuno ricordare il Sesia, il Ticino, l’Adda, il
Mincio. L’Adige, il Brenta, il Piave, il Tagliamento e l’Isonzo si riversano
direttamente nell’Adriatico.
In particolare, il Veneto, che insieme a Roma
mancavano per completare l’unificazione nazionale, all’epoca era quella l’area
compresa tra il Ticino e l’Isonzo da una parte, il Po e le alpi dall’altra.
Tale collocazione “condanna” tutt’ora il Veneto ad essere attraversata da una
fitta rete idrica. In particolare, dalla punta meridionale del Lago di Garda,
Peschiera, esce il Mincio, il quale dopo aver formato acquitrini e laghi
artificiali soprattutto nei pressi di Mantova si getta nel Po a Governolo. Più
ad est, scorre l’Adige fino a Legnago da dove inizia a scorrere parallelamente
al Po per poi riversarsi nell’Adriatico. Tutta l’area compresa tra il basso Po
e l’Adige è paludoso, caratterizzato da un ginepraio di canali di irrigazione
che la rendono assai poco praticabile.
Andando
più nel dettaglio, il terreno dove si sono ripetutamente scontrati di due
eserciti presenta una parte collinare e una parte di pianura. Il terreno
collinoso, attraversato peraltro anche dal fiume Tione, che sorge a Pastrengo e
scorre verso sud passando per Villafranca, in tutto il suo sviluppo
longitudinale può essere considerato formato da tre gruppi
collinari-pianeggianti: uno occidentale dal Mincio alla rotabile
Castelnuovo-Valeggio, quello centrale da questa strada fino a Guastalla e
quello orientale da quest’ultima fino a Verona[i].
Le
alture di Custoza, dove si decise l’esito della campagna, sono particolarmente
importanti perché sono costituite da due allineamenti, con andamento nord-est,
che si raccordano e degradano appunto nel paese di Custoza. Da queste alture
guardando a nord e nord-ovest si scorge una fronte che è la continuazione del
Torrione, Monte Sabbione, Monte Vento e Santa Lucia, ottimi punti di
osservazione[ii].
La coltivazione nell’area non era particolarmente fitta, a causa della natura
sassosa di questo terreno collinoso
A
tutto ciò va aggiunto che la campagna del 1866, si è svolta a partire dalla
terza decade di giugno quando nell’area crescono in maniera rigogliosa infinite
piantagioni di granturchi e gelsi che, per loro natura, costituivano un
naturale rallentamento alle operazioni militari.
(3) Caratteristiche antropiche
La popolazione sparsa in molte frazioni e generalmente dedita
all'agricoltura. Però non mancavano nel paese
alcune industrie, come fabbriche di paste alimentari e filande da seta. Vi era
anche una fabbrica di alcool ed era esercitata limitatamente la tessitura
casalinga. Già allora il commercio era assai animato e vi si tenevano mercati
importanti.
La
rete stradale era ottima e garantiva agli austriaci le linee di comunicazione
tra le Alpi, il Po e il Mare Adriatico. Ciò permetteva di raggiungere tutte le
principali città dell’area di operazioni entro 24 ore di marcia. Oltre a ciò
Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Peschiera e Mantova comunicavano tra di loro
per mezzo della ferrovia. Nelle vicinanze della riva sinistra del Mincio,
l’unica strada buona che si sviluppava da nord a sud era quella che collegava
Castelnuovo a Valeggio. Diverse e in buono stato erano invece le strade che
attraversavano la pianura, soprattutto quelle che passavano per Villafranca. In
tal senso, Villafranca rappresentava, quindi, il centro nevralgico delle
principali vie di comunicazione.
Anche Valeggio
costituiva un centro molto importante dal punto di vista militare non solo
perché dominava il ponte sul Mincio (Borghetto), ma anche perché segnava il
punto in cui la zona collinare lasciava il passo alla pianura, perché era un
crocevia di interesanti vie di comunicazione e perché da li partiva la rotabile
per Castelnovo.
(4) Eventuali precedenti storici
L’area
intorno a Custoza è stata già teatro di scontro nel 1848 tra Regno di Sardegna
e Impero Austriaco durante la I Guerra di Indipendenza. I due eserciti si
scontrarono nei pressi di Custoza per il controllo delle pianure del Veneto.
Dal 24 luglio, manovrando nei settori più deboli, la saldatura del Corpo di
Armata, gli austriaci, in una serie di scontri vittoriosi in più località,
riescono a prevalere in quella che poi fu chiamata la Battaglia di Custoza. Il
27 luglio, Carlo Alberto si ritira su Milano fra il generale disappunto dei
lombardi.
Durante
questa campagna è emersa la grande forza, la grande organizzazione, la
formazione, ma soprattutto la disciplina dell’Esercito Austriaco. Radestzky, a
capo del contingente austriaco, diede prova di capacità militari inconfutabili,
benché non abbia capitalizzato il massimo possibile dalle circostanze. Per
contro, le truppe piemontesi per quanto visto sul campo dimostrarono di essere
ben lontani dal dimostrare un’organizzazione tipica di un esercito regolare. La
loro organizzazione si è rivelata talmente problematica da non poter resistere
ad una campagna di quattro mesi. Le carenze riguardano soprattutto la
disciplina tra i capi e i subordinati. In realtà nella campagna del 1848, le
forze piemontesi hanno compiuto atti eroici, estemporanei, purtroppo non
illuminati da combinazioni intelligenti senza le quali non si raggiungono
risultati importanti.
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