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giovedì 20 aprile 2017

La Battaglia di Custoza XIV

(1)  Esercito Imperiale
L’Armata Austriaca del Sud, abilmente condotta dall’Arciduca Alberto, di fronte ad un nemico così schierato, aveva ampia libertà di manovrare per linee interne[i]. L’obiettivo era, pertanto, quello di gravitare con il grosso delle forze laddove veniva percepita la minaccia principale, cioè dal Mincio, battere il nemico colpendolo sul fianco sinistro e rivolgere l’attenzione al basso Po, dove gli ostacoli naturali delle Polesine avrebbero rallentato l’avanzata dell’armata del Generale Cialdini. Tutta la manovra era rivolta a salvaguardare il possesso della città di Verona, vero centro di gravità del dispositivo austriaco di stanza nel Veneto, in virtù della posizione strategica, delle fortificazioni, delle linee di comunicazione che la attraversavano e delle risorse ivi stoccate.
A tal fine era necessario innanzitutto attirare il grosso dell’Esercito Italiano nel Quadrilatero e per fare questo occorreva far credere di essere sulla difensiva. Per fare ciò, l’Arciduca Alberto, mantenne i tre Corpi d’Armata a sua disposizione nei pressi di Montorio, Pastrengo, San Martino, San Michele e San Bonifacio e ordinò di lasciare intatti i ponti sul fiume per facilitare l'avanzata italiana verso il Quadrilatero. Alla vigilia delle ostilità, tutte le forze a disposizione dell’Armata austriaca del sud erano concentrate e disposte in modo da far credere agli italiani di rimanere in posizione difensiva dietro l’Adige. In realtà, pronte a muovere per essere impiegate contro le unità italiane provenienti da ovest.
Sul fronte del basso Po, l’Esercito Imperiale lasciava soltanto una brigata, il grosso della quale doveva attestarsi a Rovigo.
In quanto al Tirolo, il piano prevedeva realmente una difesa, ma attiva.[ii]



[i]  Per linee interne, quando una massa centrale interposta fra due o più masse nemiche opera in modo da impegnare battaglia separatamente con ciascuna di esse.
[ii]  Pollio A., Op. Cit., p. 37.

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