La fase iniziale della seconda campagna
d’Italia
Queste furono le premesse che aiutano a meglio
comprendere ciò che avvenne nella “seconda campagna d’Italia”.
Bonaparte
aveva inutilmente proposto, ai primi di dicembre, al Re d’Inghilterra e
all’Imperatore d’Austria una pace onorevole ma inaccettabile (proponeva il
ritorno alle condizioni della pace di Campoformio).
All’inizio
del nuovo anno (1800) fece radunare a Digione un’Armata di riserva per
riconquistare l’Italia affidandone il comando nominale al Gen. Berthier ma
assumendone in prima persona la direzione effettiva ([1]).
Ciò
è la prova inconfutabile che il successo cui aspirava doveva essere accreditato
alla sua persona e non ad altro Generale. Aveva tentato di sovrapporsi al
Generale Moreau, Comandante in capo dell’Armata del Reno. Dovette, però,
rinunciare anche solo a far visita a quel settore perché Moreau aveva
minacciato di dimettersi. Berhier era invece ben felice che la responsabilità
delle operazioni fosse del suo capo tradizionale.
Commento
delle immagini
Ø prima fase della manovra strategica
Ø seconda fase
della manovra
Ø terza fase della manovra
Da
quanto ho sommariamento illustrato risalta la grande intuizione strategica di
Napoleone e la consueta audacia. Costituì in brevissimo tempo un’Armata di
riserva a Digione, valicò le Alpi dove nessuno lo aveva immaginato possibile,
completò gli organici e l’equipaggiamento dei reparti durante la marcia
attraverso le Alpi, aggirò l’intera Armata austriaca protesa dal Piemonte verso
la Provenza sull’onda dei successi ottenuti l’anno precedente, realizzando così
la sorpresa non solo in campo tattico ma addirittura strategico.
La
fortuna della manovra dipese dalle favorevoli condizioni atmosferiche e
soprattutto dagli errori macroscopici dell’avversario. Von Melas:
Ø disseminò l’Armata in Piemonte e in Lombardia;
Ø perse l’occasione di occupare la Provenza in
primavera;
Ø sottovalutò l’Armata di riserva e non la bloccò sulle
Alpi.
Ø
Ancora
una volta, ed è la quinta in questa vicenda, audacia e fortuna sono andate a
braccetto.
Il
sesto colpo di fortuna
Commento
delle immagini
Ø prima fase della battaglia di Marengo
Ø seconda fase della battaglia
Ø la rappresentazione della battaglia secondo fonte
austriaca
Il Feldmaresciallo von Melas accumulò anche a
Marengo sbagli su sbagli:
Ø accettò lo scontro invece di portarsi verso Mantova
o Genova;
Ø suddivise la propria cavalleria e non impiegò a
massa l’artiglieria, che erano i suoi punti di forza;
Ø non effettuò ricognizioni sul terreno, pur avendo
preso l’iniziativa;
Ø costituì colonne d’attacco “ad hoc” smembrando
reparti organici;
Ø informò scarsamente i Comandanti in sottordine sul
piano d’operazioni;
Ø non motivò i reparti alla vigilia della battaglia;
Ø il giorno 13 sera abbandonò al nemico proprio l’area
di Marengo che il giorno dopo fu costretto a riconquistare a caro prezzo.
Bonaparte
non fu però da meno:
Ø
non individuò a
tempo le intenzioni offensive degli austriaci;
Ø
distaccò tre
Divisioni (Desaix e Lapoype) in inutili esplorazioni;
Ø
non perseguì
l’annientamento dell’Armata austriaca.
Solo
Il rientro fortunoso verso sera del Corpo di Desaix sul campo di battaglia,
insieme con la brillante carica della cavalleria di Kellermann, provocò il
capovolgimento della situazione del mattino.
Ancora
una volta la fortuna aveva arriso a Bonaparte, che seppe utilizzarla al meglio, grazie anche alla
sorte che tolse di mezzo il principale attore della giornata, il Generale
Desaix, consentendogli di accreditarsi tutto il merito della vittoria.
La
battaglia di Marengo non portò, peraltro, all’annientamento dell’Armata
austriaca, lasciò i contendenti alla sera del 14 giugno sulle stesse posizioni
sulle quali si trovavano al mattino, indebolì quasi nella stessa misura
austriaci e francesi.
[1] La Costituzione non consentiva a chi avesse cariche
politiche di assumere il comando di reparti militari. Durante tutta la campagna
fino a Marengo Napoleone indossò sempre abiti civili o l’uniforme di Console.
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