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lunedì 27 marzo 2017

La Battaglia di Custoza XVII

(1)  Dislocazione iniziale. La posizione sul terreno delle forze; 1° o 2° schiera. Dislocazione dell’organizzazione logistica
(a)       Esercito Italiano
Secondo quanto stabilito nella dichiarazione di guerra consegnata il 20 giugno 1866, le ostilità avrebbero dovuto iniziare tre giorni dopo la consegna della missiva avvenuta in pari data. A parte qualche isolato episodio, nulla aveva messo in discussione la calma con la quale il 23 giugno 1866 si stavano svolgendo le operazioni di attraverso del Mincio da parte dell’Armata sotto il comando del Re Vittorio Emanuele II e del Generale Alfonso La Marmora.
Sin dalla mattina del 23 giugno 1866, il comando supremo diede disposizioni affinché l’Armata del Mincio si assicurasse nel più breve tempo possibile i passaggi sul fiume a Mozambano, Borghetto e Goito. Il I e il III Corpo d’Armata dovevano passare il Mincio e spingere l’avanguardia sino all’Adige. Il II Corpo d’Armata, operando più a sud, avrebbe dovuto manovrare davanti a Mantova e Borgoforte. In particolare:
-      I Corpo d’Armata: passa il Mincio a Mozambano, Borghetto, Molini di Volta e Pozzolo e stanzia il Quartier Generale a Volta:
·       La 1^ Divisione (Gen. Cerale) passa il Mincio a Monzambano e occupa la riva sinistra del fiume, mentre l’avanguardia si trova in marcia tra Monte Sabbione, Monte Magrino e il Torrione.
·       La 2^ Divisione (Gen. Pianell) rimane sulla destra del Mincio a difesa di eventuali incursioni austriache provenienti dalla fortezza di Peschiera e a copertura di Pozzolengo.
·       La 3^ Divisione (Gen. Brignone) passa il Mincio, su ponte gettato dal genio militare, nei pressi di Volta e prende posizione a Pozzolo.
·       La 5^ Divisione (Gen. Sirtori) passa il Mincio a Borghetto e si rafforza su Valeggio, lasciando una Brigata sulla destra del Mincio.
-      II Corpo: stanzia il Quartier Generale a Castelluccio, marcia per occupare Curtatone e Montanara per poi essere pronto a muovere verso Goito e Villafranca:
·       La 4^ Divisione (Gen. Nunziante) marcia su Borgoforte con un’aliquota sulla sinistra e un’aliquota sulla destra del Po.
·       La 6^ Divisione (Gen. Cosenz) marcia per l’occupazione di Curtatone e Montanara e il controllo della strada Mantova-Borgoforte.
·       La 10^ Divisione (Gen. Angioletti) si muove a cavallo della strada Gazzuolo-Mantova per il controllo della stessa, attestata all’altezza di Gabbiana.
·       La 19^ Divisione (Gen. Longoni) stanzia tra Ospitaletto e Carobbio.
-      III Corpo d’Armata: l’intera unità passa il Mincio a Goito, sotto la protezione della Divisione di Cavalleria, stanzia il proprio Quartier Generale a Goito e si dirige verso Belvedere, Roverbella e Villabona. In particolare:
·       La 7^ Divisione (Gen. Bixio) passa il fiume Mincio a Goito, seguita dalla Divisione di Cavalleria di linea (Gen. De Sonnaz), ricerca il collegamento a sinistra con la 3^ Divisione del I Corpo e si dirige verso Villafranca lungo le rotabili Massimbona-Villafranca e Roverbella-Villafranca.
·       La 8^ Divisione (Gen. Cugia) passa il Mincio, su un ponte gettato dal genio militare, a nord di Goito e prende posizione nei pressi di Pozzolo nei pressi di località Case alla Pace.
·       La 9^ Divisione (Gen. Govone) passa il Mincio a Goito e si mette in marcia lungo la strada Goito-Mantova.
·       La 16^ Divisione (Principe Umberto) passa il Mincio a Goito e, procedendo verso Villafranca, si schiera a destra della 7^ Divisione.
·       La Brigata di Cavalleria Leggera (Gen. Pralormo) in esplorazione fra Marengo e Massimbona, si attesta nell’area intorno a Casa Aldegatti.
-      IV Corpo d’Armata (detto Armata del Po), rimanendo sulla destra del Po, la sera del 23 giugno 1866 non era ancora in grado di passare il fiume, nonostante tutte le misure fossero state adottate. Il piano adottato dal Gen. Cialdini, d’altronde, prevedeva alcune attività dimostrative e diversive per il giorno 24 giugno per richiamare l’attenzione del nemico a sud e sud-est di Rovigo, a premessa delle vere operazioni di attraversamento del Po, tra Roversello e Ravalle, del grosso del Corpo d’Armata previste per il giorno 25 giugno dopo che il genio avrà gettato tre ponti sul fiume. L’obiettivo era quello di raggiungere la sponda dell’Adige a circa venti chilometri dal Po, entro il giorno 26 giugno. Il piano poteva andare a buon fine se l’Armata del Gen. La Marmora avesse condotto adeguatamente le operazioni dimostrative sul Mincio in modo da attirare il grosso delle forze austriache da quella parte.
In sintesi, il giorno 23 giugno, data di inizio delle ostilità, l’Armata del Mincio  era disseminata su una fronte di circa 35 chilometri (Mozambano-San. Silvestro) con un forte sbilanciamento verso sud-ovest tale per cui sulla linea del Mincio l’esercito italiano veniva a perdere la superiorità numerica che tanto era stata lodata all’inizio della guerra.

Inoltre, tutte le unità che si trovano sulla sinistra del Mincio, ad eccezione di quella del Gen. Brignone (3^ Divisione), hanno al seguito tutti i carriaggi necessari al sostegno logistico delle unità.

mercoledì 22 marzo 2017

La Battaglia di Custoza XVIII

(a)       Esercito Imperiale
Alla data di inizio delle ostilità il dispositivo militare imperiale ha eseguito perfettamente gli ordini impartiti dall’Arciduca Alberto tesi ad ammassare le forze sulla destra dell’Adige, occupare il terreno ad est di Peschiera, pronte ad attaccare il nemico sul fianco sinistro. In particolare:
-      la Divisione di Riserva, dopo essersi ammassata attorno a Pastrengo, avanza con una brigata al fine di occupare Castelnovo.
-      Il V Corpo d’Armata, dopo essersi organizzata nella zona di Chievo, muove per raggiungere Santa Giustina.
-      Il VII Corpo d’Armata è disposto vicino a San Massimo.
-      Il IX Corpo d’Armata, dopo aver passato l’Adige, è ubicata nei pressi di Santa Lucia.
-      le Brigate di cavalleria Pulz e Bujanovics in attività di esplorazione verso Sommacampagna e Villafranca.
Ad eccezione di un battaglione e quattro squadroni di cavalleria, lasciati a guardia del Po, tutte le forze austriache sono concentrate in un fazzoletto di terreno ad ovest di Verona pronti a muovere contro l’esercito italiano.

Inoltre, tutti i bagagli di tutte le unità e i carriaggi vengono lasciati sulla sinistra dell’Adige, mentre il Quartier Generale dell’Armata del sud veniva ubicato a San Massimo.

martedì 21 marzo 2017

La Battaglia di Custoza XIX

1.       AVVENIMENTI
a.       Le operazioni di guerra
(1)       24 giugno 1866
(a)       Disposizioni preliminari
-      Esercito Italiano
Guidato dalla convinzione di un improbabile ingaggio con il nemico:
·       I Corpo d’Armata: deve mantenere il collegamento con il III Corpo d’Armata sulla propria destra, lasciare una divisione sulla destra del Mincio, prevedere che due divisioni si dispongano fra Sona e Santa Giustina e un’altra a controllare Peschiera e Pastrengo, dopo aver occupato Sandrà, Coà e Pacengo. Ubicazione del Quartier Generale presso Castelnovo. In particolare:
o   La 1^ Divisione, destinata al controllo di Peschiera e Pastrengo, inizia a muovere nel cuore della notte con il grosso. Avrebbe dovuto puntare a nord attraverso strade alternative, ma, nella convinzione di anticipare i tempi, si porta dapprima a sud per poi utilizzare la rotabile Valeggio-Castelnuovo con tutto il carico logistico. Purtroppo a Valeggio incrocia le colonne della 5^ Divisione perdendo del tempo prezioso. 
o   La 2^ Divisione  rimane tra Pozzolengo e Monzambano ad osservare Peschiera.
o   La 3^ Divisione riceve l’ordine di muovere verso ovest per andare ad occupare Sona passando per Valeggio, Custoza e Sommacampagna. 
o   La 5^ Divisione, la cui avanguardia puntando a nord verso Santa Giustina, ingannata dalle indicazioni ricevute dalla popolazione locale, sbaglia itinerario proseguendo lungo la strada che da Valeggio porta a Castelnovo. Il grosso rimane a Valeggio con i carri della 1^ Divisione.
o   La riserva, partendo da Volta, e gravitando sulla sinistra del dispositivo, riceve l’ordine di muovere dopo circa 4 ore. 
·       II Corpo d’Armata: con due divisioni deve occupare Curtatone e Montanara, successivamente proseguire e minacciare la strada Mantova-Borgoforte. Le altre due (10^ e 19^ Divisione) devono essere pronte a raggiungere Marmirolo e Roverbella con non poche difficoltà di movimento (circa 25/30 km).
·       III Corpo d’Armata: ha l’ordine di schierare le quattro divisioni a disposizione tra Villafranca e Sommacampagna. Più nel dettaglio:
o   La 7^ Divisione deve marciare sulla strada di Massimbona verso Villafranca con l’obiettivo di schierarsi nei pressi di Ganfardine.
o   L’8^ Divisione deve mantenere la strada Pozzolo-Quaderni-Rosegaferro verso Sommacampagna seguendo l’andamento delle colline a sud di Custoza e mantenendo il collegamento con le unità del I Corpo d’Armata.
o   La 9^ Divisione, seguendo l’itinerario Massimbona-Quaderni-Le Sei Vie-Rosegaferro deve raggiungere i pressi del Monte Torre.
o   La 16^ Divisione deve muovere lungo la strada per Mozzecane per schierarsi davanti a Villafranca, mantenendo il collegamento a sinistra con la Divisione del Generale Bixio. 
·       Divisione di Cavalleria, che deve schierarsi tra Mozzecane e Quaderni ove posizionare anche il proprio Quartier Generale, segue la 7^ Divisione sino a Rosegaferro.
-      Esercito Imperiale

Mentre la Divisione di riserva deve muovere da Sandrà verso Castelnovo per poi dirigersi su Oliosi, il V Corpo ha il compito di spostarsi su San Giorgio in Salici per poi puntare su San Rocco di Palazzolo. Il IX Corpo, sfruttando tutte le coperture che il terreno offre, deve marciare verso Sommacampagna per schierarsi ad est intorno a Berrettara. Il VII Corpo, seguendo il IX Corpo, deve schierarsi a Sona e rimanere in riserva. Le Brigate di cavalleria che precedono il IX Corpo devono schierarsi davanti a Sommacampagna per coprire il fianco sinistro del dispositivo. In caso di contatto con il nemico, l’ordine è perentorio: “attaccare vigorosamente”

giovedì 16 marzo 2017

La battaglia di Custoza XX

(a)       I primi scontri (06:30 – 07:30)
-      I Corpo d’Armata: dopo che a Valeggio furono coordinate le priorità di sfilamento tra la 1^ e la 5^ Divisione lungo la strada che porta a Castelnovo, l’avanguardia della 5^ Divisione, che nel frattempo ha sbagliato itinerario e deciso di marciare da sola verso Castelnovo, ha raggiunto Oliosi. Da Monte Vento, il principale punto di osservazione, scorge movimenti di truppe nemiche verso nord-est a dimostrazione che l’esercito imperiale aveva già passato l’Adige.
Non appena, il grosso della 5^ Divisione giunge nei pressi della Pernisa viene fatta oggetto di fuoco da parte del nemico. L’attacco prende di sorpresa tutti e solo dopo un’attenta ricognizione il Gen. Sirtori, convinto sino a quel momento che si trattasse di fuoco amico, diede ordine per assumere le formazioni per la battaglia, ma le truppe austriache erano ormai giunte alle alture intorno alla Pernisa. Le condizioni erano sfavorevoli: l’esercito italiano aveva investito in quell’area circa due divisioni, mentre gli austriaci cinque brigate. Il rapporto numerico era di circa 1 contro 2.
-      III Corpo d’Armata: la 7^ Divisione marciava sin dalle prime ore del mattino lungo la strada per Massimbona con l’obiettivo di sfilare sulla sinistra di Villafranca ed andare a schierarsi presso Ganfardine. L’ordine impartito era quello di muovere con il massimo delle precauzioni dal momento in cui l’unità non disponeva di un adeguato schermo della cavalleria e soprattutto di squadroni preposti all’esplorazione. Il Gen. Bixio, comandante la divisione, era consapevole che alla sua destra poco più avanti stava marciando la 16^ Divisione, che alla sua sinistra si stava muovendo l’8^ Divisione e che in posizione leggermente più arretrata procedeva la 9^ Divisione di riserva.
I distaccamenti avanzati riportavano che Villafranca era completamente sgombera, ma che poco più avanti era presente uno squadrone di ussari austriaci della Brigata Bujanovics seguito da numerose colonne di cavalleria dalla direzione di Sommacampagna e Ganfardine.
Verso le ore 07:00, questi reparti entrano in contatto con le avanguardie della 16^ Divisione con una carica portata all’altezza di Ganfardine. Le avanguardie della divisione a stento riescono a disporsi a quadrato per la difesa, ma una volta completati questi movimenti sono in grado di stemperare l’ardore della carica infliggendo numerose perdite. Stanche e disordinate dopo il primo attacco, le unità austriache subiscono persino un contrattacco da parte dei Cavalleggeri di Alessandria, inviati dal Comando di Corpo d’Armata. Le unità austriache si ritirarono quasi subito dietro Ganfardine, inseguiti senza particolare vigore da alcuni squadroni a cavallo.
Non era trascorsa neanche un’ora da quell’abboccamento quando da Sommacampagna alcuni (tre o quattro) squadroni di Ussari dell’Esercito Imperiale si apprestano a caricare le avanguardie italiane, ma soprattutto la prima linea della 7^ Divisione: il buon addestramento del personale impartito dal Gen. Bixio permise di disperdere la carica con la pronta risposta della fanteria e qualche salva di artiglieria, favorendo così il contrattacco dei Lanceri di Foggia. Il Colonnello Pulz, nell’informare il suo comando superiore, scrive: “un’ora e mezza di combattimento con forte cavalleria nemica […] presso Villafranca […][i].
Numerosi cavalleggeri austriaci nell’evitare il contrattacco italiano sia da parte della 7^, ma soprattutto della 16^ divisione, aggirarono Villafranca in direzione di Massimbona trovandosi, casualmente, nel cuore delle retrovie del III Corpo d’Armata. Con poche scorribande portano il completo scompiglio. Il panico era dilagato, contagiando anche alcuni “reparti di fanteria che insieme al supporto logistico formavano una lunga colonna sino al Mincio[ii]. In quel marasma, infatti, confluivano i carriaggi della 7^ Divisione, le colonne della 9^ Divisione e la Divisione di Cavalleria.



[i] Pollio A., Op. Cit., p. 109.
[ii] Gioannini M. e Massobrio G., Op. Cit., p. 202.

martedì 7 marzo 2017

La Battaglia di Custoza XXI

(a)       Monte Cricol, Custoza, Monte Torre e Monte della Croce (07:30 – 10:00)
-      I Corpo d’Armata:
·       Dalla direzione di Castelnovo iniziavano a scendere colonne di fanteria austriaca che vanno occupando le alture circostanti e minacciando la 1^ Divisione, ma soprattutto l’avanguardia della 5^ Divisione che, avendo sbagliato itinerario, era orfana del grosso dell’unità. La situazione della Brigata Brescia era veramente delicata: minacciata da est e da nord, era stata costretta a disperdersi su una fronte troppo larga, per di più subiva il cannoneggiamento austriaco da San Rocco di Palazzolo. E la situazione non poteva che peggiorare a causa del sopraggiungere di altre colonne di fanteria della Brigata Benko, della Divisione di Fanteria di Riserva, probabilmente per andare a rinforzare le posizioni sulle alture circostanti. Il Monte Cricol cade in mani italiane solo per circostanze fortuite: mentre gli austriaci occupano il monte, venivano fatti oggetto di fuoco di artiglieria da parte delle proprie batterie costringendoli a ripiegare verso Castelnovo da dove, comunque, sopraggiungono i rinforzi. Ma da sud arrivano anche i tanto sospirati rinforzi italiani: la Brigata Pisa, testa della 1^ Divisione, fa assumere la formazione di attacco alle proprie unità che viene scagliato con estrema violenza riuscendo ad impadronirsi di Fenile, Mongabia, lo stesso Monte Cricol, ricacciando gli austriaci. Nel frattempo giungeva da sud il grosso della Divisione, ma “la Brigata Forlì continuava a marciare per quattro […] come se niente fosse, senza il benché minimo accenno a schierarsi a battaglia. A guardarla da lontano, la colonna sembrava una di quelle processioni di paese, allungata e indolente, che quando la testa arriva al santuario, la coda è ancora in piazza[…][i]. La situazione, apparentemente vantaggiosa, era drammaticamente pericolosa perché il dispositivo aveva davanti delle unità pronte al contrattacco, sul fianco destro le unità del V Corpo d’Armata Austriaco, a sinistra il Mincio e dietro la colonna della Brigata Forlì.
Non erano neanche le 09:45 quando quest’unità, testa dell’intera 1^ Divisione, viene completamente travolta fra Monte Cricol e Oliosi dai reparti della Divisione di Riserva dell’Esercito austriaco: “rinculando davanti ai cavalli, le prime file avevano sospinto all’indietro quelle che immediatamente seguivano […] la maggior parte dei soldati non aveva potuto vedere ciò che era successo […], ma aveva avvertito la pressione provocata dal movimento di quanti retrocedevano”[ii]. Esaurita questa carica di cavalleria, la Divisione di Riserva si riorganizza e lancia un attacco “ad ala”. Non soddisfatti, gli austriaci lanciano sul fianco della Brigata Forlì un’altra carica di cavalleria, sicuramente meno incisiva della precedente, ma più che sufficiente a moltiplicare il panico e a diffonderlo nella fila italiane. In questa circostanza anche il Gen. Cerale viene ferito. Come se non bastasse dalla destra di ciò che rimaneva del dispositivo della Brigata Forlì – cioè dalla zona di Oliosi lasciata sguarnita dalla Brigata Brescia, il cui comandante decide unilateralmente di ricongiungersi con il grosso - sopraggiungono i fanti austriaci che iniziano a sparare incessantemente. Sottoposta a questo massacro, la Brigata crolla: migliaia di soldati in fuga, senza un minimo di orgoglio, abbandonavano posizioni ed equipaggiamenti. Molti Ufficiali e Sottufficiali si unirono alla fuga. “La Brigata Forlì aveva cessato di esistere[iii].
Di fronte a questa disfatta e con il fianco sinistro completamente scoperto, gli italiani sono costretti a rischierarsi e a lasciare Monte Cricol. I movimenti retrogradi vengono eseguiti alla perfezione per rischiararsi sulla sinistra della strada che collega Valeggio e Castelnovo sulle alture di Maragnotte, più a sud rispetto ad Oliosi. Inoltre, favorita dalle località e dai frequenti caseggiati, molti drappelli, ben comandati fecero viva ed ostinata resistenza infliggendo ingenti perdite al nemico. Poco dopo, giunge la nomina del Colonnello Dezza quale Comandante di ciò che rimane della 1^ Divisione.  
·       Nel frattempo, nella area di responsabilità della 3^ Divisione, sulle alture intorno a Custoza, si assiste a degli scontri importanti: parte della divisione, impossessatasi della cresta del Monte Torre e Monte della Croce, e udendo rumori di combattimenti provenienti dalla zona di Villafranca, si schiera con la fronte da quella parte. L’unità interessata è la Brigata Granatieri di Sardegna. La Brigata Granatieri di Lombardia, invece, comandata dal Principe Amedeo, prosegue sino a fondo valle tra Custoza e Monte Torre dove il personale, stanco e assetato si dirada per trovare un pò di ristoro. Ma proprio quando nessuno se lo aspettava ecco che inizia un intenso bombardamento austriaco proveniente dalla zona di Staffalo: il tiro non era preciso, ma produsse molte perdite. Si trattava di un fuoco di preparazione per l’assalto dei reparti di fanteria, teso ad impedire il consolidamento degli italiani sulle alture di fronte a Sommacampagna. I Granatieri di Sardegna, con estrema fatica, si ridispongono con la fronte verso nord-ovest riuscendo a resistere valorosamente a ripetuti attacchi frontali. Ma per i Granatieri di Lombardia fu la disfatta: l’unità non era completamente riorganizzata quando fu colpita dal nemico e nella circostanza venne ferito anche il principe Amedeo. Scossi, impauriti e senza comandante, i soldati iniziano a retrocedere verso Custoza. Alle 09:00 la situazione è più che compromessa, la superiorità del nemico sia in termini di uomini che di pezzi di artiglieria e la consapevolezza della presenza di altre unità austriache, già attestate su Monte Molimenti, sanciscono il tracollo della Brigata Granatieri di Lombardia nonostante isolati gruppi di combattenti cercano di tenere le posizioni originarie. Gli austriaci, galvanizzati per il successo e per la posizione favorevole, tentano l’attacco al Monte della Croce dove, pur non soverchiando la Brigata Granatieri di Sardegna, infliggono gravissime perdite, incrinando definitivamente il dispositivo della 3^ Divisione.
-      III Corpo d’Armata
Dopo le ore 09:30 e, comunque, quando la disfatta di alcune unità del I Corpo era ormai completata, alla 9^ Divisione, che costituisce la riserva del III Corpo, viene dato l’ordine di portare soccorso alla 3^ Divisione del Gen. Brignone sulle alture di Custoza.
(b)       La Pernisa (10:30)
La 5^ Divisione del I Corpo d’Armata, ora al completo, con il ricongiungimento dell’avanguardia costituita dalla Brigata Brescia che nella zona di Oliosi aveva subito gravissime perdite, è schierata dinnanzi alla Pernisa con l’obiettivo di attaccare per conquistare la posizione. La mancanza di supporto delle artiglierie, la stanchezza, il caldo e la mancanza di impeto non favorirono il buon esito dell’operazione. Alle brevi avanzate di un fronte seguivano i ripiegamenti dell’altro, ma nessuno sembrava in grado di prevalere o disposto a cedere fino a quando gli austriaci decidono di impiegare forze fresche. Dopo un accurato fuoco di preparazione dell’artiglieria, viene lanciato l’attacco da parte del 28° Reggimento Benedek sotto il cui impeto la prima linea italiana vacilla ed inizia a ripiegare. Nell’eseguire questo movimento retrogrado gli italiani si imbottigliano in una conca che aveva alle spalle il fiume Tione, oltre il quale presentava il ciglio delle Muraglie e di Santa Lucia. Intanto, le batterie che avevano preparato l’attacco, ora dirigono il fuoco sul ciglione di Santa Lucia a pochi passi dalla conca dove c’erano le truppe in ritirata. Centinaia di soldati si accalcavano sul bordo del Tione che presentava un solo ponte di legno. Quindi gran parte degli uomini decise di guadare, sfruttando la esigua profondità. Purtroppo l’altra riva era ripida e scivolosa. Fucili ed equipaggiamento vengono abbandonati per favorire la risalita. Il problema era che dietro la prima linea non c’è nessuno. Al constatare ciò, quello che fino a quel momento era una ritirata disordinata si trasformò in una vera e propria fuga. La confusione era talmente tanta che molti soldati si trovano nel mezzo di cambi di schieramento di altre unità adiacenti che non erano state ancora ingaggiate, portando lo scompiglio e facendo perdere loro il controllo di se stessi che, ignorando i richiami dei propri ufficiali, si frammischiano ai fuggitivi della Brigata Brescia e si dirigono verso le retrovie.
Nel frattempo, il Gen. Durando, Comandante del I Corpo d’Armata, schiera la riserva di corpo intorno a Monte Vento anche grazie a tempestivo, ma limitato intervento della 2^ Divisione. Monte Vento era un’eccellente posizione dove i pezzi di artiglieria potevano battere verso Salionze, verso Oliosi e verso Santa Lucia.
(c)       Custoza
-      Ore 11:30
Come detto, sin dalle 09:30, la riserva del III Corpo d’Armata,  la 9^ Divisione del Gen. Govone era stata tascata per sostenere la 3^ Divisione. La risalita verso Custoza con le truppe in linea pronte al combattimento era abbastanza difficile. Durante questo movimento, molti soldati in ritirata si accingevano a combattere di nuovo, rincuorati dall’arrivo di truppe amiche. Comunque, l’arrivo provvidenziale di una batteria a cavallo scortata dalla cavalleria italiana era l’aiuto insperato che serviva al Gen. Govone. Gli austriaci asserragliati a Custoza erano a questo punto minacciati da sud e da ovest. I fanti italiani, rinvigoriti da questa situazione favorevole, entrano di forza nel paese osservando la ritirata delle truppe imperiali appartenenti al VII Corpo d’Armata verso il Belvedere, che sovrasta Custoza, ma che riescono comunque a mantenere una parte del paese.
-      Ore 12:30
Il Gen. Govone, con un definitivo attacco, riesce a snidare gli ultimi austriaci a Custoza e a farli ritirare finanche oltre il Belvedere che a questo punto è in mani italiane. Da questo momento però inizia un cannoneggiamento da parte dell’artiglieria austriaca proveniente dalla zona di Staffalo che si protrae per parecchio tempo. Questo fuoco però non serve solo a coprire la ritirata, in realtà si tratta di fuoco di preparazione di un contrattacco proveniente da Monte Molimenti. Due colonne austriache puntano su Custoza, l’artiglieria italiana colpisce e ne fa vacillare una, ma l’altra riesce ad avvicinarsi sino ad impadronirsi del Belvedere. I combattimenti sono rapidi e confusi. Dopo due ore di combattimento la situazione è molto difficile: i soldati sfiniti sono sul punto di cedere. Dall’interrogatorio di alcuni prigionieri austriaci, il Gen. Govone capisce che l’Arciduca Alberto sta impegnando due Corpi d’Armata per Custoza che evidentemente è ritenuta una posizione chiave. E lo era perché se Custoza fosse caduta in mano austriaca l’Armata del Mincio veniva tagliata in due tronconi: uno nella zona di Villafranca e uno nella zona di Oliosi.
-      Ore 14:45
Esaurito il fuoco di preparazione, quattro colonne austriache avanzano parallelamente: una lungo la strada che proviene da Staffalo, una dal crinale che porta a Belvedere, le altre due a mezza costa tra Monte Molimenti e il Monte Arabica. Le batterie di artiglieria italiane, che si trovano sul Monte Torre, aprono il fuoco rompendo ampi vuoti tra i serratissimi ranghi austriaci. Non appena a tiro utile, la fanteria italiana apre il fuoco respingendo l’attacco. La 9^ Divisione accenna anche un timido contrattacco esauritosi quasi subito. Il Belvedere torna in mani italiane.
(d)       Santa Lucia/Pernisa e Monte Vento (15:00)
Mentre il Gen. Pianell, già comandante della II Divisione, viene nominato comandante del I Corpo d’Armata, le cui condizioni sono allarmanti, si combatte ancora alacremente:
-      Persa la Pernisa e subito l’attacco che ha causato la fuga di migliaia di soldati sulle rive del Tione, la 5^ Divisione, con le poche risorse rimaste, contrattacca con non poche difficoltà per scacciare gli austriaci dalle rive del fiume. L’operazione ha successo e galvanizza praticamente tutte le unità per inseguire il nemico verso la Pernisa. L’attacco è impetuoso, forse un pò disordinato, ma sicuramente efficace: gli austriaci abbandonano la Pernisa e si riparano dietro le alture. Purtroppo, l’ardore delle unità impegnate e la mancanza di coordinamento di una tale operazione nata spontaneamente, distesero il dispositivo su una schiera troppo lunga, peraltro allo stremo delle forze. Gli austriaci, intuita la difficoltà tattica degli italiani, iniziano a cannoneggiare e subito dopo a far intervenire i reparti di fanteria. Ma non si arrivò nemmeno allo scontro poiché gli italiani della 5^ Divisione, quasi tutti della Brigata Valtellina, si ritirano verso Santa Lucia. Ma la pressione austriaca e la stanchezza fanno vacilalre la coesione e il caos ha il sopravvento. Il Gen. Sirtori, Comandante della 5^ Divisione, da l’ordine di abbandonare ogni posizione e di ritirarsi a Valeggio. In quella occasione circa duecento prigionieri rimangono nelle mani del nemico.
-      Dopo circa due ore di fuoco e controfuoco tra le batterie italiane in forza alla riserva del I Corpo, stanziate sul Monte Vento, e le artiglierie austriache che tiravano dalla zona di Oliosi, senza grandi risultati, gli austriaci spingono verso sud molti reparti di fanteria che in breve tempo iniziarono a minacciare la base del monte. La situazione è delicata anche perché non c’erano collegamenti con le divisioni collaterali e arretrate. Le uniche informazioni che arrivavano era quelle dei fuggitivi e del caos che c’era a Valeggio. Il Gen. Aribaldi-Ghilini, Comandante della Riserva del I Corpo, ritenendo più remunerativo preservare Valeggio e non confidando dei suoi uomini che erano molto stanchi, impartisce l’ordine di abbandonare le posizioni di Monte Vento. La ritirata fu semplicemente da manuale.
(e)       Custoza (16:00-17:30)
Le truppe della 9^ Divisione hanno in mano Custoza e il Belvedere e riescono a respingere tre contrattacchi austriaci, ma sono allo sfinimento. Vengono richiesti rinforzi, ma sono rifiutati dal Gen. Della Rocca per tre volte nonostante nella zona di Villafranca non si combattesse dal mattino.
La battaglia sembra rallentata. Il Gen. Govone da ordine di portare i carri con le vettovaglie per ristorare la truppa che però tardano ad arrivare. Nonostante ciò è il momento del relax per tutti: un sorso d’acqua, una parola con i commilitoni, una battuta, un sigaro. La divisione è schierata tra Custoza-Belvedere, e Monte Torre, mentre sulla destra sono stati stabiliti i collegamenti con l’8^ Divisione, le cui unità si estendono sino alla piana di Villafranca. La situazione delle munizioni, sia per l’artiglieria sia per la fanteria, non è rassicurante in quanto i carri munizioni non erano riusciti a seguire il grosso della divisione sulle alture.
A rompere questo momento di stasi, arriva la notizia che da nord, nord-est, oltre Staffalo, ci sono movimenti di truppe: circa tre o quattro brigate che si preparano ad attaccare. Non basta: truppe austriache sono in avvicinamento anche dalla parte del Monte Mamaor, a significare che il fronte italiano ad ovest è stato travolto. La superiorità austriaca è palese, forse circa 5 a 1. La divisione si sfalda e i soldati di fronte a tanta potenza militare abbandonano le posizioni. La resistenza, molto spesso isolata, non riesce a reggere l’urto: gli austriaci irrompono da diverse parti, riprendono il Belvedere, puntano su Custoza, ma non tralasciano Monte Torre dove c’è il Quartier Generale. Il Gen. Govone, furioso con il comandante del Corpo perché gli ha negato per l’ennesima volta i rinforzi, impartisce gli ordini per la ritirata. Il prezzo che viene pagato, rimarrà nella storia: centinaia di morti in pochissimi minuti di combattimento dove perdono la vita anche molti Ufficiali. Lo stesso comandante di Divisione viene ferito da una scheggia di granata. Sono le truppe del Gen. Möring che entrano a Custoza.
Nel frattempo il Gen. Della Rocca impartisce l’ordine che tutto il III Corpo d’Armata si ritiri da Villafranca verso Goito[iv]. Il movimento viene protetto dalla 7^ Divisione e dalla Cavalleria di linea.



[i] Gioannini M. e Massobrio G., Op. Cit., p. 208.
[ii] Gioannini M. e Massobrio G., Op. Cit., p. 227.
[iii] Gioannini M. e Massobrio G., Op. Cit., p. 229.
[iv] Gioannini M. e Massobrio G., Op. Cit., pp. 254 - 293