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domenica 10 novembre 2019

ARMIR Fronte Russo Operazione Piccolo Saturno 20 novembre 21 Dicembre 1942 I Belligeranti 4

I  BELLIGERANTI  E LE ORIGINi del conflitto 4

( posto già pubblicati in data 20, 24, 29 ottobre, e 5 novembre 2019)
Le popolazioni furono investite da una emissione continua di messaggi in cui era prevalente il tema dello scontro ideologico La partecipazione dell'Italia nella campagna di Russia riveste un ruolo di rilievo per il carattere di guerra ideologica. Mussolini insistette presso i tedeschi per inviare un corpo di spedizione in Russia, nonostante le loro riserve. Si trattò della ripresa della lotta contro il comunismo che aveva costituito la ragion d'essere della precedente presa del potere. Si volle legittimare la missione di fondare una nuova Europa "debolscevizzata" per ottenere la mobilitazione di tutti contro il pericolo rosso.
Di contro, da parte Russa, la propaganda sovietica riservata al fronte interno ripeteva incessantemente che l'Armata rossa era invincibile, che ogni eventuale invasione sarebbe stata bloccata alla frontiera e che la guerra sarebbe poi stata portata sul territorio dell'aggressore. Anche questo contribuì a far accettare con leggerezza l'idea di una vittoria automatica provocando negligenza e scarso realismo nelle attività addestrative.
Non possiamo quindi analizzare la situazione sul fronte russo senza far prima una rapida descrizione delle istituzioni militari dell’Unione Sovietica e dell’Italia all’alba del nuovo conflitto.
I sovietici suddividevano l’arte militare in 3 parti: la strategia, l’arte operativa e la tattica.
La strategia tratta lo studio della condotta della guerra sotto tutti gli aspetti (oltre a quello militare); l’arte operativa è relativa alla teoria e la pratica relative all’organizzazione e condotta di operazioni di un Fronte (gruppo di armate) o di una Armata; la tattica riguarda il combattimento.
Il principio generale che regola la condotta della guerra secondo i sovietici è che essa richiede la mobilitazione di tutte le risorse materiali e morali della Nazione e che quindi, in tal senso, essa richiede la direzione da parte del potere politico.
Il combattimento offensivo è l’aspetto fondamentale delle operazioni sovietiche e si prefigge di sconfiggere il nemico con una offensiva travolgente lanciata con una superiorità di forze e di mezzi schiacciante, nella direzione principale e che prevede, alla fine un inseguimento al fine di conseguire l’annientamento totale del nemico.
L’arte operativa prevede che la condotta di operazioni avvenga per gruppi di Fronti che effettuano l’offensiva strategica. Durante la seconda guerra mondiale le più frequenti operazioni strategiche furono caratterizzate da azioni di accerchiamento di grosse aliquote di forze nemiche. L’accerchiamento era realizzato mediante sforzi esercitati secondo direttrici convergenti, mediante lo sfondamento contemporaneo del fronte e il successivo sviluppo degli sforzi in profondità ed a tergo dell’aliquota principale di forze nemiche; oppure con sforzi combinati, frontali e avvolgenti, al fine di sospingere le forze avversarie verso zone di difficile percorribilità o verso il mare.
Le operazioni offensive 1 si articolavano nella pianificazione e nella condotta vera e propria dell’offensiva:
-     la pianificazione, a cura degli Stati Maggiori, richiedeva normalmente un paio di mesi;
-     la riunione delle unità partecipanti all’attacco, aveva normalmente luogo 50-60 km a tergo delle basi di partenza; le unità partecipanti all’attacco venivano trasportate al fronte poco prima dell’inizio dell’operazione.
L’offensiva avveniva secondo le seguenti fasi:
-     preparazione, che durava da mezz’ora a sei ore; è caratterizzata da: “offensiva di artiglieria”, che accompagna tutte le fasi dell’operazione, spostando il tiro in aderenza all’avanzata della fanteria e dei carri;
-     “offensiva aerea”, in cui l’aviazione interveniva sugli obiettivi situati al di là della gittata dei cannoni e spostava la sua azione in avanti in aderenza all’avanzata del raggio d’azione dell’artiglieria;
-     assalto, effettuato dalla fanteria sempre in cooperazione con i carri; l’obiettivo era di concentrare il maggior numero di forze nella direzione ritenuta più valida, realizzando un urto di massa. In caso di tenuta del nemico le posizioni vengono aggirate a ondate successive sino a consolidare il successo della prima ondata;
-     consolidamento, con cui si respingevano i contrattacchi dell’avversario e si occupano i punti importanti di difesa, perseguendo l’annientamento sistematico dei resti del nemico;
-     sfruttamento del successo, con cui si l’azione offensiva su tutta la profondità dello schieramento avversario, che doveva essere sempre inseguito, accerchiato e distrutto.
Durante la seconda guerra mondiale l’ordine di combattimento è stato modificato: in particolare, fino al 1942 comprendeva un “gruppo d’urto” col compito di attaccare sull’asse principale e un “gruppo di fissaggio” impegnato su una direzione secondaria per distogliere forze nemiche dalla direttrice principale. Dal dicembre 1942, nella operazione “Piccolo Saturno” contro l’8^ Armata italiana, fu adottato un nuovo ordine di combattimento che prevedeva la concentrazione delle forze, della potenza di fuoco e degli altri mezzi bellici tutti nella direzione principale, con forze minime nelle direzioni secondarie.
La formazione di attacco era per scaglioni, a livello, al livello Corpo d’Armata e Armata: i primi scaglioni erano costituiti da Divisioni corazzate, secondi e terzi scaglioni da Divisioni motorizzate, appoggiate dall’artiglieria e dall’aviazione. Il settore di attacco di una Divisione di fanteria aveva normalmente un’ampiezza da 1,5 a 3 km e la dottrina prevedeva che l’attaccante disponesse di una forza da 4 a 6 volte superiore a quella del nemico.
(a cura di Massimo Coltrinari)
(prossimo post in data  15 Novembre 2019)

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