NON SI PUO' COMPRENDERE IL PENSIERO DOTTRINALE TEDESCO DELLA PRIMA E DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE SENZA UNO STUDIO APPROFONDITO E SISTEMATICO DEI LINEAMENTI E DELLE PROCEDURE DI IMPIEGO DELLA BATTAGLIA DI CANNE, COMBATTUTA DA ROMANI E CARTAGINESI NEL 216 A.C.
Sopratutto la battaglia di Caporetto
24 ottobre 10 novembre 1917
rappresenta un esempio classico di questa attuazione
Nel 216 a. C. i Romani
quasi soggiogati dalle vittorie di Annibale decisero di fare un grande sforzo
militare portando il loro esercito a 9 legioni. Al Comando dell'Armata furono preposti
i 2 Consoli Paolo Emilio e Terenzio Varrone. Col consenso del Senato essi si
recarono nell'Apulia per dare ad Annibale una battaglia decisiva. Anche in
Annibale era altrettanto sentito il desiderio di una battaglia risolutiva
poichè in questa guerra di avvisaglie vedeva consumarsi inutilmente le sue
forze e cadere a poco a poco il suo prestigio. Perciò, venuta la primavera, con
rapida azione si impossessò di Canne sull'Ofanto dove i Romani tenevano i
magazzini. Questo atto esasperò i Romani e Varrone, in un giorno in cui aveva
il comando dell'esercito, volle venire a battaglia malgrado i prudenti consigli
di Paolo Emilio, il quale avrebbe voluto misurarsi col nemico, ma in terreno
più accidentato, ove poco valesse la superiorità della cavalleria avversaria.
Le forze romane salivano a circa 80.000
fanti e 6.000 cavalieri, di fronte a 40.000 fanti e 10.000 cavalli di
Cartaginesi.
Varrone lasciò 10.000
uomini di guardia al campo sulla riva sinistra dell'Ofanto, e schierò a
battaglia il resto dell'esercito sulla destra di questo fiume. Le legioni
furono ordinate su 3 linee, ma con intervalli e distanze ristrette, rinunciando
al vantaggio della soverchianza del fronte per avere massa più densa. Pose
all'ala sinistra la migliore cavalleria, della quale prese egli stesso il
comando, mentre l'ala destra venne posta agli ordini di paolo Emilio.
Annibale prese il suo
dispositivo dopo aver veduto lo schieramento del nemico. Il suo piano fu
questo: presentando un ordine di battaglia convesso, egli sperava di attirare i
Romani su questo centro sporgente che rinforzato in tempo opportuno da un corpo
di riserva avrebbe dovuto cedere senza però spezzarsi; allora le sue ali
convergendo verso l'interno avrebbero stretto come in una gigantesca tenaglia
l'esercito avversario.
Venuti alle prese,
Asdrubale si slanciò arditamente sui cavalli di Paolo Emilio, che in breve
tempo riuscì a sbaragliare, mentre la cavalleria nemica, opponendo vigorosa
resistenza all'attacco della numerosa cavalleria avversaria, impedì che questi guadagnasse
terreno e venisse a molestare le fanterie cartaginesi. Subito dopo le legioni
si azzuffarono col centro di Annibale, il quale retrocedette lentamente in modo
da attirare presso a sè i Romani. Venuto il momento opportuno gli africani di
destra e di sinistra effettuarono il prescritto movimento di conversione, verso
l'interno, mentre i cavalieri di Asdrubale, sfilando veloci dietro le schiere
avversarie, piombarono da tergo sui cavalli di Varrone che stavano combattendo
con i numidi e rompevanbo anche quelli. Allora i fanti romani, premuti sui due
fianchi dalle truppe africane e alle spalle dalla cavalleria di Asdrubale,
poterono a stento difendersi. Chiusi entro quel cerchio di ferro che veniva
sempre più restringendosi, i legionari non ebbero più modo nè di manovrare, nè
di valersi delle loro armi. Invano Paolo Emilio tentò di ristabilire le sorti
del combattimento, egli stesso cadde sul campo mentre Varrone riuscì a scampare
con un centinaio di cavalieri. Le perdite romane furono immense, secondo
Polibio salirono a 70.000 uomini.
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