SOLDATI ITALIANI
IN TERRE STRANIERE
Afganistan
Il profilo storico della crisi
1880
Alla fine della prima guerra anglo-afgana, da parte
britannica si scelse il buonsenso per poter in parte mitigare lo smacco subito.
Dal punto di vista afgano, si era ottenuto un riconoscimento di fatto
dell’indipendenza, ma mai accettata da Londra. Esisteva invece, ma soltanto con
Dost Mohammed, un patto non scritto che imponeva ai sovrani di Cabul di rendere
le loro frontiere effettivamente impermeabili alle influenze esterne. La pace
che seguì alla fine delle prima guerra anglo-afgana permise alle varie tribù di
combattere per il predominio all’interno del Paese. Nel 1866 le cose
cominciarono a mutare, quando San Pietroburgo portò a termine l’occupazione di
Bukhara, Taskent e Samarcanda.
La preoccupazione del governo coloniale di Calcutta
era che la frontiera settentrionale dell’Afghanistan, porta di accesso al medio
oriente e all’India poteva essere messa in discussione. In effetti le autorità
russe iniziarono subito a chiedere una corretta definizione dei confini, così
come avvenuto con gli emirati turco-ottomani dell’Asia centrale. In Russia si attivò
un’ambizione imperialistica, che coinvolgeva società e governo avente come
obiettivo l’Asia centrale. Si ebbe così un innalzamento della tensione ed a
Nord dell’Afghanistan iniziarono ad assumere importanza strategica ed economica
alcuni khatani e le città-stato.
I tre khatani rivali di Chiva, Buchara e Kokand
dominavano le terre desertiche tra Caspio e il Pamir, cui si aggiungevano le
città di Samarcanda, Kashgar e Taskent, considerate aree di transito e sbocco
di merci. Nel 1873 Chiva fu conquistata. Il governo zarista, sfruttando il
risentimento afgano contro l’invasione britannica, aveva avuto buon gioco
grazie al consenso ricevuto da Dost Mohammed, che nel frattempo stava spendendo
energie e risorse per affermare la propria autorità nel paese. I russi
riuscirono a ottenere tre obiettivi: evitare che il commercio della regione
finisse nelle mani inglesi; risollevare l’orgoglio imperiale; iniziare a
minacciare la frontiera indiana. Il Nord Afghanistan oramai era sotto controllo
russo, così iniziando a costruire le vie di comunicazione fra i più importanti
centri caduti sotto influenza dello Zar; basti ricordare in tal senso la
costruzione della linea ferroviaria Transcaspiana(1880) fino a Taskent.
Bisogna considerare che l’Afghanistan non ebbe mai un
governo centralizzato efficiente e che l’esistenza di realtà tribali
semi-indipendenti causarono, oltre a problemi di stabilità interna, anche una
serie di continui attriti e piccoli scontri nella permeabile frontiera con
l’India britannica, di cui il già citato Khyber Pass era la porta principale.
L’incidente di Punjab, tra la seconda e terza guerra afgana, che a causa di un
attacco russo a truppe afgane, vide quasi scoppiare la guerra tra Russia e Gran
Bretagna, è sintomatico della reale causa delle guerre afghane. L’Afghanistan,
infatti, al contrario delle generalmente ricche e popolose terre del subcontinente
indiano, non era appetibile dal punto di vista di un’occupazione coloniale.
L’importanza del paese riguardava soprattutto la contesa geo-strategica tra
Russia e Gran Bretagna per il controllo politico e militare della stessa
regione. La Russia ,
infatti, non appena terminata la minaccia napoleonica riprese la sua politica
espansionistica nelle steppe dell’Asia centrale e, come obiettivi ultimi,
l’altopiano del Tibet e dell’Himalaya (di grande importanza strategica come
“punto centrale” tra il decadente impero cinese e l’India britannica), e
l’agognato sbocco sull’Oceano Indiano. L’Afghanistan era quindi il primo passo
verso quest’ultima direzione, mentre il successivo sarebbe stato il Belucistan
(nell’odierno Pakistan). L’Afghanistan ed altri territori dell’Asia centrale
divennero quindi per tutto il corso del XIX sec. e teatro di un gigantesco
scontro di spie e intrighi diplomatico-militari che prese il nome di “Grande
Gioco“. Spie inglesi o di origine indigena percorsero questi luoghi
per cartografarli e valutarne i punti strategici; alle spie si affiancarono
spedizione militari da parte di entrambe le parti in gioco. Furono però gli
inglesi che tentarono maggiormente, in via preventiva nei confronti
dell’avversario russo, la linea dura con delle vere e proprie operazioni
belliche su larga scala. Il governo inglese si trovò quindi ad affrontare una
situazione che stava divenendo insostenibile; lo stesso non era più padrone
della situazione, dal momento che ritirare le truppe dall’Afghanistan era una
segnale della propria debolezza. Gli afgani rimasero sempre un popolo nemico e
critico verso la potenza anglo-indiana e furono per dette ragioni attratti
dalla potenza zarista russa. La Gran Bretagna ha affrontato i pericoli di una
guerra per combattere l’influenza russa nell’Afghanistan; detta influenza
crebbe ugualmente, coincidendo con la caduta di prestigio della corona, che pur
conservando un perno di manovra in Candahar, lo fece con gravi sacrifici, con i
pericoli di essere trascinata in altre guerre e rappresaglie e con la
conseguenza di doversi trovare innanzi la Russia sulla rive dell’Illmend o sui monti dei
Duranai, con forze stremate e con difficoltà a ripianarle sia dalla vicina
India che dalla stessa Inghilterra. I russi consideravano quel territorio troppo
importante strategicamente per lasciare agli afgani stessi la riorganizzazione
autonoma del proprio assetto politico. Nel trovare il candidato “testa di
legno” da mettere sul trono, in questa occasione ebbe la meglio la Russia , che così poteva
fare esclusivamente i suoi interessi. Questo si identificava in Abdur Rahman
Khan, nipote di Dost Mohammed e di Sher Alì, che era vissuto in esilio a
Samarcanda, sotto protezione russa. Lo stesso era stato scelto nel 1880 con una
decisione di compromesso in seguito allo stallo militare della seconda guerra
afgana.
Gli Inglesi ben compresero come l’Afghanistan restava
il fulcro del “Grande Gioco” ed i passi Khyber e Bolan, le più naturali vie di
accesso per un’invasione dell’India. La tensione salì ad alti livelli quando
nel 1877 i russi invasero la
Turchia. Nel febbraio del 1878 gli stessi arrivarono alle
porte di Costantinopoli e solo la presenza della flotta inglese sui Dardanelli
fece cambiare idea allo zar Alessandro. Solo con il Congresso di Berlino del
1878 la crisi di risolse, lasciando però scontenti i russi, rispetto a quanto
conquistato durante la guerra. Crisi risolta solo grazie alla diplomazia
inglese.
Nel 1873 la
Russia era quindi soddisfatta di quanto stava accadendo sul
fronte afgano, ove la diplomazia stava predisponendo un trattato di pace con
Sher Ali Khan, il figlio di Dost Mohammed, che aveva vinto la tremenda disputa
per il potere con gli altri due fratelli nel 1868. I russi fecero quindi una
mossa nello scacchiere del “Grande Gioco”, definendo le loro frontiere
centro-asiatiche con l’Afghanistan ed impegnandosi a rispettarne l’integrità
territoriale.
Gli inglesi videro in ciò una forma di attivismo russo
sulla frontiera occidentale indiana. La rabbia esplose quando nel luglio del
1878 gli afgani ricevettero a Cabul una missione diplomatica russa guidata dal
generale Stoliatov e nel contempo negarono analoga missione agli inglesi: gesto
interpretato come definitiva ostilità.
Le forze in campo nella
ESERCITO
ANGLO-INDIANO
ESERCITO
AFGANO
In Afghanistan
vi era disorganizzazione completa e mancanza di una linea di comando; gli
insorti non erano ben ordinati, nè condotti da capi energici e risoluti: si può
parlare di movimento isolato di guerriglieri. Tra i comandanti, si ricorda
Mahomet-jan, un ufficiale subalterno di artiglieria ed Eiub-Khan, a capo di
reggimenti dell’esercito di Cabul. Si elencano di seguito varie etnie in lotta:
gli Afridi, la cavalleria irregolare dei Ghilzai, distinta in tre reggimenti
con a capo Pandscha-Khan, la cavalleria dei Duranai, i Mohomand e gli Usbecchi
di Transcaucasia. Le formazioni regolari si possono identificare nell’esercito
di Herat ed in quello di Cabul. Il comandante delle forze regolari afgane era
Daud Scia. Le milizie disorganizzate erano di stanza ad Herat; le altre erano
disseminate nella Transcaucasia, cioè tra l'Indocusch e l'Amu Daria di fronte
alla Russia. Nell'Herat erano presenti i soldati di Àimac e di Hesarai.
I
piani operativi
Si evidenzia che tra le tre colonne
anglo-indiane, che alla fine del 1878 aprirono le ostilità contro
l'Afghanistan, vi era preminenza di cavalleria ed artiglieria rispetto alle
proporzioni ordinarie del tempo; preponderanza della cavalleria, per meglio
esplorare largamente dinanzi ed ai fianchi, guardarsi le spalle, conservare un
vivace e continuo servizio di raccordo. Inoltre era necessario controbattere la
numerosa cavalleria irregolare dei Ghilzai e dei Duranai, specie nel centro
dell' Afghanistan; ciò dal momento che in quel paese, così vario e convulso,
pieno di alti o bassipiani era inevitabile l’impiego dell'arma veloce per
eccellenza. L'artiglieria era preponderante particolarmente nella colonna del
sud, perché con i lunghi, precisi ed efficaci tiri, esercitava un grande
prestigio morale e materiale, anche perché gli afgani si fortificano ovunque e
quindi necessitava abbattere le loro rozze trincee e sgominarne i difensori. Le
tre colonne erano destinate ad operare a enormi distanze l’una dalle altre,
separate da tali ostacoli geografici, da non essere in grado di comunicare fra
loro neppure con il telegrafo o con l'eliografo.
a.
Le Forze in campo
(a)
Entità e
qualità
(b)
Dislocazione
iniziale
Le truppe disponibili
anglo-indiane per un'operazione contro l'Afghanistan toccavano circa i 34.000
uomini, dei quali 12.000 europei. Circa la collocazione dell’esercito inglese,
nel settembre 1878, lo stesso si raccolse alle frontiere dell’Afghanistan sotto
il comando di Sir G.P. Haynes. Occorreva comunque tempo per riunire le truppe
dai lontani presidi, per trascinare fino ai valichi montani sia
l’artiglieria che i carreggi. L'india
aveva due grandi linee ferroviarie strategiche: una delle quali partiva dalle
bocche del Gange e ne seguiva il corso per poi lanciarsi nella gola formata dai
deserti indiani e dall'Himalaja, a Lahore, dove incontrava l'altra ferrovia che
veniva dalle bocche dell'Indo; unite proseguivano lungo la via segnata dalle
carovane e dagli eserciti invasori, verso la frontiera afgana, verso Peschavar
e verso il passo di Cheiber. Ma alla vigilia delle ostilità, malgrado la
tendenza che sempre spiccava nella politica anglo-indiana di porre le mani
sull'Afghanistan, nonostante gli esempi dell'America o la perseverante
operosità inglese, la ferrovia non giungeva che fino a Jehlum, non vi erano
ponti sull'Indo, mancavano strade ordinarie ed i trasporti divenivano
difficilissimi proprio nel “tallone di Achille” della frontiera indiana.
Le operazioni della seconda guerra afgana
Il
21 novembre 1878 iniziò la 2^ guerra anglo-afghana.[2] Gli
inglesi disponevano di 34.000 uomini - di cui 12.000 europei -, divisi in tre
colonne (una per ogni valico nella frontiera nemica). La prima colonna da Peschavar
mirava al valico di Cheiber. Era sotto il comando di sir Samuele Browne, un
veterano delle guerre indiane e si componeva di due divisioni costituite da una
forza di 16.300 uomini, dei quali 7500 europei (12.000 fanti, 2300 cavalli e 66
cannoni).
La seconda colonna doveva partire
da Cohat ed attraversare per il passo di Kuram. Le prime due colonne, l'una sul
versante settentrionale, l'altra sul meridionale di Sefid-Cu, separate da monti
impraticabili, dovevano marciare contro la capitale nemica. La seconda colonna,
detta pure di Kuram, era agli ordini del generale Roberts, già capo di stato
maggiore dell'esercito del Bengala e noto per la sua bravura personale nella
guerra di Abissinia e nella repressione dell'insurrezione dell'India. La
componevano due brigate di fanteria ed un reggimento di cavalleria, con alle
spalle il presidio di Cohat, potendo così contare su 5600 uomini, di cui 1800
europei (3900 fanti, 816 cavalli e 18 cannoni).
La terza colonna si riunì a
Quetta, al di là del passo di Bolancon, con destinazione Candahar, al comando
del generale Stewart, già comandante di Brigata in Abissinia ed infaticabile
conduttore di piccole scorrerie contro gli Indiani. La componevano due
divisioni della forza di 11.590 unità, dei quali 3380 europei (7600 fanti, 2880
cavalli e 64 cannoni).
I reggimenti mobilizzati di
fanteria indiana erano dotati di fucili a retrocarica, mentre prima li avevano
ad avancarica. La colonna di Quetta, doveva attaccare la fortezza di Candahar,
e quindi, nel proseguire sopra Kabul, doveva occupare le città di
Calat-i-Ghilzai e di Gazni. Oltre le batterie a cavallo, aveva batterie da
posizione, obici, mortai ed un piccolo parco di assedio, portati da elefanti.
Ma dal momento che detti animali non potevano essere abituate al fuoco, a
ciascuna batteria furono assegnati 300 buoi. Per i trasporti delle tre colonne
si credette necessario utilizzare 100.000 cammelli, basandosi sulle esperienze
della campagna di quarant'anni addietro, in cui se ne erano utilizzati circa
200.000.
Gli
inglesi marciavano con una enorme quantità di servi ed impedimenti vari che
finivano con impacciarli[3]. Le
colonne erano fragili e vulnerabili, ma gli afgani erano disorganizzati e mal
guidati per spazzarle via[4].
Nell'esercito inglese emergeva il valore dei fieri Gurkhas (o montanari),
specialmente nella colonna del generale Roberts. L'età media delle reclute era
tra i 18 ed i 22 anni; la ferma ordinaria era di tre anni, cui poteva seguire
la rafferma. Gli ufficiali provenivano dalla truppa, ma, salvo rarissime eccezioni,
non superavano il grado di capitano. L'uniforme era inglese, ma invece
dell'elmo di feltro grigio, gli indigeni avevano il turbante. Pittoresca era la
cavalleria, divisa in lancieri e cavalleggeri, vestita all'orientale con il
capo cinto da uno scialle di kashmir, col pastrano tessuto di crini di
cammello. I cavalli erano provenienti
dall'Australia o dal Capo di Buona Speranza.
Le due prime colonne (quelle agli
ordini di Cheiber e di Kuram) miravano su Cabul, ma non potevano congiungersi
se non dopo aver sconfitto tutti i nemici posti lungo la via delle operazioni.
La terza colonna aveva come obiettivo la città strategica di Candahar (al
confine tra Persia e Russia ed avrebbe dovuto seguire la via già percorsa dalla principale colonna nella prima spedizione
contro l'Afghanistan). Ma la
Persia , angosciata dalle sue lotte intestine, era rispettata
dagli anglo-indiani, che con dieci navi da guerra armate di settantadue cannoni
guardava le coste del Golfo Persico. Da parte russa non vi era apprensione,
perché aveva richiamato il generale Kaufmann, già in marcia con diciottomila
uomini verso Balch, da una parte, e verso Merw dzz dall'altra, ossia verso la
frontiera settentrionale dell'Afghanistan. Inoltre la Russia aveva espresso
intenzioni assai rassicuranti, che avevano trovato conferma nel ritiro dalla
corte di Scir Alì del legato Kossganow ed inoltre era impegnata contro i
rivoltosi ottomani. Pertanto la colonna
di Bolan e di Quetta andava a perdere importanza strategica. Così venne
indebolita per rinforzare la guardia ai confini. Non rimaneva quindi che
l'operazione principale, l'azione offensiva affidata alle due prime colonne.
Il
comandante supremo, generale Haynes, a Calcutta per non intralciare l'autonomia
dei singoli comandanti, pretese di dirigere le operazioni principali (per
telegrafo!). Ciò comportò ritardi ed incertezze[5]. La
colonna di Browne doveva superare il passo di Cheiber ed avanzare fino a Dakka;
la colonna di Roberts stabilirsi nella profonda valle di Kuram e sconfiggere le
tribù degli Afridi. La colonna di Steward, passare il confine ed occupare la
valle di Piscin. Il generale Browne, assicuratosi degli Afridi e dei Mohomand,
mosse defilato per l'aspra strada che portava al forte di Alì Muscid, allo
scopo di farlo cadere con un attacco. Ma la colonna, non conoscendo il terreno
tagliato da profondi burroni e dominato da scogliere, fra mille possibili
agguati, non giunse per tempo pur avendo marciato per ben 23 ore senza sosta.
Browne, impaziente, attaccò ancora lo stesso giorno con l’ala sinistra, che
dovette retrocedere lasciando sul terreno una quarantina di soldati. All'alba
dell'indomani fu aperto il fuoco con l’artiglieria, cui nessuno rispose, segno
che nella notte la forte posizione era stata abbandonata. Ventiquattro cannoni,
fucili e munizioni, cammelli e muli, caddero nelle mani degli inglesi.
Il
21 novembre le tre colonne inglesi erano al confine, ma dovettero attendere la
primavera per le successive principali operazioni[6].
Il 23 novembre, preceduto dalla
cavalleria, il corpo di Browne marciò su Dakka, tappa indispensabile per
raccogliere viveri e munizioni, per guardarsi intorno, in modo da prepararsi a
forzare Jellalabad e le battaglie successive. La via era tutt'altro che sicura,
anche se soltanto 65 km
separavano Dakka da Peschavar, e la presenza di due forti ben presidiati.
Nel frattempo lo stesso giorno
della dichiarazione di guerra (21 novembre) la colonna di Roberts entrava senza
colpo ferire nel territorio afgano, nel punto dove esce il Kuram, andando ad
occupare due alture di frontiera cinte di mura e rafforzate da torri circolari;
le stesse erano difese da afgani, mentre, sgombro di nemici, era il forte di
Mohamet Azim, già perno di scorrerie degli Afgani nella valle dell'Indo. Ma la
via si faceva sempre più aspra e selvaggia lungo il letto di un torrente
disseccato. Enormi massi caduti dall'alto o trascinati dalle acque
interrompevano il canale, sotto alture ove si innalzava il Peivar (3000 metri sul livello
del mare). In ogni villaggio ivi presente, cinto di muraglie, vi erano
nascondigli per imboscate od agguati. Roberts, alla testa di un reggimento di
cavalleria, si spinse in ricognizione, finché intercettati gli Afgani,dovette
ripiegare sulla sua fanteria. Solo il 29 novembre lo stesso generale avanzò con
la speranza di sorprendere gli Afgani sul fianco destro e sconfiggerli: ma
l'attacco fu vigorosamente respinto, al punto che convenne ricorrere ad un
aggiramento pericoloso per piombare sulla linea di ritirata. La mossa ottenne
un successo. Gli Afgani, non avendola scoperta per tempo, cominciarono a
ritirarsi; poi, presi dal panico, scapparono precipitosamente. Le perdite
anglo-indiane raggiunsero un centinaio, tra morti e feriti; gli afgani deceduti
furono 130.
Le truppe anglo-indiane erano
esauste. Dopo Ali-Chei, vi era il passo di Scutargardan, che sul versante
meridionale dei Sefid-Cu dalla valle del Kuram, si immetteva nella valle del
Logar, uno dei confluenti principali del fiume Cabul. Nelle immediate vicinanze
ergeva Cabul, mentre a sinistra, coperta da poggi boscosi, sorgeva Gazni, la
fortezza montana che sbarrava la strada fra Kabul e Candahar. Roberts sperava
di sboccare dal valico, di sorprendere le truppe afgane al crocevia di Cuschi,
di scendere a Cabul e di compiere egli, alla testa della minore tra le colonne,
l'operazione decisiva della campagna. All'uopo egli inviò una squadra di
ricognizione nella stretta, che procedette con facilità; ma ciò era il preludio
alla resistenza afgana che da lì a poco tempo si sarebbe sprigionata. Pertanto,
convenne per le truppe inglesi retrocedere al forte di Kuram.
Alla
ripresa delle ostilità, gli inglesi giunsero con facilità nelle valli verso
Cabul. Ma la situazione non era affatto rosea. Browne dovette frazionare le già
ridotte forze su grandi distanze ed un terreno sconosciuto; la decisione di
attaccare senza attendere rinforzi e non utilizzando l'artiglieria ridusse
sensibilmente le munizioni disponibili[7].
Mentre il 26 dicembre il generale Roberts proclamò
decaduto l'emiro e annesse il distretto di Kuram (120.000 abitanti), alcune
tribù compivano attacchi alle linee inglesi, logorando il morale ed il fisico
delle truppe[8].
La colonna di Quetta, alla fine
di novembre, incominciò le sue operazioni contro la frontiera, in direzione di
Candahar. Gli Inglesi, già da parecchio tempo (1876) dalla valle dell'Indo
avevano spinto un presidio nella montana Quetta, allo scopo di sottomettere il
Belutcistan dell’emiro di Chelat, sia per assicurarsi il varco di Bolan, sia
per avere una posizione di rispetto sulla via delle carovane tra l'Afghanistan
e l'India, nonché per poter scendere rapidamente all'Argandab ed all’Illmend.
Ma la posizione non era certo delle migliori, causa l'asprezza della strada e
per le continue minacce dei nomadi lungo le pendici meridionali dei Solimano.
Quetta era un ammasso di capanne e case di terra sopra un cocuzzolo intorno ad
un vecchio castello e cinte di una muraglia, ridotta a terrapieno dalle truppe
anglo-indiane
Il
clima invernale era freddissimo, le truppe soggette a molte malattie (specie gli
indiani e le reclute europee)[9].
All'inizio della campagna un
piccolo battaglione di pionieri composto da 260 uomini, vale a dire più che
metà dell'effettivo, erano ammalati. I saccardi, mal coperti e denutriti,
perivano di freddo, come pure i cammelli, destinati ai trasporti. Molte accuse
pesano sull'intendenza anglo-indiana, dal momento che due mesi dopo l'ultimatum che trascinava inevitabilmente
alla guerra, poteva avere per teatro principale di operazione le aree di
Candahar, poiché a Quetta si giunse sprovvisti di ogni adeguato
equipaggiamento. Inoltre la testa della seconda divisione, destinata a marciare
contro l'Afghanistan, giunse a Quetta solo il 16 dicembre, cioè quasi un mese
dopo la dichiarazione di guerra, tre mesi dopo l’ultimatum. Prima venne occupata la valle di Piscin, a pochi
chilometri dalla frontiera; dopo le truppe entrarono nella stretta di Codscha,
la porta di Candahar. Pochi colpi bastarono a far deporre le armi a 1200
Afgani. La marcia continuò tranquillamente per la valle del Dorì fino alle
porte della città, che, malgrado le sue muraglie, i suoi fossati e canali, il
suo armamento e il suo presidio, non oppose alcuna resistenza. Gli Inglesi vi
entrarono esattamente l'11 gennaio.
Nulla si opponeva in quel paese
dilaniato da interne conflittualità ed in preda all’anarchia, ove regnava la
rivalità tra i vari capi. Le milizie disorganizzate erano tenute ad Herat, dove
si era formato una specie di regno a parte; le altre erano disseminate nella
Transcaucasia, cioè tra l'Indocusch e l'Amu Daria di fronte alla Russia.
Nessuna idea di direzione o comando superiore; ignoranza completa di quanto
stava per accadere.
Il
29 novembre l'emiro afgano Scir Alì, aveva accettato l’ultimatum inglese
riaffermando le antiche buone relazioni tra i due popoli, ma ciò non arrestò le
operazioni anglo-indiane né rinvigorì la resistenza[10]
(l’abdicazione fu giudicata da molti coma una fuga vigliacca, da altri un piano
di difesa calcolato: Jacub-Khan rappresentava agli occhi delle tribù la lotta
contro lo straniero[11]).
Sebbene
l’esito apparisse favorevole, le preoccupazioni inglesi aumentavano[12]: le
comunicazioni erano difficili, i soldati
uccisi non venivano rimpiazzati, l'eco della riscossa afgana si propagava.
II maggiore Cavagnari intraprese
piccole spedizioni contro le bande locali, corrompendone a volte i capi. Il
generale Browne, il 20 dicembre, entrò a Jellalabad, frazionando le sue truppe
lungo la valle del fiume Kabul. Anche il generale Stewart, sentitosi trascinare
dal successo incontrastato e giunto a Candahar, distese le truppe a ventaglio,
spingendo una colonna sulla strada di Cabul, per la valle del Tarnac ed
un'altra lungo la strada per Herat, sulla riva destra deIl’Argandab. Neppure
queste due colonne trovarono resistenza, per cui lo stesso Steward poté entrare
liberamente nella città montana di Calat-i-Ghilzai (5760 piedi sul livello
del mare), tra Candahar e Gazni e in prossimità della zona dei non ancora
sconfitti Ghilzai. La seconda colonna si stabilì a Ghiriscic, posto avanzato di
Candahar verso Herat, alla frontiera della zona abitata dai Duranai, che
agitati da discordie intestine, non si erano ancora accordati. Ma su di un
territorio vasto quanto l'Italia, diviso da parecchie catene longitudinali,
tagliato superiormente dal Sefid-Cu (che potrebbero paragonarsi alle Alpi in
Italia), si trovarono le tre piccole colonne, circa 35.000 combattenti, senza
comunicazione fra loro, disseminate in gruppi e slegati in piccoli drappelli,
composti da manipoli di servi malsicuri, carreggi e bestie da traino. Gli
afgani avevano buon gioco in detta situazione, per cui quando Jacub-Khan
assunse definitivamente la corona di Cabul e fra le popolazioni incominciarono
a balenare segni di malcontento e di lotta, il generale Stewart ritirò le due
colonne a Candahar, abbandonando dunque Calat-i-Ghilzai e Ghiriscic. La
retroguardia di Biddulph fu incalzata verso la fine di febbraio, correndo il
serio rischio di essere rovesciata. Nel marzo gli attacchi si rinnovarono
frequenti ed ostinati, portate avanti da piccole fazioni. Gli anglo-indiani
tenendosi sulle difese riportarono poche perdite, mentre molti afgani furono
uccisi.
La
strategia inglese prevedeva una marcia offensiva su Cabul e Jacub-Khan,
credendo di non poter resistere, stipulò un trattato tra Inghilterra ed
Afghanistan. Nel frattempo Candahar era quasi interamente sgombrata[13].
La colonna di Cheiber era
notevolmente assottigliata; i trasporti si facevano più difficili in
conseguenza della perdita di 60.000 cammelli durante la campagna antecedente;
tra gli Indiani vi erano tante diserzioni, al punto che i reggimenti di
fanteria erano ridotti a 600 uomini, quelli di cavalleria a 300. Lo stato
sanitario delle truppe era pessimo, perché dopo tante battaglie il colera,
oltre ad uccidere numerosi soldati, deprimeva il morale dei soldati, assai più
degli agguati e delle imboscate.
Tra
gli afgani si sparse la notizia dei fatti accaduti a Cabul. All'odio contro lo
straniero, al desiderio dell'indipendenza, si univa, specie fra i montanari,
l'odio religioso che si basava sul concetto di “guerra santa” e sterminio degli
infedeli. La colonna più vicina a Cabul, meno travagliata dalle malattie e dai
congedi, era quella del generale Roberts[14].
A
Londra regnava impazienza per la fine del conflitto. Il 3 settembre del 1879 il
Maggiore Louis Cavagnari, rappresentante di Sua Maestà a Cabul, venne
circondato presso la residenza diplomatica nella capitale dagli afgani (causa
apparente fu il mancato pagamento di paghe ad ex soldati locali). Gli occupanti
si difesero valorosamente, ma 4 ufficiali inglesi, le loro famiglie e la
scorta, per un totale di 79 persone, furono trucidate.
Non sembrava che l'emiro fosse complice nell'orrendo
massacro, ma egli non aveva saputo né prevedere né reprimere l’insurrezione:
per astuzia o per codardia, egli implorava pietà, nel frattempo le sue truppe
si preparavano alla difesa estrema contro i tre obiettivi inglesi (battere
all’aperto gli afgani; occupare Cabul; mutare la linea di operazione)[15].
Il generale Roberts, il 12 ottobre, fece il suo ingresso
trionfale nella capitale. Il 16 ottobre, però, scoppiarono i primi tafferugli ,
tanto che Roberts preferì accamparsi sui poggi di Schirpur, trincerandosi tutto
intorno.
Nel frattempo Jacub-Khan, dopo pochi mesi di governo
tempestoso, abdicava in favore di suo figlio. Roberts proclamò l’alto patronato
dell'Inghilterra sull'Afghanistan. Le popolazioni cominciarono ad insorgere
contro lo straniero, di monte in monte. Le truppe inglesi furono attaccate e
dovettero ritirarsi verso Candahar.
Nella valle del
Kuram gli attacchi afgani erano giornalieri; per la fame, per il freddo e per
paura di nemici invisibili gli inglesi cominciarono a ritirarsi, tenendo quel
posto avanzato della frontiera con l’India. Le popolazioni locali erano
riservate, i viveri scarsi, la strada malsicura; gli inglesi chiedevano
rinforzi[16],
gli afgani non riuscivano a cacciare il nemico. All’alba del 23 dicembre gli
afgani attaccarono, ma Roberts li anticipò grazie all’attività delle spie e le
truppe inglesi costrinsero gli afgani al ripiegamento. Il giorno dopo fu
rioccupata Cabul. La famiglia reale fu inviata in esilio in India. Nel
frattempo gli afgani di Kui-Baba, armati, si ribellavano. Verso Herat le cose
non andarono meglio per gli inglesi, ma la situazione era difficile per entrambi
i contendenti. Roberts a Cabul era quasi circondato, i rinforzi non bastavano a
compensare le perdite. A Mainwand, un contingente britannico fu quasi
annientato. A Roberts non rimase altro che condurre il suo esercito a Candahar:
per gli inglesi era l’ennesimo tentativo andato in fumo di prendere Cabul. La
guerra proseguì con piccole scaramucce, fino all’aprile del 1881, quando da
Calcutta giunse l’ordine di ritirarsi. La seconda guerra anglo-afgana era
finita.
a.
Gli avvenimenti politici ed economici
durante le operazioni
(1)
Iniziative politiche ed economiche dei belligeranti
Si ricorda, durante le ostilità, il “trattato di
Gundamak”, il 7 maggio 1879,
in cui Jacub-Khan credette di non poter più resistere
alle operazioni belliche anglo-indiane, che prevedeva eterna amicizia tra
Inghilterra ed Afghanistan, l'amnistia per gli afgani amici degli
anglo-indiani, obbligo per l'emiro di consigliarsi, nelle sue relazioni
internazionali con il governo britannico, che si impegna a difendere gli afgani
da ogni attacco ed infine la nomina di un agente inglese con sede a scorta a
Cabul.
(2)
Interferenze di Parti o Paesi: NN
(3)
Interferenze di “movimenti” simpatizzanti: NN
(4)
Interforze di neutrali: NN
b.
Considerazioni riepilogative
(1)
Sull’impostazione, lo sviluppo ed i risultati delle
operazioni di guerra
(2)
Sui riflessi esercitati su di esse dagli avvenimenti
politici ed economici verificatisi durante il loro svolgimento
Non
si è trattato di un trionfo inglese, anche se è difficile sostenere che
l’esercito di Londra sia stato sconfitto. L’Afghanistan uscì dal conflitto come
un Paese riconosciuto e questo può considerarsi il risultato più duraturo che
ha ottenuto. Ritornando alla figura di Rahman-Khan, lo stesso era considerato,
da entrambe le potenze in competizione, Russia e gran Bretagna, un re che non
avrebbe fatto gli interessi né degli uni né degli altri, ma solo del suo
popolo. In ciò vi era la necessità di liberarsi di un gravoso fardello,
politicamente scomodo. Dette interferenze esterne provocarono enorme confusione
interna. Rahman, noto come l’Emiro di Ferro fu lui a chiarire il dilemma in
un’autobiografia ritenuta autentica sul ruolo del suo Paese. Lo stesso non era
però accettato all’unanimità dal popolo afgano: infatti il suo controllo
comprendeva la capitale e la parte Nord del Paese. Ad Herat, il cugino Ayub
Khan iniziò autonomamente a pretendere il trono, riuscendo anche a sconfiggere
le truppe britanniche a Kandahar.
L’esercito inglese riuscì però a reagire e a cacciare dalla città le
truppe di Eiub-Khan, che fu offerta al controllo di Rahman. La stessa era
considerata crocevia fondamentale che non poteva solo essere evacuata ed
inoltre gli afgani sarebbero così stati più inclini sostenere la politica
inglese, se gli inglesi non avessero interferito negli affari
dell’Afghanistan. Abdur Rahman accettò
il ruolo di stato cuscinetto che gli inglesi diedero al Paese, non riuscendo
però a sedare definitivamente le tribù ostili che non ne riconoscevano
l’autorità. L’Emiro di Ferro accettò la perdita di regioni di confine oggetto
di contenzioso con l’India britannica, ingoiò i rospi della Durand Line, che
nel 1893 venne tracciata, stabilendo la frontiera occidentale dell’Afghanistan,
e del corridoio di Wakhan ed acconsentì a cedere alla Gran Bretagna la direzione
della politica estera afgana. In cambio l’emiro ricevette 1,2 milioni di rupie
in contributi annuali, aumentati a 1,85 milioni dopo che si inchinò davanti
all’imposizione dei confini, cosa che gli fece guadagnare di volta in volta un
premio in armamenti inglesi, riuscendo a
costituire un esercito nazionale permanente. Ma
mentre si dotava di armi moderne, impediva la nascita di scuole e ferrovie
moderne.
All’inizio degli
anni ottanta gli inglesi avevano così creato uno Stato cuscinetto
ragionevolmente stabile, che li proteggesse da interferenze russe, mettendo al
sicuro le ricchezze dell’India britannica. Gli attuali confini afgani risalgono
infatti al regno di Abdur Rahman. I russi non erano disposti a restare a
guardare. Nel 1877 la città di Kashgar era tornata a far parte dello Xinjiang,
il Turkmenistan cinese, con critiche enormi di Pietroburgo, che potè soltanto
mantenere un console nella città, avviando altresì un’intensa attività
commerciale con un vantaggio di tempo rilevante rispetto agli inglesi.
[1] Il
Comando supremo inglese prevedeva: il Comandante generale Sir G.P. Haynes, che
coordinava le operazioni da Calcutta;
sul terreno, il Comandante generale: S. r. G. Roberts; il Capo di
Stato Maggiore: Col. Macgregor; il Comandante di Artiglieria: Col. Gordon; il
Comandante di Cavalleria: Maggiore Generale Duham Masy; il Comandante della 1^
Brigata Fanteria: Maggiore Generale Macpherson; il Comandante seconda Brigata
Fanteria: Maggiore Generale Baker; il Comandante terza Brigata Fanteria: Col. F.H.
Jenkins.
[3] Allegato A -
NOTE – 2^ guerra, nota 3.
[4] Allegato A -
NOTE – 2^ guerra, nota 4.
[5] Allegato A -
NOTE – 2^ guerra, nota 5.
[6] Allegato A -
NOTE – 2^ guerra, nota 6.
[7] Allegato A -
NOTE – 2^ guerra, nota 7.
[8] Allegato A -
NOTE – 2^ guerra, nota 8.
[9] Allegato A -
NOTE – 2^ guerra, nota 9.
[10] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 10.
[11] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 11.
[12] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 12.
[13] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 13.
[14] Allegato A -
NOTE – 2^ guerra, nota 14.
[15] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 15.
[16] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 16.
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