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sabato 15 marzo 2014

La Seconda Guerra Afgana 1880


SOLDATI  ITALIANI IN TERRE STRANIERE
Afganistan
Il profilo storico della crisi

La Seconda  Guerra Afgana
1880

Alla fine della prima guerra anglo-afgana, da parte britannica si scelse il buonsenso per poter in parte mitigare lo smacco subito. Dal punto di vista afgano, si era ottenuto un riconoscimento di fatto dell’indipendenza, ma mai accettata da Londra. Esisteva invece, ma soltanto con Dost Mohammed, un patto non scritto che imponeva ai sovrani di Cabul di rendere le loro frontiere effettivamente impermeabili alle influenze esterne. La pace che seguì alla fine delle prima guerra anglo-afgana permise alle varie tribù di combattere per il predominio all’interno del Paese. Nel 1866 le cose cominciarono a mutare, quando San Pietroburgo portò a termine l’occupazione di Bukhara, Taskent e Samarcanda.
La preoccupazione del governo coloniale di Calcutta era che la frontiera settentrionale dell’Afghanistan, porta di accesso al medio oriente e all’India poteva essere messa in discussione. In effetti le autorità russe iniziarono subito a chiedere una corretta definizione dei confini, così come avvenuto con gli emirati turco-ottomani dell’Asia centrale. In Russia si attivò un’ambizione imperialistica, che coinvolgeva società e governo avente come obiettivo l’Asia centrale. Si ebbe così un innalzamento della tensione ed a Nord dell’Afghanistan iniziarono ad assumere importanza strategica ed economica alcuni khatani e le città-stato.
I tre khatani rivali di Chiva, Buchara e Kokand dominavano le terre desertiche tra Caspio e il Pamir, cui si aggiungevano le città di Samarcanda, Kashgar e Taskent, considerate aree di transito e sbocco di merci. Nel 1873 Chiva fu conquistata. Il governo zarista, sfruttando il risentimento afgano contro l’invasione britannica, aveva avuto buon gioco grazie al consenso ricevuto da Dost Mohammed, che nel frattempo stava spendendo energie e risorse per affermare la propria autorità nel paese. I russi riuscirono a ottenere tre obiettivi: evitare che il commercio della regione finisse nelle mani inglesi; risollevare l’orgoglio imperiale; iniziare a minacciare la frontiera indiana. Il Nord Afghanistan oramai era sotto controllo russo, così iniziando a costruire le vie di comunicazione fra i più importanti centri caduti sotto influenza dello Zar; basti ricordare in tal senso la costruzione della linea ferroviaria Transcaspiana(1880) fino a Taskent.
Bisogna considerare che l’Afghanistan non ebbe mai un governo centralizzato efficiente e che l’esistenza di realtà tribali semi-indipendenti causarono, oltre a problemi di stabilità interna, anche una serie di continui attriti e piccoli scontri nella permeabile frontiera con l’India britannica, di cui il già citato Khyber Pass era la porta principale. L’incidente di Punjab, tra la seconda e terza guerra afgana, che a causa di un attacco russo a truppe afgane, vide quasi scoppiare la guerra tra Russia e Gran Bretagna, è sintomatico della reale causa delle guerre afghane. L’Afghanistan, infatti, al contrario delle generalmente ricche e popolose terre del subcontinente indiano, non era appetibile dal punto di vista di un’occupazione coloniale. L’importanza del paese riguardava soprattutto la contesa geo-strategica tra Russia e Gran Bretagna per il controllo politico e militare della stessa regione. La Russia, infatti, non appena terminata la minaccia napoleonica riprese la sua politica espansionistica nelle steppe dell’Asia centrale e, come obiettivi ultimi, l’altopiano del Tibet e dell’Himalaya (di grande importanza strategica come “punto centrale” tra il decadente impero cinese e l’India britannica), e l’agognato sbocco sull’Oceano Indiano. L’Afghanistan era quindi il primo passo verso quest’ultima direzione, mentre il successivo sarebbe stato il Belucistan (nell’odierno Pakistan). L’Afghanistan ed altri territori dell’Asia centrale divennero quindi per tutto il corso del XIX sec. e teatro di un gigantesco scontro di spie e intrighi diplomatico-militari che prese il nome di “Grande Gioco“. Spie inglesi o di origine indigena percorsero questi luoghi per cartografarli e valutarne i punti strategici; alle spie si affiancarono spedizione militari da parte di entrambe le parti in gioco. Furono però gli inglesi che tentarono maggiormente, in via preventiva nei confronti dell’avversario russo, la linea dura con delle vere e proprie operazioni belliche su larga scala. Il governo inglese si trovò quindi ad affrontare una situazione che stava divenendo insostenibile; lo stesso non era più padrone della situazione, dal momento che ritirare le truppe dall’Afghanistan era una segnale della propria debolezza. Gli afgani rimasero sempre un popolo nemico e critico verso la potenza anglo-indiana e furono per dette ragioni attratti dalla potenza zarista russa. La Gran Bretagna ha affrontato i pericoli di una guerra per combattere l’influenza russa nell’Afghanistan; detta influenza crebbe ugualmente, coincidendo con la caduta di prestigio della corona, che pur conservando un perno di manovra in Candahar, lo fece con gravi sacrifici, con i pericoli di essere trascinata in altre guerre e rappresaglie e con la conseguenza di doversi trovare innanzi la Russia sulla rive dell’Illmend o sui monti dei Duranai, con forze stremate e con difficoltà a ripianarle sia dalla vicina India che dalla stessa Inghilterra. I russi consideravano quel territorio troppo importante strategicamente per lasciare agli afgani stessi la riorganizzazione autonoma del proprio assetto politico. Nel trovare il candidato “testa di legno” da mettere sul trono, in questa occasione ebbe la meglio la Russia, che così poteva fare esclusivamente i suoi interessi. Questo si identificava in Abdur Rahman Khan, nipote di Dost Mohammed e di Sher Alì, che era vissuto in esilio a Samarcanda, sotto protezione russa. Lo stesso era stato scelto nel 1880 con una decisione di compromesso in seguito allo stallo militare della seconda guerra afgana.
Gli Inglesi ben compresero come l’Afghanistan restava il fulcro del “Grande Gioco” ed i passi Khyber e Bolan, le più naturali vie di accesso per un’invasione dell’India. La tensione salì ad alti livelli quando nel 1877 i russi invasero la Turchia. Nel febbraio del 1878 gli stessi arrivarono alle porte di Costantinopoli e solo la presenza della flotta inglese sui Dardanelli fece cambiare idea allo zar Alessandro. Solo con il Congresso di Berlino del 1878 la crisi di risolse, lasciando però scontenti i russi, rispetto a quanto conquistato durante la guerra. Crisi risolta solo grazie alla diplomazia inglese.

Nel 1873 la Russia era quindi soddisfatta di quanto stava accadendo sul fronte afgano, ove la diplomazia stava predisponendo un trattato di pace con Sher Ali Khan, il figlio di Dost Mohammed, che aveva vinto la tremenda disputa per il potere con gli altri due fratelli nel 1868. I russi fecero quindi una mossa nello scacchiere del “Grande Gioco”, definendo le loro frontiere centro-asiatiche con l’Afghanistan ed impegnandosi a rispettarne l’integrità territoriale.
Gli inglesi videro in ciò una forma di attivismo russo sulla frontiera occidentale indiana. La rabbia esplose quando nel luglio del 1878 gli afgani ricevettero a Cabul una missione diplomatica russa guidata dal generale Stoliatov e nel contempo negarono analoga missione agli inglesi: gesto interpretato come definitiva ostilità.
Le forze in campo nella
ESERCITO ANGLO-INDIANO
La Gran Bretagna, in India, aveva 60000 unità circa di truppe europee, con nr. 6000 ufficiali inglesi. In complesso, unitamente alle forze indigene, l’esercito anglo-indiano si componeva di 186.000 uomini(146000 fanti, 23000 cavalieri, 13000 artiglieri e 3600 pionieri). Inoltre vi erano 300.000 uomini dipendenti, ma su cui non si poteva fare affidamento, in quanto male armati e poco addestrati.[1]
ESERCITO AFGANO
 In Afghanistan vi era disorganizzazione completa e mancanza di una linea di comando; gli insorti non erano ben ordinati, nè condotti da capi energici e risoluti: si può parlare di movimento isolato di guerriglieri. Tra i comandanti, si ricorda Mahomet-jan, un ufficiale subalterno di artiglieria ed Eiub-Khan, a capo di reggimenti dell’esercito di Cabul. Si elencano di seguito varie etnie in lotta: gli Afridi, la cavalleria irregolare dei Ghilzai, distinta in tre reggimenti con a capo Pandscha-Khan, la cavalleria dei Duranai, i Mohomand e gli Usbecchi di Transcaucasia. Le formazioni regolari si possono identificare nell’esercito di Herat ed in quello di Cabul. Il comandante delle forze regolari afgane era Daud Scia. Le milizie disorganizzate erano di stanza ad Herat; le altre erano disseminate nella Transcaucasia, cioè tra l'Indocusch e l'Amu Daria di fronte alla Russia. Nell'Herat erano presenti i soldati di Àimac e di Hesarai.

I piani operativi
Si evidenzia che tra le tre colonne anglo-indiane, che alla fine del 1878 aprirono le ostilità contro l'Afghanistan, vi era preminenza di cavalleria ed artiglieria rispetto alle proporzioni ordinarie del tempo; preponderanza della cavalleria, per meglio esplorare largamente dinanzi ed ai fianchi, guardarsi le spalle, conservare un vivace e continuo servizio di raccordo. Inoltre era necessario controbattere la numerosa cavalleria irregolare dei Ghilzai e dei Duranai, specie nel centro dell' Afghanistan; ciò dal momento che in quel paese, così vario e convulso, pieno di alti o bassipiani era inevitabile l’impiego dell'arma veloce per eccellenza. L'artiglieria era preponderante particolarmente nella colonna del sud, perché con i lunghi, precisi ed efficaci tiri, esercitava un grande prestigio morale e materiale, anche perché gli afgani si fortificano ovunque e quindi necessitava abbattere le loro rozze trincee e sgominarne i difensori. Le tre colonne erano destinate ad operare a enormi distanze l’una dalle altre, separate da tali ostacoli geografici, da non essere in grado di comunicare fra loro neppure con il telegrafo o con l'eliografo.
a.   Le Forze in campo
(a)     Entità e qualità
(b)    Dislocazione iniziale
Le truppe disponibili anglo-indiane per un'operazione contro l'Afghanistan toccavano circa i 34.000 uomini, dei quali 12.000 europei. Circa la collocazione dell’esercito inglese, nel settembre 1878, lo stesso si raccolse alle frontiere dell’Afghanistan sotto il comando di Sir G.P. Haynes. Occorreva comunque tempo per riunire le truppe dai lontani presidi, per trascinare fino ai valichi montani sia l’artiglieria  che i carreggi. L'india aveva due grandi linee ferroviarie strategiche: una delle quali partiva dalle bocche del Gange e ne seguiva il corso per poi lanciarsi nella gola formata dai deserti indiani e dall'Himalaja, a Lahore, dove incontrava l'altra ferrovia che veniva dalle bocche dell'Indo; unite proseguivano lungo la via segnata dalle carovane e dagli eserciti invasori, verso la frontiera afgana, verso Peschavar e verso il passo di Cheiber. Ma alla vigilia delle ostilità, malgrado la tendenza che sempre spiccava nella politica anglo-indiana di porre le mani sull'Afghanistan, nonostante gli esempi dell'America o la perseverante operosità inglese, la ferrovia non giungeva che fino a Jehlum, non vi erano ponti sull'Indo, mancavano strade ordinarie ed i trasporti divenivano difficilissimi proprio nel “tallone di Achille” della frontiera indiana.
Le operazioni della seconda guerra afgana
Il 21 novembre 1878 iniziò la 2^ guerra anglo-afghana.[2] Gli inglesi disponevano di 34.000 uomini - di cui 12.000 europei -, divisi in tre colonne (una per ogni valico nella frontiera nemica). La prima colonna da Peschavar mirava al valico di Cheiber. Era sotto il comando di sir Samuele Browne, un veterano delle guerre indiane e si componeva di due divisioni costituite da una forza di 16.300 uomini, dei quali 7500 europei (12.000 fanti, 2300 cavalli e 66 cannoni).
La seconda colonna doveva partire da Cohat ed attraversare per il passo di Kuram. Le prime due colonne, l'una sul versante settentrionale, l'altra sul meridionale di Sefid-Cu, separate da monti impraticabili, dovevano marciare contro la capitale nemica. La seconda colonna, detta pure di Kuram, era agli ordini del generale Roberts, già capo di stato maggiore dell'esercito del Bengala e noto per la sua bravura personale nella guerra di Abissinia e nella repressione dell'insurrezione dell'India. La componevano due brigate di fanteria ed un reggimento di cavalleria, con alle spalle il presidio di Cohat, potendo così contare su 5600 uomini, di cui 1800 europei (3900 fanti, 816 cavalli e 18 cannoni).
La terza colonna si riunì a Quetta, al di là del passo di Bolancon, con destinazione Candahar, al comando del generale Stewart, già comandante di Brigata in Abissinia ed infaticabile conduttore di piccole scorrerie contro gli Indiani. La componevano due divisioni della forza di 11.590 unità, dei quali 3380 europei (7600 fanti, 2880 cavalli e 64 cannoni).
I reggimenti mobilizzati di fanteria indiana erano dotati di fucili a retrocarica, mentre prima li avevano ad avancarica. La colonna di Quetta, doveva attaccare la fortezza di Candahar, e quindi, nel proseguire sopra Kabul, doveva occupare le città di Calat-i-Ghilzai e di Gazni. Oltre le batterie a cavallo, aveva batterie da posizione, obici, mortai ed un piccolo parco di assedio, portati da elefanti. Ma dal momento che detti animali non potevano essere abituate al fuoco, a ciascuna batteria furono assegnati 300 buoi. Per i trasporti delle tre colonne si credette necessario utilizzare 100.000 cammelli, basandosi sulle esperienze della campagna di quarant'anni addietro, in cui se ne erano utilizzati circa 200.000.
Gli inglesi marciavano con una enorme quantità di servi ed impedimenti vari che finivano con impacciarli[3]. Le colonne erano fragili e vulnerabili, ma gli afgani erano disorganizzati e mal guidati per spazzarle via[4]. Nell'esercito inglese emergeva il valore dei fieri Gurkhas (o montanari), specialmente nella colonna del generale Roberts. L'età media delle reclute era tra i 18 ed i 22 anni; la ferma ordinaria era di tre anni, cui poteva seguire la rafferma. Gli ufficiali provenivano dalla truppa, ma, salvo rarissime eccezioni, non superavano il grado di capitano. L'uniforme era inglese, ma invece dell'elmo di feltro grigio, gli indigeni avevano il turbante. Pittoresca era la cavalleria, divisa in lancieri e cavalleggeri, vestita all'orientale con il capo cinto da uno scialle di kashmir, col pastrano tessuto di crini di cammello. I cavalli erano provenienti  dall'Australia o dal Capo di Buona Speranza.
Le due prime colonne (quelle agli ordini di Cheiber e di Kuram) miravano su Cabul, ma non potevano congiungersi se non dopo aver sconfitto tutti i nemici posti lungo la via delle operazioni. La terza colonna aveva come obiettivo la città strategica di Candahar (al confine tra Persia e Russia ed avrebbe dovuto seguire la via già percorsa dalla  principale colonna nella prima spedizione contro l'Afghanistan). Ma la Persia, angosciata dalle sue lotte intestine, era rispettata dagli anglo-indiani, che con dieci navi da guerra armate di settantadue cannoni guardava le coste del Golfo Persico. Da parte russa non vi era apprensione, perché aveva richiamato il generale Kaufmann, già in marcia con diciottomila uomini verso Balch, da una parte, e verso Merw dzz dall'altra, ossia verso la frontiera settentrionale dell'Afghanistan. Inoltre la Russia aveva espresso intenzioni assai rassicuranti, che avevano trovato conferma nel ritiro dalla corte di Scir Alì del legato Kossganow ed inoltre era impegnata contro i rivoltosi ottomani. Pertanto la  colonna di Bolan e di Quetta andava a perdere importanza strategica. Così venne indebolita per rinforzare la guardia ai confini. Non rimaneva quindi che l'operazione principale, l'azione offensiva affidata alle due prime colonne.


Il comandante supremo, generale Haynes, a Calcutta per non intralciare l'autonomia dei singoli comandanti, pretese di dirigere le operazioni principali (per telegrafo!). Ciò comportò ritardi ed incertezze[5]. La colonna di Browne doveva superare il passo di Cheiber ed avanzare fino a Dakka; la colonna di Roberts stabilirsi nella profonda valle di Kuram e sconfiggere le tribù degli Afridi. La colonna di Steward, passare il confine ed occupare la valle di Piscin. Il generale Browne, assicuratosi degli Afridi e dei Mohomand, mosse defilato per l'aspra strada che portava al forte di Alì Muscid, allo scopo di farlo cadere con un attacco. Ma la colonna, non conoscendo il terreno tagliato da profondi burroni e dominato da scogliere, fra mille possibili agguati, non giunse per tempo pur avendo marciato per ben 23 ore senza sosta. Browne, impaziente, attaccò ancora lo stesso giorno con l’ala sinistra, che dovette retrocedere lasciando sul terreno una quarantina di soldati. All'alba dell'indomani fu aperto il fuoco con l’artiglieria, cui nessuno rispose, segno che nella notte la forte posizione era stata abbandonata. Ventiquattro cannoni, fucili e munizioni, cammelli e muli, caddero nelle mani degli inglesi.

Il 21 novembre le tre colonne inglesi erano al confine, ma dovettero attendere la primavera per le successive principali operazioni[6].
Il 23 novembre, preceduto dalla cavalleria, il corpo di Browne marciò su Dakka, tappa indispensabile per raccogliere viveri e munizioni, per guardarsi intorno, in modo da prepararsi a forzare Jellalabad e le battaglie successive. La via era tutt'altro che sicura, anche se soltanto 65 km separavano Dakka da Peschavar, e la presenza di due forti ben presidiati.
Nel frattempo lo stesso giorno della dichiarazione di guerra (21 novembre) la colonna di Roberts entrava senza colpo ferire nel territorio afgano, nel punto dove esce il Kuram, andando ad occupare due alture di frontiera cinte di mura e rafforzate da torri circolari; le stesse erano difese da afgani, mentre, sgombro di nemici, era il forte di Mohamet Azim, già perno di scorrerie degli Afgani nella valle dell'Indo. Ma la via si faceva sempre più aspra e selvaggia lungo il letto di un torrente disseccato. Enormi massi caduti dall'alto o trascinati dalle acque interrompevano il canale, sotto alture ove si innalzava il Peivar (3000 metri sul livello del mare). In ogni villaggio ivi presente, cinto di muraglie, vi erano nascondigli per imboscate od agguati. Roberts, alla testa di un reggimento di cavalleria, si spinse in ricognizione, finché intercettati gli Afgani,dovette ripiegare sulla sua fanteria. Solo il 29 novembre lo stesso generale avanzò con la speranza di sorprendere gli Afgani sul fianco destro e sconfiggerli: ma l'attacco fu vigorosamente respinto, al punto che convenne ricorrere ad un aggiramento pericoloso per piombare sulla linea di ritirata. La mossa ottenne un successo. Gli Afgani, non avendola scoperta per tempo, cominciarono a ritirarsi; poi, presi dal panico, scapparono precipitosamente. Le perdite anglo-indiane raggiunsero un centinaio, tra morti e feriti; gli afgani deceduti furono 130.
Le truppe anglo-indiane erano esauste. Dopo Ali-Chei, vi era il passo di Scutargardan, che sul versante meridionale dei Sefid-Cu dalla valle del Kuram, si immetteva nella valle del Logar, uno dei confluenti principali del fiume Cabul. Nelle immediate vicinanze ergeva Cabul, mentre a sinistra, coperta da poggi boscosi, sorgeva Gazni, la fortezza montana che sbarrava la strada fra Kabul e Candahar. Roberts sperava di sboccare dal valico, di sorprendere le truppe afgane al crocevia di Cuschi, di scendere a Cabul e di compiere egli, alla testa della minore tra le colonne, l'operazione decisiva della campagna. All'uopo egli inviò una squadra di ricognizione nella stretta, che procedette con facilità; ma ciò era il preludio alla resistenza afgana che da lì a poco tempo si sarebbe sprigionata. Pertanto, convenne per le truppe inglesi retrocedere al forte di Kuram.



Alla ripresa delle ostilità, gli inglesi giunsero con facilità nelle valli verso Cabul. Ma la situazione non era affatto rosea. Browne dovette frazionare le già ridotte forze su grandi distanze ed un terreno sconosciuto; la decisione di attaccare senza attendere rinforzi e non utilizzando l'artiglieria ridusse sensibilmente le munizioni disponibili[7].
Mentre il 26 dicembre il generale Roberts proclamò decaduto l'emiro e annesse il distretto di Kuram (120.000 abitanti), alcune tribù compivano attacchi alle linee inglesi, logorando il morale ed il fisico delle truppe[8].
La colonna di Quetta, alla fine di novembre, incominciò le sue operazioni contro la frontiera, in direzione di Candahar. Gli Inglesi, già da parecchio tempo (1876) dalla valle dell'Indo avevano spinto un presidio nella montana Quetta, allo scopo di sottomettere il Belutcistan dell’emiro di Chelat, sia per assicurarsi il varco di Bolan, sia per avere una posizione di rispetto sulla via delle carovane tra l'Afghanistan e l'India, nonché per poter scendere rapidamente all'Argandab ed all’Illmend. Ma la posizione non era certo delle migliori, causa l'asprezza della strada e per le continue minacce dei nomadi lungo le pendici meridionali dei Solimano. Quetta era un ammasso di capanne e case di terra sopra un cocuzzolo intorno ad un vecchio castello e cinte di una muraglia, ridotta a terrapieno dalle truppe anglo-indiane
Il clima invernale era freddissimo, le truppe soggette a molte malattie (specie gli indiani e le reclute europee)[9].
All'inizio della campagna un piccolo battaglione di pionieri composto da 260 uomini, vale a dire più che metà dell'effettivo, erano ammalati. I saccardi, mal coperti e denutriti, perivano di freddo, come pure i cammelli, destinati ai trasporti. Molte accuse pesano sull'intendenza anglo-indiana, dal momento che due mesi dopo l'ultimatum che trascinava inevitabilmente alla guerra, poteva avere per teatro principale di operazione le aree di Candahar, poiché a Quetta si giunse sprovvisti di ogni adeguato equipaggiamento. Inoltre la testa della seconda divisione, destinata a marciare contro l'Afghanistan, giunse a Quetta solo il 16 dicembre, cioè quasi un mese dopo la dichiarazione di guerra, tre mesi dopo l’ultimatum. Prima venne occupata la valle di Piscin, a pochi chilometri dalla frontiera; dopo le truppe entrarono nella stretta di Codscha, la porta di Candahar. Pochi colpi bastarono a far deporre le armi a 1200 Afgani. La marcia continuò tranquillamente per la valle del Dorì fino alle porte della città, che, malgrado le sue muraglie, i suoi fossati e canali, il suo armamento e il suo presidio, non oppose alcuna resistenza. Gli Inglesi vi entrarono esattamente l'11 gennaio.
Nulla si opponeva in quel paese dilaniato da interne conflittualità ed in preda all’anarchia, ove regnava la rivalità tra i vari capi. Le milizie disorganizzate erano tenute ad Herat, dove si era formato una specie di regno a parte; le altre erano disseminate nella Transcaucasia, cioè tra l'Indocusch e l'Amu Daria di fronte alla Russia. Nessuna idea di direzione o comando superiore; ignoranza completa di quanto stava per accadere.

Il 29 novembre l'emiro afgano Scir Alì, aveva accettato l’ultimatum inglese riaffermando le antiche buone relazioni tra i due popoli, ma ciò non arrestò le operazioni anglo-indiane né rinvigorì la resistenza[10] (l’abdicazione fu giudicata da molti coma una fuga vigliacca, da altri un piano di difesa calcolato: Jacub-Khan rappresentava agli occhi delle tribù la lotta contro lo straniero[11]).

Sebbene l’esito apparisse favorevole, le preoccupazioni inglesi aumentavano[12]: le comunicazioni erano  difficili, i soldati uccisi non venivano rimpiazzati, l'eco della riscossa afgana si propagava.
II maggiore Cavagnari intraprese piccole spedizioni contro le bande locali, corrompendone a volte i capi. Il generale Browne, il 20 dicembre, entrò a Jellalabad, frazionando le sue truppe lungo la valle del fiume Kabul. Anche il generale Stewart, sentitosi trascinare dal successo incontrastato e giunto a Candahar, distese le truppe a ventaglio, spingendo una colonna sulla strada di Cabul, per la valle del Tarnac ed un'altra lungo la strada per Herat, sulla riva destra deIl’Argandab. Neppure queste due colonne trovarono resistenza, per cui lo stesso Steward poté entrare liberamente nella città montana di Calat-i-Ghilzai (5760 piedi sul livello del mare), tra Candahar e Gazni e in prossimità della zona dei non ancora sconfitti Ghilzai. La seconda colonna si stabilì a Ghiriscic, posto avanzato di Candahar verso Herat, alla frontiera della zona abitata dai Duranai, che agitati da discordie intestine, non si erano ancora accordati. Ma su di un territorio vasto quanto l'Italia, diviso da parecchie catene longitudinali, tagliato superiormente dal Sefid-Cu (che potrebbero paragonarsi alle Alpi in Italia), si trovarono le tre piccole colonne, circa 35.000 combattenti, senza comunicazione fra loro, disseminate in gruppi e slegati in piccoli drappelli, composti da manipoli di servi malsicuri, carreggi e bestie da traino. Gli afgani avevano buon gioco in detta situazione, per cui quando Jacub-Khan assunse definitivamente la corona di Cabul e fra le popolazioni incominciarono a balenare segni di malcontento e di lotta, il generale Stewart ritirò le due colonne a Candahar, abbandonando dunque Calat-i-Ghilzai e Ghiriscic. La retroguardia di Biddulph fu incalzata verso la fine di febbraio, correndo il serio rischio di essere rovesciata. Nel marzo gli attacchi si rinnovarono frequenti ed ostinati, portate avanti da piccole fazioni. Gli anglo-indiani tenendosi sulle difese riportarono poche perdite, mentre molti afgani furono uccisi.

La strategia inglese prevedeva una marcia offensiva su Cabul e Jacub-Khan, credendo di non poter resistere, stipulò un trattato tra Inghilterra ed Afghanistan. Nel frattempo Candahar era quasi interamente sgombrata[13].
La colonna di Cheiber era notevolmente assottigliata; i trasporti si facevano più difficili in conseguenza della perdita di 60.000 cammelli durante la campagna antecedente; tra gli Indiani vi erano tante diserzioni, al punto che i reggimenti di fanteria erano ridotti a 600 uomini, quelli di cavalleria a 300. Lo stato sanitario delle truppe era pessimo, perché dopo tante battaglie il colera, oltre ad uccidere numerosi soldati, deprimeva il morale dei soldati, assai più degli agguati e delle imboscate.

Tra gli afgani si sparse la notizia dei fatti accaduti a Cabul. All'odio contro lo straniero, al desiderio dell'indipendenza, si univa, specie fra i montanari, l'odio religioso che si basava sul concetto di “guerra santa” e sterminio degli infedeli. La colonna più vicina a Cabul, meno travagliata dalle malattie e dai congedi, era quella del generale Roberts[14].

A Londra regnava impazienza per la fine del conflitto. Il 3 settembre del 1879 il Maggiore Louis Cavagnari, rappresentante di Sua Maestà a Cabul, venne circondato presso la residenza diplomatica nella capitale dagli afgani (causa apparente fu il mancato pagamento di paghe ad ex soldati locali). Gli occupanti si difesero valorosamente, ma 4 ufficiali inglesi, le loro famiglie e la scorta, per un totale di 79 persone, furono trucidate.
Non sembrava che l'emiro fosse complice nell'orrendo massacro, ma egli non aveva saputo né prevedere né reprimere l’insurrezione: per astuzia o per codardia, egli implorava pietà, nel frattempo le sue truppe si preparavano alla difesa estrema contro i tre obiettivi inglesi (battere all’aperto gli afgani; occupare Cabul; mutare la linea di operazione)[15].
Il generale Roberts, il 12 ottobre, fece il suo ingresso trionfale nella capitale. Il 16 ottobre, però, scoppiarono i primi tafferugli , tanto che Roberts preferì accamparsi sui poggi di Schirpur, trincerandosi tutto intorno.
Nel frattempo Jacub-Khan, dopo pochi mesi di governo tempestoso, abdicava in favore di suo figlio. Roberts proclamò l’alto patronato dell'Inghilterra sull'Afghanistan. Le popolazioni cominciarono ad insorgere contro lo straniero, di monte in monte. Le truppe inglesi furono attaccate e dovettero ritirarsi verso Candahar.

Nella valle del Kuram gli attacchi afgani erano giornalieri; per la fame, per il freddo e per paura di nemici invisibili gli inglesi cominciarono a ritirarsi, tenendo quel posto avanzato della frontiera con l’India. Le popolazioni locali erano riservate, i viveri scarsi, la strada malsicura; gli inglesi chiedevano rinforzi[16], gli afgani non riuscivano a cacciare il nemico. All’alba del 23 dicembre gli afgani attaccarono, ma Roberts li anticipò grazie all’attività delle spie e le truppe inglesi costrinsero gli afgani al ripiegamento. Il giorno dopo fu rioccupata Cabul. La famiglia reale fu inviata in esilio in India. Nel frattempo gli afgani di Kui-Baba, armati, si ribellavano. Verso Herat le cose non andarono meglio per gli inglesi, ma la situazione era difficile per entrambi i contendenti. Roberts a Cabul era quasi circondato, i rinforzi non bastavano a compensare le perdite. A Mainwand, un contingente britannico fu quasi annientato. A Roberts non rimase altro che condurre il suo esercito a Candahar: per gli inglesi era l’ennesimo tentativo andato in fumo di prendere Cabul. La guerra proseguì con piccole scaramucce, fino all’aprile del 1881, quando da Calcutta giunse l’ordine di ritirarsi. La seconda guerra anglo-afgana era finita.
a.   Gli avvenimenti politici ed economici durante le operazioni
(1)    Iniziative politiche ed economiche dei belligeranti
Si ricorda, durante le ostilità, il “trattato di Gundamak”, il 7 maggio 1879, in cui Jacub-Khan credette di non poter più resistere alle operazioni belliche anglo-indiane, che prevedeva eterna amicizia tra Inghilterra ed Afghanistan, l'amnistia per gli afgani amici degli anglo-indiani, obbligo per l'emiro di consigliarsi, nelle sue relazioni internazionali con il governo britannico, che si impegna a difendere gli afgani da ogni attacco ed infine la nomina di un agente inglese con sede a scorta a Cabul.
(2)    Interferenze di Parti o Paesi: NN
(3)    Interferenze di “movimenti” simpatizzanti: NN
(4)    Interforze di neutrali: NN
b.   Considerazioni riepilogative
(1)    Sull’impostazione, lo sviluppo ed i risultati delle operazioni di guerra
La Gran Bretagna, trascinata da una politica aggressiva, si trovava con forze indebolite ed impegnate in teatri distanti del mondo. La catastrofe d'Isandula aveva avuto in Europa un ritorno negativo. Nell'Africa settentrionale l’influenza britannica aveva ricevuto un duro colpo da Ismail, vice rè dell'Egitto; mentre Caffì, re degli Ascianti, nell'Africa occidentale aveva respinto lo offerte inglesi di farsi intermediaria tra lui ed il re di Adansa. Quando le truppe britanniche erano impegnate nel labirinto dell'Afghanistan, il re Thibo di Birmania cominciava a mostrare intenzioni belligeranti; nè era possibile richiamarlo al dovere con quell'esercito anglo-indiano, tutto attirato verso la frontiera opposta. Vi era inoltre la questione d'Oriente e i pericoli da parte della Russia, determinata alla conquista di Cipro. Ecco i motivi per cui il governo inglese cercasse di finire quella guerra afgana ormai ingloriosa, che si prolungava oltre misura, che stava per diventare sanguinosa, con stenti per i soldati in termini di fame e freddo.
(2)    Sui riflessi esercitati su di esse dagli avvenimenti politici ed economici verificatisi durante il loro svolgimento
Non si è trattato di un trionfo inglese, anche se è difficile sostenere che l’esercito di Londra sia stato sconfitto. L’Afghanistan uscì dal conflitto come un Paese riconosciuto e questo può considerarsi il risultato più duraturo che ha ottenuto. Ritornando alla figura di Rahman-Khan, lo stesso era considerato, da entrambe le potenze in competizione, Russia e gran Bretagna, un re che non avrebbe fatto gli interessi né degli uni né degli altri, ma solo del suo popolo. In ciò vi era la necessità di liberarsi di un gravoso fardello, politicamente scomodo. Dette interferenze esterne provocarono enorme confusione interna. Rahman, noto come l’Emiro di Ferro fu lui a chiarire il dilemma in un’autobiografia ritenuta autentica sul ruolo del suo Paese. Lo stesso non era però accettato all’unanimità dal popolo afgano: infatti il suo controllo comprendeva la capitale e la parte Nord del Paese. Ad Herat, il cugino Ayub Khan iniziò autonomamente a pretendere il trono, riuscendo anche a sconfiggere le truppe britanniche a Kandahar.  L’esercito inglese riuscì però a reagire e a cacciare dalla città le truppe di Eiub-Khan, che fu offerta al controllo di Rahman. La stessa era considerata crocevia fondamentale che non poteva solo essere evacuata ed inoltre gli afgani sarebbero così stati più inclini sostenere la politica inglese, se gli inglesi non avessero interferito negli affari dell’Afghanistan.  Abdur Rahman accettò il ruolo di stato cuscinetto che gli inglesi diedero al Paese, non riuscendo però a sedare definitivamente le tribù ostili che non ne riconoscevano l’autorità. L’Emiro di Ferro accettò la perdita di regioni di confine oggetto di contenzioso con l’India britannica, ingoiò i rospi della Durand Line, che nel 1893 venne tracciata, stabilendo la frontiera occidentale dell’Afghanistan, e del corridoio di Wakhan ed acconsentì a cedere alla Gran Bretagna la direzione della politica estera afgana. In cambio l’emiro ricevette 1,2 milioni di rupie in contributi annuali, aumentati a 1,85 milioni dopo che si inchinò davanti all’imposizione dei confini, cosa che gli fece guadagnare di volta in volta un premio in armamenti inglesi, riuscendo a  costituire un esercito nazionale permanente. Ma mentre si dotava di armi moderne, impediva la nascita di scuole e ferrovie moderne.
All’inizio degli anni ottanta gli inglesi avevano così creato uno Stato cuscinetto ragionevolmente stabile, che li proteggesse da interferenze russe, mettendo al sicuro le ricchezze dell’India britannica. Gli attuali confini afgani risalgono infatti al regno di Abdur Rahman. I russi non erano disposti a restare a guardare. Nel 1877 la città di Kashgar era tornata a far parte dello Xinjiang, il Turkmenistan cinese, con critiche enormi di Pietroburgo, che potè soltanto mantenere un console nella città, avviando altresì un’intensa attività commerciale con un vantaggio di tempo rilevante rispetto agli inglesi.







[1] Il Comando supremo inglese prevedeva: il Comandante generale Sir G.P. Haynes, che coordinava le operazioni da Calcutta;  sul terreno, il Comandante generale: S. r. G. Roberts; il Capo di Stato Maggiore: Col. Macgregor; il Comandante di Artiglieria: Col. Gordon; il Comandante di Cavalleria: Maggiore Generale Duham Masy; il Comandante della 1^ Brigata Fanteria: Maggiore Generale Macpherson; il Comandante seconda Brigata Fanteria: Maggiore Generale Baker; il Comandante terza Brigata Fanteria: Col. F.H. Jenkins. 

[2]  Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 2.
[3]  Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 3.
[4]  Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 4.
[5]  Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 5.
[6]  Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 6.
[7]  Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 7.
[8]  Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 8.
[9]  Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 9.
[10] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 10.
[11] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 11.
[12] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 12.
[13] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 13.
[14]  Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 14.
[15] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 15.
[16] Allegato A - NOTE – 2^ guerra, nota 16.

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