SOLDATI ITALIANI
IN TERRE STRANIERE
Afganistan
Il profilo storico della crisi
Nel 1809, si erano avuti
i primi contati diretti tra Londra e il governo afghano, quando la Gran Bretagna
impegnò tutte le sue forze nel Medio Oriente, dalla Persia ad Aden, al fine di
contrastare da ogni parte possibile i progetti di Napoleone sull'India, aiutato
dalla Russia e dalla Persia. L'accordo anglo-afghano contro la Francia
prevedeva anche l'opposizione afghana a un'eventuale invasione persiana
dell'India, ciò nel caso che la Persia avesse accettato di appoggiare in
qualche modo la Francia, in seguito al trattato franco-persiano del 1807. Gli
interessi strategici inglesi nel settore fecero costantemente oscillare la
politica britannica tra l'occupazione di tutto il territorio afghano, e non dei
soli monti di frontiera oltre la valle dell’Indo (che avrebbero rafforzato il
confine Nord-Occidentale dell’Impero), per garantirsi completamente, o
limitarsi a dominare con la propria egemonia economico-militare l'intera zona,
lasciando però all'Afghanistan la propria sovranità e trattandolo
sostanzialmente come uno Stato satellite. Queste incertezze britanniche
perdurarono per quasi tutto il XIX secolo.
Con un altro trattato,
concluso tra l’Inghilterra e la
Persia nel 1814,
in caso di invasione della Persia da parte di ogni altra
nazione europea, l’Inghilterra avrebbe soccorso lo Shah o mediante l’invio di
truppe dall’India o attraverso il pagamento di un sussidio annuale a copertura
delle spese sostenute per la guerra.
Si trattava di un accordo
oneroso, anche se era stato posto il caveat che tale impegno sarebbe
venuto meno nel caso in cui l’attaccante fosse stata la Persia. Venuta meno
la possibilità di una invasione francese dopo la sconfitta di Napoleone a
Waterloo, provocò inevitabilmente la perdita di influenza nei confronti della
Persia ed il rapido declino dei rapporti anglo-persiani, con la inevitabile
conseguenza che la Persia
potesse cadere sotto l’influenza russa. La Russia era infatti l’altro avversario potente che
lavorava nel Medio Oriente contro la Gran Bretagna , per scalzarne almeno in parte il
dominio. E fu proprio la Russia
che convinse il governo persiano, durante la fase filorussa della continua
politica pendolare persiana, incerta tra la Gran Bretagna e lo
zar, a invadere l'Afghanistan; ciò ebbe come immediata conseguenza l'intervento
inglese[1].
Dost Mohamet[2]
cingeva la corona di Kabul e tenta di
riunire con la forza delle armi, usando le sue doti diplomatiche e politiche e
con l’aiuto della Persia e della Russia le sparse membra dell’Afghanistan. Per
raggiungere i suoi fini l’Inghilterra decise di sbalzarlo dal trono e di porvi in
sua vece Shah Soojah, rampollo della dinastia decaduta e precedente governatore
di Kabul dal 1803 al 1809.
Nella dichiarazione di
guerra dell’Inghilterra all’Afghanistan si legge: “Dost Mohamet ha mostrato
chiaramente con il suo contegno che gli interessi dell’impero indiano corrono
pericolo fino a che Kabul rimane in suo potere. Noi facciamo la guerra l Kabul
per allontanarne un capo troppo intelligente”. La logica che sottende alla I guerra afgana è
semplice. poichè la Persia era governata da una
leaderschip filo-russo, l’Inghilterra voleva instaurare in Afghanistan un re
filo-britannico al fine di prevenire che la Russia divenisse la potenza dominante nell’area e
che minacciasse la frontiera Nord-Occidentale dell’Impero Britannico.
I
due obiettivi di Lord Auckland[3],
nella temeraria impresa afghana, erano pertanto due:
. sollevare
l’assedio persiano di Herat (obiettivo più pressante e per il quale il tempo
era un fattore critico);
. la salita di Shah Soojah sul trono afghano.
Il piano operativo di
Lord Auckland prese corpo all’inizio dell’estate del 1838, quando concluse un
accordo tra il governo anglo-indiano, Runjeet Singh e Shah Soojah, lo
stesso Sahh Soojah che con una forza comandata dall’esercito indiano e pagato
con denaro britannico (nonché con il supporto del Maraja del Punjab) aveva
tentato di riprendere il trono di Kabul.
Qualunque azione dell’esercito
anglo-indiano doveva, secondo le abitudini del tempo, essere giustificata con
un manifesto e quindi per giustificare il suo piano Lord Aucland, rilasciò il
manifesto di Simla (la capitale del regno britannico in India) il 1°ottobre
1838 spiegando le ragioni per l’intervento inglese in Afghanistan. Nel
manifesto si stabiliva che al fine di assicurare il benessere e la sicurezza
dell’India, i Britannici avrebbero dovuto avere sicurezza alla frontiera
occidentale.
L’ambiente
Operativo
La guerra si svolse Nord Est dell’Afganistan
Paese. L’ambiente operativo è delimitato ad ovest dalla città di Kabul e ad est
da quella di Jalalabad. Si tratta di una striscia di terreno che collega le due
città, compresa tra il 34° ed il 35° parallelo Nord. Un’unica strada sormontata
da montagne alte e scoscese attraversava il passo di Khoord-Cabool per arrivare
alla città di Jalalabad.
Meritano
un cenno le caratteristiche antropomorfiche. Nell’area in cui si svolsero i combattimenti non esistevano città o
agglomerati stabili. I guerrieri afgani vivevano in modo non stanziale in
accampamenti posti tra le montagne. In generale, la popolazione
dell’Afghanistan era suddivisa in grandi clan tribali, i Durrani, i Ghilzai, i
Barakzai, a loro volta suddivisi in innumerevoli sotto clan ciascuno con i
propri usi e costumi. Spesso i clan erano in lotta tra di loro ma la loro
inimicizia poteva trasformarsi in alleanza secondo le modalità proprie delle
società tribali. Gli Afghani nel loro complesso avevano una quasi naturale predisposizione
a cercare e a trovare nel combattimento la soluzione di tutti i problemi. Per
questo motivo una tradizione consolidata già ai primi dell’Ottocento “li presentava come di animo estremamente
mutevole, pronti a trasformarsi in bande assai temibili di traditori e
assassini”1. Tuttavia, alla fine del 1841 Mohammed Akbar, figlio
del re deposto dagli Inglesi, Dost, aveva coagulato intorno alla sua persona un
vasto movimento antibritannico trasversale ai vari clan tribali.
I piani
operativi e le forze in campo e la loro dislocazione iniziale
L’intera
operazione dei britannici si caratterizzò per la mancanza di qualsiasi piano.
Militari e civili marciarono su un’unica colonna lunga una quindicina di
chilometri. Nelle fila dell’esercito la disciplina e l’ordine non esistevano
più. Del resto il presupposto operativo assunto dal generale Elphinstone era
che i ribelli avrebbero consentito la ritirata, come promesso dal loro capo
Akbar. Nessun piano fu adottato neppure quando fu chiaro, dopo i primi attacchi,
che la promessa non sarebbe stata mantenuta.
La tattica dei ribelli fu invece chiara: l’annientamento dell’intera
colonna britannica. Ciò che invece non siamo in grado di stabilire è se tale
tattica fosse stata pianificata da Akbar o se invece scaturì dalla mancanza di
un pieno controllo del capo su tutte le componenti del suo esercito. Una serie
di indizi che si concretizzano nell’alternarsi “randomico” nel corso della
ritirata di feroci e gratuite esecuzioni di civili e militari e il trattamento
“umano” di prigionieri fanno propendere per questa seconda ipotesi cioè per un
non completo controllo da parte del capo in ogni circostanza del comportamento
delle truppe.
L’Esercito anglo-indiano. All’atto del superamento dell’Indo, il 20 febbraio 1839, l’esercito
britannico era composto da circa 25.000 uomini operativi (14.000
costituivano il contingente bengalese al comando di Sir Harry Fane, 6.000 le
forze rapidamente reclutate dallo Shah Soojah e 5.000 la forza messa a
disposizione dalla presidenza di Bombay) al comando dell’esercito di Bombay, il
generale Sir. John Keane, con un seguito di oltre 40.000 persone.
L’Esercito afgano. Il numero dei combattenti è indeterminato. E’
stato stimato in circa 30.000 unità con un rapporto di 6 a 1 rispetto ai britannici.
Alla loro testa, come già detto, Mohammed Akbar.
Gli avvenimenti
La guerra può
essere articolata in tre fasi: la
conquista del territorio afgano da parte inglese; la non capacita inglese di
controllare il territorio conseguente alla ribellione afgana; la ritirata del
contingente inglese verso l’India
La conquista del
territorio afgano. La guerra all’Afghanistan fu dichiarata nell’ottobre del
1938, ma solo nei primi dell’anno 1939 si entrò effettivamente in campagna.
Sotto il comando di Sir John Keane il 20 febbraio 1839, l 'esercito britannico
passò l'Indo. Era composto di circa 12.000 soldati, con un seguito di oltre
40.000 persone, oltre alle nuove truppe di Soojah Shah. In marzo fu
attraversato il passo di Bolan. Il 25 aprile entrò a Candahar. Verso la
metà del 1939 fu presa la città di Sudza che, in nome della Gran Bretagna,
assunse il trono dell’Afghanistan. Ghazni, la roccaforte inespugnabile
dell'Afghanistan, fu assediata e conquistata il 22 luglio 1939. Dopo questa
disfatta l'esercito raccolto da Dost Muhammad si sbandò immediatamente, e il 6
agosto si aprirono anche le porte di Kabul. La conquista dell'Afghanistan
sembrava compiuta, e così Sir John Keane pensò di far rientrare gran parte
delle truppe in India. Quando tutto sembrava ormai acquisito inizio una fase
che si rilevò poi fallimentare
Gli afghani non erano
affatto contenti di essere governati dai Feringhee Kaffirs (infedeli europei) e
nel corso di tutto il 1840 e del 1841 le insurrezioni si susseguirono in ogni
parte del paese. Fu vano ogni ammonimento dei militari e dei rappresentanti
politici inglesi; la situazione fu ampiamente sottovalutata. L'occupazione
dell'Afghanistan costava alle casse indiane 1.250.000 sterline all'anno.
Essendo stato informato dell'impossibilità di proseguire su questi livelli di
spesa, Macnaghten tentò di arginare le uscite, ma l'unico modo praticabile
sarebbe stato quello di tagliare gli appannaggi dei capi locali. Il giorno
stesso in cui il tentativo fu messo in atto i capi ordirono una congiura
diretta allo sterminio dei britannici e, di conseguenza, fu proprio Macnaghten
a causare la concentrazione delle forze insurrezionali che fino ad allora
avevano lottato isolatamente, senza unità né accordo, contro gli invasori. A Kabul
gli inglesi, al comando del generale da
Elphinstone, un anziano generale gottoso, irresoluto e molto confuso, i cui
ordini erano perennemente in contraddizione l'uno con l'altro. La neve cominciò
a cadere, le provviste scarseggiavano. Si decise di rientrare, data la
situazione, in India. Il 1° gennaio si giunse alla decisione definitiva
Tutto
il denaro, 190.000 sterline, doveva essere consegnato agli afghani, oltre a
140.000 sterline in promesse sottoscritte di pagamento. Il 5 gennaio gli
inglesi si misero in marcia con 4.500 soldati e un seguito di 12.000 persone;
una marcia durante la quale sparirono anche gli ultimi residui di ordine, con
militari e civili che si confondevano in maniera irreparabile rendendo
impossibile qualsiasi tipo di resistenza.
I
capi che avevano firmato la capitolazione non potevano né volevano tenere sotto
controllo le tribù montane. Il passo di Kurd-Kabul divenne così la tomba di
quasi tutta la colonna dell'esercito britannico.
Sull’impostazione, lo sviluppo ed i risultati
delle operazioni della prima guerra afgana si possono fare delle considerazioni
che possno essere di utilità anche oggi.
La fase iniziale di
invasione del territorio afghano da parte delle forze militari britanniche fu
efficace. Dall’inizio delle operazioni alla capitolazione di Kabul trascorsero
sette mesi, cioè da febbraio ad agosto del 1839, con un dispendio contenuto di
risorse.
Fu invece pesantemente
sottovalutata la fase di governo britannico del territorio afghano, periodo in
cui i governanti non seppero capire la cultura e le modalità di governo tribale
della popolazione locale. I britannici non capirono quali erano i punti di
forza e soprattutto di debolezza afghani, cioè la loro divisione in fazioni
contrapposte. Fu inoltre sottovalutato dalla componente politica britannica il
pericolo di una insurrezione popolare afghana reso probabile dalla crescente
insoddisfazione popolare. La componente militare britannica percepì il pericolo
di insurrezioni ma non fu ascoltata dai politici. Dopo la presa di Kabul la
maggior parte del contingente militare britannico presente in Afghanistan fu
così fatto rientrare in India.
La fase di ritirata fu un
altro punto negativo nell’organizzazione delle operazioni da parte dei
britannici che subirono pesantissime perdite, morì la maggiore parte del contingente.
I comandanti non seppero mantenere l’ordine del contingente, sottovalutarono
pesantemente l’aspetto climatico della regione che si apprestavano ad
attraversare, esponendo il personale al freddo ed alle asperità del periodo
invernale. La ritirata avvenne apparentemente senza una pianificazione e
strategia capace di affrontare e gestire le minacce prevedibili.
Questa guerra rileva che
l’Afganistan è facile conquistarlo e raggiungere Kabul, ma è difficile riuscire
a mantenere sotto il proprio controllo.
La via più diretta per
raggiungere l’Afghanistan sarebbe stata attraverso la valle del Punjab e poi
per il passo del Peshawur (ma gl inglesi non hanno usato questa); base di
operazione sarebbe stata la regione del Sindh, attraversata dall’Indo, le cui
popolazioni erano fiaccate ed i loro principi discordi; centro
d’approvvigionamento e perno di manovra era Schicarpur (India meridionale),
linea d’operazione era la strada che, attraverso il passo di Bolan nel
Beluchistan, portava a Quetta e dal passo di Codsha portava a Qandahar.
Contemporaneamente una colonna leggera composta di 5000 indiani da Peschavar,
attraverso il passo di Cheiber doveva marciare contro Cabul sotto gli ordini
del generale Wade. Lord Auckland non comunicò al Maharaja Runjeet Singh (primo
Maharaja dell’Impero Sikh) che le truppe anglo-indiane britanniche sarebbero
passate per i suoi territori, pensando che lo stesso avrebbe acconsentito al loro passaggio in virtù
della presenza dello Shah Soojah e che avrebbe addirittura costituito una forza
di riserva a Peshawur. La strada individuata per raggiungere Heart prevedeva di
passare dal punto in cui il fiume Indo ed il Sutlej (foto a sinistra) si
incontravano, per poi attraversare Roree, Sukkur, Scinde, la provincia del
Belooch, quindi i passi del Bolan e del Kojuk, per arrivare a Qandahar, Ghuznee
e Cabul. Si trattava di una linea di
circuitazione estremamente lunga, piena di difficoltà e svantaggiosa sia dal
punto dei rifornimenti che delle comunicazioni. Sulla strada il contingente a
capo del Gen. Cotton, si sarebbe dovuto unire con la Bombay Force ,
distante 800 miglia
da Ferozepore. Delle 850
miglia che separavano il contingente da Qandahar, la
prima metà non presentava grosse difficoltà, mentre dal passo del Sukkur in poi
il terreno diventava inospitale ed irregolare. In effetti, non ci voleva una
grossa conoscenza militare per capire che da Ferozepore fino all’Indo, il
contingente sarebbe stato alla mercè dei Sikhs e per comprendere che un serio
arresto sui passi o subito dopo avrebbe portato ad una inesorabile sconfitta.
Composizione
esercito anglo-indiano 1^ guerra 1838: nell’autunno del 1838, l’Inghilterra aveva potuto mettere insieme un
esercito di circa 25.000 uomini operativi (14.000 costituivano il
contingente bengalese al comando di Sir Harry Fane, 6.000 le forze rapidamente
reclutate dallo Shah Soojah e 5.000 la forza messa a disposizione dalla
presidenza di Bombay) al comando del Commander-in-chief dell’esercito di
Bombay, il generale Sir. John Keane, pronti per marciare attraverso i monti
dell’Afghanistan (alla stazione di frontiera di Ferozepore) ed una folla di
servi che toccava il doppio della forza combattente.
Contatti: Massimo Coltrinari: ricerca23@libero.it
[2] Amir Dost Mohamad Khan: Governatore di Kabul
dal 1826 al 1863 ( ad esclusione dei tre anni dell’occupazione
britannica). Arresosi ai britannici nell’assedio a Kabul,
fu inviato come prigioniero in India, per poi ritornare sul trono di Kabul una
volta che il figlio Sardar Mohammad Akbar Khan sconfisse gli inglesi.
Consolidato il suo potere conquistò Candahar nel 1855 ed Herat nel 1863. L’altra figura di
spicco afgana in questa guerra fu Wazir
Mohammad Akbar Khan; figlio di Amir
Dost Mmohammed Khan, ricondusse gli afghani alla conquista di Kabul e vi fece
rientrare il padre come governatore. Ricostruì un impero simile a quello di Ahmad Shah Abdali. Tutt’oggi viene visto come uno dei più
grandi eroi afghani. La leggenda narra che fu avvelenato dal padre all’età di
29 anni.
[3] Sir Frederick Lord Auckland: sebbene non fosse un capo militare, era colui
che poteva decidere l’impiego delle forze britanniche. Dopo aver studiato ad Eaton e ad Oxford nominato primo ammiraglio,
divenne Governatore generale dell’India dal 1836-1842. Dopo la rovinosa fine
della campagna afghana, gli succedette Lord Ellenborough. Altre
figure di spicco inglesi erano William Hay Macnaghten , capo missione
a Kabul, John Keane, comandante del corpo
di spedizione anglo indiano e William Elphinstone, Comandante
del contingente inglese di presidio a Kabul
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