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martedì 4 marzo 2014

La prima guerra afgana 1838 1842


SOLDATI  ITALIANI IN TERRE STRANIERE

Afganistan

Il profilo storico della crisi

 

La Prima Guerra Afgana 1838-1842

 

Nel 1809, si erano avuti i primi contati diretti tra Londra e il governo afghano, quando la Gran Bretagna impegnò tutte le sue forze nel Medio Oriente, dalla Persia ad Aden, al fine di contrastare da ogni parte possibile i progetti di Napoleone sull'India, aiutato dalla Russia e dalla Persia. L'accordo anglo-afghano contro la Francia prevedeva anche l'opposizione afghana a un'eventuale invasione persiana dell'India, ciò nel caso che la Persia avesse accettato di appoggiare in qualche modo la Francia, in seguito al trattato franco-persiano del 1807. Gli interessi strategici inglesi nel settore fecero costantemente oscillare la politica britannica tra l'occupazione di tutto il territorio afghano, e non dei soli monti di frontiera oltre la valle dell’Indo (che avrebbero rafforzato il confine Nord-Occidentale dell’Impero), per garantirsi completamente, o limitarsi a dominare con la propria egemonia economico-militare l'intera zona, lasciando però all'Afghanistan la propria sovranità e trattandolo sostanzialmente come uno Stato satellite. Queste incertezze britanniche perdurarono per quasi tutto il XIX secolo.

Con un altro trattato, concluso tra l’Inghilterra e la Persia nel 1814, in caso di invasione della Persia da parte di ogni altra nazione europea, l’Inghilterra avrebbe soccorso lo Shah o mediante l’invio di truppe dall’India o attraverso il pagamento di un sussidio annuale a copertura delle spese sostenute per la guerra.

 

Si trattava di un accordo oneroso, anche se era stato posto il caveat che tale impegno sarebbe venuto meno nel caso in cui l’attaccante fosse stata la Persia. Venuta meno la possibilità di una invasione francese dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo, provocò inevitabilmente la perdita di influenza nei confronti della Persia ed il rapido declino dei rapporti anglo-persiani, con la inevitabile conseguenza che la Persia potesse cadere sotto l’influenza russa. La Russia era infatti l’altro avversario potente che lavorava nel Medio Oriente contro la Gran Bretagna, per scalzarne almeno in parte il dominio. E fu proprio la Russia che convinse il governo persiano, durante la fase filorussa della continua politica pendolare persiana, incerta tra la Gran Bretagna e lo zar, a invadere l'Afghanistan; ciò ebbe come immediata conseguenza l'intervento inglese[1].

 

Dost Mohamet[2] cingeva  la corona di Kabul e tenta di riunire con la forza delle armi, usando le sue doti diplomatiche e politiche e con l’aiuto della Persia e della Russia le sparse membra dell’Afghanistan. Per raggiungere i suoi fini l’Inghilterra decise di sbalzarlo dal trono e di porvi in sua vece Shah Soojah, rampollo della dinastia decaduta e precedente governatore di Kabul dal 1803 al 1809.

 

Nella dichiarazione di guerra dell’Inghilterra all’Afghanistan si legge: “Dost Mohamet ha mostrato chiaramente con il suo contegno che gli interessi dell’impero indiano corrono pericolo fino a che Kabul rimane in suo potere. Noi facciamo la guerra l Kabul per allontanarne un capo troppo intelligente”.  La logica che sottende alla I guerra afgana è semplice. poichè la Persia era governata da una leaderschip filo-russo, l’Inghilterra voleva instaurare in Afghanistan un re filo-britannico al fine di prevenire che la Russia divenisse la potenza dominante nell’area e che minacciasse la frontiera Nord-Occidentale dell’Impero Britannico.

 

I due obiettivi di Lord Auckland[3], nella temeraria impresa afghana, erano pertanto due:

. sollevare l’assedio persiano di Herat (obiettivo più pressante e per il quale il tempo era un fattore critico);

. la salita di Shah Soojah sul trono afghano.

 

Il piano operativo di Lord Auckland prese corpo all’inizio dell’estate del 1838, quando concluse un accordo tra il governo anglo-indiano, Runjeet Singh e Shah Soojah, lo stesso Sahh Soojah che con una forza comandata dall’esercito indiano e pagato con denaro britannico (nonché con il supporto del Maraja del Punjab) aveva tentato di riprendere il trono di Kabul.

 

Qualunque azione dell’esercito anglo-indiano doveva, secondo le abitudini del tempo, essere giustificata con un manifesto e quindi per giustificare il suo piano Lord Aucland, rilasciò il manifesto di Simla (la capitale del regno britannico in India) il 1°ottobre 1838 spiegando le ragioni per l’intervento inglese in Afghanistan. Nel manifesto si stabiliva che al fine di assicurare il benessere e la sicurezza dell’India, i Britannici avrebbero dovuto avere sicurezza alla frontiera occidentale.

L’ambiente Operativo

La guerra si svolse  Nord Est dell’Afganistan Paese. L’ambiente operativo è delimitato ad ovest dalla città di Kabul e ad est da quella di Jalalabad. Si tratta di una striscia di terreno che collega le due città, compresa tra il 34° ed il 35° parallelo Nord. Un’unica strada sormontata da montagne alte e scoscese attraversava il passo di Khoord-Cabool per arrivare  alla città di Jalalabad.

Meritano un cenno le caratteristiche antropomorfiche. Nell’area in cui si svolsero i combattimenti non esistevano città o agglomerati stabili. I guerrieri afgani vivevano in modo non stanziale in accampamenti posti tra le montagne. In generale, la popolazione dell’Afghanistan era suddivisa in grandi clan tribali, i Durrani, i Ghilzai, i Barakzai, a loro volta suddivisi in innumerevoli sotto clan ciascuno con i propri usi e costumi. Spesso i clan erano in lotta tra di loro ma la loro inimicizia poteva trasformarsi in alleanza secondo le modalità proprie delle società tribali. Gli Afghani nel loro complesso avevano una quasi naturale predisposizione a cercare e a trovare nel combattimento la soluzione di tutti i problemi. Per questo motivo una tradizione consolidata già ai primi dell’Ottocento “li presentava come di animo estremamente mutevole, pronti a trasformarsi in bande assai temibili di traditori e assassini”1. Tuttavia, alla fine del 1841 Mohammed Akbar, figlio del re deposto dagli Inglesi, Dost, aveva coagulato intorno alla sua persona un vasto movimento antibritannico trasversale ai vari clan tribali.

I piani operativi e le forze in campo e la loro dislocazione iniziale

L’intera operazione dei britannici si caratterizzò per la mancanza di qualsiasi piano. Militari e civili marciarono su un’unica colonna lunga una quindicina di chilometri. Nelle fila dell’esercito la disciplina e l’ordine non esistevano più. Del resto il presupposto operativo assunto dal generale Elphinstone era che i ribelli avrebbero consentito la ritirata, come promesso dal loro capo Akbar. Nessun piano fu adottato neppure quando fu chiaro, dopo i primi attacchi, che la promessa non sarebbe stata mantenuta.  La tattica dei ribelli fu invece chiara: l’annientamento dell’intera colonna britannica. Ciò che invece non siamo in grado di stabilire è se tale tattica fosse stata pianificata da Akbar o se invece scaturì dalla mancanza di un pieno controllo del capo su tutte le componenti del suo esercito. Una serie di indizi che si concretizzano nell’alternarsi “randomico” nel corso della ritirata di feroci e gratuite esecuzioni di civili e militari e il trattamento “umano” di prigionieri fanno propendere per questa seconda ipotesi cioè per un non completo controllo da parte del capo in ogni circostanza del comportamento delle truppe.

L’Esercito anglo-indiano.  All’atto del superamento dell’Indo, il 20 febbraio 1839, l’esercito britannico era composto da circa 25.000 uomini operativi (14.000 costituivano il contingente bengalese al comando di Sir Harry Fane, 6.000 le forze rapidamente reclutate dallo Shah Soojah e 5.000 la forza messa a disposizione dalla presidenza di Bombay) al comando dell’esercito di Bombay, il generale Sir. John Keane, con un seguito di oltre 40.000 persone.

L’Esercito afgano. Il numero dei combattenti è indeterminato. E’ stato stimato in circa 30.000 unità con un rapporto di 6 a 1 rispetto ai britannici. Alla loro testa, come già detto, Mohammed Akbar.

 

Gli avvenimenti

La guerra può essere articolata  in tre fasi: la conquista del territorio afgano da parte inglese; la non capacita inglese di controllare il territorio conseguente alla ribellione afgana; la ritirata del contingente inglese verso l’India

La conquista del territorio afgano. La guerra all’Afghanistan fu dichiarata nell’ottobre del 1938, ma solo nei primi dell’anno 1939 si entrò effettivamente in campagna. Sotto il comando di Sir John Keane il 20 febbraio 1839, l'esercito britannico passò l'Indo. Era composto di circa 12.000 soldati, con un seguito di oltre 40.000 persone, oltre alle nuove truppe di Soojah Shah. In marzo fu attraversato il passo di  Bolan. Il 25 aprile entrò a Candahar. Verso la metà del 1939 fu presa la città di Sudza che, in nome della Gran Bretagna, assunse il trono dell’Afghanistan. Ghazni, la roccaforte inespugnabile dell'Afghanistan, fu assediata e conquistata il 22 luglio 1939. Dopo questa disfatta l'esercito raccolto da Dost Muhammad si sbandò immediatamente, e il 6 agosto si aprirono anche le porte di Kabul. La conquista dell'Afghanistan sembrava compiuta, e così Sir John Keane pensò di far rientrare gran parte delle truppe in India. Quando tutto sembrava ormai acquisito inizio una fase che si rilevò poi fallimentare

 

Gli afghani non erano affatto contenti di essere governati dai Feringhee Kaffirs (infedeli europei) e nel corso di tutto il 1840 e del 1841 le insurrezioni si susseguirono in ogni parte del paese. Fu vano ogni ammonimento dei militari e dei rappresentanti politici inglesi; la situazione fu ampiamente sottovalutata. L'occupazione dell'Afghanistan costava alle casse indiane 1.250.000 sterline all'anno. Essendo stato informato dell'impossibilità di proseguire su questi livelli di spesa, Macnaghten tentò di arginare le uscite, ma l'unico modo praticabile sarebbe stato quello di tagliare gli appannaggi dei capi locali. Il giorno stesso in cui il tentativo fu messo in atto i capi ordirono una congiura diretta allo sterminio dei britannici e, di conseguenza, fu proprio Macnaghten a causare la concentrazione delle forze insurrezionali che fino ad allora avevano lottato isolatamente, senza unità né accordo, contro gli invasori. A Kabul gli inglesi, al comando del generale  da Elphinstone, un anziano generale gottoso, irresoluto e molto confuso, i cui ordini erano perennemente in contraddizione l'uno con l'altro. La neve cominciò a cadere, le provviste scarseggiavano. Si decise di rientrare, data la situazione, in India. Il 1° gennaio si giunse alla decisione definitiva

 

Tutto il denaro, 190.000 sterline, doveva essere consegnato agli afghani, oltre a 140.000 sterline in promesse sottoscritte di pagamento. Il 5 gennaio gli inglesi si misero in marcia con 4.500 soldati e un seguito di 12.000 persone; una marcia durante la quale sparirono anche gli ultimi residui di ordine, con militari e civili che si confondevano in maniera irreparabile rendendo impossibile qualsiasi tipo di resistenza.

 

I capi che avevano firmato la capitolazione non potevano né volevano tenere sotto controllo le tribù montane. Il passo di Kurd-Kabul divenne così la tomba di quasi tutta la colonna dell'esercito britannico.

 

Sull’impostazione, lo sviluppo ed i risultati delle operazioni della prima guerra afgana si possono fare delle considerazioni che possno essere di utilità anche oggi.

La fase iniziale di invasione del territorio afghano da parte delle forze militari britanniche fu efficace. Dall’inizio delle operazioni alla capitolazione di Kabul trascorsero sette mesi, cioè da febbraio ad agosto del 1839, con un dispendio contenuto di risorse.

Fu invece pesantemente sottovalutata la fase di governo britannico del territorio afghano, periodo in cui i governanti non seppero capire la cultura e le modalità di governo tribale della popolazione locale. I britannici non capirono quali erano i punti di forza e soprattutto di debolezza afghani, cioè la loro divisione in fazioni contrapposte. Fu inoltre sottovalutato dalla componente politica britannica il pericolo di una insurrezione popolare afghana reso probabile dalla crescente insoddisfazione popolare. La componente militare britannica percepì il pericolo di insurrezioni ma non fu ascoltata dai politici. Dopo la presa di Kabul la maggior parte del contingente militare britannico presente in Afghanistan fu così fatto rientrare in India. 

La fase di ritirata fu un altro punto negativo nell’organizzazione delle operazioni da parte dei britannici che subirono pesantissime perdite, morì la maggiore parte del contingente. I comandanti non seppero mantenere l’ordine del contingente, sottovalutarono pesantemente l’aspetto climatico della regione che si apprestavano ad attraversare, esponendo il personale al freddo ed alle asperità del periodo invernale. La ritirata avvenne apparentemente senza una pianificazione e strategia capace di affrontare e gestire le minacce prevedibili. 

Questa guerra rileva che l’Afganistan è facile conquistarlo e raggiungere Kabul, ma è difficile riuscire a mantenere sotto il proprio controllo.
 
La via più diretta per raggiungere l’Afghanistan sarebbe stata attraverso la valle del Punjab e poi per il passo del Peshawur (ma gl inglesi non hanno usato questa); base di operazione sarebbe stata la regione del Sindh, attraversata dall’Indo, le cui popolazioni erano fiaccate ed i loro principi discordi; centro d’approvvigionamento e perno di manovra era Schicarpur (India meridionale), linea d’operazione era la strada che, attraverso il passo di Bolan nel Beluchistan, portava a Quetta e dal passo di Codsha portava a Qandahar. Contemporaneamente una colonna leggera composta di 5000 indiani da Peschavar, attraverso il passo di Cheiber doveva marciare contro Cabul sotto gli ordini del generale Wade. Lord Auckland non comunicò al Maharaja Runjeet Singh (primo Maharaja dell’Impero Sikh) che le truppe anglo-indiane britanniche sarebbero passate per i suoi territori, pensando che lo stesso  avrebbe acconsentito al loro passaggio in virtù della presenza dello Shah Soojah e che avrebbe addirittura costituito una forza di riserva a Peshawur. La strada individuata per raggiungere Heart prevedeva di passare dal punto in cui il fiume Indo ed il Sutlej (foto a sinistra) si incontravano, per poi attraversare Roree, Sukkur, Scinde, la provincia del Belooch, quindi i passi del Bolan e del Kojuk, per arrivare a Qandahar, Ghuznee e Cabul.  Si trattava di una linea di circuitazione estremamente lunga, piena di difficoltà e svantaggiosa sia dal punto dei rifornimenti che delle comunicazioni. Sulla strada il contingente a capo del Gen. Cotton, si sarebbe dovuto unire con la Bombay Force, distante 800 miglia da Ferozepore. Delle 850 miglia che separavano il contingente da Qandahar, la prima metà non presentava grosse difficoltà, mentre dal passo del Sukkur in poi il terreno diventava inospitale ed irregolare. In effetti, non ci voleva una grossa conoscenza militare per capire che da Ferozepore fino all’Indo, il contingente sarebbe stato alla mercè dei Sikhs e per comprendere che un serio arresto sui passi o subito dopo avrebbe portato ad una inesorabile sconfitta.

 
Composizione esercito anglo-indiano 1^ guerra 1838: nell’autunno del 1838, l’Inghilterra aveva potuto mettere insieme un esercito di circa 25.000 uomini operativi (14.000 costituivano il contingente bengalese al comando di Sir Harry Fane, 6.000 le forze rapidamente reclutate dallo Shah Soojah e 5.000 la forza messa a disposizione dalla presidenza di Bombay) al comando del Commander-in-chief dell’esercito di Bombay, il generale Sir. John Keane, pronti per marciare attraverso i monti dell’Afghanistan (alla stazione di frontiera di Ferozepore) ed una folla di servi che toccava il doppio della forza combattente.
 
 
Contatti: Massimo Coltrinari: ricerca23@libero.it

 

 

 


 

 

 
Composizione esercito anglo-indiano 1^ guerra 1838: nell’a


[1] Allegato A – NOTE 1^ guerra, nota 5.
[2] Amir Dost Mohamad Khan: Governatore di Kabul dal 1826 al 1863 ( ad esclusione dei tre anni dell’occupazione britannica). Arresosi ai britannici nell’assedio a Kabul, fu inviato come prigioniero in India, per poi ritornare sul trono di Kabul una volta che il figlio Sardar Mohammad Akbar Khan sconfisse gli inglesi. Consolidato il suo potere conquistò Candahar nel 1855 ed Herat nel 1863.  L’altra figura di spicco afgana in questa guerra fu Wazir Mohammad Akbar Khan; figlio di Amir Dost Mmohammed Khan, ricondusse gli afghani alla conquista di Kabul e vi fece rientrare il padre come governatore. Ricostruì un impero simile a quello di Ahmad Shah Abdali. Tutt’oggi viene visto come uno dei più grandi eroi afghani. La leggenda narra che fu avvelenato dal padre all’età di 29 anni.
 
 
[3] Sir Frederick Lord Auckland:  sebbene non fosse un capo militare, era colui che poteva decidere l’impiego delle forze britanniche. Dopo aver studiato ad Eaton e ad Oxford nominato primo ammiraglio, divenne Governatore generale dell’India dal 1836-1842. Dopo la rovinosa fine della campagna afghana, gli succedette Lord Ellenborough. Altre figure di spicco inglesi erano William Hay Macnaghten , capo missione a Kabul, John Keane, comandante del corpo di spedizione anglo indiano e William Elphinstone, Comandante del contingente inglese di presidio a Kabul
 
 

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