III
Le ulteriori esperienze della
guerra
Dopo quattro mesi di guerra, l’esperienze acquisite
furono raccolte in un documento del 25 ottobre 1941 “Direttive per la lotta
antipartigiana” edito dall’OKH[1]-Gen.St.d.H./Ausb.Abt
(Ia) n. 1900/41 e fu diffuso come testo
di istruzione ed addestramento tra le unità di polizia apartire dal 17 novembre
1941.[2]
Il documento riprende i principi della esercitazione di polizia del
1936 è sottolinea che la lotta antipartigiana deve essere condotta dalle sole
forze di polizia, e si sottolinea che l’azione deve essere, dura, energica e
spietata, mentre persiste il fatto che i rapporti con la popolazione sono
sempre di scarsa importanza e posti sullo sfondo di ogni concetto espresso.
Con l’opuscolo
“Waldkampf” (combattimento nei boschi)[3],
dato 31 marzo 1942, edito dall’Oberkommando des Heres, in cui la lotta
antipartigiana è focalizzata
sull’ambiente operativo e sulle implicazioni che esso ha sulla azioni di
contorguerriglia. Questo documento è una ulteriore affinamento di quelli
precenti ed è estremamente preciso. Nei
documenti precedenti vari concetti erano espressi in modo generalizzato, qui si
chiarisce con precisione e chiarezza Ad esempio “gli uomini colpevoli di fiancheggiamento partigiano nella famiglia e a
volte dell’intera stirpe vanno giustiziati. Le donne condotte in campi di
concentramento, i bambini nel reich e li esaminato il loro valore razziale. I
beni vengono confiscati” . Concetto che prima era confuso, ora chiarito in
modo definitivo.
I tedeschi impiegarono anche unita controguerriglia,
nella convizione che agendo con le stesse tecniche e formazioni partigiane
avrebbero avuto facilmente partita vinta. Si tratta delle unità Jadgkommando[4],
letteralmente “distaccamento di caccia. Queste unità specializzate erano
composte, nella loro struttura organica,
di 39 uomini con una dotazione di
armi particolare[5] ed
operavano in n ciclo di operazioni di 8-14 giorni di azione, 8 di riposo 3 di
esercitazione per un toale di 10-25 giorni tra due inizi di operazione. Gli
obbiettivi erano chiari: l’annientamento del maggior numero di partigiani, la
scoperta dei reparti più consistenti, lo sconvolgimento della reta logistica e
organizzativa dei partigiani, la diffusione della insirucrezza tra le formazioni
nemiche, la creazioni di condizioni operative sempre più difficili. La tattica
era semplice: lo Jadgkcommando, di notte, occultato, si stabiliva in una
determinata zona, a piedi, percorrendo strade alternative. Acquisiva
informazioni , e per circa 72 al massimo aspettava che unità partigiana
cadessero nel tranello ed attacca, sfruttando l’elemento sorpresa usando le
stesse tattiche partigiane; poi si ritirava e lasciava la zona; se si imbatteva
in un reparto più consistente, non si impegna in combattimento, ma chiamava le
unità di polizia territoriali e si sganciava. Ma l’impiego dello Jadgkcommando
non diede i risultati sperati, anzi essi furono uno strumento che rese più
sanguinosa l’azione e la vittoria partigiana in quanto senza l’appoggio di una
azione politica tesa ad isolare il movimento partigiano dalla popolazione sotto
occupazione e di una propaganda tale ad acquisire il consenso, cose tutte
godute dal movimento aprtigiano, non si può sperare di eliminare qualsiasi
movimento partigiano. I tedeschi capirono, con l’impiego di queste unità, che i
sistemi di presidio, i grandi rastrellamenti ed i colpi di mano lasciano in
piedi il movimento partigiano e solo mettendosi sullo stesso piano dei
partigiani si può contrastare questa forma di lotta. Cosa che invece non riusci
ad esser capita dai quadri e dai dirigenti militari della Repubblica Sociale
Italiana nel loro contrasto al movimento partigiano.
Da notare, infine, che ai Jagdkommando furono
affiancati, nel sistema repressivo tedesco, unità collaboratrici, ordinate
organizzamene per meglio contrastare la guerriglia ed avere unità aguli per la
controguerriglia.
Interessante un altro documento, “Der Kampf gegen
die Partisanen”[6]
in cui tra le tante cose affermate[7],
si riafferma il principio che la totta antipartigiana e spietata. Una volta
enunciato all’inizio “non si parlerà più
nel resto dello scritto del carattere selvaggio di questa lotta, ma non bisogna
trascurare che prima ancora delle qualità del combattente e dei suoi
comandanti, conta la sua durezza. E’ facile, guardando questi documenti
precdeneti, osservare la continuità di questo principio variamente espresso e
accentuato , ma ben presente. Finchè per spiegare la crudeltà dei tedeschi nei
paesi occupati si farà ricorso all’analisi delle sequenze di azioni partigianie
e rappresaglie tedesche, ci sarà sempre spazio per spiegazioni
irrazionalistiche le quali si appellano a oscure elucubrazioni sul fondo
barbarico del popolo tedesco, o altre con intenti giustificazionismi che
citeranno analoghe crudeltà partigiane oppure sosterranno che non era possibile
agire diversamente.”[8]
Nella lotta
antipartigiana i tedeschi arrivarono ad impegare su larga scala anche la
componente aerea[9],
la cui importanza è notevole in quando i suoi contenuti[10],
che qui non v è lo spazio di riportare, rappresentato i capostipiti delle
successive teorizzazioni post-belliche, compreso l’impiego degli elicotteri.
Da questi documenti si evince un dato essenziale. La Germania , nella seconda
metà degli anni ‘30 dedicò studi e riflessioni su come affrontare il fenomeno
della guerriglia, in un quadro di guerra totale. Coloro che erano proposti allo
studio della guerra e come condurla, cioè coloro che elaborarono la dottrina,
non sfuggì questo aspetto, e non ne sottovalutarono assolutamente il peso che
una qualsiasi forma di guerra non “convenzionale” avrebbe potuto avere in un
grande conflitto come si andava delinenando e come si sperava che andasse. Le
riflessioni dei pensatori tedeschi in quell’epocapartivano dal concetto che la
componente partigiana non fosse che una versione aggiornata dei Freikorps (o
corpi franchi) che tanto spazio ebbero all’indomani della Prima Guerra
mondiale. Ma con questa elaborazione vennero poste le basi dottrinali, come ad esempio l’azione
coordinata di tutte le forze disponibili, ricorrendo anche alla terza
dimenzione, per il contrasto e l’annimetimento degli elementi componenti la
guerriglia, o dir si voglia il movimento partigiano. Emerge con sopresa, ma
fino ad un certo punto, che la elaborazione tedesca del contrasto al movimento
partigiano come la formulazione delle principali tecniche di rastrellamento, il
corretto impiego della aviazione, a quell’epoca l’elicottero non era così
sviluppato da essere impiegato a massa, la formazione di unita specializzate di
controguerriglia, sono la risultante delle esperienza maturate sul campo,
specialmente nei Balcani e in Russia. Nulla toglie alla validità di questa
elaborazione, ancorché inserita in un quadro politico-strategico da non
accettare, alla validità intrinseca dei criteri operativi e tattici adottati,
tanto che si può dire che essi riemergono con altre etichette, ma
sostanzialmente immuati, negli anni del primo dopoguerra in Algeria da parte
delle truppe speciali francesi, nella guerra di indipendenza alegerina e
soprattutto in seno all’Esercito degli Stati Uniti in Vietnam.
E’ importante sottolinearre che questa documentazione permette di
affermare che l’uso del terroe quale mezzom intimiditario nella lotta
antipartigiana vien previsto in funzione antibande già prima che la guerra
iniziasse; questo sgombra il campo da tutte quelle asserzioni che è la guerra
partigiana che alimenta la crudeltà eche i tedeschi ne furono coinvolti e
costretti. Il successivamente inasprimento della guerra non farà che accentuare
questa premessa di fondo. Questo si inserisce nel tradizionale pugno di ferro
che gli eserciti tradizionali europeo trattano i combattenti irregolari ed i
loro fiancheggiatori, specie nelle cosiddette operazioni di pacificazione dopo
la conclusione delle ostilità. E’ difficile, nel comportamento dei tedeschi
scindere quanto vi è nelle concezioni terroristiche da essi applicate in
funzione antipartigiana, appartengono al patrimonio europeo della prassi
politico-militare di repressione e quali sono invece gli elementi
specificamente nazisti. Il fronte orientale fu la fonte di esperienze ed il
terreno della elaborazione delle dottrine tedesche di controguerriglia, con
tutti il quadro di crudeltà e violenza che in quel fronte si andava applicando.
La elaborazione dottrinale si affina sempre più e raggiunge il culmine nel
1944-1945.[11]I
tedeschi apprendono che la controguerriglia si basa sulla parcellizzazione
delle forze e delle azioni, piuttosto che sulla concentrazione di esse nel
tempo e nello spazio. Queste devono essere decise e spietate e da qui la
puntule sequenza di atrocità in tutti i territori occupati dai tedeschi
Un particolare cenno occorre fare alle rappresaglie. Queste nella
coscienza collettiva nazionale rappresentato ferite ancora non rimarginate. Ad
ogni ricorrenza, nelle commemorazioni, spesso ci si chiede perché tanta
crudeltà. E’ un problema inquietante che la rappresaglia solleva, ponendo
grossi interrogativi alla coscienza umana, che totalemtne la respinge, anche
con accenti permeati di parole di ripugnanza, dall’altro, se ci si mette nelle
parti di chi subisce l’attacco partigiano e guerrigliero, è una continua
tentazione ricorre ad essa, per le possibilità che essa offre per tentare di
porre un freno al continuo stillicidio di perdite, spesso innocenti ed
apparentemente non coinvolte nella lotta, causate da nemici inafferrabili e
senza volto. E’ un aspetto che occorre tenere presente.
Ma nel affrontare la descrizione del fronte nemico, la componente
italiana della coalizione hitleriana, ovvero la Repubblica Sociale
Italiana, non si può non tenere presente come i tedeschi affrontavano gli
oppositori loro e dei loro collaboratori, ovvero i fascisti repubblichini,
ovvero il movimento partigiano che noi
abbiamo definto secondo fronte.
Ma un elemento ulteriore occorre sottolineare, forse il più importante,
quale suggerito dalla presentazione delle dottrine antiguerriglie tedesche. I
successi in questo campo hanno sempre una efficacia temporanea, non definitiva.
I Nazisti, i tedeschi in genere ed i loro collaboratori e sostenitori si
accorgono che l “Ordine Nuovo” attira qualche singolo, ma non dice nulla alle
grandi masse, che rimangono lontane. Più che azioni di antiguerriglia,
necessita un grande piano politico che attiri le masse, e su questo successo,
si inerirebbe il movimento aprtigiano; allora le azioni antiguerriglia, rivolte
verso pochi, isolati dalla popolazione, avrebbe successo definitivo. Ma questo
piano politico non c’è, le masse
rimangono lontano , ed il solo antibolscevismo non basta, essendo solo un
elemento negativo e non propositivo. I Nazisti sembrano impotenti di fronte a
questo dilemma. Allora lo sterminio degli oppositori politici e la rappresaglia
non diventano più una inspiegabile aberrazione, ma una possibile soluzione. Sostiene
Politi “quanto essa sia logica e vantaggiosa dipende dal regime politico che
la attua, dai costi politici che comporta in una data congiuntura e dia metodi
adottati. Le tesi che sostengono si tratti di uan follia collettiva
verificatosi sotto il regime nazista o sono giustificazioni o tendono a
ignorare che in tempi e situazioni
diverse si sono usati i medesimi sistemi. Per il nazismo fu una scelta logica e
perdente.”[12]
[1] Oberkommando des Herees,
Comando Supremo dell’Esercito
[2] Riportato in italiano in
Politi A., Le dottrine tedesche di
controguerriglia 1936-1944, cit, pag. 233-252. L’esegesi del documento è da
pag. 16 a
pag. 45
[3]
Questo documento è conservato ad Udine, presso l’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di
Liberazione (Misc. 2-14 numero di
ingresso 898)
[4] Reichfuhrer-SS Kommandostab RF-SS
Tgb. Nr. Ia 607/42 geh. St. Qu.dem 25. August
1942 Geheim “ Begehl zur Aufstellung von Jagdkommandos zur Bandenbekampfung”. Riportato
in italiano in Politi A., Le dottrine
tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit, pag. 4 e see. L’esegesi del
documento è da pag. 283 a
pag. 289
[5] 4 mitragliatori leggeri, 11
pistole mitragliatrici, 24 fucili, di cui 8/4 per il tiro di precisione.
[6] “La
lotta contro i Partigiani”, di datazione controversa ma presumibilmente nella
primavera del 1943, riportato in
italiano in Politi A., Le dottrine
tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit, pag. 82 e segg. L’esegesi del
documento è da pag. 294 a
pag. 313
[7] Ad
esempio, dopo aver dato alla fiamme un villaggio intero, tutti coloro che hanno
opposto resistenza armata vanno fucilati durante o alla fine del combattimento.
La popolazione va portata via, a meno che non vi sia l’ordine di fare
“trattamento speciale” (Sonderbehanglung) che indica “l’esecuzione, anche in
massa. Se gli abitanti sfuggono alla cattura, dopo la distruzione del loro
centro abitato, diventano nuovi mebri delle bande partigiane, ottenendo
risultati opposti a quelli che si volevano conseguire.
[8] Politi A., Le dottrine tedesche di controguerriglia
1936-1944, cit, pag. 84
[9] Merkblatt Eissatz von
Flugzeugen bei der Deutschen Polizei” (Impiego di aerei presso la polizia
tedesca)
[10] Vds.Politi A., Le dottrine tedesche di controguerriglia
1936-1944, cit, pag. 102 e segg. L’esegesi del documento è da pag. 343 a pag. 369
[11]
Scrive Politi “ I procedimenti tattici
furono ulteriormente affinati e codificati sia nel campo delle grandi
operazioni che in quelle delle piccole.L’aerocoperazione riceve una organica
sistemazione e viene portata ad un grande livello di efficacia, impostando e in
parte risolvendo problemi largamente studiati solo con l’avveno
dell’elicottero. Gli Jagdkommando assumono la fisionomia che manterranno, con
qualche cambiamento nel nome e nell’equipaggiamento, in tutto il dopoguerra”
Riportato in italiano in Politi A., Le
dottrine tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit, pag.187
[12] Politi A., Le dottrine tedesche di controguerriglia
1936-1944, cit, pag. 188
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