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giovedì 9 maggio 2013

III. L’approccio della Germania nei confronti della guerriglia ed alla guerra per bande. Esperienze



III
Le ulteriori esperienze della guerra
Dopo quattro mesi di guerra, l’esperienze acquisite furono raccolte in un documento del 25 ottobre 1941 “Direttive per la lotta antipartigiana” edito dall’OKH[1]-Gen.St.d.H./Ausb.Abt (Ia) n. 1900/41 e fu diffuso  come testo di istruzione ed addestramento tra le unità di polizia apartire dal 17 novembre 1941.[2]
Il documento riprende i  principi della esercitazione di polizia del 1936 è sottolinea che la lotta antipartigiana deve essere condotta dalle sole forze di polizia, e si sottolinea che l’azione deve essere, dura, energica e spietata, mentre persiste il fatto che i rapporti con la popolazione sono sempre di scarsa importanza e posti sullo sfondo di  ogni concetto espresso.
Con l’opuscolo  “Waldkampf” (combattimento nei boschi)[3], dato 31 marzo 1942, edito dall’Oberkommando des Heres, in cui la lotta antipartigiana è focalizzata  sull’ambiente operativo e sulle implicazioni che esso ha sulla azioni di contorguerriglia. Questo documento è una ulteriore affinamento di quelli precenti ed è estremamente preciso.  Nei documenti precedenti vari concetti erano espressi in modo generalizzato, qui si chiarisce con precisione e chiarezza Ad esempio “gli uomini colpevoli di fiancheggiamento partigiano nella famiglia e a volte dell’intera stirpe vanno giustiziati. Le donne condotte in campi di concentramento, i bambini nel reich e li esaminato il loro valore razziale. I beni vengono confiscati” . Concetto che prima era confuso, ora chiarito in modo definitivo.
I tedeschi impiegarono anche unita controguerriglia, nella convizione che agendo con le stesse tecniche e formazioni partigiane avrebbero avuto facilmente partita vinta. Si tratta delle unità Jadgkommando[4], letteralmente “distaccamento di caccia. Queste unità specializzate erano composte, nella loro struttura organica,  di 39 uomini  con una dotazione di armi particolare[5] ed operavano in n ciclo di operazioni di 8-14 giorni di azione, 8 di riposo 3 di esercitazione per un toale di 10-25 giorni tra due inizi di operazione. Gli obbiettivi erano chiari: l’annientamento del maggior numero di partigiani, la scoperta dei reparti più consistenti, lo sconvolgimento della reta logistica e organizzativa dei partigiani, la diffusione della insirucrezza tra le formazioni nemiche, la creazioni di condizioni operative sempre più difficili. La tattica era semplice: lo Jadgkcommando, di notte, occultato, si stabiliva in una determinata zona, a piedi, percorrendo strade alternative. Acquisiva informazioni , e per circa 72 al massimo aspettava che unità partigiana cadessero nel tranello ed attacca, sfruttando l’elemento sorpresa usando le stesse tattiche partigiane; poi si ritirava e lasciava la zona; se si imbatteva in un reparto più consistente, non si impegna in combattimento, ma chiamava le unità di polizia territoriali e si sganciava. Ma l’impiego dello Jadgkcommando non diede i risultati sperati, anzi essi furono uno strumento che rese più sanguinosa l’azione e la vittoria partigiana in quanto senza l’appoggio di una azione politica tesa ad isolare il movimento partigiano dalla popolazione sotto occupazione e di una propaganda tale ad acquisire il consenso, cose tutte godute dal movimento aprtigiano, non si può sperare di eliminare qualsiasi movimento partigiano. I tedeschi capirono, con l’impiego di queste unità, che i sistemi di presidio, i grandi rastrellamenti ed i colpi di mano lasciano in piedi il movimento partigiano e solo mettendosi sullo stesso piano dei partigiani si può contrastare questa forma di lotta. Cosa che invece non riusci ad esser capita dai quadri e dai dirigenti militari della Repubblica Sociale Italiana nel loro contrasto al movimento partigiano.
Da notare, infine, che ai Jagdkommando furono affiancati, nel sistema repressivo tedesco, unità collaboratrici, ordinate organizzamene per meglio contrastare la guerriglia ed avere unità aguli per la controguerriglia.
Interessante un altro documento, “Der Kampf gegen die Partisanen”[6] in cui tra le tante cose affermate[7], si riafferma il principio che la totta antipartigiana e spietata. Una volta enunciato all’inizio “non si parlerà più nel resto dello scritto del carattere selvaggio di questa lotta, ma non bisogna trascurare che prima ancora delle qualità del combattente e dei suoi comandanti, conta la sua durezza. E’ facile, guardando questi documenti precdeneti, osservare la continuità di questo principio variamente espresso e accentuato , ma ben presente. Finchè per spiegare la crudeltà dei tedeschi nei paesi occupati si farà ricorso all’analisi delle sequenze di azioni partigianie e rappresaglie tedesche, ci sarà sempre spazio per spiegazioni irrazionalistiche le quali si appellano a oscure elucubrazioni sul fondo barbarico del popolo tedesco, o altre con intenti giustificazionismi che citeranno analoghe crudeltà partigiane oppure sosterranno che non era possibile agire diversamente.”[8]
 Nella lotta antipartigiana i tedeschi arrivarono ad impegare su larga scala anche la componente aerea[9], la cui importanza è notevole in quando i suoi contenuti[10], che qui non v è lo spazio di riportare, rappresentato i capostipiti delle successive teorizzazioni post-belliche, compreso l’impiego degli elicotteri.
Da questi documenti si evince un dato essenziale. La Germania, nella seconda metà degli anni ‘30 dedicò studi e riflessioni su come affrontare il fenomeno della guerriglia, in un quadro di guerra totale. Coloro che erano proposti allo studio della guerra e come condurla, cioè coloro che elaborarono la dottrina, non sfuggì questo aspetto, e non ne sottovalutarono assolutamente il peso che una qualsiasi forma di guerra non “convenzionale” avrebbe potuto avere in un grande conflitto come si andava delinenando e come si sperava che andasse. Le riflessioni dei pensatori tedeschi in quell’epocapartivano dal concetto che la componente partigiana non fosse che una versione aggiornata dei Freikorps (o corpi franchi) che tanto spazio ebbero all’indomani della Prima Guerra mondiale. Ma con questa elaborazione vennero poste le basi  dottrinali, come ad esempio l’azione coordinata di tutte le forze disponibili, ricorrendo anche alla terza dimenzione, per il contrasto e l’annimetimento degli elementi componenti la guerriglia, o dir si voglia il movimento partigiano. Emerge con sopresa, ma fino ad un certo punto, che la elaborazione tedesca del contrasto al movimento partigiano come la formulazione delle principali tecniche di rastrellamento, il corretto impiego della aviazione, a quell’epoca l’elicottero non era così sviluppato da essere impiegato a massa, la formazione di unita specializzate di controguerriglia, sono la risultante delle esperienza maturate sul campo, specialmente nei Balcani e in Russia. Nulla toglie alla validità di questa elaborazione, ancorché inserita in un quadro politico-strategico da non accettare, alla validità intrinseca dei criteri operativi e tattici adottati, tanto che si può dire che essi riemergono con altre etichette, ma sostanzialmente immuati, negli anni del primo dopoguerra in Algeria da parte delle truppe speciali francesi, nella guerra di indipendenza alegerina e soprattutto in seno all’Esercito degli Stati Uniti in Vietnam.
E’ importante sottolinearre che questa documentazione permette di affermare che l’uso del terroe quale mezzom intimiditario nella lotta antipartigiana vien previsto in funzione antibande già prima che la guerra iniziasse; questo sgombra il campo da tutte quelle asserzioni che è la guerra partigiana che alimenta la crudeltà eche i tedeschi ne furono coinvolti e costretti. Il successivamente inasprimento della guerra non farà che accentuare questa premessa di fondo. Questo si inserisce nel tradizionale pugno di ferro che gli eserciti tradizionali europeo trattano i combattenti irregolari ed i loro fiancheggiatori, specie nelle cosiddette operazioni di pacificazione dopo la conclusione delle ostilità. E’ difficile, nel comportamento dei tedeschi scindere quanto vi è nelle concezioni terroristiche da essi applicate in funzione antipartigiana, appartengono al patrimonio europeo della prassi politico-militare di repressione e quali sono invece gli elementi specificamente nazisti. Il fronte orientale fu la fonte di esperienze ed il terreno della elaborazione delle dottrine tedesche di controguerriglia, con tutti il quadro di crudeltà e violenza che in quel fronte si andava applicando. La elaborazione dottrinale si affina sempre più e raggiunge il culmine nel 1944-1945.[11]I tedeschi apprendono che la controguerriglia si basa sulla parcellizzazione delle forze e delle azioni, piuttosto che sulla concentrazione di esse nel tempo e nello spazio. Queste devono essere decise e spietate e da qui la puntule sequenza di atrocità in tutti i territori occupati dai tedeschi
Un particolare cenno occorre fare alle rappresaglie. Queste nella coscienza collettiva nazionale rappresentato ferite ancora non rimarginate. Ad ogni ricorrenza, nelle commemorazioni, spesso ci si chiede perché tanta crudeltà. E’ un problema inquietante che la rappresaglia solleva, ponendo grossi interrogativi alla coscienza umana, che totalemtne la respinge, anche con accenti permeati di parole di ripugnanza, dall’altro, se ci si mette nelle parti di chi subisce l’attacco partigiano e guerrigliero, è una continua tentazione ricorre ad essa, per le possibilità che essa offre per tentare di porre un freno al continuo stillicidio di perdite, spesso innocenti ed apparentemente non coinvolte nella lotta, causate da nemici inafferrabili e senza volto. E’ un aspetto che occorre tenere presente.
Ma nel affrontare la descrizione del fronte nemico, la componente italiana della coalizione hitleriana, ovvero la Repubblica Sociale Italiana, non si può non tenere presente come i tedeschi affrontavano gli oppositori loro e dei loro collaboratori, ovvero i fascisti repubblichini, ovvero il movimento  partigiano che noi abbiamo definto secondo fronte.
Ma un elemento ulteriore occorre sottolineare, forse il più importante, quale suggerito dalla presentazione delle dottrine antiguerriglie tedesche. I successi in questo campo hanno sempre una efficacia temporanea, non definitiva. I Nazisti, i tedeschi in genere ed i loro collaboratori e sostenitori si accorgono che l “Ordine Nuovo” attira qualche singolo, ma non dice nulla alle grandi masse, che rimangono lontane. Più che azioni di antiguerriglia, necessita un grande piano politico che attiri le masse, e su questo successo, si inerirebbe il movimento aprtigiano; allora le azioni antiguerriglia, rivolte verso pochi, isolati dalla popolazione, avrebbe successo definitivo. Ma questo piano politico  non c’è, le masse rimangono lontano , ed il solo antibolscevismo non basta, essendo solo un elemento negativo e non propositivo. I Nazisti sembrano impotenti di fronte a questo dilemma. Allora lo sterminio degli oppositori politici e la rappresaglia non diventano più una inspiegabile aberrazione, ma una possibile soluzione. Sostiene Politi “quanto essa sia logica e vantaggiosa dipende dal regime politico che la attua, dai costi politici che comporta in una data congiuntura e dia metodi adottati. Le tesi che sostengono si tratti di uan follia collettiva verificatosi sotto il regime nazista o sono giustificazioni o tendono a ignorare che in tempi  e situazioni diverse si sono usati i medesimi sistemi. Per il nazismo fu una scelta logica e perdente.”[12]


[1] Oberkommando des Herees, Comando Supremo dell’Esercito
[2] Riportato in italiano in Politi A., Le dottrine tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit, pag. 233-252. L’esegesi del documento è da pag. 16 a pag. 45

[3] Questo documento è conservato ad Udine, presso l’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione  (Misc. 2-14 numero di ingresso 898)
[4] Reichfuhrer-SS Kommandostab RF-SS Tgb. Nr. Ia 607/42 geh. St. Qu.dem 25. August 1942 Geheim “ Begehl zur Aufstellung von Jagdkommandos zur Bandenbekampfung”. Riportato in italiano in Politi A., Le dottrine tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit, pag. 4 e see. L’esegesi del documento è da pag. 283 a pag. 289
[5] 4 mitragliatori leggeri, 11 pistole mitragliatrici, 24 fucili, di cui 8/4 per il tiro di precisione.
[6] “La lotta contro i Partigiani”, di datazione controversa ma presumibilmente nella primavera del 1943, riportato  in italiano in Politi A., Le dottrine tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit, pag. 82 e segg. L’esegesi del documento è da pag. 294 a pag. 313
[7] Ad esempio, dopo aver dato alla fiamme un villaggio intero, tutti coloro che hanno opposto resistenza armata vanno fucilati durante o alla fine del combattimento. La popolazione va portata via, a meno che non vi sia l’ordine di fare “trattamento speciale” (Sonderbehanglung) che indica “l’esecuzione, anche in massa. Se gli abitanti sfuggono alla cattura, dopo la distruzione del loro centro abitato, diventano nuovi mebri delle bande partigiane, ottenendo risultati opposti a quelli che si volevano conseguire.
[8] Politi A., Le dottrine tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit, pag. 84
[9] Merkblatt Eissatz von Flugzeugen bei der Deutschen Polizei” (Impiego di aerei presso la polizia tedesca)
[10] Vds.Politi A., Le dottrine tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit, pag. 102 e segg. L’esegesi del documento è da pag. 343 a pag. 369


[11] Scrive Politi “ I procedimenti tattici furono ulteriormente affinati e codificati sia nel campo delle grandi operazioni che in quelle delle piccole.L’aerocoperazione riceve una organica sistemazione e viene portata ad un grande livello di efficacia, impostando e in parte risolvendo problemi largamente studiati solo con l’avveno dell’elicottero. Gli Jagdkommando assumono la fisionomia che manterranno, con qualche cambiamento nel nome e nell’equipaggiamento, in tutto il dopoguerra” Riportato in italiano in Politi A., Le dottrine tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit, pag.187


[12] Politi A., Le dottrine tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit, pag. 188

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