di
Marco Montagnani
LA GIOVINEZZA NELL’IDEALE CATTOLICO
Beppino Nasetta nacque
il 5 settembre 1916 nel gruppo di case chiamato Roata Lerda (ora Madonna delle
Grazie), a pochi passi da Cuneo, città nella quale ben presto si trasferì
insieme alla famiglia. La sua educazione fu saldamente improntata a principi
religiosi che, come vedremo, si fortificarono nell’età adulta. A dimostrazione,
la prolungata attività nell’Azione Cattolica della parrocchia del Duomo di
Cuneo, come pure nelle locali Associazione Giovanile San Carlo e Conferenza di
San Vincenzo. Nel 1938, dopo avere ottenuto il diploma di Ragioniere, si laureò
in Economia e Commercio, assai meritoriamente, perché durante tale impegno svolse
il servizio militare di leva, in qualità di Aspirante Ufficiale di Complemento
nell’Arma di Fanteria, precisamente presso il 33° Reggimento della Brigata
“Livorno” (l’inizio del servizio di prima nomina avvenne l'1 luglio 1937).
l 19 febbraio 1939,
nel corso di una riunione pubblica tenutasi al Teatro Littorio di Cuneo, Antonio
Bonino, locale Segretario Federale del Partito Nazionale Fascista, criticò
aspramente l’Azione Cattolica e anche il Vescovo della città, Giacomo Rosso. In
tal modo il gerarca alimentava quell’azione di contrasto che da tempo, a
livello nazionale, il Regime, nonostante il disposto concordatario del 1929, metteva
in atto nei confronti delle organizzazioni cattoliche.
Nasetta, presente in
sala, prese la parola e controbatté le accuse. Le conseguenze furono tanto pesanti
quanto immediate. Infatti, il giorno successivo, sul giornale di Cuneo e
Provincia, “Sentinella d’Italia”, fu pubblicata la notizia secondo la quale Bonino,
“valendosi della facoltà concessagli dall'art. 31 dello Statuto del P.N.F., ha
adottato nei confronti del tesserato Nasetta Giuseppe il provvedimento del
ritiro della tessera per assoluta assenza di fede fascista”. In conseguenza di
ciò, il Nostro perdette anche il lavoro in banca.
Poco più di un anno
dopo l’Italia, entrata in guerra a fianco della Germania, attaccò la Francia
sull’arco alpino occidentale, in quella che è chiamata la “Battaglia delle Alpi
Occidentali” (“Bataille des Alpes”). Anche il confine che interessava il
cuneese fu luogo di rilevanti operazioni che produssero aspri combattimenti. In
tale zona si trovava Nasetta, in qualità di Sottotenente della Guardia alla
Frontiera (G.a.F.) (NOTA 1). Precisamente,
nel III Settore di Copertura “Stura” (NOTA
2). Detto Settore andava da Ponte Negri (per i francesi Pont de Paule, fino
al 1947 valico del confine
italo-francese
tra Piemonte e Nizzardo, situato sul torrente Tinea, vicino alla confluenza del vallone di Molliera,
allora frazione del comune italiano di Valdieri), al Passo di
Vanclava (al confine tra la Valle Maira e la valle dell’Ubayette e situato a
ridosso del Monte Oronaye). Il III Settore di Copertura, con il Comando a Cuneo
e il Deposito a Borgo San Dalmazzo, era articolato su due Sottosettori: III/a
"Collalunga – San Salvatore" (Sede a Vinadio); III/b "Alta
Stura" (Sede a Sambuco). Quest’ultimo era quello di Nasetta, che svolgeva
i suoi compiti nella zona del Colle della Maddalena (Col de Larche per i
francesi).
I PRODROMI DELLA
VALOROSA MORTE
Si
sa che le ostilità fra italiani e francesi ebbero ufficialmente inizio alle ore
zero dell’11 giugno 1940 e durarono fino al successivo giorno 25. Invece, non è
noto a tutti che il precedente giorno 7 il Capo di Stato Maggiore
dell’Esercito, Generale Rodolfo Graziani, aveva ordinato, su disposizione del
Duce, che, in caso di ostilità, nei confronti della Francia bisognava mantenere
“contegno assolutamente difensivo, sia in terra che in aria” anche se “una
volta iniziate le ostilità, e manifestandosi offese avversarie, si dovrà
reagire senz’altro”.
Ciononostante,
lo S.M.R.E., voleva rapidamente ottenere il predominio su tutti i valichi di
confine e per questo le forze italiane ebbero l’ordine di porre in atto
un’occupazione avanzata, da completarsi sempre entro l’11 giugno.
Nondimeno,
anche i francesi, nell’eventualità di un conflitto con l’Italia, avevano dato, già
al momento della mobilitazione del 1939, analoga disposizione che però fu ridimensionata
a causa del depauperamento di forze determinato dall’invasione tedesca. Perciò
sulla linea di confine furono schierate solo le “Section d’Èclaireurs-Skieurs” (S.E.S.),
ognuna delle quali radunava una quarantina di uomini, esperti di alpinismo e tiro.
Sulla carta, le S.E.S. avevano compiti difensivi, precisamente d’osservazione e
allarme ma, lo si vedrà, in taluni casi, indirizzati dai comandi locali,
assunsero contegno decisamente offensivo.
In
tali condizioni andò maturando il valoroso gesto di Nasetta, gesto che
purtroppo gli costerà la vita.
LA TRAGICA ALBA DEL 13
GIUGNO A CIMA LA PARA
Come
appena detto, alcune S.E.S. intrapresero iniziative decisamente aggressive. Ad
esempio, fin dal primo mattino del 13 giugno tentarono d’occupare il Colle
della Galisia, alla testata della valle di Locana e il vicino Colle della Losa.
Il Battaglione alpino “Intra”, del Raggruppamento “Levanna, le respinse. Per contro,
analoghe iniziative riuscirono in altri luoghi, quali la Cima del Gran Cocor e
Chiapili.
Anche
la zona del Colle della Maddalena, nella quale si trovava Nasetta, sempre
all’alba del 13 giugno fu interessata da un’azione francese, ancora più ardita
di quelle appena descritte.
La
Section d’Éclaireurs-Skieurs dell’83° Bataillon Alpin de Forteresse (B.A.F.), comandata
dal Lieutenant Roland Costa de Beauregard
(NOTA 3), riuscì a infiltrarsi fra gli
avamposti italiani e attaccò un Nucleo Armi Supplementari (NOTA 4), organizzato in trincea e situato alle pendici sud-ovest di
Cima La Para (pressi del lago del Colle della Maddalena). Nasetta, avvertito
della minaccia, accorse prestamente sul luogo e visto che due guardie di
Finanza erano state ferite e non combattevano più, impugnò la mitragliatrice
che si trovava nella trincea e fronteggiò il nemico, infliggendogli serie
perdite. Fece fuoco anche contro altri francesi che stavano sopraggiungendo, ma
mentre lo faceva, venne colpito al fianco sinistro da una raffica che lo
uccise. Fu il primo caduto italiano della Battaglia delle Alpi Occidentali. Nel
frattempo i nostri si erano riorganizzati e il nemico, sotto il tiro anche di un’altra
mitragliatrice governata dal Sergente Carlo Prazzoli (che per questo meritò la
M.B.V.M.), ripiegò senza essere riuscito a metter piede sul suolo italiano.
Nasetta
era ben consapevole che la difesa dell’area in cui si trovava presentava delle
criticità. Infatti, qualche giorno prima, al Generale che la stava ispezionando
espresse la consapevolezza della delicatezza del suo compito e della necessità
di ben assolverlo, rassicurando al tempo stesso l’alto ufficiale: “vi assicuro
che di qui non passerà un francese. Conosco bene tutte le vie di accesso; io ed
i miei siamo disposti a difenderle a costo della nostra vita. Da nove mesi
attendo qui con impazienza ed io stesso voglio sparare il primo colpo di
mitragliatrice ed aprire la strada ai nostri fanti”. Manterrà la promessa.
Per
il valore dimostrato Nasetta fu insignito della M.A.V.M., con la seguente motivazione:
“Nasetta Beppino di Giacomo e di Bertaina Lidia, da Cuneo, sottotenente III settore
G.a.F. (Alla memoria) – Preposto alla vigilanza di un tratto vitale della
frontiera, conscio della importanza del compito, preparava i dipendenti al
cimento con volontà perseverante e indefettibile fervore, infondendo in essi la
sua stessa fede, il suo entusiasmo. Al proprio comandante prometteva di
mantenere la posizione a costo della vita. Saputo che un suo nucleo era stato attaccato
da forze preponderanti, accorreva prontamente. Sostituitosi a un mitragliere
ferito, perseverare impavido nella lotta, finché, investito dal fuoco nemico, cadeva
sul luogo stesso ove aveva espresso il suo eroico proponimento, consacrando
così, con il sacrificio della sua giovane vita la sua promessa. – Colle della
Maddalena, 13 giugno 1940”.
In
quel giorno, tutto il fronte di guerra stava ancora vivendo una situazione di
relativa stasi, ma già dalla sera successiva alla morte di Beppino, italiani e
francesi iniziarono a scontrarsi più incisivamente e Cima La Para fu nuovamente
interessata da combattimenti.
Prima
di continuare a parlare di Nasetta è giusto raccontare cosa successe nella zona
del Colle della Maddalena nei giorni successivi alla morte del Nostro. In un
primo tempo il luogo fu prevalentemente interessato da concentramenti di nostre
truppe, come pure di artiglierie portate vicino al confine per supportare
l’attacco, sempre più prossimo che, infatti, iniziò il 22 giugno. In tale data la
Divisione Alpina “Cuneense” e il 2° Raggruppamento Alpini avanzarono allo scopo
di occupare la comba di Maurin nell’alto Ubaye, calare su Saint Paul e occupare
il Col de Vars. Era iniziata la cosiddetta “Operazione M” (Maddalena). L’azione
degli alpini aveva lo scopo di fiancheggiare quella principale, affidata alle
divisioni “Forlì” e “Acqui”, sulla direttrice Colle della Maddalena – Larche –
Meyronnes, nella Valle dell’Ubayette, che prese il via il 23 giugno. In
seguito, alpini e fanti, una volta riunitisi, dovevano proseguire insieme per
occupare Jausiers e la conca di Barcellonette. L’offensiva, però, fu rallentata:
dal forte maltempo, caratterizzato anche da inusuali, vista la stagione,
nevicate (furono moltissimi i congelati); dal terreno impervio; dalla
precisione del tiro delle batterie francesi, su tutte quella della Roche de la
Croix, che ebbero pieno agio nel tirare poiché, sempre a causa delle
intemperie, le artiglierie italiane non avevano potuto raggiungere posizioni adeguate
per controbattere.
Anche
sulla restante linea di confine con la Francia gli italiani incontrarono serie difficoltà
nello sfondare, subendo la solida difesa francese. La “Maginot delle Alpi” si
dimostrò ostica da aggirare. Tale impasse fu risolta dal collasso istituzionale
e militare della Francia, costretta a chiedere l’armistizio alla Germania e
all’Italia, che entrò in vigore all'1:35 del 25 giugno 1940.
La
Battaglia delle Alpi Occidentali costò agli italiani: 631 morti (59 ufficiali);
616 dispersi; 2.631 tra feriti e congelati; 1.141 prigionieri, però ben presto restituiti.
LA
QUESTIONE DELLA MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE NEGATA
Nel dopoguerra si sviluppò una corrente di pensiero, che prosegue
ancora oggi, secondo la quale Beppino Nasetta era stato defraudato della
Medaglia d’Oro al Valor Militare (NOTA 5).
Se non il primo, uno dei primi articoli in cui la questione venne affrontata, fu
pubblicato su “La Guida”, giornale d’ispirazione cattolica di Cuneo e
Provincia, il 22 luglio 1960, nel ventennale del sacrificio della giovane vita.
Infatti, dopo una ricchissima descrizione delle virtù religiose di Beppino,
così fu scritto: “Venne proposto per la medaglia d’oro al valor militare, ma la
rabbia fascista, che lo aveva colpito in pace, non venne meno neanche durante
la guerra, infierendo perfino sulla sua memoria, resa tanto più degna
dall’eroismo e dal sacrificio”.
Sullo stesso giornale, nel cinquantennale del sacrificio (7
settembre 1990), Nasetta fu nuovamente ricordato. Anche se l’argomento medaglia
d’oro non venne toccato, l’articolo certamente smosse la sensibilità di qualcuno.
Solo così si può spiegare l’interrogazione, dell’anno successivo, presentata
dall’Onorevole Raffaele Costa, mirante a ottenere per Nasetta per l’appunto la Medaglia
d’Oro al Valor Militare. Interrogazione così formulata: “Al Presidente del
Consiglio dei ministri ed al Ministro della difesa – Per conoscere quali siano
le loro valutazioni e quali iniziative intendano assumere in relazione ai
numerosi appelli rivolti al Ministero da più parti, intesi ad ottenere la
riapertura del caso relativo al sottotenente Giuseppe Nasetta, primo caduto
italiano durante la seconda guerra mondiale, morto ad Argentera (Cn) il 13
giugno 1940 nell’atto di difendere alcuni suoi soldati in prima linea, al quale
venne negato il conferimento della medaglia d’oro alla memoria perché
“assolutamente privo di fede fascista “ come cita la motivazione agli atti,
depositati presso l’Istituto storico della resistenza, e a cui venne pertanto
attribuita la medaglia d’argento; se non ritengano, trattandosi di un’evidente
discriminazione politica e di una grave ingiustizia perpetrata nei confronti
dell’ufficiale cuneese, di disporre l’immediata riapertura del caso e di
assegnare il massimo riconoscimento alla sua memoria”.
E’ il caso di notare come l’Onorevole Costa, a sostegno della
sua richiesta, sostenne
che: 1) la Medaglia d’Oro non era stata assegnata per l’“assoluta assenza di
fede fascista” di Nasetta citando, seppur non
alla lettera, quanto scritto, e già sopra riportato, dalla “Sentinella
d’Italia” del 20/21 febbraio 1939; 2) presso l’Istituto
storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Cuneo
esisteva documentazione comprovante l’“evidente discriminazione”.
La
replica del Ministro della Difesa del tempo, Virginio Rognoni, fu la seguente:
”Agli atti esiste una proposta di concessione di decorazione al valor militare
al sottotenente Nasetta Beppino, sulla quale i superiori gerarchici così a suo
tempo si espressero. La commissione militare consultiva unica per la
concessione e la perdita di decorazioni al valor militare, nella seduta del 4
settembre 1940, propose all’unanimità la concessione della medaglia d’argento e
in tal senso fu provveduto. Non sono stati rinvenuti documenti né annotazioni
riguardanti la valutazione alla quale fa riferimento l’interrogante. Non
risultano inoltrati i numerosi appelli citati per la revisione del caso, ma
solo una richiesta del signor Antonio Rima, alla quale fu data risposta. Non si
vede la possibilità di riaprire il caso”.
Al fine di dirimere la questione, pur tenendo in alta
considerazione la replica ministeriale, è stato interpellato
l’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia
di Cuneo. Il succo della competente e cortese risposta è stato che, presso di
esso, non è presente documentazione ufficiale (relazioni preparatorie,
note ufficiali degli incaricati, ecc.) relativa alla concessione della
decorazione al VM al Nasetta, ma esiste solamente il Foglio d’Ordini del P.N.F.
riportante la notizie e la motivazione della concessione.
Sorge
il dubbio che per “documentazione agli atti” dell’Istituto, l’Onorevole Costa intendesse
proprio l’articolo pubblicato nel 1939 dalla “Sentinella d’Italia”. A questo
punto, si ha pieno motivo di ritenere che le risposte dell’Istituto della
Resistenza e di Rognoni formino il “combinato disposto” in grado di mettere una
pietra sopra alla questione dell’iniquità patita da Beppino, che pertanto ora possiamo,
una volta per tutte, bocciare.
Si
ritiene che per Nasetta ciò sia un bene, perché la dissoluzione delle nebbie
complottistiche riporta in piena luce la sua autorevole figura di giovane ufficiale,
primo militare italiano a cadere nella Battaglia delle Alpi Occidentali, che
seppe assumersi le responsabilità dovute al grado e all’incarico affidatogli,
consapevole dei pericoli cui andava incontro. Quindi, pienamente meritevole della
M.A.V.M. e del rispetto ancora oggi tributatogli dall’Italia e dalla sua Cuneo,
che gli ha dedicato una via e il plesso scolastico di Madonna delle Grazie,
proprio ove egli nacque. Senza dimenticare l’ammirazione dei suoi superiori del
tempo. Infatti, il Colonnello Arnaldo Azzi, Comandante del III Settore di
Copertura inviava ai reparti dipendenti, la sera del 13 giugno, il seguente
ordine del giorno: “stamane a Cima la Para è caduto valorosamente combattendo
in difesa della Patria il Sottotenente del settore Beppino Nasetta con anima
addolorato ma con sentimento di virile fierezza salutiamo la salma del nostro
Glorioso caduto”. Addirittura, era il 1941, primo anniversario della morte, a
Cima La Para fu inaugurato un cippo alla memoria, eretto dai commilitoni, ancor
oggi esistente grazie a una serie di opportuni restauri.
(NOTA 1) La Guardia alla Frontiera (G.a.F.)
fu istituita il 4 dicembre 1934. Era formata da reparti di Fanteria,
Artiglieria, Genio e servizi. L’ufficializzazione di questo “speciale corpo del
Regio Esercito” avvenne con Regio Decreto Legge n. 833 del 28 aprile 1937,
convertito in legge (n. 2540) il successivo 23 dicembre. Secondo tale atto, la
Guardia alla Frontiera era ordinata in Settori di Copertura (tratti ben definiti
della fascia di frontiera con funzione tattica unitaria), retti da generali di
Brigata o Colonnelli. Ciascun settore comprendeva un numero vario d’unità
minori e di massima aveva un deposito territoriale. Gli ufficiali e i
sottufficiali assegnati ad essa, erano compresi negli organici delle varie
armi, esclusa quella dei Carabinieri Reali. Il suo compito era quello di
proteggere i confini con le nazioni limitrofe, presidiando il sistema di
fortificazioni del Vallo Alpino, formato da strutture
difensive di varia specie e consistenza (opere) nelle quali erano dislocati
militari e armi. Con Foglio d’Ordini n. 121 del 29 aprile 1940, i militari
della Guardia alla Frontiera adottarono “il cappello alpino con nappina
laterale senza penna. La nappina sarà senza numero, con parte centrale di
colore verde e con striscia periferica del colore dell’Arma (scarlatta per la fanteria,
giallo arancio per l’artiglieria, cremisi carico per il genio). Dalla
distribuzione del cappello alpino sono esclusi i militari della G.a.F. della
Libia, che conservano l’elmetto coloniale”. La mancanza della penna nera sul cappello provocò la
scherzosa canzonatura degli Alpini, che soprannominarono la G.a.F. “la vidoa”
(la vedova). Ovviamente, il fregio sul cappello era quello dell’Arma cui il
militare apparteneva quindi: Fanteria, oppure Artiglieria oppure Genio. Nel suo
tondino andava aggraffato il numero, romano, del Settore di Copertura. Le
mostrine erano verdi a una punta: senza bordo per la Fanteria; con bordo giallo
per l’Artiglieria; con bordo amaranto per il Genio.
(NOTA 2) Il III Settore di Copertura
trae le sue origini dall’insediamento, il 27 settembre 1934, in Sambuco, di un
piccolo distaccamento del 33° Reggimento Fanteria. Detto Settore entrò in
guerra alle dipendenze del II Corpo d’Armata (Comandante: Gen. Francesco
Bertini), che a sua volta faceva parte della I Armata (Comandante: Gen. Pietro
Pintor). Quest’ultima, insieme alla IV, costituiva il “Gruppo Armate Ovest”, appositamente
creato per la campagna contro la Francia.
(NOTA 3) Roland Costa de Beauregard (1913–2002), dall'inverno 1939
al giugno 1940, come Lieutnant, comandò il S.E.S. dell’83° Bataillon Alpin de
Forteresse (B.A.F.) di stanza a Larche. Dal 22 al 24 giugno 1940 respinse gli
attacchi italiani al Col de Mallemort, nell'Alta Ubaye, rompendo anche
l'accerchiamento della batteria di Viraysse. Ciò gli valse una “citation à
l’ordre de l’Armée” e la Legion d’Honneur. Fu personaggio di spicco della Forces Françaises de l'Intérieur (F.F.I.) nella
lotta contro i tedeschi. Promosso Generale di Brigata nel 1965 concluse la sua
carriera come Generale di Corpo d'Armata.
(NOTA 4) Nucleo Armi Supplementari (N.A.S.) – Unità di fuoco, generalmente
della Guardia alla Frontiera ma non solo, in aggiunta alle armi già poste nei
centri di fuoco della sistemazione di copertura. Poteva essere amata con
mitragliatrici, mortai, cannoni di accompagnamento posti allo scoperto o
impostazioni già predisposte.
(NOTA 5) Ancora nel 2019, sul numero 3 (Settembre - Dicembre) di
“Genova Alpina” è comparso un articolo dall’eloquente titolo: Beppino Nasetta.
Una medaglia d’oro negata (Giugno 1940).
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Rochat Giorgio, La campagne italienne de juin 1940
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