b. la battaglia
Nella
ricostruzione di Paolo Langella[1]
“all'alba del 21 luglio, le avanguardie austriache urtavano contro le difese di
Enguiso e Locca, ma i grossi trovavano qualche difficoltà a spiegarsi,
trattenuti dall'asprezza del terreno. Il gen. Haug rinforzando i presidi,
riuscì ad arrestare gli Austriaci ed, illudendosi di poter resistere
agevolmente su tali linee, sollecitò Garibaldi a compiere la mossa su Lesumo.
Ma il Generale conosceva la debolezza intrinseca della due posizioni e,
prevedendone la caduta non appena fossero state seriamente investite, rinforzò
invece le difese di Bezzecca, inviandovi un battaglione al comando del figlio
Menotti Garibaldi e facendo schierare tre batterie, due dietro l'abitato e una
davanti a Bezzecca, per appoggiare l'azione in Val Conzei e successivamente
coprire il ripiegamento dei presidi di Enguiso e Locca verso la linea di difesa
principale, quando la situazione si fosse fatta insostenibile.
Ben
presto l'ostinazione di Haug nel voler difendere gli accessi alla Val Conzei
determinò una pericolosa crisi della difesa e le forze volontarie si trovarono
in difficoltà. Sopravanzate sul fianco le posizioni, gli Austriaci scesero
verso Bezzecca e inutili furono due furiosi contrattacchi all'arma bianca delle
forza poste a suo presidio, come inutili risultarono i rinforzi inviati nel
settore minacciato perché non vennero impiegati per prolungare l'ala della
difesa ed intercettare gli attaccanti che trafilavano sul fianco, ma per
rinforzare i presidi e ripianarne le perdite.
Le
posizioni di Locca ed Enguiso, come logico, caddero e la batteria schierata
davanti a Bezzecca riuscì a coprire il ripiegamento dei superstiti sparando a
mitraglia, sotto una grandine di colpi.
Frattanto
Garibaldi, che sino allora era rimasto in posizione arretrata, dubitando che
l'attacco dalla Val Conzei non fosse l'azione principale, ma una diversione per
distrarre forze dal settore prescelto per lo sforzo decisivo, si portò a
Bezzecca preoccupato perla condotta del combattimento da parte del gen. Haug,
il quale consumava le sue forze gettandole a spizzico nella battaglia.
Immediatamente
individuò una pericolosissima situazione: le alture di Naè erano state
abbandonate, su ordine del gen. Haug, per farne accorrere i difensori a Locca.
Garibaldi ordinò che la posizione fosse subito rioccupata (e ciò fu fatto
precedendo d'un soffio gli Austriaci) ed ordinò anche che venisse rinforzato il
settore di Poggio S. Bartolomeo, la cui guarnigione, asserragliata nel recinto
murato del cimitero che vi sorge, era duramente provata e sopportava il peso
dell'attacco condotto dall'intera ala sinistra austriaca.
Intanto
le unità che si ritiravano dalla Val Conzei, ripiegavano precipitosamente,
incalzate da presso dall'avversario, travolgendo anche i reparti inviati a loro
rinforzo e ancora in cammino verso le posizioni ormai perdute. Il precipitarsi
in Bezzecca di un così gran numero di Volontari provocò una enorme confusione
ed una calca indescrivibile, non perché fra le file garibaldine si fosse
diffuso il panico, quanto per la strettezza del luogo ed il gran numero di
difensori che già vi si trovavano.
Ogni
comandante voleva schierare la propria unità per riprendere l'azione contro
l'attaccante, anche a costo d'ingombrare il campo di tiro dei reparti già
schierati a difesa; ogni Volontario che avesse perso contatto con la propria
compagnia si intrufolava dove capitava per aprire il fuoco. Fu necessario far
sgomberare rapidamente e con modi molto energici gli intrusi, lontano dalla
linea del fuoco ed essi defluirono alla rinfusa nella zona di Tiarno, ove si
ricomposero per rendersi utili nel prosieguo dell'azione. Fortunatamente gli
Austriaci non avevano insistito nell'investimento di Bezzecca, accanendosi
contro il Poggio di S. Bartolomeo e soprattutto contro le alture di Naè, in
esecuzione del piano del Mountluisant,
ed un deciso contrattacco, ordinato da Garibaldi, riuscì a disimpegnare la
batteria schierata davanti a Bezzecca, permettendole di retrocedere a riparo
dell'abitato.
Intanto
cadde la posizione di S. Bartolomeo, mentre le alture di Naè erano teatro di
furiosi combattimenti, posizioni talvolta perdute, ma sempre rioccupate con sanguinosi
contrassalti dei Volontari. Garibaldi, temendo uno sfondamento sulle ali e
l'accerchiamento di Bezzecca e ritenendo ormai esauriti i compiti di fissaggio
frontale del nemico, ordinò il ripiegamento, facendo concentrare tutto il fuoco
di artiglieria disponibile davanti al villaggio a copertura del movimento
retrogrado. Diede, inoltre, ordine al figlio Menotti di rinforzare la difesa
sui rilievi di Naè e di mantenervisi a tutti i costi. Le alture di Naè,
infatti, continuavano ad essere la posizione chiave della battaglia: prima
avevano permesso di tenere Bezzecca, ora saranno il perno attorno a cui ruoterà
lo schieramento delle forze volontarie per ripiegare ordinatamente in Val di
Ledro, successivamente copriranno il fianco per le azioni controffensive
sviluppate, in basso, verso Bezzecca e, per l'alto, contro Lesumo.
Garibaldi,
individuandone immediatamente l'importanza, riuscì a conseguire la vittoria
utilizzandole come elemento determinate della sua manovra. Nella ritirata di
Bezzecca, si distinse particolarmente il figlio minore del Generale, Ricciotti
Garibaldi, che riuscì a recuperare, guidando pochi animosi, un pezzo
d'artiglieria ribaltato nel fango dai cavalli di traino e che stava per essere
catturato dai cacciatori austriaci.
Ne
frattempo, Garibaldi aveva fatto serrare sotto tutte le unità dislocate
nell'Ampola, ordinata a quelle in attesa sulla sua dorsale sinistra di portarsi
a Lesumo e ad un contingente minore di raggiungere la displuviale per
proteggere loro il fianco da eventuali provenienze dalle Giudicarie.
Appena questi movimenti furono a buon punto,
concentrò un intensissimo fuoco d'artiglieria su Bezzecca e ben presto il paese
fu in preda alle fiamme e gli Austriaci furono costretti ad uscirne. Colto il
momento favorevole, il Generale sferrò un risoluto attacco per trattenere
l'avversario in fondovalle ed impedire un suo disimpegno quando si fosse
accorto che la sua linea di ritirata stava per essere recisa in corrispondenza
di Lesumo.
Bezzecca
venne riconquistata e gli Austriaci ricacciati verso la Val Conzei, ma un altro
deciso contrattacco partiva dalle alture di Naè
costringeva l'avversario a ripiegare su Locca e poi su Enguiso.
Peraltro, il distaccamento, inviato da Garibaldi a vegliare sulla displuviale,
era venuto a contatto con la riserva del Montluisant e questi, quando ne
ricevettero l'annunzio, stimò pericolosa ed insostenibile la propria posizione,
ritenendo che si trattasse di avanguardie di forze ben più consistenti.
Ordinò
allora la ritirata generale sul Monte Pichea, da dove poteva porsi in salvo su
Riva, sottraendosi così, più per un caso fortunato che per decisione di
comando, all'aggiramento predisposto con tanta cura da Garibaldi.
A
sera, infine, a Garibaldi giunse la notizia che anche nelle Giudicarie l'attacco
austriaco era stato respinto, non avendo voluto il gen. Kuhn spingere a fondo
il proprio sforzo, quando si era accorto dell'entità delle forze che lo
fronteggiava. Si concludeva così quella che poi passò alla Storia come la
battaglia di Bezzecca, celebrata, non a ragione, come l’unica vittoria italiana
del 1866. Fu una delle quattro battaglie che costrinsero l’Austria a cedere il
Veneto, regione che fu annessa all’Italia con la forza delle armi e non per
mera decisione austriaca.
massimo coltrinari
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