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sabato 25 novembre 2017

Bezzecca. 21 luglio 1866

b. la battaglia

Nella ricostruzione  di Paolo Langella[1] “all'alba del 21 luglio, le avanguardie austriache urtavano contro le difese di Enguiso e Locca, ma i grossi trovavano qualche difficoltà a spiegarsi, trattenuti dall'asprezza del terreno. Il gen. Haug rinforzando i presidi, riuscì ad arrestare gli Austriaci ed, illudendosi di poter resistere agevolmente su tali linee, sollecitò Garibaldi a compiere la mossa su Lesumo. Ma il Generale conosceva la debolezza intrinseca della due posizioni e, prevedendone la caduta non appena fossero state seriamente investite, rinforzò invece le difese di Bezzecca, inviandovi un battaglione al comando del figlio Menotti Garibaldi e facendo schierare tre batterie, due dietro l'abitato e una davanti a Bezzecca, per appoggiare l'azione in Val Conzei e successivamente coprire il ripiegamento dei presidi di Enguiso e Locca verso la linea di difesa principale, quando la situazione si fosse fatta insostenibile.

Ben presto l'ostinazione di Haug nel voler difendere gli accessi alla Val Conzei determinò una pericolosa crisi della difesa e le forze volontarie si trovarono in difficoltà. Sopravanzate sul fianco le posizioni, gli Austriaci scesero verso Bezzecca e inutili furono due furiosi contrattacchi all'arma bianca delle forza poste a suo presidio, come inutili risultarono i rinforzi inviati nel settore minacciato perché non vennero impiegati per prolungare l'ala della difesa ed intercettare gli attaccanti che trafilavano sul fianco, ma per rinforzare i presidi e ripianarne le perdite.

Le posizioni di Locca ed Enguiso, come logico, caddero e la batteria schierata davanti a Bezzecca riuscì a coprire il ripiegamento dei superstiti sparando a mitraglia, sotto una grandine di colpi.

Frattanto Garibaldi, che sino allora era rimasto in posizione arretrata, dubitando che l'attacco dalla Val Conzei non fosse l'azione principale, ma una diversione per distrarre forze dal settore prescelto per lo sforzo decisivo, si portò a Bezzecca preoccupato perla condotta del combattimento da parte del gen. Haug, il quale consumava le sue forze gettandole a spizzico nella battaglia.

Immediatamente individuò una pericolosissima situazione: le alture di Naè erano state abbandonate, su ordine del gen. Haug, per farne accorrere i difensori a Locca. Garibaldi ordinò che la posizione fosse subito rioccupata (e ciò fu fatto precedendo d'un soffio gli Austriaci) ed ordinò anche che venisse rinforzato il settore di Poggio S. Bartolomeo, la cui guarnigione, asserragliata nel recinto murato del cimitero che vi sorge, era duramente provata e sopportava il peso dell'attacco condotto dall'intera ala sinistra austriaca.

Intanto le unità che si ritiravano dalla Val Conzei, ripiegavano precipitosamente, incalzate da presso dall'avversario, travolgendo anche i reparti inviati a loro rinforzo e ancora in cammino verso le posizioni ormai perdute. Il precipitarsi in Bezzecca di un così gran numero di Volontari provocò una enorme confusione ed una calca indescrivibile, non perché fra le file garibaldine si fosse diffuso il panico, quanto per la strettezza del luogo ed il gran numero di difensori che già vi si trovavano.

Ogni comandante voleva schierare la propria unità per riprendere l'azione contro l'attaccante, anche a costo d'ingombrare il campo di tiro dei reparti già schierati a difesa; ogni Volontario che avesse perso contatto con la propria compagnia si intrufolava dove capitava per aprire il fuoco. Fu necessario far sgomberare rapidamente e con modi molto energici gli intrusi, lontano dalla linea del fuoco ed essi defluirono alla rinfusa nella zona di Tiarno, ove si ricomposero per rendersi utili nel prosieguo dell'azione. Fortunatamente gli Austriaci non avevano insistito nell'investimento di Bezzecca, accanendosi contro il Poggio di S. Bartolomeo e soprattutto contro le alture di Naè, in esecuzione del piano  del Mountluisant, ed un deciso contrattacco, ordinato da Garibaldi, riuscì a disimpegnare la batteria schierata davanti a Bezzecca, permettendole di retrocedere a riparo dell'abitato.

Intanto cadde la posizione di S. Bartolomeo, mentre le alture di Naè erano teatro di furiosi combattimenti, posizioni talvolta perdute, ma sempre rioccupate con sanguinosi contrassalti dei Volontari. Garibaldi, temendo uno sfondamento sulle ali e l'accerchiamento di Bezzecca e ritenendo ormai esauriti i compiti di fissaggio frontale del nemico, ordinò il ripiegamento, facendo concentrare tutto il fuoco di artiglieria disponibile davanti al villaggio a copertura del movimento retrogrado. Diede, inoltre, ordine al figlio Menotti di rinforzare la difesa sui rilievi di Naè e di mantenervisi a tutti i costi. Le alture di Naè, infatti, continuavano ad essere la posizione chiave della battaglia: prima avevano permesso di tenere Bezzecca, ora saranno il perno attorno a cui ruoterà lo schieramento delle forze volontarie per ripiegare ordinatamente in Val di Ledro, successivamente copriranno il fianco per le azioni controffensive sviluppate, in basso, verso Bezzecca e, per l'alto, contro Lesumo.

Garibaldi, individuandone immediatamente l'importanza, riuscì a conseguire la vittoria utilizzandole come elemento determinate della sua manovra. Nella ritirata di Bezzecca, si distinse particolarmente il figlio minore del Generale, Ricciotti Garibaldi, che riuscì a recuperare, guidando pochi animosi, un pezzo d'artiglieria ribaltato nel fango dai cavalli di traino e che stava per essere catturato dai cacciatori austriaci.

Ne frattempo, Garibaldi aveva fatto serrare sotto tutte le unità dislocate nell'Ampola, ordinata a quelle in attesa sulla sua dorsale sinistra di portarsi a Lesumo e ad un contingente minore di raggiungere la displuviale per proteggere loro il fianco da eventuali provenienze dalle Giudicarie.
Appena  questi movimenti furono a buon punto, concentrò un intensissimo fuoco d'artiglieria su Bezzecca e ben presto il paese fu in preda alle fiamme e gli Austriaci furono costretti ad uscirne. Colto il momento favorevole, il Generale sferrò un risoluto attacco per trattenere l'avversario in fondovalle ed impedire un suo disimpegno quando si fosse accorto che la sua linea di ritirata stava per essere recisa in corrispondenza di Lesumo.

Bezzecca venne riconquistata e gli Austriaci ricacciati verso la Val Conzei, ma un altro deciso contrattacco partiva dalle alture di Naè  costringeva l'avversario a ripiegare su Locca e poi su Enguiso. Peraltro, il distaccamento, inviato da Garibaldi a vegliare sulla displuviale, era venuto a contatto con la riserva del Montluisant e questi, quando ne ricevettero l'annunzio, stimò pericolosa ed insostenibile la propria posizione, ritenendo che si trattasse di avanguardie di forze ben più consistenti.

Ordinò allora la ritirata generale sul Monte Pichea, da dove poteva porsi in salvo su Riva, sottraendosi così, più per un caso fortunato che per decisione di comando, all'aggiramento predisposto con tanta cura da Garibaldi.

A sera, infine, a Garibaldi giunse la notizia che anche nelle Giudicarie l'attacco austriaco era stato respinto, non avendo voluto il gen. Kuhn spingere a fondo il proprio sforzo, quando si era accorto dell'entità delle forze che lo fronteggiava. Si concludeva così quella che poi passò alla Storia come la battaglia di Bezzecca, celebrata, non a ragione, come l’unica vittoria italiana del 1866. Fu una delle quattro battaglie che costrinsero l’Austria a cedere il Veneto, regione che fu annessa all’Italia con la forza delle armi e non per mera decisione austriaca.


massimo coltrinari
centrostudicesva@istitutonastroazzurro.org


[1]              Ibidem

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