La
situazione tattica alla sera del 20 luglio 1866 era tutta favorevole alla forze
volontarie. Garibaldi era riuscito a costringere il gen. Khun in un vicolo
cieco, non fornendogli altra via di uscita che quella d'affidarsi alle sorti
d'una battaglia risolutiva. Al comando austriaco si presentavano solo due alternative: o uno spostamento della sua
riserva strategica in Val di Ledro, per contrastare il passo al Corpo dei
Volontari e coprire Riva e Rovereto; oppure
concentrare tutte le proprie forze sotto Trento, per provocare la
battaglia risolutiva.
La
seconda opzione era la più accreditata, in quanto avrebbe permesso agli
Austriaci di agire a forze riunite appoggiandosi alle fortificazioni di Trento,
dopo aver allontanato notevolmente Garibaldi dalla propria base d'operazione.
Ma occorreva considerare che era preclusa dall'avanzata delle forze regolari
del regio esercito al comando del gen. Medici, che stavano risalendo la Val
Sugana e che si sarebbero congiunte con il Corpo dei Volontari a Trento. Era
evidente che gli Austriaci stavano per essere rinserrati n una morsa da cui era
quasi difficile uscire.
Rimaneva
la prima opzione, ovvero di manovrare per le linee interne contro le due masse
nemiche prima che si riunissero e batterle separatamente. In pratica la
soluzione che si prospettava era quella di affrontare Garibaldi in Val di Ledro
e successivamente volgersi contro le forze regolari del gen. Medici.
Anche
questa soluzione, però, presentava degli aspetti preoccupanti; infatti si doveva operare celermente e l'aspra barra
montana, interposta fra Lardaro e Pieve di Ledro-Bezzecca, attraversata solo da
due sentieri rupestri, non gli avrebbe consentito il trasferimento di tutta la
riserva strategica in tempo utile per intercettare Garibaldi. In più, il gen.
Kuhn si era formato la convinzione, errata,
che il contingente dei Volontari, operante in corrispondenza delle
Giudicarie, fosse stato nettamente battuto, per cui il Generale austriaco,
pressato dall'urgenza del momento e partendo da un falso presupposto, decise di
adottare il seguente piano: dividere le
proprie forze in due aliquote di pari consistenza; l'una avrebbe affrontato ed
eliminato quelle che egli riteneva delle deboli forze residue poste a sbarramento
del Chiese, quando l'altra avesse battuto i volontari a Bezzecca e ne avesse
iniziato l'inseguimento lungo la Val d'Ampola. L’obiettivo che si perseguiva
era di costringere Garibaldi a trovarsi rinchiuso senza alcuna via d'uscita,
all'altezza di Storo. Realizzato ciò, riunire le proprie forze, non appena
battuto Garibaldi, per agire a massa contro le forze regolari del gen. Medici,
sotto le mura di Trento.
Il
Comando austriaco aveva giustamente valutato che i Regolari italiani sarebbero
stati trattenuti, sino al 26 o 27 luglio, dalle forze austriache che
manovravano in ritirata in Val Sugana. Per alleggerire le proprie unità e
rendere più spedito il movimento, il gen. Kuhn fu anche costretto a privarle
delle artiglierie da campagna, sostituendole con batterie di racchette, sorta
di lanciarazzi multipli dell'epoca, più leggeri da trasportarsi, ma molto più
imprecisi e di minor potenza delle comuni bocche da fuoco dell’artiglieria
campale.
A Bezzecca, comunque, erano
presenti 8 pezzi da campagna ( quelli delle forze precedentemente operanti in
Val d'Ampola), 4 pezzi da montagna e 8 racchette, provenienti dal settore delle
Giudicarie, e circa 4.500 uomini.
Garibaldi
oppose loro forze pressoché pari, sia perché dovette scaglionare in profondità
un buon numero di reparti per fronteggiare eventuali azioni nemiche che si
delineassero contemporaneamente in più punti dalla displuviale, sia perché
l'angustia della Val di Ledro non consentiva un maggior concentramento di
forze.
Inoltre
il Generale intendeva, una volta battuti gli Austriaci, avviare subito forze
fresche attraverso la Sella di Lesumo e Campi per Riva, aggirando le difese del
forte di Ponale, posto a sbarramento della via più diretta per il Garda.
In
agguato, per controllare la situazione, restavano le forze dislocate sulla
spalla sinistra dell'Ampola.
La
sera del 20 luglio, gli Austriaci avevano già raggiunto la displuviale in
corrispondenza della testata della Val di Conzei (a nord di Bezzecca) e la
mattina successiva, 21 luglio, si spiegarono su tre colonne di cui le due
principali scesero lungo le pendici opposte delle Val di Conzei, convergendo
sugli sbocchi della stessa valle; la
terza, molto meno robusta, puntò su Molina per integrare le difese del forte di
Ponale ed impedire ai volontari la ritirata sul M. Notta. In secondo scaglione,
seguendo la colonna principale di destra, marciava la riserva con anche il
compito di proteggere il fianco esposto del dispositivo d'attacco.
Al
comando della riserva tattica vi era il gen. Montluisant[1],
a cui il gen. Kuhn affidò l’azione per la distruzione delle forze volontarie,
ovvero dare battaglia a Bezzecca. Il gen. Montluisant elaborò il suo piano che
prevedeva, in un primo tempo, di assicurarsi gli sbocchi della Val Conzei;
successivamente, investire sulla fronte l'abitato di Bezzecca con la propria
ala sinistra, mentre l'ala destra avrebbe operato un rapido movimento
avvolgente della posizione. Determinato il crollo della difesa delle forze
volontarie, Montluisant era più che convinto che le unità dei Volontari, anche
se non direttamente impegnate nell'azione, non avrebbero retto ad una poderosa
avanzata di tutte le sue forze e sarebbero rimaste travolte, ripiegando
disordinatamente su Storo, per cozzare contro le truppe del gen. Kuhn. Inoltre
preoccupandosi forse eccessivamente di lasciarsi aperta una via di ritirata,
fermò la propria riserva a mezza via, ordinandole di assicurare a tutti i costi
il controllo della displuviale in corrispondenza della Val di Conzei.
[1]
Bruno von Montluisant è noto in
Austria per la sua vittoria a Bezzecca, per la quale ebbe un alta onorificenza.
Per la sua biografia ed un approfondimento della sua figura, vds.: Quaderni On
Line, post “1866 Protagonisti. Gen. Bruno von Montluisant (1815-1896)” in data
6 settembre 2016 www.valremilitare
cesvam,blogspot.com.