1. GLI AVVENIMENTI
a.
Le Operazioni di Guerra
Quando l’ammiraglio Persano, vide gli austriaci
governare dritto contro le linee italiane, ebbe la pessima idea di fermare la
nave ammiraglia “Re d’Italia” e di trasferirsi sull’ariete a torri mobili
“Affondatore”. Questa mossa gettò nel disordine la linea di fila italiana, che
non avvisata in tempo non sapeva da quale nave ricevere gli ordini. Nel momento
più critico, Persano rinuncia a comandare i suoi bastimenti per avere una
influenza insignificante sulla battaglia. Gli austriaci erano ben comandati,
gli italiani non comandati del tutto.
Alle 10.50 del mattino un gruppo di 7 corazzate
comandate dal Contrammiraglio Tegetthoff, si inserirono nello spazio aperto
lasciato nella line di fila italiana fra la prima divisione (Vacca) e la
seconda (Faa di Bruno). La divisione di Vacca con la Carignano , Castel
Fidardo ed Ancona, dopo la prima bordata virarono verso sinistra, al fine di
attaccare la retroguardia delle linee austriache. Quattro delle sette corazzate
austriache, la P. Eugen , la Drache , la
Don Juan e l’ammiraglia Ferdinand Max,
risposero a questa manovra dirigendo a babordo verso il cuore dello
schieramento italiano, mentre il Kaiser Max, la Salamandre e l’Habsburg
si misero all’inseguimento della prima divisione di Vacca. Intanto la seconda
divisione austriaca, in testa la
Kaiser , si accingeva, con navi in legno, ad attaccare
anch’essa il cuore dello schieramento italiano. Dopo aver attraversato le linee
italiane, la Ferdinand Max ,
manovrando verso la Palestro
ed il Re d’Italia, tentò due volte l’abbordaggio, ma senza esito, visto
l’angolo troppo acuto fra le traiettorie delle navi per poter arrecare danni
con lo sperone. In quel momento la
Palestro veniva colpita, cominciando a bruciare. Uscì dalla
linea di fila italiana per cercare di domare le fiamme. Nello stesso momento il
Re d’Italia, ebbe una avaria al timone; alle 11.20 si trovò di fronte a dritta
il Don Juan, mentre il Ferdinand Max stava manovrando per speronarlo. Se il
comandante Faa di Bruno avesse messo le macchine avanti tutta, malgrado il
timone fuori servizio, avrebbe avuto la possibilità di affondare il nemico ma,
malgrado la breve distanza non osò servirsi dello sperone ed ordinò alle
macchine di invertire la marcia a tutta forza. Al contrario, il Ferdinand Max
scaricò tutti i suoi 12 nodi e mezzo di velocità contro il bastimento italiano,
rompendo la corazza e distruggendo le strutture in legno. La nave si inclinò a
tribordo, dal lato opposto a quello dell’abbordaggio e colò a picco. La
corazzata Ancona cercò l’abbordaggio contro il Ferdinand Max, scaricandogli un
violento fuoco di cannoni, ma non concluse l’attacco per le difficoltà di
ricaricare con celerità i cannoni ad avancarica italiani. Seguì una mischia
furibonda che durò qualche minuto, fra le corazzate italiane ed austriache,
senza che ci fossero gravi effetti né per l’una né per l’altra flotta. Persano,
intanto, si muoveva sul campo di battaglia a bordo dell’Affondatore senza
concludere né in termini di comando, né in termini di azione. Cercò per tre
volte di abbordare il Kaiser, che era stato danneggiato dal Re di Portogallo,
ma al terzo tentativo, quello più favorevole, decise di virare di bordo.
Successivamente dichiarò che aveva giudicato non degno di attaccare un nemico
inerme, rischiando il proprio bastimento. Portando alla distruzione il Kaiser,
avrebbe almeno compensato la perdita del Re d’Italia e le scuse accampate
furono l’ennesima prova dell’inconsistenza del Comandante italiano.
Il combattimento terminò poco dopo mezzogiorno, e
tutti i bastimenti capaci ancora di combattere, si rischierarono in linea di
fila, gli italiani verso Sud, gli austriaci verso Nord. Malgrado le due flotte
avessero ancora potenziale di fuoco, non ripresero lo scontro. Tegetthoff ,
soddisfatto della sua prestazione, si rendeva comunque conto della difficoltà
dell’uso dello sperone e della limitata potenza di fuoco dei suoi cannoni
contro le corazzate italiane. Alle 2.30 post meridiane la Palestro, ancora a
fuoco dallo scontro mattutino, salta in aria uccidendo altri 23 ufficiali e
l’equipaggio.
In senso stretto, la battaglia di Lissa non fu
decisiva. Fino all’imbrunire le due flotte erano ancora l’una di fronte
all’altra, e Tegetthoff non sfruttò pienamente il successo guadagnato al
mattino. Gli italiani persero 381 uomini sul Re d’Italia e 231 sulla Palestro,
oltre ad 8 morti e 40 feriti su altri bastimenti.
Da parte austriaca ci furono 38 morti e 138 feriti. Le
corazzate italiane Re d’Italia e Palestro furono affondate, mentre
l’Affondatore rientrò nel porto di Ancona trainato a causa, forse, di un avaria
conseguente allo scontro. Né da una parte né dall’altra (a parte le italiane
affondate), le corazzate furono seriamente danneggiate. Il 21 luglio la flotta
austriaca era ancora nei pressi di Lissa, ma quella italiana si era già ritirata
ad Ancona.
Persano, in qualità di Senatore, fu giudicato dal
Senato italiano colpevole di negligenza ed imperizia il 15 aprile 1867. Fu
privato del grado, cacciato dalla Marina e condannato a pagare le spese del
processo. Albini fu rilevato dal comando. Tegetthoff fu invece promosso vice
Ammiraglio e nel 1868 nominato Comandante della marina austriaca.
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