Venne quindi la guerra
mondiale, e Cutinelli ebbe la responsabilità delle operazioni nel Basso
Adriatico, quale Comandante della Seconda Squadra. In questo incarico, egli
portò a termine la sua impresa più grande, il salvataggio del governo e
dell’Esercito Serbi, nientemeno che 250 mila uomini, prelevandolo da Durazzo e
San Giovanni di Medua, e trasportandolo in salvo, malgrado la violenta reazione
della forze austriache di terra e di mare. L’Esercito serbo, dopo un congruo
periodo di cure e di riposo, fu poi inviato a Salonicco, dove aprì, insieme
agli altri Alleati, proprio quel fronte macedone, che fu infine sfondato
nell’autunno del 1918, causando la rivolta di Berlino e la fine della guerra.
Di questa impresa, i cui
aspetti organizzativi fanno ancor oggi drizzare i capelli in testa, per la loro
complessità, voglio citare due riconoscimenti. Il primo è una lettera, scritta
dal Ministro degli Esteri serbo, a nome del re Pietro, che dice:
“Signor Conte,
l’evacuazione dei rifugiati serbi dall’Albania
essendo compiuta, mi fo debito di manifestare a Vostra Eccellenza i più sinceri
ringraziamenti del Governo del mio Re per il concorso premuroso ed efficace,
come anche per quello degli ufficiali vostri dipendenti e delle altre autorità
navali di Brindisi, mercè le quali il recupero ha potuto aver luogo in modo
tanto rapido e soddisfacente.
Vogliate gradire, Eccellenza, l’assicurazione
della mia considerazione più alta”[1].
Il secondo documento,
che descrive anche meglio quanto complesso fosse stato questo impegno, è un
rapporto, a firma del Duca degli Abruzzi, Comandante in Capo dell’Armata
Navale, che dice, sull’Ammiraglio Cutinelli:
“Come Comandante della 2ª Squadra, seguendo le
direttive del Comando in Capo d’Armata, ha avuto per vari mesi a Brindisi la
direzione di tutte le importanti operazioni che si sono svolte nel Basso
Adriatico: lo sbarco del corpo d’occupazione in Albania, il vettovagliamento
dell’Esercito Serbo a San Giovanni di Medua e a Durazzo, l’evacuazione delle
truppe serbe dai porti dell’Albania e da Corfù, la ritirata delle nostre truppe
da Durazzo a Valona. Tutte queste operazioni,
nonostante le difficoltà provocate dalla scarsità
dei mezzi disponibili e dalla vicinanza di munite basi nemiche, sono state
portate felicemente a termine mercè le saggie (sic) ed avvedute disposizioni
date dal Vice Ammiraglio Cutinelli che ha dato prova, in quella circostanza, di
possedere tutte le qualità militari e politiche necessarie a chi è chiamato ad
esercitare alti Comandi Navali.”
Questo rapporto, inutile
dire, finisce con una nota di rimprovero, subito sottolineata con la matita
rossa dal Ministro:
“sarebbe elemento prezioso per la Marina se
concorresse sempre, con tutte le sue eminenti qualità, ad assolvere i compiti
che gli vengono affidati”. Come si vede, il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
Per il suo ruolo in questo importante successo, gli venne conferito il grado di
Commendatore dell’Ordine Militare di Savoia.
Tralascio il seguito
della carriera dell’Ammiraglio, che fu travolto, all’inizio del 1918, dalla
serie di avvicendamenti partiti con la destituzione del Duca degli Abruzzi. Le
ragioni di questo repulisti furono tante, a cominciare dal cattivo andamento
delle operazioni nel Basso Adriatico, dove ci si era limitati a reagire alle
improvvise incursioni austriache contro lo sbarramento del Canale d’Otranto,
senza conseguire i successi che si sperava.
Per ragioni di
giustizia, va detto che, dopo il suo avvicendamento, le cose non cambiarono di
molto. La strategia attendista dell’Ammiraglio si basava sulla constatazione
che gli Austriaci, malgrado le punture di spillo che potevano procurare
all’Intesa, in quel bacino, avevano i giorni contati, e lo si vide con gli
ammutinamenti che scoppiarono a Cattaro, prima che altrove. La politica,
peraltro, voleva azioni, anche se inutili, e questo segnò il tramonto del
nostro personaggio.
Il colpo di grazia, per
l’Ammiraglio Cutinelli, venne però dall’inchiesta sul tragico affondamento, per
sabotaggio, della corazzata Leonardo da
Vinci, che puntava il dito sul lassismo dei servizi di guardia a bordo
delle navi maggiori, da vario tempo confinate a Taranto.
L’Ammiraglio Cutinelli,
che da soli due mesi aveva preso il Comando in Capo della Prima Squadra, fu
considerato responsabile ed invitato a dare le dimissioni. Da allora, dopo due
anni come Commissario Governativo del porto di Napoli, incarico nel quale fu
riempito di elogi – d’altra parte, era un organizzatore senza pari –
l’Ammiraglio si ritirò a vita privata, prima a Napoli e poi a Roma, dove morì
nel 1925. Un anno prima della morte, gli arrivò la promozione a Vice Ammiraglio
d’Armata, ed un breve richiamo in servizio, una piccola compensazione per i
torti subiti.
La sua storia è l’esempio di come, dopo aver
conseguito una vittoria importante, l’artefice di questa debba scomparire dalle
scene, per far rimanere intatta la sua fama. Non è necessario che egli muoia,
come accadde a Nelson, basta ritirarsi in buon ordine, come fece il Comandante
Cerrina Feroni o, ai nostri tempi, fanno i più famosi allenatori di calcio.
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