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giovedì 9 ottobre 2014

Rimini 11 ottobre 2014. Conferenza: Dal fallimento politico alla guerra di logoramento

(Sede: Caserma Giulio Cesare, 2° Gruppo Artiglieria Contraerea.)
 
La causa occasionale dello scoppio della prima guerra mondiale fu l’assassinio dell’erede al trono austro-ungarico a Sarajevo, il 28 giugno 1914.
 Le vere cause sono complesse e remote, che in breve possono essere così riassunte:
-         rivalità accesa tra Germania e, da una parte, Francia e dall’altra la Gran Bretagna, per questioni economiche, e coloniali.
-         Corsa agli armamenti , soprattutto per il dominio dei mari, da parte di tutti di Stati, in un equilibrio internazionale precario;
-         Revanscismi e Nazionalismi effervescenti, questi soprattutto nellìImpero Austro-ungarico,che raccoglieva entro i suoi confini oltre sedici nazionalità diverse.
Accanto a queste principali cause, e se ne possono indicare altre minori, gioca un ruolo incisivo e determinate l’assunto che nessun monarca, nessun politico ERA  disposto a rinunciare ai propri obiettivi, politici, economici e militari, in nome di un equilibrio tra le Nazioni, ovvero al mantenimento della pace. Tenere il punto d’onore era un assioma irrinunciabile. Alterare questo equilibrio significava andare alla guerra

In accordo con la eredità ottocentesca, ancora si pensava che i nodi politici si potessero sciogliere con la guerra, ritenuta, nel solco del pensiero clausevitziano, uno strumento si oneroso, ma efficace per determinare un vinto ed un vincitore a costi accettabili. Infatti la guerra coinvolgeva solo gli addetti, cioè l’Esercito, gli uomini d’arme, e solo quelle popolazioni dove si svolgevano uno o più battaglie, e la durata era sull’ordine di mesi, per lo più quelli estivi. Si pensi alle nostre guerre del Risorgimento, alla guerra tra Prussia ed Austria del 1866, e soprattutto tra quella tra Prussia e Francia del 1870-71.

Era convinzione generale, soprattutto a Vienna e a Berlino,  nel 1914 che per sciogliere gli ormai intricati noti politici in Europa, si poteva e si doveva andare in guerra, che sarebbe stata breve, gloriosa e relativamente poco onerosa, ove tutto si risolveva.

Su queste convenzioni si gestì la crisi politico-diplomatica tra Austria e Serbia seguita all’attentato al Principe Ereditario.
L’Austria, ritenendo la Serbia responsabile dell’accaduto, inviò al Governo di Belgrado un ultimatum con condizioni particolarmente dure ed umilianti, che, peraltro, furono tutte accettate, tranne quella che “funzionari austriaci partecipassero alla inchiesta giudiziaria contro di attentatori”.
Dal 25 al 30 luglio furono fatti tentativi per impedire che la guerra divenisse generale, ma la Russia, per sostenere la Serbia, ordinò la mobilitazione generale, venendo in tal modo a minacciare l’Austria e la Germania.
Di fronte a questo pericolo, la Germania dichiarò guerra alla Russia (31 luglio 1914).
La Francia, alleata della Russia, entrò anch’essa in guerra il 2 agosto 1914, e pochi giorni dopo, uscendo dal suo splendido isolamento, anche la Gran Bretagna dichiaro guerra alla Germania, in quanto  vedeva minacciata dai tedeschi il suo predomino sul mare del Nord. (4 agosto 1914).
Seguirono le dichiarazioni di guerra  della Serbia alla Germania (6 agosto).
Dell’Austria- Ungheria alla Russia ( 6 agosto)
Della Francia all’Austria Ungheria (11 agosto)
Dell’Inghilterra all’Austria-Ungheria (12 agosto).
Gli eserciti russi, sotto il comando del granduca Nicola, avanzarono rapidamente, prima ancora che il paese avesse terminato la sua mobilitazione generale, nella Prussia Orientale (agosto) e nella Galizia austriaca (agosto-settembre) occupando Leopoli ed avanzando verso i Carpazi. La Germania fu costretta a richiamare in servizio un generale in congedo , il maresciallo Hindenburg, il quale, prese l’iniziativa, e riportò le schiaccianti vittorie di Tannenberg (23-30 agosto) e dei Laghi Masuri (7-13 settembre 1914) che costrinsero i Russi a sgombrare gran parte della Prussia orientale. Non riuscì, invece, la controffensiva austro-tedesca in Galizia, dove i Russi, sconfitto nuovamente il nemico a Leopoli (8-13 settembre)occuparono la Bucovina  e raggiunsero la linea dei Carpazi, minacciando d’invadere la stessa Ungheria.
L’andamento delle operazioni sul fronte orientale ad agosto 1914, rafforzarono nei Tedeschi il convincimento di piegare  sia la Russia che la Francia in poche settimane, sull’onda dei ricordi della guerra franco-prussiana del 1870-71.

Sul fronte occidentale si impose alle truppe operanti una velocità operativa estremanetne elevata in quanto si voleva costringere la Francia alla resa prima che la Gran Bretagna inviasse in continente il suo esercito.
In virtù di questo, Lo Stato Maggiore Tedesco non esitò ad invadere il Belgio, in quanto da Bruxelles a Parigi la via era facile e piana.[1] Era l’attuazione integrale del piano Sciefelin, dal nome del Capo di Stato Maggiore tedesco che l’avea ideato, nel 1905, denominato “dell’ala marciante”.
Iniziate le operazioni il 4 agosto 1914, ben presto i tedeschi occuparono Liegi e Namour, il 21-23 agosto si scontrarono con l’esercito franco-belga-inglese a Charleroi, che si risolse in una disfatta alleata. I Tedeschi avanzarono nel cuore della Francia avendo come obiettivo Parigi e loro pattuglie giunsero a Compiegne, a 70 chilometri dalla capitale.
Errori tattici del gen. von Moltke il giovane, che si discostò dai dettami del piano Sciefelin, attirato dal miraggio di conquistare Parigi “ a botta dritta” e non per manovra, favorivano la reazione francese.
Von Moltke con la sua condotta non ortodossa, aveva lasciato scoperto il suo fianco destro: è qui che attaccò il gen. Joffre con tutte le sue forze (5-12 settembre 1914), mentre il gen. Gallieni, difensore di Parigi, attaccò l’altro fianco tedesco minacciando l’aggiramento. E’ la battaglia della Marna, o dei Taxi, con cui i Francesi fermarono i Tedeschi alle porte di Parigi, salvandola dalla occupazione.

I Tedeschi furono costretti a retrocedere dietro la linea dell’Aisne[2]
La guerra da movimento si stava trasformando in guerra di posizione e logoramento. Qui si aprì uno spiraglio, una opportunità per salvare l’Europa dal baratro in cui stava cadendo.

Trattative politico-diplomatiche potevano essere intavolate, e da più parti furono consigliate e sollecitate, per porre fine alla guerra. I Tedeschi non erano riusciti a sconfiggere in poche settimane la Francia, l’obiettivo strategico non era stato conseguito, quindi la guerra non aveva dato i risultati sperati. E’ il punto di svolta della i Guerra Mondiale. Fare un passo indietro, cercare di non tenere a tutti i costi il punto d’onore, per trovare una nuova situazione, un equilibrio europeo diverso.

Non fu così. Il momento, un attimo, passo e si scelse la via militare. Fu il fallimento prima diplomatico, poi politico, rinnegando tutti gli insegnamenti dell’ottocento, che la guerra poteva dare frutti sperati e positivi solo se fosse stata breve e relativamente onerosa, ed avventurandosi verso l’ignoto. Ovvero verso una guerra sconosciuta, quella di logoramento, una guerra lunga, snervante, di trincea e di posizione, che si combatteva con criteri e concetti inadeguati, spesso assurdi e senza una visione d’insieme.


[1] Il Belgio era uno stato neutrale, garantito da trattati internazionali. La Germania violò brutalmente la sua neutralità. Da notare che fu in questa occasione che il cancelliere tedesco Bethmann-Hollweg affermò che i trattati sono pezzi di cata.
[2] Per ovviare al fallito tentativo di occupare Parigi, lo Stato Maggiore Tedesco si propose di raggiungere Calais, per tagliare le comunicazioni tra la Gran Bretagna e la Francia ed affronta gli Alleati nella sanguinosissima battaglia elle Fiandre (17 ottobre-12 novembre 1914) che ebbe esito incerto.
I Tedeschi riuscirono a espugnare Anversa  (9 ottore) ed ad estendere la loro occupazione sul litorale belga, ma i Belgi, insieme a reparti anglo-francesi, si difesero validamente in mezzo alla fitta rete di canali che da va Ypres a Niuport e non permisero al nemico di raggiungere il suo obiettivo. Ben resto anche in questa zona la guerra di movimento si trasformò in guerra di posizione. 

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