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sabato 17 maggio 2014

Richiesta di commenti e note

Si riporta il paragrafo conclusivo del volume di prossima edizione: 

" Il Corpo Italiano di Liberazione e Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. Il passaggio del fronte, giugno-luglio 1944.

la preghiera e' quella di inviare note, chiose e commenti ai contenuti ed alle tesi esposte. 
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1. I contributo del Corpo Italiano alla liberazione delle Marche e di Ancona..

Nelle pagine precedenti abbiamo cercato di illustrare, portando esempi e documenti, il contributo che il Corpo Italiano di Liberazione ha dato alla liberazione delle Marche, in generale, e di Ancona in particolare.
La zona interna delle Marche è stata percorsa e liberata dagli uomini del Corpo Italiano di Liberazione. Sono state liberate Ascoli Piceno, Macerata, Tolentino per citare le città più importanti. E’vero che più che liberazione si è trattato di occupazione, in quanto gli uomini entravano in questa città quando i Tedeschi le avevano abbandonate approfittando delle ore notturne. Questo, a qualche osservatore poco attento, può essere riduttivo e vi attribuisce poco merito. Ma occorre ricordare che se i Tedeschi abbandonavano le posizioni è perché rischiavano, in un combattimento diretto, l’annientamento di tutte le loro forze; quindi erano costretti a lasciare le città per evitare perdite maggiori. E questo va a merito del Corpo Italiano di Liberazione e, in generale, alla più ampia manovra in atto da parte del Corpo Polacco. L’azione su Cingoli, e nel mese di agosto, su Belvedere Ostrense, Fossombrone, Cagli ed Urbino, stanno a dimostrare che il Corpo Italiano di Liberazione è stato protagonista della liberazione delle Marche nei suoi reali termini militari. Ovvero senza l’azione del Corpo Italiano di Liberazione, combinata con l’azione del Corpo Polacco, permette di sconfiggere e scacciare i tedeschi.

 Le forze della Resistenza, da sole, non sono in grado di poter ottenere questo risultato. Un risultato che deve essere inteso sul piano militare. Nonostante tanti tentativi di dimostrare il contrario le forze della Resistenza non sono in grado di combattere, nelle Marche e nel luglio 1944, le forze tedesche, attaccarle, sconfiggerle e mantenere le posizioni conquistate per un periodo più o meno lungo in attesa dell’arrivo delle forze regolari. Questo, per spiegare meglio, significa che un paese, una città è  “liberata” ovvero “liberata dalla presenza del nemico” quando con combattimenti diretti in cui il nemico è sconfitto, annientato e fatto prigioniero. “Occupata” significa che un paese, una città, abbandonata per ragioni di ordine superiore (in termini militari sono le azioni elementari della manovra in ritirata, ovvero cedere spazio per recuperare forze e riprendete l’’iniziativa operativa)[1] viene evacuato non lasciando dietro niente di utile alle forze nemiche e portandosi dietro tutto quello che si ritiene utile per il prosieguo del combattimento su nuove posizioni.
Nelle Marche nel luglio-agosto 1944 tutte le città o paesi sono stati “occupati”, non “liberati”, secondo il profilo militare, in quanto non si riscontrano battaglie e combattimenti nei centri abitati di nessun tipo.
Un primo esempio è Osimo: i Tedeschi nella nottata del 5 luglio sul 6, per rettificare le posizioni, in quanto il battaglione russo non dava affidamento e non era in grado di tenere le sue posizioni; il rischio concreto era l’aggiramento e l’annientamento delle forze sulle posizioni di Osimo; quindi ritirata su posizioni migliori, in attesa di una eventuale reazione controffensiva, pericolo che fu costante fino al 16 luglio, con le angosce per il ritorno dei Tedeschi, il rischio del bombardamento aereo alleato, la evacuazione della popolazione ecc. Osimo quindi non fu liberata, ma occupata. Peraltro le forze partigiane, lo splendido distaccamento “Riccio” e il “Fabrizzi” più i GAP, non sarebbero stati in grado di sostenere da soli una difesa di fronte ad un ritorno tedesco. Ed il cerchio si chiude a dimostrare l’assunto che abbiamo posto.
Altro esempio è Filottrano. Nei combattimenti dell’8 luglio i tedeschi vedono annientato un loro battaglione, oltre quattrocento uomini; sono tassi di perdite che non si possono permettere, pena il crollo del fronte. Sapendo della importanza di Filottrano cercano di impegnare combattimento, ma la determinazione e l’ardore combattivo dei soldati italiani, infliggono queste perdite; a sera, quando la situazione è incerta, ovvero se riprendere i combattimenti l’indomani, o ritirarsi, i tedeschi si ritirano. L’indomani all’alba i paracadutisti occupano Filottrano, sgombrata dai tedeschi.
Come è stato visto, la richiesta alleata di liberare Ancona, occuparla e difenderla fino all’arrivo delle truppe polacche, è stata dal Comando Partigiano respinta, e ne abbiamo visto i pro e i contro con le relative polemiche. La terza possibilità, che era quella di inviare uno o due battaglioni di paracadutisti o di arditi del Corpo Italiano di Liberazione a svolgere questa azione insieme alle forze della Resistenza, non fu presa nemmeno in considerazione per ragioni non militari, ma politiche. Non si voleva dare alcun merito agli Italiani di vittorie conseguite sul campo.
Sul piano militare, quindi, è il Corpo Italiano di Liberazione che opera, con le forze della Resistenza che svolgono un ruolo marginale.

In quella che si chiama la Battaglia di Ancona, che si svolse dal 1 al 20 luglio 1944, il Corpo Italiano di Liberazione ebbe, come abbiamo visto un ruolo preciso.
Inquadrato nel II Corpo d’Armata Polacco, aveva svolto sempre il ruolo di coprire il fianco sinistro dei Polacchi, che avanzano lungo la litoranea Adriatica, liberando, come detto Ascoli Piceno, Macerata, Tolentino.
Le varie fasi della battaglia di Ancona, fasi che, ripetiamo, sono solo ad uso degli studiosi e specialisti ed appassionati, in cui noi abbiamo preso in esame e riconosciuto il ruolo del Corpo Italiano di Liberazione portandoci a individuarne cinque.
Senza ripeterle, qui si può dire che liberata Osimo il 6 luglio, il Comandante Polacco Anders predispose un piano di attacco per la conquista di Ancona che prevedeva la 3 Divisione Carpatica a destra, con compiti di fissaggio ed inganno, la 5 Divisione Krescowa, con il compiti di attacco, rottura e sfondamento del fronte tedesco, mediante manovra di aggiramento, il Corpo Italiano di Liberazione, con i compiti protezione, sicurezza e copertura del fianco sinistro. L’obiettivo era di conquistare Ancona e annientare la guarnigione tedesca.
Questo piano, a cui contribuì in modo non marginale, il gen. Utili, messo in atto dall’alba del 17 luglio ebbe un successo parziale: Ancona fu conquistata il 18 luglio, ma la guarnigione tedesca, nonostante forti perdite, non fu annientata. Di questo parziale insuccesso vari comandanti polacchi accusarono il Corpo Italiano di Liberazione, accusandolo di aver raggiunge i suoi obbiettivi con ritardo, scoprendo il fianco sinistro delle forze avanzanti polacche, che furono costrette a fermarsi, e quindi dare tempo  per fuggire. Accuse che si rivelarono infondate, come abbiamo visto per vari motivi, primo fra tutti la incapacità dei polacchi di impiegare proficuamente sul terreno le forze corazzate e sfruttarne il numero e la potenza, come l’ingorgo avutosi sulla strada tra Polverigi ed Agugliano sta ad evidenziare, ma che dimostrano come il Corpo Italiano di Liberazione era parte integrante delle forze alleate che liberarono Ancona. Le critiche mosse dagli uomini del 7° Reggimento Ussari britannico sono un’altra testimonianza e dei difetti e carenze delle forze italiane, ma anche la sottolineatura che erano parte integrante delle forze attaccanti.
. Le critiche polacche e britanniche in parte sono fondate, sopratutto se formulate da uomini che operavano sul campo. Ma, come è stato visto riportando le osservazioni di Filippo Stefani, la non assegnazione organica di forse corazzate, la carenza di artigliere, la qualità delle artiglierie stesse e la scarsità di munizionamento (se i tedeschi avessero deciso di continuare a combatte a Filottrano le artiglierie del Corpo Italiano di Liberazione sarebbero state mute per aver terminato le munizioni) sono carenze che non potevano non incidere sulla operatività del Corpo Italiano, come i fatti sul terreno stanno a dimostrare. E questo a seguito di decisioni politiche, punitive per noi italiane, ottuse per certi versi degli Alleati, soprattutto da parte britannica.
Emerge a questo punto la peculiarità del Corpo Italiano di Liberazione: forza militare importante sul piano militare, decisiva in momenti importati, considerata come tale, ma limitata per motivi non militari ma politici, gli si chiede di assolvere a compiti, militari, superiore alle sue possibilità. Nonostante questo, in ritardo li riesce ad assolvere, ma le accuse rimangono.
Non si può qui rilevare che al fronte, non vi erano reparti della Repubblica Sociale Italiana. Una pagina da approfondire, soprattutto sul piano militare, che implica una analisi attenta del rapporto tra la Germania e  l’Italia dopo l’8 settembre 1943. Sul piano militare i repubblichini sono inesistenti, per volere dei loro alleati tedeschi.
Se riprendiamo il rapporto con le forze della Resistenza, come abbiamo visto è facile dire che il Corpo Italiano di Liberazione è una forza militare importante, decisiva e fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi militari, mentre l’esatto contrario è per le forze della Resistenza che, sotto il profilo militare, sono insignificanti. Di contro se ci spostiamo sul piano politico-sociale, sempre come abbiamo visto, tutto si capovolge, il Corpo Italiano di Liberazione, politicamente diviene insignificante, tanto che nessuno nelle Marche lo ricorda e la maggior parte non sa nemmeno che è esisto, mentre le forze della Resistenza sono una forza importante. decisiva e fondamentale perché stanno a dimostrare che gli Italiani sanno combattere, e non accettano la libertà donata dall’alto e da altri.

Per dimostrare questo, molte pagine sono di storia militare con un linguaggio per specialisti, e qui occorre ribadire che il metodo adottato è quello storico, applicato attraverso i suoi punti fondamentali, senza confondere il piano militare e quello politico-sociale.  Non poteva finire in questa maniera perché la tesi esposta sarebbe stata confinata ad un rispetto novero di persone, peraltro tutte partecipi a temi della Guerra di Liberazione in modo appassionato. La ricostruzione dell’azione del Corpo Italiano di Liberazione non poteva non essere integrata con testimonianze da chi fu protagonista di quegli avvenimenti o da chi, come civile, come sfollato, come essere umano li ha subiti.

(per gentile concessione della Società Editrice Nuova Cultura. Università La Sapienza - Roma)




[1] E’ la manovra attuata dai tedeschi al comando di Kesserling in Italia dal settembre 1943 all’aprile 1945.

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