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venerdì 30 settembre 2022
martedì 20 settembre 2022
Divisione Partigiana d'Assalto "G Garibaldi" - Jugoslavia Giugno 1945
Il
Rimpatrio della Divisione G
Tutti gli uomini che avevano
combattuto nella Jugoslavia meridionale furono raccolti nella Divisione
“Garibaldi”. Nella primavera del 1945 la Divisone fu concentrata a Ragusa, in
attesa dell’imbarco.
Il 7 marzo 1945, il Comando della
Divisione emise il foglio n. 376 che dettava le norme dell’imbarco. L’imbarco
doveva avvenire per reparti omogenie, in modo disciplinato , senza
manifestazione di alcuna specie, al fine di evitare incresciosi incidenti. Ogni
comandante di compagnia doveva avere al seguito il ruolino degli uomini
presenti e saranno riconosciuti al momento dell’imbarco stesso dal comandante
di compagnia stesso; era previsto l’arresto immediato per chi avesse cercato di
imbarcarsi clandestinamente; inoltre, una volta imbarcati, gli uomini non
potevano più, per nessuna ragione, scendere a terra.
L’8 marzo 1945 partiva da Ragusa il
I° Scaglione di Rimpatrio formato dalla VI Brigata “Garibaldi”, poi due
battaglioni di complementi, per un totale complessivo di 42 ufficiali, 105
sottufficiali e 1777 militari di truppa. Questo scaglione era al comando del
Capo di SM della “Garibaldi” capitano Roberto Berio. Subito dopo parti il 2à
Scaglione di Rimpatrio che comprendeva la 1a e la 2° Brigata “Garibaldi” per un
totale complessivo di 71 ufficiali, 140 sottufficiali e 1440 uomini di truppa,
al comando dello Stesso Ravnich, comandante della Divisione.
Restavano in Jugoslavia, in
particolare in Bosnia e in Montenegro molti militari sia sbandati che im
servizio presso le unità di artiglieria dell’Esercito Jugoslavo. Questo
formarono poi il 3° Scaglione di Rimpatrio che si imbarcò il 15 marzo 1945,
composto da quasi tutti gli sbandati della zona, oltre a 8 ufficiali e 330
tutti artiglieri; inoltre si imbarcarono i restanti complementi dei reparti
combattenti.
Alcuni giorni prima del rimpatrio
della Divisione “Garibaldi” era stata costituita, su ordine del Ministro della
Guerra, tramite lo Stato Maggiore dell’Esercito, una “base” italiana a Ragusa
per raccogliere il maggior numero possibile di militari dispersi o ancora sbandati
che si trovavano in zona. Il comando della base venne affidato al capitano
Angelo Graziani; la base funzionò per circa un anno e fu chiusa il 22 febbraio
1946, per il sorgere di dissidi tra le autorità italiane e quelle jugoslave per
la questione di Trieste. In questo arco di tempo furono raccolti e rimpatriati
5970 sbandati e dispersi fra cui 209 mogli e figli degli stessi.
La Divisione “Garibaldi” sbarcò a
Taranto e fu raccolta al Campo di Sant’Andrea. Qui oltre 3000 militari optarono
per combattere ancora nella fila del Regio Esercito. Di questi, circa 1164
residenti nelle regioni già liberate, ovvero a su della linea gotica, furono
inviati in licenza in attesa di essere reimpiegati. “£6 militari delleclasse
più anziane vennero congedati.
Il 16 marzo 1946 la Divisione
“Garibaldi” fu passata in rassegna dal Luogotenente del Regno, Umberto di
Savoia. Alla bandiera del Reggimento ”Garibaldi” per i reparti di fanteria
della Divisione omonima, venne concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare con
la seguente motivazione:
“Degni eredi delle tradizioni
militari e del sublime eroismo della divisone “Taurinense” e “Venezia”
duramente provate prima e dopo l’armistizio, i reparti di fanteria della
divisione partigiana “Garibaldi” dai resti di quella unita derivati, si
forgiavano in blocco granitico ed indomabile, animato da nobili energie e da
fede nei destini della Patria.
In diciotto mesi di epici ed
ininterrotti combattimenti, scarsamente riforniti di viveri, senza vestiario né
medicinali, con gli effettivi minati da malattie tenevano alto, in terra
straniera, il prestigio delle armi italiane, serbando intatta la compagine
spirituale e materiale dei propri gregari che volontariamente preferivano la
sanguinosa lotta della guerriglia ad una avvilente resa. Ultimata la guerra in
Balcania e rientrati in Patria, ridotti ad un terzo, dopo i duri combattimenti
sostenuti nelle aspre montagne del Montenegro, dell’Erzegovina, della Bosnia, e
del Sangiaccato, chiedevano unanimi l’onore di difendere il suolo natale, emuli
di quanti si immolarono in Italia e al dovere, tramandando ai posteri le
leggendarie virtù guerriere della stirpe.”
La motivazione della Medaglia d’Oro
riverbera in parte i tempi andati. Il presente era sempre difficile. La
Divisione “Garibaldi” operò nella Jugoslavia centrale ed ebbe come base per il
suo rimpatrio, come visto, Ragusa.
Una vicenda che
merita di essere ricordata e che sottolinea la situazione estremamente difficile
di quel periodo è quella in cui la Divisione composta da militari diventati
combattenti per la libertà jugoslava stavano per essere inviati a Trieste, come
forza d’intervento italiana. Ragusa, infatti era un ottima base per l’invio
della divisone in Istria.
[1]
Viazzi L., Taddia, L. La Resistenza dei
militari italiani all’Estero. La Divisione “Garibaldi” in Montenegro,
Sangiaccato, Bosnia, Erzegovina, Roma, C.O.M.R.M.I:T.E., Rivista Militare,
1994, pag. 809
venerdì 9 settembre 2022
L'Uscita dell'Italia dalla guerra.
Settembre 1943
Dal punto
di vista degli Alleati, l’Italia come potenza antagonista, non è stata mai
considerata una reale minaccia. Fin quando le forze alleate, soprattutto
inglesi, operarono da sole in Africa settentrionale, le forze armate italiane
riuscirono a tenere testa e soprattutto a portare la minaccia ancorchè
potenziale, al Canale di Suez. Le varie offensive in Africa settentrionale, una
sorta di pendolo avanti ed indietro, tenevano l’unico fronte aperto della Gran
Bretagna con un esercito europeo. L’arrivo di sole due divisioni tedesche portò
alla conquista di Tobruck ed una marcia in avanti fino ad El Alamein. Si rilevava in tutto questo la debolezza
della Gran Bretagna che non era in grado da sola a sconfiggere le forze italiane
e due divisioni tedesche. La situazione sarebbe rimasta in stallo, se non ci
fosse stato l’aiuto concreto degli Stati Uniti. Churchill era a colloqui con
Roosevelt quando arrivò la notizia della caduta di Tobruch il 27 giugno 1942 2
la richiesta britannica fu chiara: l’invio in africa settentrionale di 250
carri armati Scherman con i relativi equipaggiamenti e materiali di supporto.
La richiesta fu accolta e da questo momento gli equilibri di potenza tra Gran
Bretagna e Stati Uniti iniziano ad evolversi, spostandosi a favore di questi
ultimi. Churchill sarà molto rammaricato e mostrerà tutto il suo disappunto. Quando
nell’autunno dell’anno successivo, sconfitta l’Italia alle conferenze del Cairo
ma soprattutto a quella di Teheran, Stati Uniti e Unione Sovietica discuteranno
tra loro, mentre a lui è concessa la sola parte del comprimario. La Gran
Bretagna aveva perso la leaderschip del mondo e doveva passare la mano,
processo questo che avrà una diretta conseguenza sugli avvenimenti di cui
stiamo trattando, ovvero in tutta l’operazione di sbarco ad Anzio che dal suo
inizio vedeva gli Stati Uniti contrari a quello che consideravano solo una
dispersione di forze.
La
battaglia di El Alamein, ancorchè una vittoria inglese, è la logica conseguenza
di questo processo che avrà il suo epilogo in Africa con la vittoriosa avanzata
verso occidente dell’8a Armata al comando di Montgomery che riuscì a togliere
agli Italiani la Libia prima, e poi a sconfiggerli definitivamente in Tunisia,
maggio 1943. Lo sbarco in Marocco e sulle coste algerine da parte di forze
alleate cambiò completamente la situazione in Nord Africa, decretando la ormai
fine della presenza dell’Asse nel continente africano. Era il debutto delle
forze statunitensi in guerra. Nonostante la vittoria al passo di Kesserine, le
forze dell’Asse erano destinate ad essere distrutte. Ormai gli statunitensi
stavano prendendo dimestichezza con la guerra ed i loro soldati acquisivano
esperienza. L’assalto a Pantelleria che oppose una scarsissima resistenza, era
il preludio all’assalto al territorio metropolitano italiano. Lo sbarco in
Sicilia prevedibile e previsto, iniziò a mettere a nudo la consistenza dell’alleanza
italo-tedesca. Mentre gli statunitensi non esitarono a dare i loro migliori
armamenti agli inglesi e a sostenerli in moto massiccio, i tedeschi ebbero un
atteggiamento opposto nei confronti degli italiani. IN Africa mandarono due
sole divisioni non avendo per nulla una visione strategica di grande respiro. La
Sicilia e la Sardegna, minacciate, non videro l’arrivo di nessun reparto
tedesco per tempo. IL disprezzo che i tedeschi avevano per i fascisti italiani
era tale che non fecero nulla per salvarlo. La presenza di due o tre divisioni
tedesche in Sicilia, come le due in Sardegna, sicuramente avrebbe contrastato
di molto l’azione alleata e, forse, lo sbarco non sarebbe riuscito, vito che le
forze italiane da sole, con qualche reparto tedesco giunto all’ultimo momento
erano riuscite ad arrivare a far arretrare le forze alleate quasi alla famosa
linea del bagnasciuga. I tedeschi abbandonarono al lor destino sia Mussolini
che il fascismo. Quando questo cadde, si meravigliarono di tanta inconsistenza,
ma anche qui non diedero aiuto al legittimo Governo italiano per impedire un
eventuale sbarco sul continente. E, come naturale conseguenza, l’Italia uscì
dalla guerra con l’armistizio del settembre 1943. A questo punto i tedeschi
furono costretti a mandare forze in Italia, che prima tenevano ad oziare in
Francia e nel nord della Jugoslavia, assumendosi l’onere della difesa di quello
che adesso chiamavano il fronte meridionale. Avessero mandato qualche mese
prima (maggio giugno 1943) solo la metà delle forze che adesso dovevano
impegnare, avrebbero difeso questo fronte meridionale con a fianco le divisioni
italiane che sicuramente sarebbero ritornate utili. In più se avessero
sostenuto l’Italia, non sarebbero dovuto intervenire né in Grecia, né
nell’Egeo, né in Albania nei nel resto dei Balcani, che fino al settembre 1943
erano presidiate da forze italiane. Questa che possiamo definire una vera e
propria miopia strategica, che non si riscontra in campo alleato, da un certo
punto di vista è uno dei errori più evidenti della condotta della Germania, che
non riuscì ad utilizzare al meglio le forze alleate.
L’uscita
dalla guerra dell’Italia fu un danno per la Germania, mentre in campo alleato
evidenziò in modo chiaro il dissidio tra statunitensi e britannici in merito
alla condotta della guerra in generale, e la conferenza di Teheran lo mise bene
in luce, e la conduzione della campagna in Italia che per questo dissidio fu
una serie interminabile di equivoci, mezze misure, errori e sconfitte di cui
Anzio è una somma di tutto questo.