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martedì 31 maggio 2022

L’ ONORE DI UN SOLDATO ITALIANO NELLA GRANDE GUERRA

 

di

Sergio Benedetto  Sabetta

 

            I venti di guerra che in questi giorni soffiano violentemente sull’Europa, nel richiamare le problematiche dell’U.E. in termini di compattezza diplomatico-militare e di mancata differenziazione nelle forniture energetiche, mette alla prova l’Italia sul piano internazionale,  indipendentemente dalle rassicuranti dichiarazioni ufficiali.

            Non si prova solo il peso specifico di ciascuna Nazione all’interno dell’Europa e della NATO, ma anche la sua unione morale.

            A questo riguardo è interessante ricordare un episodio del tutto minore, anonimo e non cruento avvenuto sul fronte francese durante la Grande Guerra, tra un generale francese della Legione e un umile fantaccino italiano, modesto caporale ed ex legionario di nome Edoardo Landi, nonché dell’orgoglio con cui evidenziò la necessità del rispetto reciproco tra Alleati.

            Il fatto ricordato è riportato sul taccuino personale dello stesso, diario ritrovato casualmente su una bancarella in un mercatino in cui si legge la difficile vita giornaliera del Landi, tra conti in rosso riportati e considerazioni personali sulle vicissitudini della vita.

            “Il 13 maggio moriva a Parigi in età di 59 anni il generale Carlo Mangin.

            Volle il Destino che, durante la mia lunga permanenza nella Legione Straniera Francese (1898-1912) io avessi occasione di vederlo, nel 1911 a Oudjda (Marocco). Egli era allora tenente colonnello e comandava un battaglione d’infanteria leggera d’Africa, i famosi zephirs; recentemente soppressi, e partecipò con le sue truppe alle operazioni che sotto il comando del generale Lejantaj, dovevano purgare dai ribelli (!) il vasto territorio dalla Molouja a Zara.

            Ma un’altra occasione io ebbi di vedere il generale Mangin e questa volta parlargli. Egli era allora comandante della X^ armata (nel 1918, durante la guerra europea) composta esclusivamente (meno poche unità) di truppe coloniali: arabi, tonchinesi, malgasci, senegalesi, di cui Mangin versava negli assalti il sangue senza risparmio, a torrenti, tanto da guadagnarsi il soprannome di boucher (macellaio).

            Nel luglio 1918 io mi trovavo con una squadra di territoriali italiani, a lavorare ad un impianto di fili telegrafici presso al Quartiere Generale della Decima armata francese a Belleu. A un tratto, una automobile passa: si ferma davanti a noi, ne scende il generale Mangin, che con la sua abituale familiarità che lo faceva amare dai soldati che egli conduceva al macello, mi domanda a bruciapelo (in francese)

-         Che fate qui?

-         Generale, ripariamo i fili telefonici.

-         Voi parlate bene il francese!

-         Sì, generale, poiché ho avuto l’onore di servire per 14 anni nella gloriosa Legione Straniera.

-         Ah! Sì, e siete voi contento, adesso, di stare in Francia?

Volli tirargli una botta che somigliasse ad un complimento, poiché troppi ricordi amari erano in me e risposi:

-         Generale, io sono così contento adesso di stare in Francia, come i soldati Francesi sono contenti di stare in Italia.

Egli aggrottò le folte sopracciglia nerissime e un lampo passò sui occhi grifani; ma fu un attimo, e con un gesto largo e grandioso tirò fuori una moneta d’oro da venti franchi, e me la mise in mano, dicendomi con accento che mi giunse al cuore:

-         Ben detto, caporale. Ecco questo per bere un bicchiere di vino alla salute della gloriosa e vecchia Legione.

( Dal diario del legionario di Edoardo Landi, 1925).

 

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