Di Mirko Molteni
LA SPIE DI SCIPIONE
Nel 203 a.C. Publio Cornelio Scipione, poi detto l'Africano, spedì alcune spie a osservare il campo del re Siface, alleato di Annibale. Durante una tregua gli inviò una delegazione diplomatica guidata da Gaio Lelio, che entrò nell'accampamento nemico con un seguito di schiavi. I servi però, erano centurioni travestiti, che non venendo sorvegliati poterono circolare liberamente nella base, osservando gli accessi, le tende e i recinti , e prendendo nota dei punti più infiammabili. Tra i falsi schiavi c'era un ufficiale che aveva fatto parte di una precedente delegazione, Lucio Sertorio, e Lelio temeva che venisse riconosciuto; per sviare i sospetti inscenò una pubblica punizione ai suoi danni a suon di frustate e bastonate,
Rientrati al campo romano, gli agenti diedero a Scipione tutte le informazioni utili a devastare con un incendio il campo di Siface e sconfiggerlo.
LA CONGIURA DEGLI SPECULATORES
La guardia pretoriana disponeva di speculatores scelti. Essi giocarono un ruolo importante fra il 68 e il 69 d.C. Quando, morto Nerone gli subentrò il generale Galba, primo di una serie di comandanti che si disputarono lo scettro nell'arco di pochi mesi. Il pretendente Otone, mandò un servo a corrompere l'ufficiale che custodiva la parola d'ordine degli speculatores, portandoli così dalla sua parte, e ordì una congiura. Secondo Svetonio, egli “confidò i suoi progetti inizialmente a cinque guardie, poi ad altre dieci, poiché ciascuna delle prime aveva portato due camerati. Versò loro all'istante 10.000 sesterzi a testa e ne promise altri 50.000. Questi congiurati ne convinsero altri, ma non molti, perché nutrivano la massima fiducia che la maggior parte si sarebbe unita al momento dell'azione”.
Fu uno speculator pretoriano a uccidere Galba, il 15 gennaio del 69. Anche Otone però, aveva i giorni contati: venne rovesciato da un terzo generale Vitellio, a sua volta spodestato da Tito Flavio Vespasiano, che governò per un intero decennio, fino al 79 d.C.
LE QUINTE COLONNE
Le informazioni sul minaccioso Regno dei Parti arrivavano nell'Urbe grazie a efficaci “antenne” spionistiche: i sovrani alleati di Roma. Lo confermano le lettere che Plinio il Giovane, governatore in Bitinia fra il 111 e il 113 d.C., inviava all'imperatore Traiano.
Plinio, per esempio, otteneva notizie dall'amico Sauromate, sovrano del Bosforo Cimmerio, sull'attuale Mar d' Azov, e poi le faceva recapitare a Roma da un messaggero fidato dell'imperatore, il liberto Licorma. Scrive Plinio “Re Sauromate mi informa che sono avvenute cose che dovete sapere subito. Perché il corriere con cui mi ha fatto pervenire la missiva indirizzata a voi potesse viaggiare più in fretta, gli ho procurato un mandato che lo autorizza a utilizzare il servizio postale di Stato”.
Il nipote del naturalista Plinio il Vecchio rintracciò un ex prigioniero del re dei Parti, Pacoro III, che era riuscito a fuggire. Si trattava di Callidromo, schiavo catturato dai Daci e inviato come dono del Re Decebalo a Pacoro: “Rimase parecchi anni al suo servizio. Poi fuggì giungendo a Nicodemia. La stessa storia ha raccontato a me quando me l'hanno condotto davanti e perciò ho ritenuto opportuno inviartelo”. Un così prezioso testimone fu probabilmente interrogato a lungo su tutto ciò che aveva visto o sentito alla corte del sovrano dei Parti.
Testo Tratto da Tratto da Civiltà Romana. Info: www.conoscere lastoria.it
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