Di Mirko Molteni
IL CODICE DI CESARE
L'intelligence romana raggiunse livelli di maestria con Giulio Cesare, che fin dall'inizio della campagna in Gallia, nel 58 a,C., diversificò le sue fonti d'informazione. Impiegava exploratores a cavallo per tenere sott'occhio quanto accadeva in un raggio di 40 Km dai suoi avamposti e integrava l'osservazione con interrogatori di prigionieri e disertori. Da alcuni Germani apprese che gli indovini dell'armata di Ariovisto proibivano il combattimento prima della luna nuova, così assalì gli avversari al momento giusto e li sbaragliò. Impiegava anche gli speculatores, che potevano essere sia messaggeri sia spie. Da questi, nel 57 a.C., seppe in anticipo che i Belgi stavano levando l'accampamento e ne sventò l'imboscata.
Il ruolo di Cesare nella storia dei servizi segreti è degno di nota anche per l'impulso dato alla crittografia, usata per spedire messaggi non interpretabili dal nemico in caso di cattura dei corrieri.
Secondo Svetonio, egli scriveva i dispacci in alfabeto greco, commutando le lettere mediante una chiave crittografica in sé semplice, ma efficace per quell'epoca; sostituiva ogni lettera con quella che, nell'ordine alfabetico greco, veniva tre posizioni dopo: se sul messaggio cifrato era scritta una “D”, in realtà Cesare intendeva una “A”. Che usasse un codice è confermato da Plutarco: “Si dice che sia stato il primo a comunicare con gli amici manipolando le lettere dell'alfabeto”. Nelle sue memorie, Cesare non parlò mai di codici, limitandosi a dire che certe comunicazioni venivano redatte in greco. Una volta affidò a un messaggero una lettera da scagliare con uno speciale giavellotto, detto tragula, all'interno del fortino di Quinto Cicerone per avvisarlo di un pericolo. Nel 56 a.C. un suo subalterno, il legato Quinto Titurio Sabino, distaccato in quella che oggi è la Normandia, inviò una spia gallica nel campo avversario a seminare disinformazioni per spingere il nemico a mosse avventate.
Narra Cesare nel De bello Gallico: “Giunto fra i Galli come disertore, dipinge loro la paura dei Romani [....] Informa che è probabilissimo che nella notte seguente Sabino, di nascosto, conduca l'esercito fuori dal campo e parta per recare soccorso a Cesare”. Credendo erroneamente indeboliti in soldati di Sabino, i Celti li attaccarono e vennero sconfitti.
In seguito, Augusto stabilì che ogni legione avesse un nucleo di 10 speculatores. Sulle frontiere, la raccolta di informazioni era in gran parte delegata agli alleati stanziati lungo i confini. La rete d'intelligence faceva capo al governatore di ogni provincia. Costui disponeva di un suo stato maggiore, denominato officium, che comprendeva anche speculatores. Da iscrizioni scoperte a Lambaesis, antica capitale della provincia della Numidia, risulta che il governatore locale aveva a disposizione una squadra di 45 ufficiali, quattro dei quali erano appunto, speculatores.
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