di Mirko Molteni
La storia dei servizi segreti scorre sotterranea lungo l'intera epopea romana.
Nel corso dei secoli sorsero numerose tipologie di agenti e informatori, anche con mansioni di polizia interna
“Lo spionaggio a scopo militare era un'attività che, agli albori della loro storia, i Romani consideravano riprovevole e poco morale. Tuttavia con il tempo, di fronte a pericoli sempre più crescenti, furono costretti anche loro a ricorrere agli “007”.
Il primo agente segreto dell'Urbe, quasi leggendario, fu un certo Ponzio Cominio. Nel 390 a.C., Roma era occupata dai Galli Senoni di Brenno, ma la rocca del Campidoglio resisteva. Furio Camillo, che comandava i resti dell'esercito dell'Urbe, radunatisi ad Ardea, ordinò a Ponzio di raggiungere il presidio circondato. L'uomo arrivò sulla sponda del Tevere travestito da straccione con l'armatura addosso, e attraversò il fiume a nuoto, aiutandosi con pezzi di sughero come galleggianti. Poi si inerpicò lungo un sentiero segreto diretto verso il Campidoglio, dove riferì ai senatori la situazione delle truppe rimaste nelle campagne e li convinse a conferire a Furio Camillo il titolo di dittatore. Intascato il documento della nomina, l'agente ritornò quindi furtivamente sui propri passi.
IL FALSO ETRUSCO
In seguito fecero la loro comparsa gli exploratores , dediti a ricognizioni a piedi o a cavallo per accertarsi degli schieramenti nemici o della natura del territorio. Loro precursore può essere considerato Marco Fabio Cesone, fratello del console Quinto Fabio Massimo Rulliano, incaricato da quest'ultimo nel 310 a.C. , d'infiltrarsi fra gli Umbri travestito da contadino etrusco. Cesone doveva esplorare la Selva Ciminia, una fitta foresta a nord di Sutri, per raccogliere notizie sul nemico. Parlava bene l'etrusco e per mimetizzarsi si caricò di attrezzi agricoli, facendosi accompagnare da uno schiavo. Tese quindi l'orecchio alle voci che circolavano fra la popolazione. Poteva dirsi nato per quel genere di missioni, poiché stando a Tito Livio, era stato allevato a Cere, dove “aveva fatto i suoi studi fra gli Etruschi e ne conosceva bene la lingua”. Riuscì così a far alleare gli Umbri Camerti con Roma, permettendo alle legioni di suo fratello di occupare il monte Cimino e battere le schiere etrusche.
Un secolo dopo, nel 218 a.C.. Annibale valicò le Alpi fiducioso nelle spie assoldate fra i Galli cisalpini, e pronto a operare ogni stratagemma.
Il generale cartaginese usava travestirsi per verificare la fedeltà degli alleati; inoltre, nel 212 a.C., si assicurò il controllo di Taranto e Metaponto grazie all'azioni di agenti sobillatori e lettere false. I Romani dovettero impegnarsi per tenergli testa nella guerra delle informazioni.
L'anno seguente Marco Claudio Marcello espugnò Siracusa, alleata di Cartagine, grazie ad una spia: Sosistrato che rivelò il giorno esatto di una festività in cui le sentinelle sarebbero state ubriache per le libagioni. Talvolta i Romani intercettarono anche le comunicazioni nemiche, come quando al largo della Puglia, una squadra di biremi arrembò la nave di una delegazione macedone che recava una lettera di Annibale destinata al re di Macedonia Filippo V.
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