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mercoledì 20 ottobre 2021

ERmanno d'Alessandro Rapporto sui fatti d'ARme di Rossoch. Russia 1942

 

Complementi del 3° Savoia Cavalleria

 

STRALCIO DEL RAPPORTO SUI FATTI D’ARME DI ROSSOSCH E DELLA RITIRATA DEL

S.Ten.  spe Ermanno D’ALESSANDRO - MAVM - C.F.  II cl..

 

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Nel novembre 1942 parte, dall'Italia, la tradotta con i complementi di Savoia con una forza di 2 squadroni armati di moschetti 91, 3 breda 37 e 6 fucili mitraglieri.

Il reparto viene sbarcato a OREL e, a mezzo camion, uomini e cavalli raggiungono:       

NICOLAJEVKA: cdo rgt. e I grp. sq. (1° e 2° sq.)

NIKITOVKA: II grp. sq. (3° e 4° sq.).         

Il 4 gennaio 1943 il Comando del C.d'A. Alpino chiede il Savoia quale "rinforzo".

Il 6 gennaio, reperiti gli automezzi, parte da NIKITOVKA uno squadrone di formazione comandato dal Cap. Luigi BOERO. Esso è così composto: un plotone del II sq. comandato dal S.Ten. Lucino Ruggero, da due plotoni del IV sq. comandati rispettivamente dal S.Ten. Ermanno D'ALESSANDRO e dal Serg. Magg. Bruno MANNOZZI. Un plotone mitraglieri del 5° Novara comandato dal S.Ten. Arrigo BERTOLOTTI.

Lo squadrone  giunse a Rossosch, sede del comando del corpo d’armata alpino, il mattino del giorno 8, e fu assegnato come presidio a tre capisaldi che dovevano costituire sbarramento per la frontiera da nord-est. Ai capisaldi denominati Roma, Firenze e Torino furono assegnati rispettivamente i plotoni dei S.Ten. Bertolotti, d'Alessandro, Ruggero, mentre a 4 km. circa, presso il comando del battaglione genio artieri del corpo d'armata alpino rimaneva il cap. Boero con il plotone del Serg. Magg. Mannozzi.

I giorni successivi furono impiegati per completare le opere difensive, per costituire sbarramenti anticarro e nell'addestramento degli uomini, molti dei quali da pochi giorni giunti dall'Italia.

Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio al caposaldo "Firenze" che trovavasi al centro del suddetto schieramento veniva dato l'allarme per l'avvistamento di un          automezzo che all'intimazione dell'alt faceva un rapido dietro-front sparando alcune raffiche di mitragliatrice; verso l'alba erano avvistati in distanza due carri armati russi che dopo qualche minuto si allontanavano (si fa presente che i capisaldi non erano dotati di alcun pezzo di artiglieria, ma solamente di mitragliatrici Breda). Informato della cosa il comando del corpo d'armata, questi provvedeva ad inviare al caposaldo "Firenze" un plotone genio con alcuni elementi guastatori; nel corso della giornata non essendoci alcun altro segno di allarme il suddetto plotone veniva ritirato. Il resto della giornata e la successiva notte proseguirono nella più assoluta calma benché continuamente i tre capisaldi fossero in allarme. Nelle prime ore del mattino successivo (16 gennaio) venivano avvistati altri due carri armati, sempre            in direzione del caposaldo "Firenze",            ma contrariamente a quelli del giorno precedente questi continuarono la loro marcia, seguiti a distanza da altri, sparando sul caposaldo con il pezzo e con le mitragliatrici di bordo. Da parte degli uomini del caposaldo veniva risposto con il fuoco delle due mitragliatrici in dotazione, dei fucili mitragliatori e dei moschetti. I due carri, giunti ad una cinquantina di metri, si arrestarono ed in questo frattempo si approfittò per far ripiegare sul caposaldo "Firenze" gli uomini del caposaldo "Roma" comandato dal S.Ten. Bertolotti. Il caposaldo, forte ora di quattro mitragliatrici, poteva opporre una maggiore resistenza, ma ciò nonostante un carro riprese la marcia fino a portarsi in posizione da poter prendere di infilata la trincea nella quale erano ripartiti gli uomini a difesa del caposaldo. Prevedendo questo pericolo, il S.Ten. d'Alessandro ed il Serg. Camporese si erano sistemati in una buca posta sulla strada e costituita appunto per l'assalto ai carri armati, e di lì assalivano il carro con bombe a mano ed incendiarie ottenendone l'arresto ed eliminando così l'immediato pericolo. 

La resistenza continuò ancora            per una mezz'ora poi quando già i carri sovietici erano entrati in Rossosch, fu dato ordine per telefono verso le ore 10, agli uomini del caposaldo "Firenze" di unirsi a quelli del caposaldo "Torino" e ripiegare verso Olikowatcka, ove lo squadrone avrebbe dovuto ricostituirsi. 

Il ripiegamento fu iniziato al completo dell'armamento, i fucili mitragliatori e mitragliatrici a spalla; ma queste, dopo qualche ora, non resistendo più gli uomini, si dovettero abbandonare dopo averle rese inutilizzabili. Lungo il cammino si incontravano parecchi soldati italiani e tedeschi, ma tutti sbandati senza alcuna forma di inquadramento. Spesso si era attaccati da piccoli reparti di partigiani e franchi tiratori che causavano molte perdite. Nella notte tra il 16 e il 17 gennaio il freddo intensissimo originò parecchi casi di congelamento, per cui si fu costretti a lasciare in casa russa i maggiormente     colpiti e i feriti (circa 15).

Finalmente, i1 mattino del 17, si riuscì a riprendere contatto con il quartier           generale del corpo d'armata alpino che ancora quasi al completo degli effettivi  ripiegava ordinatamente.

Verso mezzogiorno in una località imprecisata ad ovest di Olikowatcka si era attaccati da preponderanti forze nemiche, i1 grosso del quartier generale veniva catturato, mentre alcuni gruppi isolati, tra cui il nostro, riuscivano ad allontanarsi senza cadere in mano al nemico. Dopo questo scontro il gruppo risultava diminuito di un 'altra ventina di uomini tra cui i1 Serg. Camporese, tutti da considerarsi dispersi. Al nostro gruppo si univano alcuni elementi sbandati alpini e genieri, con i quali si continuava la marcia nel tentativo di raggiungere le nostre linee.

Verso l'imbrunire, mentre il nostro gruppo stava attraversando un campo di girasoli, venivano fatti segno ad un nutrito fuoco di fucileria proveniente da un centro abitato posto su di una collinetta alla nostra sinistra.            Immediatamente il nostro gruppo si disponeva a sostenere l'attacco, mentre il S.Ten. Bertolotti, con            una quindicina di uomini tentava sulla destra           un'azione di aggiramento.

Il nostro tentativo doveva rimanere infruttuoso, data la scarsezza di armi di          cui ancora disponevamo nella quasi impossibilità di poterle usare dopo che erano state per circa due giorni           completamente esposte al gelo ed all'umidità;            le perdite tra i nostri uomini, che erano tutti allo scoperto e quasi completamente in balia del nemico che faceva fuoco da dentro le case e con buone armi automatiche, furono subito sensibili, e numerosi i feriti. Il S.Ten. Ruggero veniva quasi subito colpito, alla spalla destra ma incurante del dolore continuava a far fuoco con il suo mitra Beretta, un altro colpo lo raggiungeva al torace ed egli si abbatteva esanime; il cavaliere Natale Riva, nel tentativo di soccorrere il proprio ufficiale, veniva mortalmente ferito alla gola. Il S.Ten. Ruggero, mentre    con un supremo sforzo si era rialzato e prendeva l'arma incitando i suoi uomini ad attaccare, veniva da una terza pallottola colpito mortalmente in fronte. Il S.Ten. Bertolotti dal canto suo, perduta gran parte degli uomini mentre gli altri tentavano di sganciarsi, veniva colpito al braccio ed alla gamba destra rimanendo sotto il tiro del nemico ed impossibilitato a muoversi.

Il S.Ten. d 'Alessandro riusciva a raggiungerlo e portarlo al coperto, ove, ormai completamente esaurita la nostra resistenza, venivano catturati insieme ai pochi superstiti. Arrivati verso l'abitato fummo rinchiusi in una stanza ove si avvicendavano partigiani e soldati russi nella loro opera di spoliazione completa dei prigionieri; a questi rimaneva solo il puro indispensabile per coprirsi alla meno peggio. Il secondo giorno, 19 sera, i prigionieri venivano presentati al commissario sovietico del reparto che occupava la zona, il quale procedeva ad un breve interrogatorio e ad un'ennesima perquisizione. Nel corso di queste venivano trovate al S.Ten. Bertolotti due medagliette sacre che egli era miracolosamente riuscito a sottrarre alle precedenti perquisizioni; toltegliele, venivano gettate in terra; il S.Ten. Bertolotti in un generoso slancio si chinava per raccoglierle ma veniva brutalmente allontanato e redarguito con aspre parole dal commissario. La mattina del giorno successivo (20 gennaio) il S.Ten. Bertolotti veniva brutalmente assassinato con un colpo di pistola alla nuca.

ll giorno 22 mentre i prigionieri erano già pronti per essere avviati verso i campi di concentramento, venivano liberati da reparti della divisione Tridentina, che nella loro marcia di ripiegamento avevano incontrato la resistenza di detto reparto russo.

 

 

Tenente Ermanno d’Alessandro

IV Squadrone, Reggimento Savoia Cavalleria

1 M.A.V. - 2 Croci 2a cl. Tedese

 

 

 

 

 

 


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