Complementi
del 3° Savoia Cavalleria
STRALCIO DEL
RAPPORTO SUI FATTI D’ARME DI ROSSOSCH E DELLA RITIRATA DEL
S.Ten. spe Ermanno D’ALESSANDRO - MAVM - C.F. II cl..
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Nel novembre 1942 parte,
dall'Italia, la tradotta con i complementi di Savoia con una forza di 2
squadroni armati di moschetti 91, 3 breda 37 e 6 fucili mitraglieri.
Il reparto viene sbarcato a OREL e,
a mezzo camion, uomini e cavalli raggiungono:
NICOLAJEVKA: cdo rgt. e I grp. sq.
(1° e 2° sq.)
NIKITOVKA: II grp. sq. (3° e 4°
sq.).
Il 4 gennaio 1943 il Comando del
C.d'A. Alpino chiede il Savoia quale "rinforzo".
Il 6 gennaio, reperiti gli
automezzi, parte da NIKITOVKA uno squadrone di formazione comandato dal Cap.
Luigi BOERO. Esso è così composto: un plotone del II sq. comandato dal S.Ten.
Lucino Ruggero, da due plotoni del IV sq. comandati rispettivamente dal S.Ten.
Ermanno D'ALESSANDRO e dal Serg. Magg. Bruno MANNOZZI. Un plotone mitraglieri
del 5° Novara comandato dal S.Ten. Arrigo BERTOLOTTI.
Lo squadrone giunse a Rossosch, sede del comando del corpo d’armata alpino, il
mattino del giorno 8, e fu assegnato come presidio a tre capisaldi che dovevano
costituire sbarramento per la frontiera da nord-est. Ai capisaldi denominati
Roma, Firenze e Torino furono assegnati rispettivamente i plotoni dei S.Ten.
Bertolotti, d'Alessandro, Ruggero, mentre a 4 km. circa, presso il comando del
battaglione genio artieri del corpo d'armata alpino rimaneva il cap. Boero con
il plotone del Serg. Magg. Mannozzi.
I giorni successivi furono impiegati
per completare le opere difensive, per costituire sbarramenti anticarro e
nell'addestramento degli uomini, molti dei quali da pochi giorni giunti
dall'Italia.
Nella notte tra il 14 e il 15
gennaio al caposaldo "Firenze" che trovavasi al centro del suddetto
schieramento veniva dato l'allarme per l'avvistamento di un automezzo che all'intimazione dell'alt
faceva un rapido dietro-front sparando alcune raffiche di mitragliatrice; verso
l'alba erano avvistati in distanza due carri armati russi che dopo qualche
minuto si allontanavano (si fa presente che i capisaldi non erano dotati di
alcun pezzo di artiglieria, ma solamente di mitragliatrici Breda). Informato
della cosa il comando del corpo d'armata, questi provvedeva ad inviare al
caposaldo "Firenze" un plotone genio con alcuni elementi guastatori;
nel corso della giornata non essendoci alcun altro segno di allarme il suddetto
plotone veniva ritirato. Il resto della giornata e la successiva notte
proseguirono nella più assoluta calma benché continuamente i tre capisaldi
fossero in allarme. Nelle prime ore del mattino successivo (16 gennaio)
venivano avvistati altri due carri armati, sempre in direzione del caposaldo "Firenze", ma contrariamente a quelli del
giorno precedente questi continuarono la loro marcia, seguiti a distanza da
altri, sparando sul caposaldo con il pezzo e con le mitragliatrici di bordo. Da
parte degli uomini del caposaldo veniva risposto con il fuoco delle due
mitragliatrici in dotazione, dei fucili mitragliatori e dei moschetti. I due
carri, giunti ad una cinquantina di metri, si arrestarono ed in questo
frattempo si approfittò per far ripiegare sul caposaldo "Firenze" gli
uomini del caposaldo "Roma" comandato dal S.Ten. Bertolotti. Il
caposaldo, forte ora di quattro mitragliatrici, poteva opporre una maggiore
resistenza, ma ciò nonostante un carro riprese la marcia fino a portarsi in
posizione da poter prendere di infilata la trincea nella quale erano ripartiti
gli uomini a difesa del caposaldo. Prevedendo questo pericolo, il S.Ten.
d'Alessandro ed il Serg. Camporese si erano sistemati in una buca posta sulla
strada e costituita appunto per l'assalto ai carri armati, e di lì assalivano
il carro con bombe a mano ed incendiarie ottenendone l'arresto ed eliminando
così l'immediato pericolo.
La resistenza continuò ancora per una mezz'ora poi quando già i
carri sovietici erano entrati in Rossosch, fu dato ordine per telefono verso le
ore 10, agli uomini del caposaldo "Firenze" di unirsi a quelli del
caposaldo "Torino" e ripiegare verso Olikowatcka, ove lo squadrone
avrebbe dovuto ricostituirsi.
Il ripiegamento fu iniziato al
completo dell'armamento, i fucili mitragliatori e mitragliatrici a spalla; ma
queste, dopo qualche ora, non resistendo più gli uomini, si dovettero
abbandonare dopo averle rese inutilizzabili. Lungo il cammino si incontravano
parecchi soldati italiani e tedeschi, ma tutti sbandati senza alcuna forma di
inquadramento. Spesso si era attaccati da piccoli reparti di partigiani e
franchi tiratori che causavano molte perdite. Nella notte tra il 16 e il 17
gennaio il freddo intensissimo originò parecchi casi di congelamento, per cui
si fu costretti a lasciare in casa russa i maggiormente colpiti e i feriti (circa 15).
Finalmente, i1 mattino del 17, si
riuscì a riprendere contatto con il quartier generale
del corpo d'armata alpino che ancora quasi al completo degli effettivi ripiegava ordinatamente.
Verso mezzogiorno in una località
imprecisata ad ovest di Olikowatcka si era attaccati da preponderanti forze
nemiche, i1 grosso del quartier generale veniva catturato, mentre alcuni gruppi
isolati, tra cui il nostro, riuscivano ad allontanarsi senza cadere in mano al
nemico. Dopo questo scontro il gruppo risultava diminuito di un 'altra ventina
di uomini tra cui i1 Serg. Camporese, tutti da considerarsi dispersi. Al nostro
gruppo si univano alcuni elementi sbandati alpini e genieri, con i quali si
continuava la marcia nel tentativo di raggiungere le nostre linee.
Verso l'imbrunire, mentre il nostro
gruppo stava attraversando un campo di girasoli, venivano fatti segno ad un
nutrito fuoco di fucileria proveniente da un centro abitato posto su di una
collinetta alla nostra sinistra. Immediatamente
il nostro gruppo si disponeva a sostenere l'attacco, mentre il S.Ten.
Bertolotti, con una quindicina
di uomini tentava sulla destra
un'azione di aggiramento.
Il nostro tentativo doveva rimanere
infruttuoso, data la scarsezza di armi di
cui ancora disponevamo nella quasi impossibilità di poterle usare dopo che
erano state per circa due giorni completamente
esposte al gelo ed all'umidità; le
perdite tra i nostri uomini, che erano tutti allo scoperto e quasi completamente
in balia del nemico che faceva fuoco da dentro le case e con buone armi
automatiche, furono subito sensibili, e numerosi i feriti. Il S.Ten. Ruggero
veniva quasi subito colpito, alla spalla destra ma incurante del dolore
continuava a far fuoco con il suo mitra Beretta, un altro colpo lo raggiungeva
al torace ed egli si abbatteva esanime; il cavaliere Natale Riva, nel tentativo
di soccorrere il proprio ufficiale, veniva mortalmente ferito alla gola. Il
S.Ten. Ruggero, mentre con un supremo
sforzo si era rialzato e prendeva l'arma
incitando i suoi uomini ad attaccare, veniva da una terza pallottola colpito
mortalmente in fronte. Il S.Ten. Bertolotti dal canto suo, perduta gran parte
degli uomini mentre gli altri tentavano di sganciarsi, veniva colpito al braccio
ed alla gamba destra rimanendo sotto il tiro del nemico ed impossibilitato a
muoversi.
Il S.Ten. d 'Alessandro riusciva a
raggiungerlo e portarlo al coperto, ove, ormai completamente esaurita la nostra
resistenza, venivano catturati insieme ai pochi superstiti. Arrivati verso
l'abitato fummo rinchiusi in una stanza ove si avvicendavano partigiani e
soldati russi nella loro opera di spoliazione completa dei prigionieri; a
questi rimaneva solo il puro indispensabile per coprirsi alla meno peggio. Il secondo
giorno, 19 sera, i prigionieri venivano presentati al commissario sovietico del
reparto che occupava la zona, il quale procedeva ad un breve interrogatorio e
ad un'ennesima perquisizione. Nel corso di queste venivano trovate al S.Ten.
Bertolotti due medagliette sacre che egli era miracolosamente riuscito a
sottrarre alle precedenti perquisizioni; toltegliele, venivano gettate in
terra; il S.Ten. Bertolotti in un generoso slancio si chinava per raccoglierle
ma veniva brutalmente allontanato e redarguito con aspre parole dal
commissario. La mattina del giorno successivo (20 gennaio) il S.Ten. Bertolotti
veniva brutalmente assassinato con un colpo di pistola alla nuca.
ll giorno 22 mentre i prigionieri
erano già pronti per essere avviati verso i campi di concentramento, venivano
liberati da reparti della divisione Tridentina, che nella loro marcia di
ripiegamento avevano incontrato la resistenza di detto reparto russo.
Tenente
Ermanno d’Alessandro
IV
Squadrone, Reggimento Savoia Cavalleria
1 M.A.V. - 2
Croci 2a cl. Tedese
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