SECONDA BATTAGLIA DIFENSIVA DEL DON
L’avvenimento oggetto del nostro
studio è la “seconda battaglia difensiva sul Don”, condotta dalla 8^ Armata,
inserita nel Gruppo d’Armate “B” della Wermacht sul fronte orientale.
L’8^Armata era basata principalmente sulle unità dell’ARMIR (Armata Italiana in
Russia) rinforzata da reparti croati e tedeschi. Le varie fasi della battaglia
si svilupparono dall’11 dicembre ’42 al 31 gennaio ’43 e videro l’Armata Rossa
scatenare, in quel periodo, due offensive principali e concorrenti:
l’operazione “Piccolo Saturno” (11 dicembre ’42 - 8 gennaio ’43) e l’operazione
“Ostrogozsk-Rossosc” (9-31 gennaio ’43). Nella realtà dei fatti l’Operazione
“Piccolo Saturno” scaturì, in fase condotta, da una modifica del piano
originale, operazione “Saturno”, che non venne effettuato nella sua completezza
e subì delle riduzioni negli obiettivi in quanto alcune delle forze sovietiche,
inizialmente destinate a questa operazione, furono impiegate in contingenza per
arrestare l’iniziativa dell’Armata del Don tendente a ricongiungersi con la 6^
Armata del Gen. Von Paulus isolata a Stalingrado. Vista l’ampiezza dell’argomento
oggetto di trattazione ed il tempo disponibile, si è pensato di determinare dei
limiti “temporali” che definiscano l’ambito entro cui svolgere il nostro lavoro,
ed in particolare ci concentreremo su ciò che accadde dal 20 novembre ‘42 al 19
dicembre ’42, momento in cui, dopo una fase di logoramento delle forze dell’8^
Armata, iniziò il ripiegamento del centro e dell’ala destra delle forze sotto
comando italiano a seguito dello sfondamento della linea di resistenza da parte
dei sovietici. All’interno di questo arco temporale considereremo i limiti
spaziali dettati dalle Area d’Operazioni e d’Interesse dell’8^ Armata Italiana.
Il
presente lavoro si pone l’obiettivo di analizzare nel dettaglio gli eventi
indicandone i fatti ed il loro svolgimento in relazione, altresì, alla
particolare configurazione del fronte a ridosso della sacca di Stalingrado, e
delle disposizioni impartite prima e durante la battaglia. Cercheremo di
verificare se la validità di alcuni principi dell'arte della guerra (offensiva,
manovra, massa, sicurezza, sorpresa, unitarietà del comando, economia delle
forze e morale) sia stata confermata, o meno, dalle
vicende in questione proponendo possibili alternative a quella situazione in
atto. Proporremo, inoltre, un approccio “alternativo” che consideri anche la
questione dei prigionieri di guerra italiani in Russia. Considereremo sia l’aspetto
contingente della completa impreparazione sovietica alla gestione della massa
di prigionieri italiani, tedeschi, rumeni ed ungheresi, una circostanza che
creò una situazione drammatica con
moltissimi decessi durante i trasferimenti nei campi di prigionia tra il Don e
gli Urali, sia l’idea di “prigionia” e “prigionieri” che pervadeva le menti dei
soldati dell’Asse. Partendo da queste considerazioni si tenterà di individuare
le ragioni che impedirono all’Armata Italiana, ormai sconfitta, di deporre le
armi anziché tentare una disperata ritirata, indagando se queste ragioni
fossero in linea con quegli stessi principi della guerra.
L’ottica
ultima sarà quella di utilizzare le nostre
conclusioni al fine di pervenire ad una disamina quanto più critica ed
oggettiva della situazione nel suo complesso, così da desumerne gli
elementi utili ed essenziali di valore
attuale che possano, in quanto tali, facilitare quella attività di
ammaestramento che è l’eredità ultima che gli errori del passato consegnano
alla storia delle genti e delle armi.
( a cura di Massimo Coltrinari)
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