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Gli SM: la loro
organizzazione ordinativa
Erano
passati “soli cinque anni dalla
costituzione dell’Italia in Regno, e, oltre allo straordinario ingrandimento
dell’Esercito piemontese, si era dovuto procedere alla fusione nel regio
Esercito di una parte dei quadri dell’Esercito delle Due Sicilie e
dell’Esercito garibaldino. Con finanze assai ristrette, si erano dovuti
fabbricare materiali in grandissima copia, creare dotazioni, stabilire magazzini
e depositi, creare stati maggiori, quadri, ecc. […]”[i].L’Italia
non aveva ancora una tradizionale efficienza nel servizio di stato maggiore. I
generali La Marmora, Della Rocca e Cialdini erano ottimi ufficiali con una
splendida carriera militare alle spalle, ma con nessuna esperienza di comando
di un enorme contingente e per di più costituito da soldati regolari. Il Gen.
La Marmora che assunse poi l’incarico di Capo di Stato Maggiore era quello più
impegnato dal punto di vista politico e che quindi aveva una percezione della
realtà dello strumento militare veramente limitata. Se a questo aggiungiamo una
certa “gelosia” tra i grandi generali italiani, ma soprattutto il desiderio del
Re Vittorio Emanuele II di dirigere le operazioni, insieme al Gen. Petitti, è facile
intuire che il Comando Supremo delle operazioni, così come l’organizzazione
degli stati maggiori, non poteva che presentare dei problemi che si sarebbero
ripercossi sulle operazioni.
Lo
stato maggiore, come inteso dai prussiani e anche dagli austro-ungarici, non
era mai esistito nell’Esercito Sardo e continuò a non esistere anche nell’Esercito
Italiano. Gli Ufficiali di stato maggiore, al termine dei corsi frequentati,
avevano dismesso lo studio che diventava privilegio di pochissimi volenterosi.
Gli stessi inadeguati insegnamenti strategici, tattici, procedurali e storici
erano stati dimenticati per cui nel 1866, pochi erano gli Ufficiali si stato
maggiore preparati.
Benché
non abbondante di vittorie, la tradizione militare austro-ungarica era molto solida.
Anzi, si può dire che la vitalità dell’Impero di Francesco Giuseppe risiedeva
proprio nell’esercito. Pur tuttavia, la principale cagione dei mali era la
scarsità di grandi condottieri. Non mancavano i generali dotti e preparati, ma
i geni militari rimanevano soffocati dalla ferrea disciplina, dalle
consuetudini e dai pregiudizi da cui era emerso nel recente passato solo
l’Arciduca Carlo, padre di Alberto.
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