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Le dottrine
operative:
la loro definizione in base
agli intendimenti politici, di ordine strategico, tattico e potenziale
Moltke
prese i precetti offensivi di Clausewitz e, nella decade che va dalla sua
promozione a Capo di stato Maggiore (1858) alla guerra austro-prussiana, li elabora
in piani di guerra aggressivi che è riuscito a trasmettere alla maggior parte
degli ufficiali prussiani.
Moltke
ritiene necessario sopraffare immediatamente l’avversario prima che questo
possa completare la mobilitazione sfruttando le proprie ferrovie. Pertanto
l’idea è quella di muovere sino in territorio nemico prima che questo sia in
grado di organizzarsi e, mentre imperversa la confusione, le proprie forze
possono facilmente manovrare e annientare il nemico con un attacco al fianco.
Questo tipo di manovra precorritrice della Blitzkrieg,
fu battezzata Kesselschlacht
“battaglia di sacca”. In altre parole, le forze nemiche vengono portate in una
sacca stretta dalle ali mobili dell’esercito prussiano.
Altro
elemento importante è che Moltke era pienamente cosciente delle problematiche
che implicava avere una esercito grosso, conscio della disfatta austriaca a
Solferino, Moltke ritenne opportuno dividere le sue armate farle viaggiare
separatamente e farle convergere nel punto desiderato al momento opportuno. Per
la maggior parte dell’estabilishment militare
del tempo la dottrina di Moltke era eretica poiché contraddiceva i precetti di Jomini, che insisteva molto sul
fatto che le vittorie di Napoleone erano dovute alla sua strategia della
posizione centrale, ossia la sua capacità di ammassare truppe sulle “linee
interne” tra le armate nemiche che convergono, per poterle battere
separatamente.
Altra
innovazione fu che lo sviluppo delle armate comportava una demoltiplicazione
decisionale dai quartier generali agli ufficiali al fronte. Questa vera e
propria rivoluzione è la “Auftragstaktik”,
ossia la consuetudine di dare istruzioni limitate ai comandanti subordinati,
dove vengano specificati solo gli obiettivi strategici e lasciare la pianificazione
e la condotta della battaglia agli ufficiali subalterni sul terreno,
valorizzando l’iniziativa.
Di
contro, lo Stato Maggiore Austriaco fa riferimento alle prescrizioni della
restaurazione di Jomini e dell’Arciduca Carlo d’Asburgo. Quest’ultimo aveva
battuto Napoleone ad Aspen nel 1809 ed aveva scritto molto ma non fu pubblicato
che postumo nel 1862 e venne assunto quale base per lo sviluppo del pensiero
strategico nello Stato Maggiore austriaco.
La
scuola dell’Arciduca Carlo non poteva essere più differente da quella
prettamente clausewitziana[i], era
un’idea molto più prudente e difensiva basata sul fatto che Napoleone aveva
esteso troppo le sue armate contestando il fatto che la vittoria si potesse
raggiungere con la distruzione dell’esercito avversario. L’Arciduca riteneva
che il governo dell’esercito fosse più complesso del semplice principio
napoleonico di “marciare, combattere ed accamparsi”.
Secondo
l’Arciduca, Napoleone ha vinto spesso ignorando le regole della guerra quali la
cura delle linee di rifornimento e la possibilità di vie di fuga conseguendo le
vittorie grazie alla sorpresa ed alla improvvisazione. Inoltre l’Arciduca
riteneva che le continue offensive senza pausa abbiano consumato le risorse
della madrepatria. Pertanto l’Arciduca era dell’opinione di mantenere un
profilo difensivo ben organizzato dove l’occupazione di punti strategici
sarebbe stato fattore decisivo in una guerra.
[i] Ad esempio, a differenza della famosa
affermazione del Claudewitz che definisce la guerra come la prosecuzione della
politica con altri strumenti l’Arciduca Carlo la rifiuta come elemento di grand strategy considerandola una circostanza
disperata.
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