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giovedì 8 dicembre 2016

La Battaglia di Sedowa. 2.1 Situazione Generale

(2)    Le dottrine operative:
        la loro definizione in base agli intendimenti politici, di ordine strategico, tattico e potenziale
Moltke prese i precetti offensivi di Clausewitz e, nella decade che va dalla sua promozione a Capo di stato Maggiore (1858) alla guerra austro-prussiana, li elabora in piani di guerra aggressivi che è riuscito a trasmettere alla maggior parte degli ufficiali prussiani.
Moltke ritiene necessario sopraffare immediatamente l’avversario prima che questo possa completare la mobilitazione sfruttando le proprie ferrovie. Pertanto l’idea è quella di muovere sino in territorio nemico prima che questo sia in grado di organizzarsi e, mentre imperversa la confusione, le proprie forze possono facilmente manovrare e annientare il nemico con un attacco al fianco. Questo tipo di manovra precorritrice della Blitzkrieg, fu battezzata Kesselschlacht “battaglia di sacca”. In altre parole, le forze nemiche vengono portate in una sacca stretta dalle ali mobili dell’esercito prussiano.
Altro elemento importante è che Moltke era pienamente cosciente delle problematiche che implicava avere una esercito grosso, conscio della disfatta austriaca a Solferino, Moltke ritenne opportuno dividere le sue armate farle viaggiare separatamente e farle convergere nel punto desiderato al momento opportuno. Per la maggior parte dell’estabilishment militare del tempo la dottrina di Moltke era eretica poiché contraddiceva  i precetti di Jomini, che insisteva molto sul fatto che le vittorie di Napoleone erano dovute alla sua strategia della posizione centrale, ossia la sua capacità di ammassare truppe sulle “linee interne” tra le armate nemiche che convergono, per poterle battere separatamente.
Altra innovazione fu che lo sviluppo delle armate comportava una demoltiplicazione decisionale dai quartier generali agli ufficiali al fronte. Questa vera e propria rivoluzione è la “Auftragstaktik”, ossia la consuetudine di dare istruzioni limitate ai comandanti subordinati, dove vengano specificati solo gli obiettivi strategici e lasciare la pianificazione e la condotta della battaglia agli ufficiali subalterni sul terreno, valorizzando l’iniziativa.
Di contro, lo Stato Maggiore Austriaco fa riferimento alle prescrizioni della restaurazione di Jomini e dell’Arciduca Carlo d’Asburgo. Quest’ultimo aveva battuto Napoleone ad Aspen nel 1809 ed aveva scritto molto ma non fu pubblicato che postumo nel 1862 e venne assunto quale base per lo sviluppo del pensiero strategico nello Stato Maggiore austriaco.
La scuola dell’Arciduca Carlo non poteva essere più differente da quella prettamente clausewitziana[i], era un’idea molto più prudente e difensiva basata sul fatto che Napoleone aveva esteso troppo le sue armate contestando il fatto che la vittoria si potesse raggiungere con la distruzione dell’esercito avversario. L’Arciduca riteneva che il governo dell’esercito fosse più complesso del semplice principio napoleonico di “marciare, combattere ed accamparsi”.
Secondo l’Arciduca, Napoleone ha vinto spesso ignorando le regole della guerra quali la cura delle linee di rifornimento e la possibilità di vie di fuga conseguendo le vittorie grazie alla sorpresa ed alla improvvisazione. Inoltre l’Arciduca riteneva che le continue offensive senza pausa abbiano consumato le risorse della madrepatria. Pertanto l’Arciduca era dell’opinione di mantenere un profilo difensivo ben organizzato dove l’occupazione di punti strategici sarebbe stato fattore decisivo in una guerra.



[i]  Ad esempio, a differenza della famosa affermazione del Claudewitz che definisce la guerra come la prosecuzione della politica con altri strumenti l’Arciduca Carlo la rifiuta come elemento di grand strategy considerandola una circostanza disperata.

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