L’INTERVENTO DELL’ITALIA NELLA GRANDE GUERRA
Abstract
Dalla Triplice Alleanza alla Neutralità;
dalla neutralità all’intervento. La preparazione e la mobilitazione. I
caratteri salienti della Grande Guerra: dalla guerra di movimento alla guerra
di logoramento. Le prime 11 battaglie dell’Isonzo:lo stallo tattico.. Il
superamento dello stallo tattico e Caporetto; l’ultimo anno di guerra: le due
battaglie difensive (d’arresto e del Solstizio) e il conseguimento del fine: la
battaglia di Vittorio Veneto e la vittoria finale.
Sintesi
Dopo un rapido cenno alla politica estera
italiana dallo “schiaffo di Tunisi” al 1914 e un cenno alle convenzioni
militari nell’ambito della Triplice Alleanza, i motivi che determinarono di
proclamare la neutralità al momento dello scoppio della guerra europea (agosto
1914). Nel confronto tra interventisti e neutralisti ( con l’esempio dei
garibaldini che andarono a combattere in Francia nell’inverno 1914-1915)
l’Italia, sottoscrivendo il Patto di Londra (aprile 1915) si impegnava ad
entrare in guerra entro maggio a fianco dell’Intesa. Era il maggio radioso, in
cui tutti erano convinti che la guerra sarebbe stata breve e vittoriosa. In
realtà grossi errori tattici ( radunata, mobilitazione lenta, tattiche
obsolete) subito fecero capire a tutti che la guerra sarebbe stata lunga e
difficile e tragica.
Quattro battaglie nel 1915 dimostrarono che
il Piano Cadorna era di difficile attuazione; Nel 1916 e fino all’ottobre 1917
si combatterono altre sette battaglie che non conseguirono l’obiettivo
strategico: la conquista e di Trieste e di Lubiana. Era lo stallo tattico, ove
sia la difesa che l’attacco si annullavano a vicenda; era la guerra di
logoramento che si logorava l’avversario ma logorava anche chi la praticava.
Con Caporetto, che si inquadra nella nuova
concezione tattica tedesca già sperimentata a Riga /1 settembre 1917) e poi
sarà applicata su larga scala ad Arras nel 1918, basata sui procedimenti
tattici estrapolati dalla battaglia di Canne del 216 a .c. si supera lo stallo
tattico e gli Imperi centrali erano convinti di conseguire la vittoria. Ciò non
accadde per vari motivi, ma sopratutto per le nuove idee del gen. Diaz che
riuscì a motivare i soldati italiani che in due battaglie difensive arginarono
l’attacco austroungarico (Novembre 17 e giugno 1918) che stremarono l’esercito
della duplice monarchia. Riordinate le forze, quando ormai in tutta Europa si pensava che la guerra
sarebbe finita nella primavera del 1919, con la battaglia di Vittorio Veneto
l’Esercito Italiano riusciva a disarticolare le difese nemiche prima e poi ad
agire in profondità determinando il crollo dell’Austria, che era costretta a
chiedere un armistizio, che fu firmato il 4 novembre 1918
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