Enrico Caviglia
LA
GUERRA SULLA FRONTE OCCIDENTALE.
Nella
seconda metà del luglio 1918, gli eserciti dell'Intesa presero l'offensiva in
Francia.
Sia
che le forme geografiche della fronte francese non permettessero delle
battaglie napoleoniche, sia che vi si opponessero la profonda organizzazione difensiva
e la densità delle forze tedesche, la concezione francese della grande battaglia di Francia è veramente
modesta.
Secondo
gli storiografi francesi, i nostri alleati si sarebbero proposti, in un primo periodo,
di rettificare la loro fronte con attacchi frontali, eliminando tutti i
salienti e tutte le saccocce che le varie offensive tedesche vi avevano
praticato.
In
un secondo periodo, avrebbero attaccato successivamente in vari punti la linea
nemica, per costringere i Tedeschi a ritirarsi sulle loro linee successive di
difesa, fino all'abbandono del territorio francese e belga.
Però
l'obiettivo principale ed unico di questa serie di offensive non sarebbe stato
territoriale, come sembrerebbe dagli scopi accennati; bensì quello di esaurire
le riserve tedesche, e costringere la Germania a chiedere la pace. L'obiettivo
principale sarebbe stato, adunque, la distruzione delle riserve nemiche e della
volontà di guerra della Germania.
I
generali alleati calcolavano che nella primavera del 1919 avrebbero vinto la
guerra.
Se
il concetto originario del piano offensivo francese avesse veramente ripartito
l’azione negli accennati periodi di attacco, con l'obiettivo principale ben
definito dell'esaurimento delle riserve tedesche, allora tale piano sarebbe
stato impostato sopra una reale unità organica e strategica.
Bisognava,
però, essere sicuri che le riserve dell'Intesa non si esaurissero durante
l'offensiva, prima di quelle tedesche nella difensiva.
Orbene,
nell'estate del 1918 l'esercito americano aveva portato in Francia una tale
superiorità di forze che i generali alleati - in quel momento della guerra -
potevano ritenere sufficiente a raggiungere lo scopo che si proponevano. Non
sarebbe stata sufficiente e decisiva sei mesi prima, quando l'esercito tedesco
era nella pienezza delle sue forze e delle sue speranze. Ma, quando la Germania
ebbe esaurito la sua energia nelle grandi offensive dal marzo al luglio, ed
erano sfumate le sue speranze nella vittoria, il momento era opportuno e la
superiorità delle forze alleate sufficiente a raggiungere gli scopi del piano
offensivo. La grandiosità del piano consisteva nella grandiosità delle forze da
impiegarvi: talmente superiori a quelle tedesche da dare al Comando francese la
convinzione della vittoria.
Foch
voleva raggiungere con l'offensiva lo scopo che Fabio Massimo si proponeva
evitando la battaglia, l’esaurimento del nemico.
In
linea di fatto, fra il 18 luglio ed il 26 settembre, i nostri alleati lanciarono
sei attacchi contro le linee tedesche, e terminarono la prima fase del loro
piano, poiché riuscirono a rettificare la loro fronte, impiegandovi mezzi di
guerra gradatamente crescenti, mentre le forze della Germania si affievolivano.
Essi riportarono la loro linea all’incirca dov’era prima del marzo.
Vi
furono impiegate 163 divisioni tedesche; la metà di esse due o tre volte.
Restavano in riserva 68 divisioni, delle quali solo 21 erano fresche[1].
Allora
gli alleati iniziarono il secondo periodo, che si protrasse fino ai primi di novembre,
mediante il quale riuscirono ad avanzare di 25 km., in media, su tutta la
fronte.
La
guerra era dai Tedeschi mantenuta ancora in territorio francese e belga. Essi
si difendevano vigorosamente, così che in ogni settimana d’offensiva l’Intesa
subiva perdite maggiori che in ogni altro periodo della guerra. Ma nel
settembre il Governo ed il Comando tedeschi attraversarono
un periodo inquieto sotto l'influenza dell’Austria-Ungheria che, attanagliata dall’Italia, insisteva di voler chiedere la
pace; della Bulgaria che concludeva l’armistizio con Franchet d’Espérey; e degli
attacchi dell’Intesa, succedentisi a brevi intervalli sulla fronte franco-belga.
Ludendorff
andava perdendo la speranza nella vittoria, ma non la volontà di guerra. Egli si trovava in uno stato d’animo analogo
a quello attraversato dai Capi dell’Intesa nell’inverno precedente.
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