Introduzione
Non vi è in realtà una formulazione originale dei principi strategici napoleonici, né un corpus dottrinale da lui elaborato, egli piuttosto perfezionò e applicò principi da altri creati si che la sua genialità si esplicò nelle modalità di attuazione e nella capacità di sviluppare e usare elementi altrui, la mancanza di una dottrina fu in parte dovuta dalla necessità di non svelare ad altri i principi della sua azione.
Maestri ispiratori furono
senz’altro in primis Federico II di Prussia con le sue campagne contro Francesi,
Austriaci e Russi codificate nelle famose “Istruzioni segrete” del 1748, ma
anche Eugenio di Savoia, Turenne, Luxemburg, Maurizio
di Sassonia oltre ai classici dell’antichità.
Dal
punto di vista teorico lesse e rilesse tra gli altri l’ “Essai General de taticque”
e il “Defense du systéme de guerre moderne” entrambi di Jacques Antoine Hyppolite, conte di Guibert, oltre ai “Principes de la
guerre des montagnes” di Pierre
de Bourcet, mentre per gli aspetti
più tecnici della propria arma ebbe, in particolare ad Auxonne, la guida del
barone Du Teil fratello del celebre cavaliere Jean du Teil, teorico dell’uso dell’artiglieria e discepolo di De Gribeauvael.
Vi è in lui una notevole capacità organizzativa che si
esplica sia in termini macro, con la completa visione d’insieme, che in termini
micro, curando i vari particolari del quadro, in un continuo rimando
coordinativo fra i vari piani.
La caratteristica principale risulta pertanto l’illimitata
flessibilità e variabilità sia dell’organizzazione che della concezione
operativa.
Nella
programmazione vi è una attenta informazione e valutazione sulle forze
contrapposte, ma il piano o meglio i vari piani così accuratamente preparati
non costituiscono vincolo all’azione ma piuttosto mezzo o pietra di paragone
per misurare tutti i successivi avvenimenti e possibilmente anticiparne le
conseguenze.
Vi è
sempre un piano alternativo quale conseguenza della necessità di un piano
poliedrico impostato secondo molteplici probabili sviluppi. Il caso per quanto
previsto e limitato non può essere sottovalutato, circostanza che impone un
continuo ripensamento dei vantaggi e svantaggi durante lo svolgersi dell’azione
man mano che si presentano gli imprevisti, senza per questo deviare dall’obiettivo finale.
Il
variare in corso d’azione dell’organizzazione della macchina bellica in
un’apparente caos in realtà viene a confondere le osservazioni avversarie, in
quanto l’unità di comando è sempre mantenuta e le varie unità rimangono
comunque tra loro a distanza utile, pronte al concentramento nonostante
un’apparente dispersione. Elemento essenziale di tale tecnica operativa è la
rapidità di esecuzione quale complemento alla velocità e mobilità imposte
dall’inizio alla fine alle operazioni, velocità che può trasformare un
imminente pericolo in un successo.
Tre i
fattori che permettono una tale stupenda dimostrazione di efficienza:
·
La leggerezza delle singole unità, fornite della caratteristica
divisionale di un forte autosostentamento;
·
Il ferreo controllo dell’insieme.
Vitale risulta l’accurato rapporto fra tempo e
distanza, scegliendo i percorsi più facilmente praticabili in una autentica “economia dello sforzo” al fine di
ridurre il logorio delle unità.
Questa adattabilità e mobilità strategica
confluiscono, verso un graduale concentramento, si che il decentramento o
dispersione apparente favorisce in realtà la manovra e il combattimento secondo
precisi ordini con la conseguente sorpresa e demoralizzazione avversaria.
Viene riconosciuta l’importanza sia del morale che
dell’unità di comando in una influenza reciproca, deve tuttavia ammettersi che
la crescita organizzativa mediante incorporazione, come avvenne nella “Grande Armée”, può condurre
all’indebolimento dell’unità morale e di manovra.
Fondamentale per ottenere una obbedienza economica sono l’attaccamento
ed il rispetto dei subordinati verso la dirigenza, la quale d’altra parte deve
essere fondata sulla perseveranza e il coraggio dell’azione dei superiori,
costante la prima nel tempo circostanziata in precisi momenti la seconda.
Il sistema premiante deve essere accuratamente
ordinato per gradi e favorire l’atmosfera collaborativa fra i vari livelli
secondo una precisa e controllata trasparente lealtà riconosciuta in tutta
l’organizzazione, inoltre deve essere favorito il feedback tra la base e il
vertice con precise testimonianze sui risultati delle richieste avanzate e
degli interventi effettuati.
E’stata più volte sottolineata l’apparente ambiguità
dell’unità di comando in presenza di un forte decentramento operativo, ma il
contrasto è più apparente che reale, come già sopra chiarito, se solo si
consideri la necessità della dispersione in presenza di repentini aggiustamenti
prima dello scontro.
Infine deve richiamarsi l’attenzione
sull’individuazione dell’esatto obiettivo comune da perseguire e quindi della
parallela necessità di una unica linea di azione evitando, per quanto
possibile, un inutile dispersione di uomini e risorse.
Luttwak parla di rischio organizzativo proprio nel momento in cui aumentano la segretezza, le unità in gioco e la complessità delle manovre poste in atto, tale rischio deriva dall’attrito che ostacola il funzionamento di qualsiasi organizzazione, tanto più se complessa. Il concetto di attrito era stato già rilevato dal Clausewitz quando, nel raccomandare di non semplificare eccessivamente, osservava le difficoltà che si accumulano e si producono nel loro complesso durante l’azione.
La ricerca
della sorpresa derivante dalla scelta paradossale, al fine di ottenere un
vantaggio competitivo, ha comunque un proprio costo che si manifesta nella
perdita di forze e nel possibile aumento del rischio di confusione
nell’organizzazione, a cui solo una maggiore preparazione ed una più efficiente
comunicazione, quale impalcatura di un saldo controllo direzionale, può mettere
rimedio. Dobbiamo tenere presente che ciò
che è paradossale col tempo diventa prevedibile, mentre il prevedibile può
essere al contrario imprevedibile se a lungo non applicato.
Ciò che è
logico con il tempo diventa illogico, evolvendo nel suo opposto, tranne che non
intervengano mutamenti esogeni nelle condizioni dei partecipanti, si che non vi
è di peggio della baldanza derivante dal successo che può trasformare questi
nelle premesse di un disastro.
Si recupera un concetto di flessibilità e
manovrabilità non rigido, quale fosse un canone, ma adattabile sia
nell’imprevisto quanto in termini programmatori del passaggio da logica a
illogica, interviene in questo l’importanza mai sufficientemente ricordata
della gestione dei canali di comunicazione in rapporto ad un saldo controllo
dell’insieme, in cui il decentramento non è premessa di disarticolazione ma
adattabilità e velocità di manovra.
Dobbiamo
considerare che ciò che in apparenza può sembrare un’azione definitiva e
sistematicamente cumulativa a cascata di successi, può produrre in realtà reazioni
che non solo la disattivino ma addirittura siano strategicamente
controproducenti.
Peraltro anche le innovazioni tecniche non sono di
per sé sinonimo di successo se non adeguatamente supportate e metabolizzate
dall’organizzazione che dovrà utilizzarle, magari superando vecchi schemi che
tenderanno a ridurne l’impatto sia per mancanza di fantasia che per difesa dei
ruoli acquisiti.
Von Clausewitz richiama nella sua opera
l’importanza della forza d’animo e dell’orgoglio quali elementi che forgiando il
carattere del singolo e dell’organizzazione nell’insieme possano creare una
cultura che conduca alla fermezza e costanza, senza peraltro precipitare verso
la testardaggine.
Si parla oggi giorno di vantaggi chiave e della
creazione di informazioni organizzative adattabili alla strategia, superando eventuali blocchi di sistema. Si
pone inoltre attenzione alla dispersione dell’attenzione dirigenziale nella
gestione della quotidianità che, facendo perdere il contatto con la cultura
dell’organizzazione, impedisca il concentrarsi sulla formazione di una salda
cultura organizzativa diffusa, diretta verso i fini strategici.
Altro elemento è la riconosciuta difficoltà di una
equilibrata e complementare crescita organica, che permetta di allineare in
modo efficiente su un unico obiettivo organizzativo risorse e uomini.
Comunque concludendo quello che emerge è la
necessità che una adattabilità e flessibilità organizzativa non si trasformi in
disarticolazione e sfiducia nel sistema, per mancata chiarezza di mezzi ed obiettivi,
a seguito della perdita della capacità comunicativa e di coordinamento.
Bibliografia
·
D. G. Chandler, Le campagne di Napoleone, Milano
1972 ;
· B. H. Liddell Hart, The Strategy of
the Indirect Approach, Londra 1954;
·
E. N.
Luttwark, Strategia. Le logiche della guerra e della pace nel confronta
tra le grandi potenze, Milano 1989;
·
K. Von Clausewitz,Pensieri sulla guerra, Milano
1970;